Se qualcuno fosse interessato, invio il testo di un articolo pubblicato su "DoctorNews" del 23/10/2006, anche perchè mi sfuggono, non conoscendo
alcuna di tali realtà produttive, le eventuali potenziali cause di un dato dissimile dal resto della popolazione.
Da: “DoctorNews” del 23/10/2006
Epidemiologia
Picco decessi da tumore negli impiegati manifattura computer
La mortalità complessiva e quella da tumore risulta considerevolmente più elevata nei lavoratori che fabbricano computer o i loro componenti rispetto alla popolazione generale. Il presente studio propone il più ampio database finora raccolto in proposito. In particolare sono stati uniformemente rilevati picchi di mortalità da tumori cerebrali, linfomi non-Hodgkin e tumori renali. Alcune grandi compagnie informatiche potrebbero possedere dati ancora più avanzati, dato che hanno accesso a titoli professionali, gruppi di lavoro, tipi e durate di esposizione agli agenti cancerogeni. Gli autori dello studio, comunque, sono ottimistici, in quanto alcuni di questi tumori possono essere ricercati onde tentare di identificarli precocemente ad uno stadio trattabile, soprattutto nel momento in cui lo staff gestionale è consapevole di chi sia maggiormente a rischio per via della propria esposizione a cancerogeni. (Environmental Health Online 2006, pubblicato il 19/10)
P.S. nello stesso numero c'è un articolo "di speranza" a proposito della TASSA ONAOSI.
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
Avevo già notato l’articolo citato dal collega Ramses e – a titolo personale - avevo già espresso le mie perplessità sull’argomento. Al riguardo ci sono, a mio parere, due ordini di problemi da tenere presente:
1. la mancanza totale di riconoscimento di una disciplina (la Medicina del Lavoro) che si occupa in maniera compiuta di questi temi da qualche anno .... Non so perché, ma a livello di discipline specialistiche la nostra non è mai citata come tale, spesso viene inglobata in altri settori della Medicina o viene semplicemente ignorata (vedasi, ad esempio, gli approfondimenti specialistici proposti dallo stesso sito “DoctorNews”, ma non solo). Qualche tempo addietro ho anche indirizzato una mail a questo sito, chiedendo di inserire anche la nostra disciplina nel novero delle loro riviste mensili via e-mail, ma a tutt’oggi non ho ancora avuto alcuna risposta (sic !).
2. la parziale attendibilità di un messaggio lanciato utilizzando articoli citati solo sinteticamente, messaggio che – al tempo stesso – può possedere un enorme impatto mediatico (per non dire “allarmistico”) nei confronti di una popolazione di non esperti del settore, anche se trattasi, per lo più, di medici. Mi chiedo, ad esempio: come era stata scelta, nello studio citato, la popolazione lavorativa sulla quale è stato condotto lo studio ? A quali fattori di rischio era realmente esposta ? Come erano stratificati i vari gruppi (per età, anzianità lavorativa etc.) ? Erano presenti (e sono stati considerati) altri cosiddetti “fattori di confondimento” (tipo fumo di sigaretta, esposizioni extra-professionali etc.) ? Quali caratteristiche possedeva la popolazione di confronto ? E’ ovvio che la risposta a molte di queste domande si può trovare nel testo completo del lavoro, ma quanti lettori lo andranno a cercare e lo scorreranno con la dovuta attenzione ?
In conclusione, ritengo che sempre più - tutti insieme, ognuno per la sua parte - dobbiamo prestare piena attenzione a tutti gli argomenti che ci riguardano, direttamente o indirettamente, comunque e dovunque presenti e pubblicati, al fine di sostenere con la massima determinazione la preminenza della nostra disciplina specialistica nei settori che le sono propri.
Cordiali saluti a tutti
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