Pubblichiamo una nota che ci è stata inviata via e-mail da un medico del lavoro che lavora in un Dipartimento della Prevenzione toscano.
"Cari colleghi la lettura del 3° capoverso del comunicato del Direttivo SIMLII di adesione alle iniziative atte a promuovere una revisione del
Testo Unico, dove vi è la legittima difesa della " specifica professionalità dei Medici del lavoro nei confronti degli altri
specialisti ...." mi ha stimolato a fare alcune considerazioni "polemiche" a braccio .
Dopo venti anni di servizio nei dipartimenti di prevenzione non me la sento attualmente di difendere la figura del medico del lavoro come unica
professionalità atta a fare il medico competente. Spesso l 'attività formativa delle scuole di specializzazione e l 'attività dei medici del
lavoro si è risolta in un mero ottemperare burocraticamente all 'esecuzione di visite mediche di fatto inutili perchè avulse da una vera conoscenza
degli ambienti di lavoro e dei rischi correlati. Vi sono colleghi che operano con capacità, impegno e principi deontologici anche a rischio del
proprio incarico di lavoro ( la posizione del medico del competente è "debole" nei rapporti con il datore di lavoro), ma a fronte di questi vi
sono medici competenti con la specializzazione in Medicina del Lavoro (a tutti i livelli anche universitari) che svolgono tale attività non solo per
il " lesso" di Carducciana memoria ma anche con scarsa professionalità. Spesso si hanno situazioni di prestanome, di "appalti", di esami correlati
gonfiati, di non ricaduta delle evidenze cliniche sul piano preventivo e di approfondimento diagnostico, monitoraggi biologici effettuati senza
cognizione di causa (a volte fatti inutilmente, a volte non fatti, a volte fatti nei periodi sbagliati), ma soprattutto non vi è una conoscenza dei
rischi lavorativi e il suo periodico aggiornamento e non si ottempera agli obblighi di legge e "morali" di informazione dei lavoratori, per non parlare
poi degli effettivi contenuti dei momenti formativi dei lavoratori stessi; stendo poi un velo pietoso sui protocolli di sorveglianza sanitaria dei
singoli lavoratori e della loro correlazione con gli effettivi rischi. E ' proprio questa scarsa professionalità sul campo di alcuni medici del lavoro
che ha lasciato spazio ad altre figure mediche che hanno visto un " mercato" a volte molto redditizio da poter gestire senza particolare professionalità.
Se oltre alla sorveglianza sanitaria preventiva e periodica e all ' espressione dei giudizi d 'idoneità (anche questi spesso elusi o gestiti con
estrema superficialità) le attività di informazione e formazione dei lavoratori, la conoscenza dei luoghi di lavoro, la partecipazione alla
valutazione dei rischi, la partecipazione alla predisposizione e l 'adozione delle possibili bonifiche ambientali divenissero parte preminente
dell 'attività del medico competente, forse molti colleghi non medici del lavoro non si "avventurerebbero" nell ' attività di medico competente
nonostante le aperture della attuale normativa e comunque tutte le scuole di specializzazione interessate dovrebbero adeguare i loro percorsi formativi e
quindi il problema non sarebbe più l 'etichetta "specializzazione" ma la formazione effettiva acquisita e aggiornata del medico competente.
L 'elaborazione del T.U. poteva/potrebbe essere l 'occasione per percorrere questa via in modo ancor più incisivo rispetto alla normativa vigente.
Perché la professionalità del medico del lavoro/medico competente non entra sempre e a pieno titolo nella valutazione del rischio? Ad esempio in caso di
esposizioni a sostanze chimiche irritanti o sensibilizzanti chi meglio di un medico del lavoro/medico competente potrebbe definire l ' obbligatorietà o
meno della sorveglianza sanitaria preventiva e periodica e il percorso informativo e formativo dei lavoratori.? La collaborazione del medico del
lavoro/medico competente dovrebbe sempre iniziare in sede di valutazione del rischio e delle possibili soluzioni di abbattimento del rischio stesso; ed è
chiaro che tali prestazioni dovrebbero essere retribuite indipendentemente dal fatto che successivamente si attui la sorveglianza sanitaria che
potrebbe anche risultare superflua.
Cordiali saluti: Lamberto Lastrucci
medico del lavoro.
La redazione di MedicoCompetente.it
Pubblichiamo una nota di risposta a quella di Lamberto, pervenutaci sempre per via e-mail, da parte della Dott.ssa Anna Maria Loi..
Caro Lamberto
hai deciso di volerti immolare su un altare di discussione sul tema della qualità del lavoro del medico competente? Ma se lanci la sfida molti la accetteranno. Ci provo anch 'io.
Su tante cose penso che tu abbia ragione. Ad esempio, è vero che siamo delusi della qualità del lavoro del medico competente come la riscontriamo sul territorio che, come soggetti pubblici, dobbiamo controllare; però dobbiamo chiederci il perché di questa delusione e quali siano le cause
della poca "professionalità" dimostrata sul campo dai medici del lavoro/competenti. Se questa è la premessa tuttavia non credo che la conseguenza sia quella di accettare una dequalificazione della disciplina. Provo a spiegarmi.
Penso prima di tutto che non si possa generalizzare e che ci siano invece bravi professionisti e molto consapevoli del loro ruolo. Il problema è che spesso trovano difficoltà ad esercitarlo con indipendenza reale dalle direttive e dai vincoli imposti dal datore di lavoro e questo per esclusivi
motivi di "costi" sia delle stesse prestazioni del medico, sia soprattutto delle eventuali ricadute della sua azione (intendo prevenzione primaria, ovvero adattamento delle postazioni di lavoro alle condizioni di idoneità parziale o di ipersuscettibilità etc). Queste sono "grane" la cui soluzione
comporta dei costi che il datore di lavoro non sempre è disposto ad accettare. Si fa prima a cambiare medico oppure a cambiare lavoratore. Il problema non si risolve concretamente in un contesto istituzionale che, avendo privatizzato la funzione di "pubblica utilità" propria del medico
competente, la ha di fatto sottomessa agli equilibri o squilibri o bilanci aziendali. Si può solo sperare che il codice etico prevalga sull 'interesse materiale, il che qualche volta succede ma più spesso no e non se ne può incolpare solamente il medico.
Ci sono però anche medici del lavoro/competenti che non hanno una adeguata formazione ed esercitano "con incompetenza". Qui la responsabilità è di molti: prima di tutto dei singoli individui, poi delle scuole di specializzazione che evidentemente non li hanno ben preparati, terzo degli
organi di controllo che non vigilano abbastanza su questo versante. Sarebbe troppo lungo approfondire il punto e perciò lo lascio in sospeso. Avremo modo di parlarne.
Vorrei soffermarmi sul perché, infine, non condivido la conclusione per cui, mi sembra di capire, tu non ti senti di difendere la esclusività della disciplina di medicina del lavoro nell 'esercizio del ruolo di medico competente. Non penso di dire cose nuove, specialmente a te, però la
disciplina della medicina del lavoro è peculiare, richiede approfondimenti multidisciplinari che riguardano lo specifico ambito della tutela della salute/promozione del benessere nel contesto lavorativo. Seppure alcune materie siano sovrapponibili ad altre discipline, quali l 'igiene/sanità
pubblica e la medicina legale o anche la medicina dello sport o anche, perché no, la fisiopatologia della sopravvivenza in condizioni estreme (atmosfere rarefatte, lavoro subacqueo, assenza di gravità, lavori in alta quota etc), tuttavia ciò che distingue il medico del lavoro è l 'applicazione
di tali scienze al contesto specifico lavorativo ed in particolare alle costrizioni organizzative che ne derivano ed alla interazione degli elementi costitutivi di tale contesto: l 'ambiente, le macchine, l 'organizzazione più o meno scientifica del lavoro, l 'interazione tra queste componenti,
l 'identificazione dei pericoli, la valutazione del rischio oggettivo e soggettivo, l 'individuazione di misure preventive, l 'applicazione delle stesse e il controllo dell 'efficacia. Oltre naturalmente a riconoscere il collegamento tra fattori di nocività specifici e specifici effetti sulle
persone, danni o anomalie da essi derivanti. Certo è vero che l 'attuale contesto, per responsabilità di molti, forse compresi anche i servizi pubblici, porta a credere che in fondo il medico competente deve solo visitare e mettere in evidenza alterazioni dello stato di salute, cosa
che...basta essere laureati in medicina ed avere una qualche infarinatura sul concetto di "idoneità lavorativa". Sinceramente anch 'io non mi lancerei in battaglie corporative, però mi sentirei di difendere tutta la specificità della disciplina e non sarei disposta a rinunciarvi a causa
dell 'inefficienza delle scuole di formazione e del cattivo contesto in cui essa viene esercitata. Questo mi sentirei di fare, soprattutto per contribuire a migliorare le condizioni lavorative delle persone e a tutelarne diritti e dignità sul posto di lavoro. C 'è poi un 'altra ragione,
se vuoi più pragmatica, che se non si evita la scomparsa del medico del lavoro dal territorio, risulterà molto difficile conseguentemente evitarne la scomparsa anche dai servizi, e questo mi sembrerebbe ancora più grave.
Penso quindi che sia giusto "aprire un dibattito", peraltro già esistente, tra i medici del lavoro e tentare di fare proposte nelle sedi opportune, per avere una prospettiva migliore per il futuro.
Anna Maria Loi
Responsabile U.F.PISLL
A.ULS n.6 Area Livornese
La redazione di MedicoCompetente.it
Rispondo a Lamberto, anch 'io di getto, con la ritrosia di chi non vorrebbe dar torto ad un amico ma con la consapevolezza che il dibattito più è franco e più è utile.
Parto dalla sua affermazione più tranciante: "... non me la sento attualmente di difendere la figura del medico del lavoro come unica professionalità atta a fare il medico competente".
In sostanza Lamberto sostiene che siccome molti (alcuni?) medici del lavoro, anche universitari, hanno svolto "malamente" la funzione di medico competente, alcuni (molti?) hanno svolto attività con prestanomi, di appalti, in situazioni di esami correlati gonfiati, senza conoscenza dei rischi lavorativi ecc. ecc. non è possibile sostenere che per svolgere questa particolare attività di prevenzione nei luoghi di lavoro sia necessaria alcuna particolare "competenza". Non sicuramente quella delle Scuole di Specializzione in mdl dove, secondo Lamberto, l 'attività dei medici del lavoro "si è risolta in un mero ottemperare burocraticamente all 'esecuzione di visite mediche di fatto inutili perchè avulse da una vera conoscenza degli ambienti di lavoro e dei rischi correlati".
Devo dire che sono daccordo con lui su molte delle cose che dice. E ' vero che in generale la medicina del lavoro ha sperperato la ricchezza (in senso metaforico!) che proveniva dai nuovi ruoli richiesti dalla 626 ove finalmente poteva uscire dalla condizione di cenerentola delle specializzazioni e acquisire prestigio, importanza ed invece motivi diversi (soldi e corruttela, inettitudine, ignoranza ecc). di alcuni ne hanno determinato una caduta di rispetto generalizzata. E non è bastato che tanti (forse la stragrande maggioranza) dei mdl che svolgevano l 'attività di mc facessero il loro lavoro in modo pulito, consapevole e responsabile.
E ' vero che l 'attività del medico competente deve basarsi sulla valutazione del rischio, deve rispondere agli obblighi (morali e legislativi) di informazione, deve partecipare alle attività di prevenzione ecc. ecc. Ed è vero che alcuni (molti?) mc non lo hanno fatto, calpestando di fatto la loro professionalità.
Ma è anche vero che questa situazione , di fatto, i Servizi di Prevenzione l 'hanno tollerata. I medici del lavoro stanno (per fortuna stanno ancora) anche nei Dip. di Prevenzione delle ASL: vuoi dirmi, caro Lamberto, quante volte è successo che la verifica nei luoghi di lavoro abbia messo in luce tali attività scorrette? Se si attua una verifica non ci vorrebbe molto a verificare che il mc non è stato coinvolto nella valutazione del rischio, che i protocolli sanitari non corrispondono ai rischi specifici, che non ha partecipato alla formazione einformazione dei lavoratori ecc. Non ci vuole molto a capire che un 'attività di "reale" verifica di qualità, per non parlare di coordinamento (effettivo, verificabile) dell 'attività dei medici competenti non è stato sempre svolto dai colleghi medici del lavoro delle ASL (naturalmente anche e soprattutto per le intrinseche difficoltà a farlo, ma questa è un 'altra cosa). Questa attività di vigilanza sarebbe,
fra l 'altro, l 'unica in grado di favorire (proteggere) i mc che (nonostantela loro debole posizione di fronte ai ddl) realmente svolgono con competenza e coscienza il loro lavoro. Invece i mc coscenziosi si trovano spesso nella condizione di essere paragonati al medico competente di questa o quella ditta che, nonostante "non faccia le cose come si deve", non ha mai avuto problemi con l 'USL, anche se questa ha svolto molti sopralluoghi e colloqui.
Comunque, nonostante che una parte importante della parziale deludente attività dei mc dipenda anche da una diffusa non vigilanza non per questo mi sognerei mai di appoggiare una posizione che spostasse per es. l 'asse della vigilanza verso il Ministero del Lavoro togliendo ai medici del lavoro dei servizi un ruolo essenziale.Fra l 'altro l 'affievolimento della posizione degli specialisti in medicina del lavoro fra i mc comporterebbe (comporterà) un sicuro ritorno negativo per gli attuali servizi di vigilanza. E mi domando come facciano i colleghi dei servizi a non capirlo!
Non capisco, in conclusione, quindi una posizione che in sostanza afferma che bisogna buttare via l 'acqua sporca (lo scorretto comportamento di alcuni (molti?) mc con il bambino dentro (la medicina del lavoro).
Se non è preparato un mc che comunque ha seguito un corso post.-universitario di 4 anni in cui comunque almeno si parla di valutazione del rischio, rapporto rischio lavorativo-uomo, protocolli sanitari, malattie professionali come può essere preparato un mc con la specializzazione in igiene CHE NON PREVEDE IN ALCUNO DEI SUOI MOMENTI ADDESTRATIVI ARGOMENTI SULLA TUTELA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO, APPROCCIO CLINICO,
INDICAZIONI CIRCA LA PREVENZIONE. E ' chiaro che bisogna chiedere, pretendere che la formazione del mdl sia migliore. Che ci sia un reale "bagno" di attività durante la Scuola. Che si facciano i tirocini nelle Usl e presso i mc esperti.Tu dici invece che " quindi il problema non sarebbe più l 'etichetta "specializzazione" ma la formazione effettiva acquisita e aggiornata del medico competente" . Non dici però la cosa più importante: chi dovrebbe fare " la formazione effettiva" ? Si tratta comunque di formazione post-universitaria .....
In fin dei conti quello che dici è paragonabile all 'assioma che siccome gli Ingegneri costruiscono male le case (quanti casi ci sono di sbagli, abusi, corruzione, ruberie, incompetenza ecc.) allora tanto vale la pena di farle costruire anche gli agronomi, tanto quello che conta è quello che sanno fare, non se hanno avuto le cognizioni per farlo. Probabilmente alcuni agronomi sarebbero anche capaci di acquisire pratica per costruire una casa: ma tu ti faresti fare un progetto da uno di loro? Io penso di no anche se ti proponessero di sceglierlo da un ' Albo dei Costruttori (in cui fossero fatti confluire Ingegneri, Agronomi e Agrocensori..)
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Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono. (Voltaire)
Mi inserisco, di malavoglia, nel dibattito, stimolato non tanto dall’intervento provocatorio di Lastrucci, di cui peraltro condivido gran parte delle osservazioni,che però lo hanno portato a conclusioni erronee, ma per confermare e rafforzare quando egregiamente espresso dagli amici Anna Maria e Alfonso.
Svolgo il mio lavoro di Medico Competente dal ’77 ed ho avuto la fortuna di iniziare la mia esperienza presso una Azienda Chimica Multinazionale in cui ho trovato, NEL 77!, un servizio di Igiene Industriale, un servizio di Prevenzione e Sicurezza, un coordinamento di Medici del Lavoro che si incontravano periodicamente e si scambiavano informazioni, protocolli e linee guida sotto la guida di un cattedratico preparato, disponibile ed innamorato del nostro lavoro.
Il nostro protocollo operativo, basato sullo stato dell’arte della medicina del lavoro degli anni 70 e 80 anticipava il DL626 del 94, per cui non abbiamo avuto problemi o remore ad applicarlo, perché era già sostanzialmente nostro, utile e ragionevole.
Facendola breve, il nostro modo di lavorare mirato alla tutela del lavoratore, persona ma anche principale patrimonio dell’Azienda, in un’ottica di prevenzione primaria, in sinergia con le altre funzioni aziendali della Sicurezza e Salute, ha permesso all’Azienda di avere una visibilità sul territorio nel campo della tutela della salute dei suoi dipendenti.
Di conseguenza IO NON HO MAI CERCATO CLIENTI: altre Aziende mi hanno richiesto come Medico del Lavoro e, dove ho dato la mia disponibilità, non ho mai contrattato la mia autonomia, i miei protocolli la mia libertà intellettuale, morale e deontologica e neppure il mio onorario.
Ho applicato lo stesso metro ad aziende con migliaia di dipendenti, in cui svolgo mansioni di coordinamento, ed a piccole aziende artigiane, certamente calandomi nelle realtà specifiche ed interpretando possibilità economiche, culturali e gestionali.
Se un’Azienda non ti accetta come sei, puoi sempre rifiutare l’incarico o più tardi dare le dimissioni.
Vorrei ora tirare dei sassolini trai tanti che meriterebbero una profonda analisi: Si è parlato del coinvolgimento del MC nella formazione dei dipendenti: è sacrosanto, ma PRIMA IL MC DEVE EDUCARE, INFORMARE E FORMARE IL DATORE DI LAVORO, che deve trovare nel MC non chi esaudisce i dettami della legge, lasciandolo tranquillo, ma chi lo aiuta a tutelare la salute di tutti i collaboratori perché è un suo dovere ed interesse primario.
Ma come si fa a svolgere questo ruolo se non conosci i rischi cui i lavoratori sono esposti, se pensi che basti firmare un documento di VALUTAZIONE DEI RISCHI, e non ti rendi conto che la valutazione del rischio è un processo dinamico, a volte strettamente legato al singolo lavoratore e quindi che devi stare più sul luogo di lavoro (assieme al RSPP ed all’Igienista ed all’RLS)che in ambulatorio.
Buttiamo lì un altro “obbligo”: il SOPRALLUOGO: non basta fare il giro dei reparti e degli uffici due volte l’anno! Se ti riportano un problema, sia il DdL o l’operatore, ti devi alzare e essere accanto all’operatore mentre svolge il suo lavoro. Ti sei mai messo casco, guanti, maschera e scarpe di sicurezza?
E le SCHEDE DI SICUREZZA? Sono responsabilità del fornitore! Ma l’hai lette? Quante volte hai trovato schede fasulle, obsolete, generiche? Cosa hai fatto?
Rischio di fare un trattato per cui concludo dicendo quello che ho già detto a tanti colleghi giovani e vecchi: Quella del Medico del Lavoro è una professione stupenda che ha bisogno di Medici preparati, disponibili e CURIOSI, pronti sempre a verificare tutto senza preclusioni ideologiche o peggio, politiche; Possiamo svolgerla bene solo se mettiamo in campo la nostra professionalità e sappiamo renderci essenziali per il DdL ed i lavoratori, il resto viene da sé.
Dino Rina
Medico del Lavoro (perchè medico competente non mi piace)
Ho letto con molto interesse gli interventi dei Colleghi, ed in tutti ho trovato qualcosa di giusto, di vero, di sacrosanto. Credo di non sbagliare affermando che in tutti gli interventi c’è la grande passione, il profondo rispetto e (perché no) l’amore per questa professione di Medici che hanno lavorato, lavorano e continueranno a lavorare con professionalità, serietà ed onestà intellettuale. Credo però che negli stessi interventi ci sia il disagio e la rabbia di chi “sente” intorno a se un mondo che sta cambiando in peggio, forse sta scomparendo addirittura… Da tutto ciò credo che si possa misurare la crisi della nostra professione, crisi badate bene, non determinata tanto dai vari igienisti e/o ml, ma dal nostro stesso operato. Certamente l’avvento di igienisti & c. è una specie di colpo di grazia, ma credo fermamente che la vera professionalità alla fine paghi. Non mi stancherò mai di dire che ci meritiamo quello che ci stà succedendo, perchè c’è stato, dopo l’avvento della 626 una specie di rilassamento generale, anche ai livelli più alti, una caduta libera della QUALITA’ delle prestazioni. Il medico del lavoro è diventato una specie di cottimista impiegato in visitifici, gli organismi deputati al controllo ed alla verifica non hanno fatto, spesso per croniche carenze strutturali ed organizzative, fino in fondo la loro parte, i centri di formazione universitari si sono spesso limitati a sfornare specialisti che una volta usciti dal guscio protettivo dovevano imparare un mestiere. Credo che a questo punto, con un futuro un po’ grigio all’orizzonte, al medico del lavoro, per sopravvivere, non resta che una strada, quella di alzare la qualità delle prestazioni, a tutti i livelli, riappropriarci di passaggi fondamentali nel percorso della prevenzione quali la formazione dei lavoratori (ed anche dei datori di lavoro, come dice il collega), quali la conoscenza pratica della tecnologia industriale, ma soprattutto (e qui sottoscrivo totalmente quanto scritto dal Collega Rina) non prostituirsi alle aziende, mantenere sempre la propria indipendenza di giudizio, meglio rinunziare ad una azienda, che perdere la propria onestà professionale ed intellettuale.
Sergio Truppe
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
Cari colleghi,
tutti abbiamo ragione – una parte di ragione. Abbiamo le nostre ragioni, per essere più precisi.
Ma anche abbiamo i nostri torti e mi spiego.
La situazione attuale, che l’animato dibattito su questo sito rispecchia benissimo, è il frutto di tanti anni di divisioni tra i medici del lavoro, di reciproca diffidenza, e via dicendo.
Non esiste il medico del lavoro, non perché professionalmente non possa esistere: anzi deve.
Non è esistito sinora, perché ogni categoria (universitari, servizi, liberi professionisti) ha pensato per sé, tirato l’acqua al proprio mulino, guardando persino gli altri con diffidenza.
“Gli universitari non sanno nulla del territorio, della medicina del lavoro vera: basta vedere le scuole di specializzazione”.
“I medici competenti sono tutti marchettari, sono servi del padrone”.
“I medici dei servizi vogliono fare solo gli sceriffi, perché è tanto più comodo controllare che fare”.
Quante volte abbiamo sentito queste frasi? O magari le abbiamo pensate, o dette, anche noi?
E ci meravigliamo se altri si appropriano del nostro lavoro?
Non vogliamo invocare un nuovo spirito corporativo, o un generico volemose bene, ma solo dire che se tutte le componenti della medicina del lavoro non si ritrovano in una nuova, stabile mentalità professionale condivisa, e non si confrontano sistematicamente fra loro, saranno sempre vittime di altri.
O non saremo piuttosto vittime di noi stessi?
A noi questo dibattito piace molto se produrrà un nuovo slancio culturale e professionale, se rilancerà la figura del medico del lavoro, con pari dignità fra tutti quelli che vogliono farlo in modo dignitoso. Noi siamo tra quelli che ci credono.
Ad esempio, le linee guida fatte a tavolino potrebbero non servire più di tanto – si riproporrà sempre il bisticcio tra efficacy ed effectiveness che oggi assilla tanto la medicina clinica. Più attenzione ai contesti reali di esercizio della professione, al lavoro possibile – e necessario – sul campo.
Ma è solo un esempio.
Altrimenti ha ragione Lamberto: è bene che questo lavoro lo facciano altri, perché sarebbe sterile parlare di qualità, se non siamo d’accordo nemmeno tra noi su cosa fare e come farlo.
In estrema sintesi, e per concludere:
o facciamo bene il nostro lavoro – tutti, e tutti insieme –;
o siamo condannati all’esercizio sterile di pratiche inutili (all’università, nei servizi, nelle aziende), e al confino a vita in una riserva indiana.
Un saluto a tutti i colleghi
Paolo Del Guerra e Piero Pistolesi
USL 11 Empoli
Sono medico del lavoro dal 1976. Concordo con tutto quanto scritto da ridfam. Metterei soltanto quel "disponibile" vicino al CURIOSO in maiuscolo e aggiungerei, tra parentesi, disponibile verso i contenuti della nomina, piuttosto che verso sè stesso.
Il dibattito continua. Provvediamo ad inserire anche le note che ci sono giunte via e-mail.
Caro Lamberto,
Ho potuto risponderti solo ora, ma comunque volevo farti saper che questo tuo lanciare il sasso mi è piaciuto; era ovvio che avresti scatenato le reazioni che poi come ho visto ci sono state e che rischiano di riportare il discorso sui binari di un muro contro muro che non ha nulla di costruttivo.
Il medico competente, lo sappiamo, è una figura debole e andrebbero prese iniziative per renderlo più autonomo (vedi ciò che succede nel Nord Europa), ma spesso le carenze del suo ruolo all'interno dell'azienda sono evidenti e la ricaduta in termini di efficacia della sorveglianza sanitaria svolta fa veramente pensare; tuttavia anch'io non credo che la "vigilanza" risolva il problema della loro reparazione e del loro codice etico. A proposito della "vigilanza" , questa serve e va utilizzata al bisogno, ma non mi sembra che su questo tema abbia dato grandi soddisfazioni, sia per la frequente caduta delle nostre impalcature accusatorie in tribunale sia per gli appigli spesso formali a cui dobbiamo far riferimento. Io credo molto di più (e le mie esperienze contribuiscono a questo) nella collaborazione e nell'assistenza, nell'impostare indagini in comune, nel ragionare insieme sui risultati della sorveglianza sanitaria; ma per far questo ci vuole disponibilità, tempo, esperienza e conoscenza sia da parte dei medici dei servizi che da parte dei medici competenti, e qui si potrebbe aprire il dibattito di quali sono i compiti e le priorità assegnati ai medici del lavoro dei dipartimenti e quali sono le attività per cui è "pagato" il medico competente. Detto questo credo, caro Lamberto, che comunque vada difesa la peculiarità del medico del lavoro e quindi anche del medico competente, da parte di tutti e a qualsiasi costo, ma anch'io credo che sulla formazione dei medici competenti andrebbe fatta una approfondita riflessione, se si vuole che questa figura professionale possa continuare ad essere credibile e ad avere delle peculiarità oggettive rispetto ad altre specializzazioni; per questo è indispensabile anche che cambino certi modi di pensare e certi atteggiamenti di reciproco arroccamento, troppo spesso nell'ambito di iniziative SIMLII ho sentito citare con ironia e sufficienza "quelli della vigilanza" (confidando forse che non fossero presenti) e di contro talora da parte dei Dipartimenti sono mancate iniziative di confronto con le Scuole di Specializzazione e con i medici competenti. Concordo con la Loi, dobbiamo far emergere il dibattito che già esiste fra i medici del lavoro e tentare di fare proposte concrete nelle sedi opportune.
Donatella Talini
Medico del Lavoro
U.F. PISLL Pisa
La redazione di MedicoCompetente.it
Pubblichiamo un'altro contributo al dibattito.
Mi chiamo Raeli Maria Enrica, ex Medico Competente e da quattro anni nei Servizi.
Ho svolto l'attività di Medico di Fabbrica per vent’anni e poi alla tenera età di 46 anni ho avuto voglia di vedere come si stava dall'altra parte.
Perdonatemi se mi intrometto, ma Augusto Quercia mi ha stuzzicato inviandomi per conoscenza il Vostro dibattito.
Mi sento parte in causa.
Sarò prolissa, lo so, ma provo a ricostruire la storia di quello che ho visto, sperando che sia utile.
Ho iniziato l'attività nell'82, appena laureata, mentre frequentavo la specializzazione al Gemelli.
Scuola di Specializzazione: mi ha dato meno di nulla (e come me a tutti quelli della mia età).
Ho iniziato a lavorare a Roma, imparando da sola ad eseguire spirometrie, audiometrie e capire cosa era un protocollo di sorveglianza sanitaria e cosa accadeva se facevi una Denuncia di Sospetta Malattia Professionale perché nel programma di studio era poco rilevante. Molto più rilevante era l'attività di reparto).
Ero molto ligia al mio dovere (senza strafare), ma un personaggio, attualmente responsabile di un Servizio romano se facevi una segnalazione che lui non gradiva, si divertiva a trattarti come un imputato, anche davanti al Datore di Lavoro, che, sistematicamente si liberava di te (dopo le prime 5 – 6 esperienze e fino al mio trasferimento in Toscana, ho segnalato solo chi avrebbe potuto avere un “congruo” riconoscimento INAIL).
Per non parlare poi delle difficoltà a gestire vari personaggi di varie asl, diciamo discutibili
Scoprii Civita Castellana e decisi di frequentare il servizio invece del Reparto di Medicina del Lavoro. E' stato lì che ho cominciato a capire come si gestiva un sopralluogo e cosa significava gruppo omogeneo, ecc. ecc.
Nel 90 mi sono trasferita in Toscana (provincia di Arezzo). Contratto ASPED (invenzione Toscana, credo di essere stata la prima). Perdonatemi se affermo che, partito con buone intenzioni, si è rivelato un ambiguo sistema di aggirare il problema “controllore che controlla se stesso”; facendo finta che i Servizi erano indipendenti dalla sorveglianza sanitaria.
Di fatto: Io non gestivo assolutamente nulla. Il sopralluogo ed il cosa e quando farlo, lo stabilivano i colleghi del Servizio. Ero solo addetta al "visitificio". Questo prevedeva il contratto. 4 visite l'ora. Gli onorari che la Ditta doveva ai servizi erano miserevoli. Fui io a far notare al Dr Disilvestro (allora responsabile del servizio di Cortona) l'assurdità del sistema.
Il tariffario doveva, a mio giudizio, adeguarsi agli onorari minimi previsti dalla normativa per i medici e bisognava cambiare le regole (anche perché si trattava di attività privatistica e non pubblica). Oltretutto non era possibile paragonarci ad un medico Sumai e stabilire per noi gli stessi ritmi.
In breve tempo la regione ci consentì 30 minuti a visita, comprensivi di relazione finale, certificati di idoneità, presa visione degli accertamenti, ecc. ecc.e modificò il tariffario (50000 a visita).
Con il tempo e con "tigna" riuscii anche ad appropriarmi dell'esecuzione e della refertazione degli esami strumentali, ma credo di essere stata una delle poche, perchè questo era di competenza del Servizio, e su questo il servizio continuava a guadagnare e di fatto a controllare. Basta dire che noi non partecipavamo alla stipula della convenzione che prevedeva il Protocollo di Sorveglianza che sarebbe stato seguito e che veniva deciso dal Responsabile del Servizio, così mi sono ritrovata in una delle varie Asl dove ho lavorato a dover ingoiare il test di Hishiara annuale.
Nei primi anni 90 la Regione organizzò dei corsi per la qualità delle PFR: aperte a tutti i colleghi della vigilanza, ma tassativamente vietate a noi
"Specialisti Ambulatoriali".
Non che siano serviti a molto, non nei Servizi dove ho lavorato.
Per anni ho dovuto accettare referti del tipo: Restrittivo, quando erano invece valori normali se confrontati con l'etnia del soggetto ed altro di non dicibile.
Solo la mia curiosità e la voglia di vedere mi ha permesso di entrare nelle ditte. Spesso fuori orario, anche di notte.
L'unica a cui devo realmente dire un grazie è stata Valeria Monechi, che nel breve periodo passato presso il suo servizio, mi ha consentito grande libertà di movimento.
E comunque ero pagata per il numero e non per la qualità.
L'arrivo del D.lgs 626/94 ha reso l'ambiguità di questo contratto ancora più evidente.
Date le dimissioni ho lavorato come libera professionista fino al 2000.
Ho imparato più cose da sola di quante non ne abbia imparate lavorando gomito a gomito nei Servizi, dove più numeri si producevano e più tutti erano felici (una spirometria annuale non si negava a nessuno, qualsiasi attività facessero alla faccia della specificità del controllo).
Dove si parla tanto della qualità degli altri, ma troppo poco della propria.
No, non generalizzo. Non mi appartiene. Ma mi piacerebbe che non lo faceste neppure voi, nel vostro dibattito.
Non parlate di “Vigilanza", ma di Tizio e di Caio, di ASl tot e di ASl XXX.
Molti dei colleghi della Vigilanza non sono diversi da molti dei colleghi Medici Competenti.
D’altronde i se con cui combattono i Medici Competenti non sono pochi
- se la viglilaza si accontenta del formale, chi mai ascolterà i pochi che vogliono lavorare bene?
- se molti Baroni universitari risultano essere medici competenti di innumerevoli comuni, altrettante province, varie grosse sedi commerciali con distribuzione nazionale per un totale di almeno 10000 lavoratori, limitandosi solo a firmare e mandando allo sbaraglio, per poche lire (pardon euro) giovani laureati e le Asl non intervengono ...
- se la normativa è talmente rigida da non venire incontro ad i singoli casi (soggetto con necessità di scarpe antinfortunistiche fatte su misura, ditta disponibile, impossibilità ad ottenere il marchio CE su un prodotto artigianale)
- se il mercato non va di pari passo con la normativa (provate a cercare dei guanti antivibrazione per una mano che calza la misura 7, come la mia, ma anche come quella di molti extracomunitari)
- se la stessa normativa dice che sarà il datore di lavoro a scegliere i Dpi (ed il medico non è nominato)
- se il Datore di lavoro, pur sapendo che il lavoratore ha avuto un importante problema di salute, non può richiedere una visita di idoneità al rientro dal periodo di malattia ...
- se ancora oggi le ditte telefonano al collega Medico Competente e l'approccio tipico è: dottore mi hanno detto che devo far fare le visite ai miei dipendenti
- se le normative sono spesso molto ambigue ed ogni mossa leale del Medico Competente si può ritorcere sul lavoratore con un facile licenziamento .....
- se .... tanti altri se
ed i Servizi dove sono?
Non ho dubbi nell'affermare che venendo a Viterbo molto del malcontento rispetto a quanto ho segnalato e rispetto all'immagine che mi ero costruita di molti servizi (ma non di tutti), è scomparso.
Sento che la formula di Augusto di controllo costante della qualità interna e controllo costante della qualità dei colleghi Medici Competenti può essere vincente.
A fatica, ma sto ritrovando una mia identità che sentivo persa e non desiderata (un Medico Competente dignitoso è scomodo, come lo è un dignitoso Medico del Servizio)
A questa formula andrebbe affiancata la forza del Servizio Pubblico per risolvere, piccole-grandi problematiche che il Medico Competente da solo non può affrontare.
Un banale esempio per tutti: le cartelle sanitarie devo stare presso il Datore di Lavoro. Avete idea di quante volte un "piccolo edile" si perde la documentazione?
Possibile che per le piccole aziende le cartelle sanitarie non possano essere conservate in luogo diverso, come per esempio lo studio del Medico Competente (la documentazione fiscale si può conservare presso il commercialista!!!!). Oltretutto in caso di cambiamenti e licenziamenti per il lavoratore non ci sarebbero problemi a farsi consegnare una copia della sua cartella. Non dimentichiamoci che l'Italia è fatta prevalentemente di micro realtà industriali ed artigianali.
Perdonatemi se vi ho "assalito" in maniera non proprio ordinata. Considerateli “pensieri in libertà”.
Concludo con quello che avrei voluto i servizi mi regalassero quando ero Medico Competente:
1) Controllo di qualità sistematico (interno ed esterno). Come si differenziano, altrimenti, i "dignitosamente attenti" dai "lestofanti"?
2) Aggiornamento sul campo. Le realtà non si somigliano. E le falegnamerie di Viterbo non sono quelle di Arezzo. Come Servizi si ha una
visione globale che come Medico Competente non riesci ad avere. (se non altro è una questione di numeri)
3) Formazione, formazione, formazione: come si fa concretamente un esame, che sia anche qualitativamente decente. Come si legge, come si
referta e soprattutto come risolvo il problema.
3) Risoluzione e proposte operative per quei mille piccoli e grandi problemi che il singolo non può risolvere, anche attraverso richieste di
chiarimenti ufficiali al Ministero.
4) Maggiore azione "politica". Il problema di perdere il posto di lavoro per chi viene giudicato non idoneo è reale. Liste di collocamento
preferenziali? Non so. Non sono una buona politica. Ma sento che il dibattito non c'è.
5) Meno progetti "fantasmagorici" e maggior concretezza propositiva. Avete idea di quanto mi siano serviti tutti gli articoli sul monitoraggio
biologico, quando poi è concretamente impossibile trovare laboratori che diano "numeri" attendibili, compresi alcuni pubblici. Quel poco
monitoraggio biologico che sono riuscita a fare lo dovevo inviare a Siena, con quali costi (non pecuniari), ma in termini di fatica e di
organizzazione visto che si trattava di Ditte con 2-5 dipendenti, ve lo lascio immaginare.
6) Ed infine l'unione fa la forza. Maggiore uniformità di procedure da parte delle diverse ASL
Da Medico Competente mi sono confrontata con 5 ASL di Arezzo, 2 di Siena, Terni, Assisi e Perugia, 3 ASL di Roma ognuno con le sue convinzioni e con le sue manie, tutte facilmente raggirabili, ma controlli veri, di quelli che ti fanno guardare allo specchio (tanto per intenderci quelli che sto imparando a Viterbo), neppure uno.
Perdonatemi nuovamente per l’assalto
Maria Enrica Raeli
La redazione di MedicoCompetente.it
Pubblichiamo una prima risposta del collega Lamberto Lastrucci
Cari colleghi,so e sapevo benissimo che le mie considerazioni si prestavano a giuste critiche che puntualmente stanno arrivando. Il mio scopo era la provocazione in un momento in cui la definizione " Medicina del Lavoro " appare sempre meno ed addiruttura in alcune Regioni non appare più in nessun livello assistenziale. Lungi da me difendere l'operato dei dipartimenti di prevenzione. Le mie considerazioni vanno lette come un tentativo di riportare la nostra specializzazione al centro della prevenzione e questo passa anche attraverso una "credibilità" a tutti i livelli della figura del medico del lavoro. E' chiaro che il medico competente è e risulta il più "visibile" alla pubblica opinione. Non ritengo che una vigilanza a fini sanzionatori sia la strada giusta; ribadisco che è proprio la professionalità sul piano operativo derivante anche da una formazione conseguita nell'ambito della specializzazione in medicina del lavoro che farà la differenza con altre specializzazioni. Essendo io un propositivo vorrei che la radicale revisione auspicata del T.U. su questo argomento non si limitasse ad un mero taglio delle specializzazioni abilitanti a svolgere l'attività di medico competente ma portasse il medico del lavoro ad essere presente e collaborativo in tutte fasi dell'azione di prevenzione nei luoghi
di lavoro, da questo ne deriverebbe un rafforzamento della figura del medico del lavoro nei confronti del datore di lavoro, anche ai fini del riconoscimento retributivo delle attività non afferenti direttamente alla sorveglianza sanitaria.
Relativamente al miglioramento della qualità delle prestazioni svolte nell'ambito della sorveglianza sanitaria ai lavoratori, questo coinvolge obbligatoriamente anche le attività dei Dipartimenti di Prevenzione e delle Scuole di Specializzazione in Medicina del Lavoro (Università) ma anche per questi soggetti non ci devono essere solo "etichette" ma effettiva professionalità e chiari e trasparenti sistemi di accreditamento e di
controllo della qualità (altro fronte di discussione). Per il momento mi fermo qua. Sono contento del fatto che colleghi più autorevoli di me abbiano raccolto la provocazione e spero che chi ha "testa" e autorevolezza le usi per recuperare effettivamente quel "ruolo centrale" del Medico del Lavoro nell'ambito della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Lamberto Lastrucci medico del lavoro
La redazione di MedicoCompetente.it
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