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sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc

Questo argomento ha avuto 9 risposte ed è stato letto 6502 volte.

carlpam

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  • sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (27/09/2006 17:28)

tratto da " diritto e diritti"
§ - L'art 16 del Decreto 626/94, attribuisce al "medico competente" gli accertamenti preventivi in tema di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati e quelli periodici sullo stato di salute e sulla idoneità alla mansione, mentre l'art. 3, lett. m) dello stesso testo , fra le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori include "l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona". Lo spostamento interno richiesto dal lavoratore trova fondamento nella diagnosi del medico del lavoro, per cui irrilevante appare la accertata idoneità alle mansioni, una volta che sono state individuate le misure a tutela del lavoratore stesso. ( Avv. Ennio Grassini - https://www.dirittosanitario.net)

PREVEMP

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (29/09/2006 10:33)

La sentenza in riferimento è la n.18917 del 1.9.06, e presenta molti spunti di riflessione.
Ne propongo uno solo: la lavoratrice (bibliotecaria dipendente comunale) con "sofferenza da sindrome depressiva reattiva somatizzata con deficitarie capacità di adattamento sociale e lavorativo" era stata giudicata dal medico competente idonea alle mansioni, ma "consigliando come opportuno un cambiamento dell'ambiente lavorativo".
Ai sensi del Regolamento comunale questo giudizio non era stato ritenuto sufficiente a motivare un cambio di mansioni (proprio perché riconosciuta idonea al lavoro), posizione ritenuta legittima anche dal Tribunale e dalla Corte d'Appello.
La Cassazione è di diverso avviso, in quanto ritiene prevalente la norma di legge - appunto il D.Lgs.626/94, con particolare riferimento all'art.3, lett.m (allontamento del lavoratore dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona).
Consiglio in ogni caso la letura integrale della sentenza.

bordini

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (30/09/2006 08:49)

Faccio un copia-incolla della sentenza

27.09.2006 CORTE di CASSAZIONE - (giudizio di idoneità alla mansione, accompagnato da misure di salvaguardia della salute, da parte del medico competente)
§ - L'art 16 del Decreto 626/94, attribuisce al "medico competente" gli accertamenti preventivi in tema di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati e quelli periodici sullo stato di salute e sulla idoneità alla mansione, mentre l'art. 3, lett. m) dello stesso testo , fra le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori include "l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona". Lo spostamento interno richiesto dal lavoratore trova fondamento nella diagnosi del medico del lavoro, per cui irrilevante appare la accertata idoneità alle mansioni, una volta che sono state individuate le misure a tutela del lavoratore stesso.

Sentenza del 01-09-2006 - n. 18917
omissis

Svolgimento del processo

S.M.G., dipendente del Comune di Castell'Umberto, con mansioni di bibliotecaria, assegnata alla sede distaccata di Sfaranda, convenne in giudizio il proprio datore di lavoro perchè fosse condannato ad assegnarla alla sede centrale secondo le regole della mobilità interna del personale, conformemente al parere del medico del lavoro. Questi infatti, a seguito di visita disposta dal Comune, aveva diagnosticato una sofferenza da sindrome ansiosa depressiva reattiva somatizzata, con deficitarie capacità di adattamento sociale e lavorativo, consigliando come opportuno un cambiamento dell'ambiente lavorativo, pur confermando l'idoneità della lavoratrice allo svolgimento delle mansioni. La domanda veniva rigettata e l'appello della lavoratrice era respinto dalla Corte d'Appello di Messina. La Corte, in accordo con il primo Giudice, riteneva inapplicabile alla fattispecie la disposizione dell'articolo 7 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune, anzitutto perchè la accertata idoneità della S. alle mansioni svolte in concreto rendeva inoperante la norma che consentiva la mobilità per inidoneità psicofisica, ed inoltre perchè mancava la richiesta del dipendente, motivata da personale opportunità di rotazione nei diversi ambiti di competenza dell'ente, ulteriore condizione per il ricorso alla mobilità.
Secondo la Corte Territoriale, infine, non vi era alcuna prova del nesso causale fra l'attività lavorativa concretamente svolta nell'ambiente di lavoro e le condizioni di salute della lavoratrice, non potendo tale nesso desumersi dalla circostanza che il medico del lavoro avesse suggerito un cambiamento di ambiente lavorativo. S.M.G. ha chiesto la cassazione di questa sentenza con ricorso fondato su due motivi. L'intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede. La causa prima assegnata all'Adunanza della camera di consiglio, e stata rimessa dalla Corte alla Pubblica udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli articoli 32 Cost. ed al D.Lgs. N. 626 DEL 1994, come pure motivazione insufficiente e contraddittoriA. Si addebita alla sentenza impugnata di avere subordinato l'applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. n. 626 del 1994, che con l'obbligatoria presenza del medico del lavoro ed il relativo obbligo di visita mirano a tutelare le condizioni di salute dei lavoratori negli ambienti di lavoro, ed impongono di tenere conto della capacità e delle condizioni dei lavoratori rispetto ai compiti affidati, ad una norma regolamentare mentre il regolamento dell'ente locale non può modificare in senso peggiorativo le disposizioni di legge o contrattuali poste a garanzia dei dipendenti. Le si addebita, inoltre, di non aver considerato che lo spostamento interno richiesto dalla lavoratrice trovava fondamento nella diagnosi del medico del lavoro, sicchè era irrilevante la accertata idoneità alle mansioni, una volta che erano state individuate le misure a tutela del lavoratore.
Le si addebita ancora di non avere motivato compiutamente non tenendo conto che, trattandosi di un problema di natura psico-fisica, tale ordine di problemi dovevano considerarsi richiamati nel regolamento. Si rileva, infine, che ad ogni modo, il regolamento, se contrario a norme di legge, avrebbe dovuto essere disapplicato. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata ancora violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 626 del 1994, ed all'articolo 420 c.p.c. e segg., come pure motivazione insufficiente e contraddittoria. Si addebita alla sentenza impugnata di aver escluso che la diagnosi del medico del lavoro costituisse prova del nesso causale tra attività lavorativa e condizioni di salute, non considerando che, per la natura giuridica della figura del medico del lavoro, tale diagnosi deve considerarsi di per sè prova sufficiente del nesso causale. Le si addebita inoltre di non avere tenuto conto del certificato medico dell'Azienda ospedaliera-clinica del lavoro, di Milano, che attestava il "disturbo dell'adattamento compatibile con situazione occupazionale anamnesticamente avversativa", nè della richiesta di eventuale consulenza tecnica d'ufficio.
I due motivi, connessi, possono essere trattati congiuntamente. Essi sono fondati nei limiti che seguono. Dalla stessa sentenza impugnata si desume che a fondamento del diritto fatto valere la lavoratrice aveva richiamato i principi costituzionali in tema di diritto alla salute e alla integrità fisica, sostenendo che, in relazione ad essi, la valutazione del sanitario, avrebbe dovuto determinare il superamento della norma regolamentare. Il Giudice di merito ha per contro rigettato la domanda anzitutto perchè il diritto al trasferimento di sede sorge sulla base della norma regolamentare, che lo attribuisce al dipendente in condizioni di inidoneità psicofisica, da intendersi quale inidoneità alle mansioni svolte in concreto. Quindi essendo la lavoratrice stata ritenuta idonea a tali mansioni la condizione voluta dal regolamento non era soddisfatta. In tal modo il Giudice di merito non ha però considerato che per il genere di situazioni giuridiche messe in gioco, il richiamo alla norma del regolamento era incongruo e non decisivo, una volta che al giudizio di idoneità alle mansioni si accompagnava la indicazione di misure di salvaguardia della salute della dipendente. Il riferimento esclusivo alla norma regolamentare ed alle condizioni in essa previste per la mobilità, si è risolto quindi, come indicato nel primo motivo del ricorso,anche nel sostanziale disconoscimento delle regole poste dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (che in attuazione di varie direttive comunitarie ha dettato norme "riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro). In particolare non si è tenuto conto di quanto previsto nell'art. 16 del Decreto, che attribuisce al "medico competente" gli accertamenti preventivi in tema di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati e quelli periodici sullo stato di salute e sulla idoneità alla mansione, nè dell'art. 3, lett. m) dello stesso testo che fra le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori include "l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona".

Il Giudice di merito ha poi indicato, come ulteriore ragione del rigetto dell'appello, l'assenza di prova del rapporto causale tra il lavoro concretamente svolto dalla S. e le sue condizioni di salute. In tal modo, seppur non esplicitamente, il diritto al trasferimento è stato correttamente valutato non più sulla base della norma regolamentare ma quale espressione del diritto alla tutela della salute. Infatti affermare che manca la prova del nesso causale non avrebbe senso se non nella prospettiva per cui ove tale nesso fosse provato il trasferimento si porrebbe quale messe per tutelare la salute del dipendente e prescinderebbe quindi dalle condizioni specificamente previste dalla norma regolamentare, risultando invece misura esecutiva dell'obbligo di sicurezza incombente sul datore di lavoro. Tuttavia la motivazione con cui è stato escluso il nesso causale fra l'attività svolta e le condizioni sanitarie della dipendente è censurabile.
Occorre premettere in proposito che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione, laddove censuri la ricostruzione e l'interpretazione del materiale istruttorio accolta dalla sentenza impugnata, deve evidenziare l'erroneità del risultato raggiunto dal Giudice del merito attraverso l'allegazione e la dimostrazione dell'inesistenza o della assoluta inadeguatezza dei dati che egli ha tenuto presenti ai fini della decisione, o delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, non potendo limitarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (Cass. 25 febbraio 2005 n. 3994). Ora l'affermazione, fatta dal sanitario e non smentita dalla sentenza, secondo cui accertata la patologia depressiva, è opportuno il cambiamento dell'ambiente lavorativo, non è compatibile, logicamente, con l'affermazione, fatta dalla sentenza, secondo cui l'attività lavorativa resa in quell'ambiente non può costituire ( o non vi è prova che costituisca) causa della patologia. Le due affermazioni sono contraddittorie, perchè se l'attività lavorativa concretamente espletata non avesse relazione con la patologia allora il cambiamento del luogo di lavoro non potrebbe rivestire alcun carattere di opportunità, ovviamente nel senso di un effetto positivo sullo stato di salute del dipendente. Quindi è inevitabile concludere che se, come la Corte fa, si accettano le indicazioni del sanitario, non si può non trame le conseguenze sul piano del nesso di causalità, e dovrebbe quindi essere chiarito su quali basi tale rapporto possa effettivamente venire escluso. Ne deriva che la regola di giustificazione in base alla quale la sentenza ha negato il rapporto di causa fra condizioni di lavoro e patologia, siccome viziata da contraddittorietà, è sindacabile in questa sede ed inficia la valutazione compiuta dal Giudice di merito, senza che ciò determini ingresso in un campo tipicamente a questi riservato, restando invece nell'ambito del controllo sulla correttezza logica delle proposizioni con le quali egli ha espresso la propria valutazione su tale rapporto.
Non è inutile in proposito tenere presente infine come la situazione considerata avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a far ricorso ai propri poteri ufficiosi di indagine ( v. in proposito Cass. Sez. Un 17 giugno 2004, n. 11353) dal momento che attraverso la certificazione più volte indicata essa si trovava di fronte a risultanze istruttorie costituenti già significative piste di indagine, e considerando anche sia le ulteriori certificazioni sanitarie prodotte dalla lavoratrice che le richieste della stessa rivolle a sollecitare l'espletamento di una consulenza tecnica. In conclusione il ricorso va accolto nei termini di cui sopra con rinvio della causa ad altro Giudice di appello che, al fine di stabilire se la lavoratrice abbia diritto al trasferimento, accerterà, sulla base degli atti e, ove necessario, anche mediante l'esercizio dei poteri d'ufficio ex art. 421 c.p.c., se le condizioni di lavoro della S. siano compatibili con la patologia denunziata o possano invece comunque aggravarla. Al Giudice di rinvio è opportuno rimettere anche la statuizione sulle spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza alla Corte d'Appello di Catania. Così deciso in Roma, il 20 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2006

"L’oro non è tutto. Ci sono anche i diamanti". (Paperon De’ Paperoni)

spindo

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (03/10/2006 12:35)

Ho letto la sentenza in questione e mi sembra che non faccia una grinza. Una considerazione però. A mio parere, tutto l'iter giudiziario poteva essere evitato se solo il collega Medico Competente non avesse espresso un giudizio di idoneità, cosa legittima tenuto conto che egli stesso ha ritenuto, con il consiglio dato, che la mansione svolta fosse di pregiudizio per la salute (e come confermato dall'Azienda ospedaliera-clinica del lavoro di Milano). Ho il timore che da parte del collega sia stato confuso il significato di "giudizio di idoneità alla mansione" con "giudizio di capacità alla mansione". E' come se io per un addetto in lavanderia, esposto a percloroetilene, affetto da epatopatia ma asintomatico esprimessi un giudizio di idoneità alla mansione per poi cosigliare di spostarlo per evitare che l'esposizione a percloroetilene possa aggravare la patologia epatica.

bernardo

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (05/10/2006 08:14)

Concordo con l'osservazione: secondo il mio parere non andava espresso un giudizio di idoneità, ma di non idoneità, quantomeno parziale e/o temporanea. In generale sono da evitare le "idoneità con limitazioni" (peraltro non previste da alcuna norma di legge), nmentre andrebbero espressi nei casi considerati dei giudizi di "inidoneità parziale e/o temporanea" evitando anchem, in tal modo, onerosi e lunghi iter giudiziari, che verrebbero evetnualmente sostituiti e risolti definitivamente, in un senso o nell'altro, in sede di ricorso all'organo di vigilanza. Ne caso specifico un giudizio di inidoneità avrebbe messo il Comune conm le spalle al muro, obbligandolo di fatto a disapplicare il regolamento interno, come richiesto dalla corte di cassazione.
Saluti
G. Frigeri

gdigiacomo

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (05/10/2006 11:11)

a me sembra che finora manchi l'elemento centrale attorno al quale incentrare la discussione: per quali rischi l'interessata era sottoposta ad obbligo di sorveglianza sanitaria e, di conseguenza, nei confronti di cosa si doveva valutare l'idoneità? personalmente ho difficoltà ad immaginare per una attività di bibliotecaria la presenza di rischi lavorativi per i quali ritenere necessaria la sorveglianza sanitaria. non vorrei inoltre che nell'esprimere un giudizio si confondesse l'idoneità all'esposizione ai fattori di rischio con la valutazione della capacità lavorativa, sulla quale ritengo il MC non debba esprimersi in termini di giudizio di idoneità

maalox

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (05/10/2006 15:27)

a parte tutte le considerazioni fatte dai colleghi, cosa ne pensate dei giudizi di idoneità in cui viene "consigliato" qualcosa al datore di lavoro? io penso che siano a dir poco da evitare, perchè poco professionali ed oltretutto creano spesso situazioni poco chiare che portano più danni che benefici. mi pare che in questo caso tre gradi di giudizio potevano essere semplicemente evitati se il medico fosse stato più chiaro.

bernardo

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (05/10/2006 18:03)

Consigli? Io non ci vedo nulla di male, anzi, il 626 è pieno di situazioni in cui il Datore di Lavoro adotta misure "su parere del medico competente". Quello che il Medico Competente non può e non deve fare ( e che invece spesso qualcuno fa pensando di poterlo fare) è "prescrivere" qualcosa al Datore di Lavoro: le prescrzioni al Datore di Lavoro le dà sol.o l'organo di vigilanza, mentre le prescrizioni del MC (peraltro previste dalla legge solo nel caso dei VDT) sono comunque rivolte al lavoratore (rocordate che a stretto rigore di legge non è nemmeno obbligatorio informare per iscritto il DL in coso di idoneità, ma solo di inidoneità) e devono riguardare cose che il lavoratore può fare, come ad esempio indossare i mezzi di protezione. Mentre, sempre ad esempio, se si tratta di fare delle pause (cioè di modificare l'organizzazione del lavoro) questo è tema di discussione col il DL nell'ambito della riunione art. 11, o anche al di fuori di questa, ma scriverlo (come ho visto fare) sui certificati di idoneità è sbagliato in quanto se rivolta al lavoratore tale prescrizine lo obbligherebbe a a fare cose che autonomamente non può dicidere di fare, mentre se rivolta al Datore di Lavoro costituisce un abuso di potere dal parte del MC che rispetto al DL emette parerei di cui il DL deve tenere conto, ma non certo ordini.

Saluti

G. Frigeri

La Redazione

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (06/10/2006 07:43)

Dalle Linee Guida SIMLII:
"L’iter che porta alla formulazione del giudizio di idoneità può concludersi con una gamma di possibilità, che, facendo riferimento ai contenuti dell’art. 17, comma 1, lettera c) e comma 3 del D. Lgs 626/94, possono essere così espresse e schematizzate:
1. Idoneità alla mansione specifica
2. Non idoneità parziale alla mansione specifica
3. Non idoneità totale alla mansione specifica
4.Non idoneità temporanea alla mansione specifica
Per i soli lavoratori addetti a Videoterminale, il D. Lgs 626/94 prevede all’articolo 55, comma 2, lettera a) una categoria particolare di idoneità (al riguardo si invita a consultare la linea guida sui Videoterminali):
5. Idoneità con prescrizioni alla mansione specifica
Esiste a tutt’oggi un certo grado di confusione (favorito dalla usuale genericità del dettato legislativo) in merito al significato delle singole specifiche definizioni dell’idoneità. In particolare, vengono spesso confusi e usati indifferentemente, i concetti di “non idoneità parziale” e di “idoneità con prescrizioni”. La differenza fra tali concetti è ricca di implicazioni pratiche sul piano della prevenzione e delle conseguenze medico-legali dei giudizi. Appare, pertanto, utile uno sforzo di inquadramento del significato e delle implicazioni dei diversi livelli di giudizio. Una attenta analisi della terminologia propria dei diversi livelli di giudizio, integrata dalle conoscenze proprie della disciplina Medicina del Lavoro e dalle esperienze pratiche derivanti dalla attività dei medici del lavoro competenti, porta a definirne i seguenti significati specifici (tabella 7):
Idoneità alla mansione specifica: piena idoneità
Non idoneità parziale alla mansione specifica: l’inidoneità è limitata ad alcune delle attività tra quelle comprese nella mansione (non correggibile con prescrizioni)
Non idoneità totale alla mansione specifica: l’inidoneità (non correggibile con prescrizioni) riguarda tutte le attività che rientrano nella mansione (o gran parte di esse, in modo tale da rendere impossibile un proficuo utilizzo del lavoratore in quella mansione)
Non idoneità temporanea alla mansione specifica: l’inidoneità (parziale o totale, come sopra definite) è prevedibilmente limitata nel tempo
Idoneità con prescrizioni: l’idoneità ad una mansione è totale, purché vengano poste in essere determinate precauzioni"

La redazione di MedicoCompetente.it

maalox

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  • Re: sentenza relativa a misure di salvaguardia nel giudizio di idoneità del Mc
  • (06/10/2006 08:25)

rispondo a bernardo: quando intendo chiarezza nel giudizio intendo che tutte le cose che dici siano già state discusse e fatte, ciascuno per il proprio ruolo, prima di formulare il giudizio di idoneità ......... a quel punto nessuno deve più ordinare o consigliare nessun'altro di fare qualcosa, e ciascuno si potrà e dovrà assumere serenamente le proprie responsabilità.

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