Non mi è ancora capitato di affrontare il caso di un dipendente che assuma psicormaci e che per tale motivazione chieda l'esenzione dal servizio notturno (Ramo sanità). Siccome prima o poi capiterà, come vi regolate in modo generale?
Buona Pasqua a tutti.
A me è capitato. Naturalmente va visto che terapia fa e com'è la situazione clinica. Io, dietro richiesta del lavoratore e su consulenza dello psichiatra che lo seguiva, ho rilasciato una non idoneità temporanea al lavoro notturno. Dopo 1 anno circa la situazione era migliorata e, sentito sia il lavoratore (che a quel punto se la sentiva) che lo psiachiatra, l'ho rifatto idoneo. Poi, ripeto, va visto caso per caso perchè ho visitato diversi lavoratori che assumono psicofarmaci ma che non hanno nessun problema a svolgere lavoro notturno
Sai qual'è il vero problema? La gestione di chi non vuole lavorare e accampa la pretesa di attuare terapie con psicofarmaci al solo scopo di perseguire il proprio fine. A questo scopo non è difficile che un psichiatra (in ottima fede sicuramente perchè non è al corrente del vero problema fraudolento del paziente) prescriva dei sedativi.
Credo che da questo tipo di dipendenti sia difficile potersi "difendere"
Su questo hai perfettamente ragione. Purtroppo in queste occasioni siamo in presenza di sintomi (vuoi per la patologia vuoi per eventuali effetti della terapia) non obbiettivabili per cui, di fatto, uno deve regolarsi su quanto il lavoratore afferma! Forse l'unica è chiedere una relazione dello psichiatra che ha prescritto i farmaci (o in alternativa chiedere una visita specialistica psichihatrica)...però se il lavoratore dice che prendendo quelle medicine la sera ha sonnolenza oppure che la notte deve dormire perchè con un buon equilibrio sonno-veglia ne trae beneficio la sua patologia....non hai molte alternative!
Il problema è rilevante e coinvolge il medico del lavoro, che non deve "difendersi" dai lavoratori (!), ma ha il dovere (a) di prevenire patologie lavoro-correlate; (b) di prevenire patologie per terzi; (c) di migliorare la salute dei lavoratori.
Pertanto egli dovrà (a) partire dalla valutazione del rischio, e capire quindi se la specifica attività professionale, in corso di assunzione dei farmaci, possa determinare pericoli per la salute e sicurezza del lavoratore; (b) allontanare il lavoratore se la ridotta vigilanza mette in pericolo la salute di terzi; (c) programmare attività sanitarie che determinino un miglioramento della salute del lavoratore. In quest'ultimo compito potrà e dovrà giovarsi delle strutture del SSN, psichiatriche e no.
Il problema è un aspetto particolare di quello più generale dei lavoratori con patologie psichiatriche, al quale abbiamo dedicato un recente articolo su La Medicina del Lavoro
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