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Modifica della direttiva UE sugli agenti mutageni e cancerogeni

Questo argomento ha avuto 1 risposte ed è stato letto 1754 volte.

ramiste

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  • Modifica della direttiva UE sugli agenti mutageni e cancerogeni
  • (15/02/2019 12:47)

La recente direttiva UE 2019/130 del 16 gennaio 2019 sulla protezione dei lavoratori dall'esposizione ad agenti mutageni e cancerogeni ha modificato la precedente, inserendo nell’Allegato I anche i "lavori comportanti penetrazione cutanea di oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno del motore" e i "lavori comportanti esposizione alle emissioni di gas di scarico di motori diesel" e riscrivendo l’Allegato con l'inserimento di numerosi altri agenti classificati come cancerogeni e/o mutageni con i rispettivi valori limite.
La Direttiva impone agli Stati membri UE di effettuare il recepimento entro il termine di due anni, per cui formalmente la normativa non è ancora valida in Italia. Si pone, tuttavia, il problema di approfondire la materia, spesso oggetto di attenzione (e contenziosi) dei medici competente con gli OdV e nelle aule dei Tribunali.
Altre info al seguente link:
http://cosips.it/2019/02/14/modif...icadute-per-il-medico-competente/

milvio.piras

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Cagliari
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  • Re: Modifica della direttiva UE sugli agenti mutageni e cancerogeni
  • (21/02/2019 13:48)

Quando sento parlare di possibili complicanze legali per il medico competente, di solito, ormai, cerco di ignorare la questione, sia perché alla fine mi ci sono abituato ma soprattutto perché, tanto, si è rivelato inutile qualunque tentativo di cambiare le cose. Adesso poi che tutto è gestito da altre mani la possibilità di contribuire in qualche modo è pressoché annullata.
Tuttavia capita di tanto in tanto che la questione si riproponga ripetutamente in diversi contesti, e allora non riesco più a non dire (o ripetere) la mia, e anche questo argomento, soprattutto per le osservazioni finali, si presta abbastanza a riaccendere la discussione.
Per stringere il discorso ai fattori in argomento (oli minerali lubrificanti e gas di scarico, magari non solo dei motori diesel, ma anche, e perché no?, amianto, di cui si sta discutendo in questi giorni a Cagliari) la valutazione dell’esposizione lavorativa presenta diverse criticità rappresentate, in primo luogo, dall'inquinamento ambientale in generale, probabilmente il più importante dei fattori di confondi mento.
In primo luogo, sarebbe necessario, in costanza di esposizione lavorativa, poter distinguere con relativa precisione tra questa e quella dovuta alla presenza degli stessi inquinanti nell’aria nelle vicinanze del luogo di lavoro (dati tutt’altro che facilmente reperibili/disponibili), che spesso evidenziano situazioni molto peggiori di quelle presenti nell’ambiente di lavoro oggetto di valutazione.
Enorme rilevanza, inoltre, va riconosciuta alle abitudini voluttuarie (ad es. il fumo di tabacco) o a esposizioni durante altre attività lavorative svolte in proprio o alle dipendenze di qualcun altro, magari in nero e senza alcuna protezione, e via dicendo.
Riguardo alle esposizioni occasionali e di durata variabile, inoltre, entrano in gioco altri fattori di confondimento molto importanti: oltre alla presenza degli inquinanti negli ambienti di vita non lavorativa, come detto sopra, i dati relativi al tempo e alla durata dell’esposizione, che non vengono quasi mai riferiti con precisione e, dal momento in cui l’esposizione c’è stata, magari pure in condizioni di sicurezza assenti o approssimative, possono passare parecchi mesi prima che il medico competente, in occasione delle visite periodiche, ne venga messo al corrente. Ben difficilmente, infatti, un datore di lavoro si preoccuperà di mandare a controllo gli operai, perdendo ore o giornate di lavoro che dovrebbe comunque retribuire, o chiamare il medico in anticipo rispetto alla scadenza dell’idoneità, in occasione di particolari esposizioni, per effettuare eventuali indagini di monitoraggio biologico; e questi, una volta (e se) effettuati (nella comune routine della sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente!), potrebbero essere del tutto inutili e pericolosamente fuorvianti. Giusto per ricordarlo: nell’ipotesi (credo decisamente inusuale nella pratica del medico competente) che si voglia cercare qualcosa nell'espettorato, o addirittura nel liquido di lavaggio broncoalveolare (BAL), la depurazione meccanico-biologica broncopolmonare ad opera della clearance muco ciliare ha un tempo di dimezzamento inferiore ad un giorno, mentre quella operata dalla fagocitosi dei macrofagi alveolari ed alla loro risalita verso il sistema tracheobronchiale fino all'esterno ha un tempo di dimezzamento dell'ordine di giorni o mesi. Almeno finché il sistema è in buone condizioni e la mucosa non ha ancora subito lesioni. Per quanto riguarda le sostanze a rapido metabolismo, transito ed espulsione, come molti dei solventi organici di grande utilizzo lavorativo, i tempi utili sono ancora più stretti, e fondamentale è la collaborazione del datore di lavoro e degli stessi lavoratori.
Considerate le caratteristiche tossicodinamiche e tossicocinetiche delle diverse sostanze chimiche e i meccanismi di difesa e di eliminazione meccanici o metabolici dell’organismo, le caratteristiche intrinseche di questi, differenti da individuo a individuo per motivi genetici o patologici, indotti dagli stessi agenti o da altri con azione sinergica o antagonista e/o protettiva, eventualmente dovuti persino a insospettabili fenomeni di ormesi (per cui anche i modelli basati sulla relazione lineare dose- risposta, senza una dose soglia, finiscono per essere difficilmente di supporto), diventa quantomeno macchinoso non solo individuare e quantificare una situazione di esposizione lavorativa, soprattutto se incostante, ma anche pretendere di metterla in relazione causale certa con una eventuale anomalia o patologia, pur potenzialmente correlabile, e soprattutto attribuirne la responsabilità, e magari l’obbligo di risarcimento, al medico competente. E questo ha anche valenza in generale.
Probabilmente, uno dei compiti principali di un’Associazione come la SIML dovrebbe essere quello di sottolineare questi aspetti, peraltro evidenziati nei documenti pubblicati, in ogni occasione se ne possa discutere con gli OdV e nelle aule dei Tribunali, e perche no? anche in casa dei legislatori, allo scopo non solo di informarne tutti gli addetti ai lavori, ma anche per instillare qualche dubbio e incrinare la corazza di ingiustificata sicurezza ostentata da qualcuno di loro. Sarebbe anzi il caso che si puntasse direttamente e decisamente verso un cambiamento radicale della attuale situazione normativa che, allo stato attuale, è basata, almeno per gli aspetti applicativi, su presupposti quantomeno illusori. A parte i casi di evidente e totale menefreghismo di qualche medico competente, la maggior parte dei colleghi avrebbero tutto l’interesse a fare le cose per bene. Tuttavia, dipendendo economicamente dal datore di lavoro, non di rado hanno grosse difficoltà a farsi ascoltare, e per evitare il rischio di essere coinvolti in qualche procedimento penale, o anche solo sanzionati, l’unica via di scampo è l’abbandono dell’incarico e dei lavoratori al loro destino. Forse non tutti sono al corrente che non di rado il medico competente non viene affatto pagato per le sue prestazioni. Forse non tutti sono al corrente dei danni causati dalla pratica delle gare al massimo ribasso, per cui le imprese che si aggiudicano gli appalti anche e soprattutto per le amministrazioni pubbliche non hanno sufficienti margini per garantire neanche le misure di sicurezza a tutela dei lavoratori, e che questi a volte devono comprarsi di tasca propria i DPI, che spesso non sono adatti, e che tutto ciò è ben noto ai responsabili delle aziende committenti, tanto che poi lo usano per tenere sulla corda le ditte appaltatrici, ritardando i pagamenti e minacciando di non pagarle per nulla se protestano, visto che sono in qualche modo sempre inadempienti (altro che pagare il medico competente o gli altri consulenti!!). eccetera, eccetera, eccetera…
Ora, se le conseguenze degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costano allo Stato qualcosa come 50 miliardi di euro all’anno, come qualcuno ha calcolato, non mi si venga a dire che non ci sarebbero i fondi per rendere economicamente indipendente i medici competenti e, di conseguenza, decisamente più efficace la loro opera finalizzata alla prevenzione e alla tutela della salute dei lavoratori!
Scusate lo sfogo e la descrizione forse un po’ caotica e, magari, in qualche parte non strettamente attinente.

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