Un lavoratore della azienda per cui lavoro dopo un lungo infortunio che però non ha provocato invalidità permanenti rientrerà al laoro tra qualche giorno.
Sentito il parere della Direzione Aziendale, ho ritenuto chiedere ai MC di sottoporlo ad una visità medica per verificare se esistano le condizioni di idoneità previe allo svolgimento della manzione (l'ambiente di lavoro e le sostanze utilizzate sono state, per così dire, la causa del suo infortunio).
La domanda è di per sè semplice: può il lavoratore rifiutarsi di essere sottoposto a tale visita, visto che qualche mese fa stato già sottoposto alla visita periodica? E' necessario che dia il suo consenso?
Grazie per le risposte che vogliate offrirmi
- Il datore di lavoro può essere "preoccupato" per le condizioni di salute di un lavoratore in relazione ai suoi compiti, per esempio perché è stato a lungo assente.
- Il datore di lavoro non può richiedere al MC di visitare un lavoratore al di fuori delle periodicità stabilite (violazione L. 300/70 art. 5).
- Le normative prevedono che solo il lavoratore possa chiedere di essere visitato dal MC al di fuori di dette periodicità.
Una buona soluzione, in assenza di tale richiesta, può essere quella dell'invio del lavoratore in questione presso Ente pubblico o Istituto di diritto pubblico, ai sensi dell'art.5 L. 300/70.
Cordialità.
Andrea Cerutti
A far chiarezza su questo tema è come sempre la Cassazione come in precedenza per le visite preventive e preassuntive:
Cassazione Penale, Sez. IV - Sentenza n. 24290 del 28 giugno 2005 (u.p. 30 marzo 2005) - Pres. D’Urso – Est. Bianchi - P.M. (Diff.) Febbraro - Ric. D’Emanuele.
Che nella parte finale recita:
“gli accertamenti periodici di cui all’art. 16 non sono solo quelli per così dire ‘programmati’ e cioè effettuati in date prefissate, con una frequenza prestabilita, ma possono essere effettuati anche in momenti diversi da quelli programmati, quando il medico competente o il datore di lavoro o il lavoratore stesso ne ravvisino la necessità, essendosi ad esempio verificato un qualche accadimento che imponga di verificare lo stato di salute del lavoratore ed effettuare un giudizio formale sulla sua idoneità alla mansione specifica cui è adibito” .
Pertanto sembra chiaro che alla luce di quest'ultima sentenza la richiesta di visita medica, solo per i soggetti sottoposti a sorveglianza sanitaria, può essere richiesta dalle figure suddette ed il medico competente dovrà formalizzare un giudizio di idoneità alla stregua di una visita periodica.
Vorrei inoltre ricordare che in ambito di disposizioni di legge inerenti la salute e la sicurezza lavorativa, si applica il principio di “TASSATIVITA’”, pertanto il giudizio di idoneità per i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria può essere emesso unicamente dalle figure previste per legge, e cioè, dal medico competente in prima istanza e, in seconda istanza, solo nei casi previsti(inidoneità parziali o totali), dall’organo di vigilanza competente per territorio cioè dove svolge effettivamente l’attività lavorativa, indipendentemente dalla sede legale dell’azienda(sic!); mentre per ciò che non rientra nella sorveglianza sanitaria la competenza è unicamente della commissione ex art. 5 legge 300/70.
Le due procedure sono parallele e non dovrebbero intersecarsi mai; nel caso in cui ciò dovesse accadere , per esempio: emissione di giudizi da parte di organi non competenti, si potrebbero determinare contesti penalmente perseguibili, oltre naturalmente all’illegittimità del giudizio espresso.
Un caro saluto
Volevo aggiungere, in merito alla Sentenza della Cassazione del 2005, che la stessa si rifà( tra l'altro utilizzando la stessa terminologia, vedi punto (1) ) ad una precedente del 2001, forse più chiara, di cui allego le parti più salienti inerenti l'art. 16 e l'art. 17 D.L.vo 626/94 :
Sentenza Corte di Cassazione n. 33751 del 17 settembre 2001 (Sezione Prima Penale - Presidente B. Rossi - Relatore A. Franco)
"........Per comprendere l'esatto significato di tale disposizione e la portata e l'ambito della prescrizione dalla stessa imposta al medico competente con previsione di sanzione penale in caso di inosservanza, occorre esaminare globalmente ed unitariamente gli artt. 16 e 17 del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626, che appunto istituiscono la funzione di sorveglianza sanitaria, che deve essere affidata ad un medico competente, e che prevedono, disciplinano e distinguono le diverse funzioni che a quest'ultimo sono affidate.
L'art. 16 stabilisce (comma 2) che la «sorveglianza sanitaria» è affidata al «medico competente» e comprende: «a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della loro idoneità alla mansione specifica; b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica». Il terzo comma del medesimo art. 16, poi, dispone che gli accertamenti di cui al secondo comma, e cioè sia gli accertamenti preventivi sia quelli periodici, «comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente».
Ciò non significa che gli accertamenti in questione debbano necessariamente comprendere esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio, e che un eventuale giudizio di inidoneità totale o parziale o temporanea debba necessariamente essere preceduto da tali esami ed indagini, dal momento che essi sono richiesti solo se ritenuti necessari dal medico competente, che quindi potrebbe anche esprimere il giudizio di inidoneità sulla base del solo esame clinico del lavoratore o di altra documentazione medica di cui sia comunque in possesso. Tuttavia, la disposizione non è priva di importanza al fine di stabilire il significato, il contenuto, l'ambito .'d i criteri di identificazione degli accertamenti sanitari, sia preventivi sia periodici, diretti ad accertare lo stato di salute del lavoratore, l'assenza di controindicazioni al lavoro e la eventuale inidoneità totale o parziale o temporanea al lavoro o ad una mansione specifica. Ed infatti, se è vero che gli esami clinici e biologici e le indagini diagnostiche possono pure non essere a volte necessari, è anche vero che il senso della disposizione è invece che la loro effettuazione costituisca la «normalità» perché il medico possa esprimere un eventuale giudizio di non idoneità al lavoro o alla mansione. La disposizione, invero, dice che gli accertamenti in questione «comprendono» (e non già « possono comprendere») gli esami e le indagini che il medico ritenga necessari in relazione al rischio connesso alla specifica mansione, il che appunto sembra significare che la scelta del medico dovrebbe essere di solito limitata piuttosto al tipo degli esami e delle indagini occorrenti per la valutazione del rischio connesso alla mansione concreta e non già alla stessa effettuazione degli esami e delle indagini, che normalmente, nella generalità dei casi, dovrebbero invece ritenersi richiesti dalla disposizione legislativa. In ogni caso, è indubbio che la disposizione in esame sta comunque a significare che il giudizio del medico sulla inidoneità alla mansione specifica al lavoro deve normalmente essere espresso a seguito di un accertamento sanitario specifico, per così dire di carattere formale, espressamente diretto a formulare tale giudizio, e che tale accertamento de ve essere completo ed approfondito, e deve comprendere - tranne i casi eccezionali in cui la inidoneità è evidente - gli esami clinici e biologi e le indagini diagnostiche che il medico ritenga necessari in relazione allo specifico rischio.
Il che del resto appare del tutto razionale in considerazione della rilevanza e della gravità della conseguenze che possono derivare da un giudizio di inidoneità al lavoro o alla mansione, sia essa totale o parziale o momentanea. Ed è proprio per la rilevanza e gli effetti di un siffatto giudizio che il quarto comma dell'art. 17 prevede una speciale procedura d'impugnazione, disponendo che avverso il giudizio di cui al precedente comma terzo, ossia avverso il giudizio di inidoneità (il terzo comma, invero, parla esclusivamente del giudizio di inidoneità, dal che deve desumersi che il reclamo non è invece previsto avverso un giudizio di idoneità), «è ammesso ricorso, entro tenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso».
Anche questa disposizione, pertanto, costituisce un'ulteriore conferma che gli accertamenti sanitari, preventivi o periodici che siano, finalizzati alla formulazione di un giudizio di inidoneità hanno una loro specificità e delle particolari formalità, e non possono quindi essere confusi con o identificarsi in una qualsiasi altra visita medica, più o meno approfondita, che eventualmente il medico competente effettui sul lavoratore per un qualsiasi scopo diverso da quello specificamente previsto dall'art. 16, ossia dalla formale valutazione della idoneità o meno al lavoro o alla mansione.
(1) Può peraltro anche condividersi la tesi espressa dalla sentenza impugnata laddove afferma che gli accertamenti periodici non devono necessariamente essere soltanto quelli effettuati in date prefissate, con una frequenza minima o massima prestabilita, e che tali accertamenti periodici possono essere effettuati anche in date diverse da quelle programmate, quando il medico competente o il datore di lavoro o il lavoratore stesso ne ravvisino la necessità, essendosi ad esempio verificato un qualche accadimento che imponga di verificare lo stato di salute del lavoratore ed effettuare un giudizio formale sulla sua idoneità alla mansione specifica cui è destinato, al fine di prevenire il rischio cui potrebbe essere esposto.
Questa affermazione è però irrilevante ai fini del decidere la presente causa, in quanto il fatto che gli accertamenti periodici possano essere effettuati in qualsiasi momento, anche in date diverse da quelle programmate, non significa affatto che essi perdano la loro specificità, le loro peculiari caratteristiche ed il loro carattere formale e che non vi sia una netta e ben precisa distinzione tra un accertamento sanitario, anche periodico, effettuato ai sensi dell'art. 16 del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e specificamente finalizzato alla valutazione di una eventuale inidoneità del lavoratore al lavoro o alla mansione specifica ed una qualsiasi altra visita medica effettuata dal medico competente sul lavoratore e che, di conseguenza, una qualsiasi visita medica da parte del medico competente, per quanto sommaria e superficiale, possa di per sé essere considerata come un accertamento sanitario periodico ai sensi dell' art. 16, a prescindere da ciò che il medico possa rilevare nel corso di tale visita.
Ciò del resto - oltre che a desumersi da quanto dianzi osservato in ordine alle formalità di un accertamento sanitario, anche periodico, di cui all'art. 16, ed agli esami clinici e biologici ed alle indagini diagnostiche che esso normalmente comprende e richiede, ed alla rilevanza ed alle conseguenze che possono derivare da un tale accertamento sanitario, tanto che contro l'eventuale giudizio d'inidoneità è previsto uno specifico ricorso all'organo di vigilanza - è espressamente stabilito dallo stesso art. 17 del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Tale articolo, infatti, al primo comma, elenca specificatamente le competenze ed i compiti attribuiti al medico incaricato della sorveglianza sanitaria e distingue nettamente tra gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16 e le altre visite mediche che il medico competente può (ed anzi deve) effettuare a richiesta del lavoratore. Il comma in questione, invero, fra le tante e diverse mansioni attribuite al medico competente, dispone, alla lett. b), che questi « effettua gli accertamenti di cui all'art. 16»; ed alla lett. c), che «esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro di cui all'art. 16». Alla lett. i), poi, la medesima disposizione stabilisce che il medico competente «fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lett. b) [ossia, appunto, gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16], effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali» (è interessante notare che tali visite mediche richieste dal lavoratore sono obbligatorie per il medico competente e che un eventuale suo rifiuto ad effettuarle costituisce reato punito dal medesimo secondo comma del successivo art. 92).
Non possono quindi esservi dubbi che l'art. 17 in esame distingue nettamente, da un lato, gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16, finalizzati alla formulazione di un formale giudizio di idoneità o inidoneità alla mansione specifica ed aventi gli effetti e 1e conseguenze giuridiche dianzi indicati (accertamenti e giudizio resi obbligatori per il medico competente dalle lett. b) e c) del primo comma dell'art. 17) e, da un altro lato, tutte le altre visite mediche, che non rientrano negli accertamenti di cui all'art. 16, che il medico competente è tenuto ad effettuare, ai sensi della successiva lett. i), quando siano richieste dal lavoratore e qualora la richiesta sia correlata a rischi professionali. E' quindi evidente, secondo il chiaro testo della disposizione, che una cosa sono gli accertamenti sanitari effettuati ai sensi dell'art. 16 al fine di formulare il giudizio di idoneità alla mansione specifica, ed altra cosa, del tutto differente, sono tutte le altre visite mediche, anch'esse peraltro necessariamente correlate ai rischi professionali, che il medico competente è tenuto ad effettuare su richiesta del lavoratore. Certo è possibile che nel corso di una di queste visite mediche a richiesta del lavoratore, il medico abbia ed esprima dei dubbi sulla idoneità del lavoratore ad una specifica mansione. Ma ciò, tutt'al più, potrebbe forse far pensare che il medico competente possa semmai invitare il lavoratore a sottoporsi ad un formale accertamento sanitario periodico ai sensi dell'art. 16, onde formulare un formale giudizio di inidoneità totale o parziale o temporanea al lavoro o alla mansione (con gli esami e le indagini che esso solitamente comprende e con le conseguenze che ad esso sono riconnesse), ma non potrà certamente trasformare una visita medica a richiesta del lavoratore ai sensi dell'art. 17, lett. i), in un accertamento sanitario ai sensi dell'art. 16 e di cui alle lett. b) e c) dello stesso art. 17. Del resto, se così non fosse, non solo verrebbe frustrata la ratio della lett. i) dell'art. 17, che tende chiaramente a favorire (tanto da renderle obbligatorie per il medico, sanzionandone penalmente l'omissione) le visite richieste dal lavoratore quando siano correlate ai rischi professionali, visite che il lavoratore sarebbe invece palesemente dissuaso a richiedere qualora da esse potesse senza altri accertamenti ed esami conseguire anche un formale giudizio di inidoneità al lavoro con le evidenti conseguenze negative che potrebbero derivargli, ma renderebbe del tutto incongruo ed irrazionale il sistema - e da qui anche la necessità di una interpretazione adeguatrice - dal momento che contro un giudizio di inidoneità espresso a seguito di un formale accertamento sanitario ai sensi dell'art. 16 è ammesso ricorso da parte del lavoratore, mentre tale ricorso non sarebbe previsto nel caso di giudizio di inidoneità al lavoro formulato nel corso di una visita medica richiesta dal medesimo lavoratore.
Non vi possono quindi essere dubbi che il terzo comma dell'art. 17 in esame - come del resto esso espressamente dispone - imponga al medico competente di informare per iscritto il datore di lavoro ed il lavoratore qualora esprima un giudizio sulla inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, esclusivamente quando questo giudizio sia formalmente espresso «a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2» (così come la disposizione testualmente afferma), e non gli imponga affatto (ed anzi semmai gli vieta) di comunicare al datore di lavoro anche le diagnosi ed i rilievi effettuati nelle ben differenti e distinte visite mediche effettuate a richiesta del lavoratore ai sensi dell'art. 17, lett. i), quando tale richiesta sia correlata ai rischi professionali. ..........."
Un saluto a tutti
Volevo aggiungere una parte delle disposizioni della Regione Veneto in merito al ricorso avverso al giudizio del medico competente dove si comprendono le competenze
relative alla commissione ex art. 5 legge 300/70 e giudizio del medico competente sui lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria.
spero di esserti stato utile.
un caro saluto
" Ricorso avverso giudizi espressi su lavoratori soggetti all’obbligo della sorveglianza sanitaria .
Per le attività non soggette a sorveglianza sanitaria obbligatoria il datore di lavoro può richiedere all’ente pubblico (AULSS, Università) un giudizio sull’idoneità fisica del lavoratore, ai sensi
dell’art. 5 della Legge 300/70 .
Anche in presenza di attività soggette a sorveglianza sanitaria, si ritiene che il datore di lavoro possa richiedere il giudizio alla Commissione costituita ai sensi dell’art. 5 della L. 300, che si esprimerà sull’idoneità alla mansione “genericamente intesa”, svincolata quindi da ogni riferimento al posto di lavoro specifico. Il giudizio del medico competente sulla medesima mansione, è invece “contestualizzato”, tiene cioè conto delle condizioni di salute del lavoratore strettamente correlate al contesto lavorativo attuale, alle relative modalità operative e ai conseguenti rischi.
In questi casi comunque il giudizio della Commissione non prevale sul giudizio del medico competente, che è la figura espressamente preposta alla valutazione dell’idoneità alla mansione del lavoratore .
Si sottolinea, infine, la diversa natura giuridica delle due fattispecie considerate, essendo quella dell’art. 17 del D.Lgs. 626/94 un ricorso amministrativo contro un giudizio, mentre quella dell’art. 5 della L. 300/70 è una richiesta di giudizio ad un organo pubblico."
rif.: L. Costellati-A.Mandes – Azienda U.S.L. Città di Bologna – “Giudizi e Ricorsi – Idoneità specifica alla mansione”
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