Gentili medici competenti,
sono una giovane psicologa, ho iniziato nel mese di novembre 2017 una scuola di specializzazione universitaria in psicologia dopo aver vinto una borsa di studio per merito. La scuola mi ha portato per la prima volta ad interfacciarmi con la Vostra professione e da lì è iniziato un vero calvario che desidero raccontare.
Dopo aver preso accordi con una delle strutture convenzionate (un ospedale) per iniziare il tirocinio, mi viene comunicato che per poter iniziare era necessario che presentassi un certificato di idoneità alla mansione da fare presso qualunque medico del lavoro purché non fosse quello della struttura stessa. Sì, avete capito molto bene: fondamentalmente ciò che contava per la struttura in questione era che il certificato venisse fatto a mie spese. Ma non dovrebbe essere il datore di lavoro ad accollarsi gli oneri della sorveglianza sanitaria? (E' una domanda retorica perché so bene che la risposta è sì).
Comunque, avevo bisogno di iniziare il tirocinio al più presto (perché le ore annuali erano davvero tante, io nel frattempo lavoravo ed eravamo già in ritardo per altre varie peripezie burocratiche, tanto che poi ho rinunciato alle mie ferie per recuperare le ore di tirocinio facendone di più nei giorni in cui sarei dovuta essere in ferie. Potete immaginare come questo favorisca la salute). Comunque cerco su internet un medico del lavoro nella mia zona e gli dico che ho bisogno di questo certificato. Problema risolto: alla modica cifra di 100 euro (a mie spese) mi viene fatta una visita di cui non avevo bisogno e che avrei potuto fare gratuitamente dal mio medico di base e mi viene rilasciato il certificato di idoneità. Ovviamente senza che il medico in questione avesse visionato il documento di valutazione dei rischi della struttura, perché ha saputo dove dovessi andare a fare il tirocinio solo il giorno stesso della visita. Ha risolto il problema scrivendo "come da DVR" nella parte di certificato in cui si chiedeva di indicare i rischi. (Professionale vero?)
Non posso però ancora iniziare il tirocinio perché la struttura vuole che prima si faccia il corso di sicurezza sul lavoro (rischio specifico) organizzato da loro e così nell'attesa del corso passa un altro mese letteralmente buttato. Ma la legge non dice che ci sono un tot di giorni entro cui il corso va svolto dal momento dell'inizio dell'attività lavorativa? (Certo che lo dice, ma senza corso non mi hanno fatta comunque iniziare).
Arriva il giorno del corso e ci viene detto che i Dispositivi di protezione individuale deve fornirli il datore di lavoro. Ah sì? Però il camice (richiesto per svolgere i colloqui nei reparti) ho dovuto comprarlo e portarlo ogni volta a casa per lavarlo (la fornitura camici e il servizio lavanderia per i tirocinanti non sono previsti). E pensare che al corso dicevano che i camici, in quanto "contaminati", non devono uscire dall'ospedale...
Si arriva al secondo anno e decido di fare una parte delle infinite ore di tirocinio in un'altra struttura ospedaliera e in una diversa area della psicologia. Ecco che ci risiamo, serve un altro certificato di idoneità (questa volta fatto a spese dell'ospedale).
Dopo aver mandato vari moduli compilati mi viene fissato un appuntamento, così pensando di dover fare gli esami del sangue mi presento a digiuno ma... era solo un appuntamento per prendere un appuntamento per fare gli esami! (ah beh tanto visto che già lavoro posso prendere permessi quando voglio, no?) Ritorno dopo due giorni (con appuntamento) e mi vengono fatti gli esami del sangue (senza disinfettare prima il braccio), l'esame delle urine e un ecg (che non funziona correttamente, un elettrodo non rileva assolutamente nulla). Che professionalità!
Vengo costretta a tornare due settimane dopo per la visita con il medico del lavoro (non era stato assolutamente possibile farla lo stesso giorno degli esami, nonostante poi in sede di visita è emerso che si poteva fare la visita anche se i risultati degli esami non erano ancora pronti). Ma perchè allora organizzarsi in questo modo causando tutti questi disagi al lavoratore che viene costretto a tornare più volte?
In sede di visita il medico dice che bisognava fare anche il test di mantoux e chiede a me perchè non sia stato fatto. Rispondo che nella mia scheda di rischio non era indicato il rischio TBC (infatti erano indicati i reparti considerati a rischio e quello in cui sarei dovuta andare io non era tra quelli). Commenta che è una cazzata (testuali parole) e che il rischio è presente per qualsiasi agente sia trasmissibile per via aerea. Comunque, poichè il test di mantoux si legge dopo tre giorni e dopo tre giorni sarebbe stato domenica, non si poteva fare (bisognava tornare altre due volte!). Al che mi rifiuto, faccio presente che inoltre sono stata vaccinata per la TBC (con tanto di certificato) e che so che nelle persone vaccinate il test può dare falsi positivi, quindi chiedo di farmi il test quantiferon che non dà falsi positivi e che consistendo in un prelievo si poteva fare subito, senza dover tornare. Il medico mi risponde che costa troppo, così mi offro di pagarlo (tanto avevo speso 100 euro per una visita inutile, potevo pagare anche questo). Mi risponde che non è possibile pagarlo e che il protocollo prevede di fare il test di mantoux, se poi è positivo allora si fanno anche quantiferon e rx (ah bene quindi si torna un'ulteriore volta e ci si prende radiazioni inutili? Rispondo grazie e arrivederci, il tirocinio qui non lo faccio più). Ormai ero veramente esasperata e di nuovo eravamo in ritardo sulla data di inizio...
Non finisce qui, mi sono chiesta quale fosse la necessità di fare tutti quegli esami per svolgere un lavoro che consiste nel fare colloqui. So che comunque per sostenere che esista un rischio lavorativo lo stesso deve essere superiore a quello della popolazione generale. Volete dirmi che la possibilità di ammalarsi di TBC in un ambulatorio di neuropsichiatria infantile esterno all'ospedale (in cui non vi sono degenze) è maggiore ad esempio rispetto a quello di una persona che prende la metro alle 8 di mattina (orario in cui è talmente affollata che non c'è nemmeno lo spazio per respirare), oppure ad andare al cinema o in un centro commerciale di sabato o domenica? Ammetto che mi sembra davvero un'esagerazione...
Ma dulcis in fundo, ad una collega che ha iniziato lo stesso tirocinio qualche mese prima nello stesso ospedale non sono stati fatti nè esami del sangue, nè urine, nè ecg, nè test di mantoux. E questo come lo spiegate? Non c'era un protocollo?
Ad un altro è stato fatto solo il test di mantoux e l'ecg (niente esami del sangue e delle urine). E quindi, il famoso ed inflessibile protocollo dove sta?
Senza offesa ma la medicina del lavoro e tutto ciò che concerne la sicurezza sul lavoro mi sembrano solo una gran pagliacciata. Spero di non dovere avere mai più a che fare con la vostra specialità nel corso della vita.
Storia interessante, un po’ polemica. Alla “nostra” tirocinante mi permetto di far notare alcuni aspetti con l’assoluta libertà di essere sconfessato o smentito.
1.Verificare cosa prevede la convenzione tra la Scuola che la invia a fare tirocinio e la AO ospedaliera che la riceve. Non di rado si scopre che la sorveglianza non è a carico della struttura ricevente e magari ricade tra gli obblighi che si accolla la Scuola (essendo dei tirocini a scopo orientativo e/o in affiancamento ad uno strutturato a volte capita che gli oneri della sorveglianza siano esclusi). E cambiando azienda cambiano le convenzioni.
2.Il certificato viene rilasciato anche sulla base dell’esito della visita medica. Lo psicologo rilascia i suoi pareri dopo colloquio, giusto? Ecco…la visita medica è parte integrante della valutazione del medico del lavoro come il colloquio dello psicologo. Se poi è uguale a quella del medico di base cambia poco. Sarei curioso invece di sapere come facesse ad avere il DVR. Lo hai portato tu?
3.Il camice non è un DPI, è una divisa. Devi vedere cosa prevede la convenzione con la scuola. Anche per quanto riguarda il suo lavaggio. Potrebbe essere tutto a carico tuo.
4.Sul discorso mantoux a Milano (da dove scrivi) si dice “Ofelè fa el to mesté”. Senza offesa (né per lo psicologo né per il pasticcere).
Viste le tue conclusioni polemiche non vado oltre.
Onestamente anche noi medici del lavoro a volte ci chiediamo quale sia l’effettivo contributo degli psicologi a cui chiediamo pareri.
Difficile essere imparziali e oggettivi se le rispettive esperienze si limitano a quelle negative.
In ogni caso di “pasticcerie” ottime in giro ce ne sono tante.
1. La Scuola è stata messa al corrente del problema e si è "attivata" contattando l'amministrazione dell'ospedale, che per iscritto alla Scuola ha risposto che si sarebbe occupata del problema e poi telefonicamente (tenendo fuori la scuola) ha comunicato che il certificato andava fatto altrove a spese del tirocinante. Una sorta di doppio gioco insomma. Avrei dovuto rifiutare, ma in quel momento non ero ancora arrivata all'esasperazione. In ogni caso il punto è che tale spesa non deve essere a carico del tirocinante e se questo succede c'è qualcosa che non va. Sul fatto che si tratti di tirocinio "in affiancamento" non mi esprimo (forse così dovrebbe essere sulla carta... Poi nella realtà le cose vanno diversamente), ma questa è una questione che esula dall'ambito della sicurezza sul lavoro.
2. Quello che cambia è il costo (gratuito se la visita la faccio dal medico di base, a pagamento da quello del lavoro). Il DVR il medico non l'ha visto. Dovendo indicare i rischi della mansione sul certificato ha scritto "come da DVR". Di fatto il certificato è stato rilasciato senza conoscere i rischi ed è proprio a questo che si riferiva la domanda provocatoria (professionale vero?) Certo lo psicologo rilascia i suoi pareri dopo il colloquio ma nell'ambito di cui mi occupo (giustamente) nessuno è obbligato a venire.
3. Il camice per lo psicologo non è una divisa (e se proprio dobbiamo dirla tutta ostacola la relazione con il paziente. Ha mai visto uno psicologo che riceve con il camice nello studio privato?) È stato presentato come DPI durante il corso di sicurezza esplicitando che proprio per questo non dovrebbe uscire dall'ospedale (se poi chi ha tenuto il corso non sapeva di cosa stava parlando... Beh allora torniamo alla conclusione già espressa).
Rispetto ai contributi dello psicologo non mi esprimo. La psicologia del lavoro non è mai stata un ambito di mio interesse quindi mai me ne occuperò.
4. Questo punto non merita commento, perché non apporta alcun contributo.
Le mie conclusioni sono polemiche certamente ma purtroppo ho descritto quanto si è effettivamente verificato e di fatto non ha saputo dare una risposta ai punti critici della stessa che purtroppo lasciano senza parole.
Le tue considerazioni sono ancora troppo condizionate dalle recenti delusioni. Una canzone recitava "it's a long way to the top if you wanna..." etc.
In ogni caso il camice non è un DPI. Te lo dice un "pasticcere"
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