Ciao a tutti,
ma volevo capire, aldilà delle varie disposizioni aziendali, come sia possibile che nel settore pubblico (ASL, Ospedali, università) medici ed operatori sanitari vengano ritenuti idonei a lavorare in reparto COVID senza effettuare tamponi seriati o medici "contatti stretti" con "casi" non vengano sottoposti a tamponi e/o isolamento, o operatori sanitari con patologie croniche complesse siano a lavorare in reparti COVID.
P.S. chiedo questo perchè è quanto mi viene segnalato da molti medici che sostengono che il ruolo del medico competente nella gestione di questo rischio professionale risulta molto passivo e poco garante della loro tutela quanto dico loro di rivolgersi al loro MC. Grazie per chi vorrà intervenire
Carmelo Gambuzza Medico del Lavoro Pisa
Tra le tante altre risposte che si possono dare a questa domanda, certamente più appropriate, una è: fino ad oggi la figura del medico competente è stata considerata come qualcosa di inutile imposta dall'alto, da parete di chi ne ha una concezione piuttosto astratta e si guarda bene dal consultarlo prima di prendere decisioni sul suo ruolo e funzioni.
Dal canto loro, i medici competenti, salvo rarissime eccezioni, hanno accettato questa condizione di subordinazione ed emarginazione, adattandovicisi senza tante obiezioni.
Se adesso sono considerati una figura pressoché inutile da molti, e nessuno sente il bisogno di interpellarli se non per controfirmare documenti a discarico, la responsabilità è in massima parte dei medici competenti stessi.
In questo periodo particolare poi, soprattutto in certe situazioni come quelle dei reparti di terapia intensiva, si è costretti ad usare tutte le armi e gli uomini e donne disponibili, anche se si prendono molti più rischi di quanti si vorrebbe, dall'altra. Ancora una volta, peraltro, siamo costretti a constatare passivamente che altri continuano, con poche e confuse idee, a dirci cosa dobbiamo fare, inventandosi procedure contraddittorie e lacunose che non fanno che aggiungere altra confusione ad una situazione già caotica.
E in tutto questo, sono ben pochi quelli di noi che provano ad intervenire a monte, limitandosi a criticare a valle. E non perché non sia possibile.
Non do se ti ho risposto (come ho detto, si tratta di una risposta, probabilmente la meno appropriata, anche se dipende dai punti di vista)
milvio.piras il 28/03/2020 03:49 ha scritto:
Tra le tante altre risposte che si possono dare a questa domanda, certamente più appropriate, una è: fino ad oggi la figura del medico competente è stata considerata come qualcosa di inutile imposta dall'alto, da parete di chi ne ha una concezione piuttosto astratta e si guarda bene dal consultarlo prima di prendere decisioni sul suo ruolo e funzioni.
Dal canto loro, i medici competenti, salvo rarissime eccezioni, hanno accettato questa condizione di subordinazione ed emarginazione, adattandovicisi senza tante obiezioni.
Se adesso sono considerati una figura pressoché inutile da molti, e nessuno sente il bisogno di interpellarli se non per controfirmare documenti a discarico, la responsabilità è in massima parte dei medici competenti stessi.
In questo periodo particolare poi, soprattutto in certe situazioni come quelle dei reparti di terapia intensiva, si è costretti ad usare tutte le armi e gli uomini e donne disponibili, anche se si prendono molti più rischi di quanti si vorrebbe, dall'altra. Ancora una volta, peraltro, siamo costretti a constatare passivamente che altri continuano, con poche e confuse idee, a dirci cosa dobbiamo fare, inventandosi procedure contraddittorie e lacunose che non fanno che aggiungere altra confusione ad una situazione già caotica.
E in tutto questo, sono ben pochi quelli di noi che provano ad intervenire a monte, limitandosi a criticare a valle. E non perché non sia possibile.
Non do se ti ho risposto (come ho detto, si tratta di una risposta, probabilmente la meno appropriata, anche se dipende dai punti di vista)
no mi sembra che tu abbia centrato il problema,ma sai ai vecchietti come me che hanno avuto la fortuna di poter credere e nel ns piccolo aver contribuito in tutti i modi possibili alla diffusione della cultura prevenzionistica, non resta che prendere tristemente atto di quel che dici (mi riferisco agli espetti etici, anche se credo possano esserci rilevanti risvolti penali anche per chi sapendo non ha controllato). grazie dell'intervento e saluti
Provo a dire la mia anche se mi rendo conto che mi muovo sul bordo del precipizio
1 E’ vero che la SS è stata (IN MOLTI POSTI, MA NON OVUNQUE) ridotta a pura attività burocratica/certificativa
2 Credo improponibile che si mantenga tale in condizioni di obiettiva emergenza., Occorre ineludibilmente trovare nuovi parametri di valutazione
3 credo che la definizione di questi parametri non possa essere demandata al solo MC ma deve essere frutto di una condivisione con RSP, DdL, RLS, spiegata ai lavoratori e calibrata in funzione della capacità complessiva della struttura di attuare misure adeguate di prevenzione organizzativa, strutturale e personale
4 credo che il valore da difendere (salute) sia sì individuale ma anche di gruppo. Nel senso che l’adozione di criteri troppo stringenti di inidoneità comporta, per i rimanenti idonei, inevitabilmente, un aggravamento del rischio
5 credo infine che l’idoneità; nella attuale situazione, debba anche tenere conto del rischio di trasmissione intrafamiliare e sociale del virus.
Tutto questo premesso metto i piedi nel piatto. Un OS positivo al coronavirus ma asintomatico non rischia più degli altri nell’assistenza ai Pz positivi al tampone. Costituisce un rischio per i colleghi e per l’ambiente domestico e sociale. Se questi rischi sono controllati è obbligatorio allontanarlo?
mantello il 29/03/2020 12:39 ha scritto:
...Tutto questo premesso metto i piedi nel piatto. Un OS positivo al coronavirus ma asintomatico non rischia più degli altri nell’assistenza ai Pz positivi al tampone. Costituisce un rischio per i colleghi e per l’ambiente domestico e sociale. Se questi rischi sono controllati è obbligatorio allontanarlo?
concordo, ma sulla base di quel che mi dicono non fanno i tamponi e quindi non si sa se sono positivi....
la domanda posta però era un 'altra:[ cit. volevo capire, aldilà delle varie disposizioni aziendali, come sia possibile che nel settore pubblico (ASL, Ospedali, università) medici ed operatori sanitari vengano ritenuti idonei a lavorare in reparto COVID senza effettuare tamponi seriati o medici "contatti stretti" con "casi" non vengano sottoposti a tamponi e/o isolamento, o operatori sanitari con patologie croniche complesse siano a lavorare in reparti COVID]
In altre parole è vero che i protocolli sanitari applicati per gli os dei reparti covid non prevedono l'esecuzione del tampone per la definizione dell'idoneità? capisco che, visto fra l'altro che lavorano spesso con DPI non idonei, facendoli positivizzare tutti, poi ci troveremmo nella situazione che descrivi e, a parte quelli che vanno in intensiva o i morti, gli altri possano lavorare senza ulteriori rischi (forse) per la propria incolumità, ma non per l'altrui, ma la cosa mi porrebbe dei forti dubbi etici (e aggiungerei che la ritengo anche poco efficace, a lungo termine, dal punto di visto produttivo).......ma ripeto, son vecchietto!
A mio avviso l'utilità del tampone "preventivo" potrebbe principalmente medico-legale (escludere una positività prima di essere adibito al reparto Covid e di conseguenza denunciare l'infortunio in caso di positività successiva).
Il punto cruciale, poi, come avete già detto, è l'utilizzo rigoroso e sistematico dei DPI corretti. Inoltre, come nuovamente riconosciuto dalla Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia con comunicazione di ieri, "l’operatore sanitario che indossa, utilizza, rimuove ed elimina correttamente i DPI non può essere fonte di contagio per terzi". Invece l'esecuzione del tampone finalizzata principalmente alla tutela della salute dell'operatore sanitario a contatto quotidiano con pazienti COVID-19 secondo me sarebbe di scarsa utilità, in quanto a questo punto dovresti fare un tampone al giorno.
Nota di colore: nel virgolettato della Direzione Generale Welfare" bisognerebbe aggiungere " l’operatore sanitario che indossa, utilizza, rimuove ed elimina correttamente i DPI ADEGUATI ED ADEGUATAMENTE FORNITI non può essere fonte di contagio per terzi"
Per il resto concordo in pieno. oltretutto il tampone quotidiano non può escludere che l'infezione sia stata acquisita in ambito extralavorativo. Quindi per chi assiste soggetti infettati dovrebbe valere la presunzione di causa. Piuttosto credo sia necessario riflettere. oltre che sulla protezione dell'operatore anche sulla protezione dei conviventi con l'operatore
Concordo sull’importanza de DPI e sulle considerazioni di tutela della salute pubblica. Mi pongo alcuni dubbi sia sulla nostra professione che sulla situazione attuale:
1) Gli accertamenti “preventivi” eseguiti in medicina del lavoro hanno puramente valore medico-legale? Ad esempio l’audiometria in un esposto a rumore serve principalmente per capire se un eventuale successiva comparsa/aggravamento di una ipoacusia sia legata alla mansione svolta (o magari potrebbe essere un batterista e quindi inutile eseguirla anche periodicamente)?
2) Perché in molti protocolli esiste il monitoraggio biologico come misura di tutela del singolo lavoratore? è utile dosare il mandelico in un resinatore ogni tre/ sei mesi, visto che non è proponibile il dosaggio giornaliero?
3) L’individuazione dei positivi in una popolazione lavorativa esposta (es in un reparto p.s. o in un reparto covid, con tamponi seriati ogni 15 gg) non potrebbe dare un dato epidemiologico utile quale parametro di valutazione reale del rischio e portare eventualmente ad una rivalutazione/conferma delle misure di prevenzione e protezione attuate?
4) Esistono dati o evidenze che l’individuazione di positivi asintomatici (ad esempio mediante tamponi seriati,in attesa di sierologia validata) e conseguente allontanamento dall’esposizione a rischio dei positivi (pur tenendo conto della fase emergenziale) non sia di nessuna utilità per la tutela dell’operatore? Ovvero esistono dati che soggetti positivi asintomatici abbiano un decorso dell’infezione indipendente dalla esposizione ad ulteriori cariche virali da parte di soggetti in vari stadi di malattia e/o indipendente dal carico psicofisico (in considerazione fra l’altro anche della probabile importanza della “secondary immunity” nel decorso della malattia)?
Credo che le domande circa criteri di effettuazione e di valutazione della SS possano avere risposte diverse in funzione delle circostanze in cui vengono poste. E’ innegabile che stiamo operando in situazione di emergenza. Se i Rianimatori si pongono il problema di decidere a chi dare la precedenza nella attribuzione dei ventilatori, credo sia legittimo e anzi doveroso che il MC si ponga il problema di come deve essere organizzata la SS.
Se l’obiettivo generale è quello della tutela della salute dobbiamo avere chiaro che gli effetti avversi possono essere (per esempio): certi, probabili, poco probabili, possibili, teoricamente possibili, non impossibili. Si tratta allora di decidere dove mettere l’asticella e se il suo livello debba essere fisso o sensibile al contesto. Credo (mi scuso se mi ripeto) che la definizione del livello dell’asticella non possa essere delegato ad ogni singolo MC.
Detto questo provo a confrontarmi con le domande di jolly
1 Credo che gli accertamenti in SS abbiano funzione preventiva, ma anche medico legale. Peraltro l’esempio del rumore (esposizione cronica) non mi pare perfettamente calzante con l’esposizione al rischio di contagio, che è infortunio. Oltretutto (relativamente al batterista) credo che il livello di rischio occupazionale sia molto maggiore di quello sociale.
2/3 Relativamente al monitoraggio biologico credo che nella attuale situazione abbia prevalentemente una funzione certamente di gruppo e (forse) solo storico/formale. In ogni caso i suoi risultati si collocano su una linea dose/risposta. Lo stato relativamente al coronavirus va invece “a scalini” che indicano situazioni differenti : asintomatico e tampone negativo, asintomatico e tampone positivo, sintomatico e tampone positivo, presenza di anticorpi e più o meno sintomatico. Anche in questo caso il paragone non è, a mio parere, perfettamente calzante. Credo che sicuramente il tampone possa essere utilizzato per monitorare l’aderenza alle misure di prevenzione, non credo che questo significhi doverlo fare ogni giorno a tutti.
4 Circa l’incremento di rischio per i positivi asintomatici non ho elementi di letteratura, ma valuterei il problema sulla base dei livelli di rischio più sopra elencati. Considererei anche che ogni allontanamento comporta un aumento del rischio per chi lavora sotto organico e quindi ne valuterei attentamente il rapporto costi/benefici
[cite]mantello il 02/04/2020 08:30 ha scritto:
premetto che il mio intervento non voleva assolutamente essere una critica verso medici competenti di ospedali etc ma aprire uno spunto di riflessione sulla ns professione e, come giustamente sottolinei, proprio sulle modalità di adattarsi all'attuale situazione, che , secondo il mio modesto parere, avrebbe richiesto e permesso un contributo applicativo molto importante del sistema prevenzionistico nel suo complesso (pur ritenendo imprescindibile la responsabilità etica individuale) non solo in tema di salute pubblica (v ruolo dell’igiene), ma anche in termini di tutela della salute degli operatori sanitari impegnati direttanente nel fronteggiare il sars cov 2 (celebrati come “eroi” ma forse non abbastanza tutelati).
Detto questo e soprattutto apprezzando il merito del tuo intervento provo a dar seguito alle note in questione:
1) l’esempio del rumore, volutamente provocatorio (l’ipoacusia non è nemmeno contagiosa oltre a essere mp) è mirato a far porre l’attenzione sul ruolo degli accertamenti preventivi nella ns professione:
continua a sfuggirmi il perché l’esecuzione dell’audiometria (o se preferisci l’esecuzione degli anti HCV nell’ addetto all’emodinamica) in fase di accertamento preventivo dovrebbe essere così importante ai fini dell’eventuale applicazione di misure preventive e protettive individuali (tralasciando quelle terapeutiche e medico legali) e invece l’esecuzione del tampone in fase di accertamento preventivo (o meglio a conferma dell’idoneità) sia cosi ininfluente ai fini della eventuale applicazione di misure preventive o protettive individuali (tralasciando in questa sede quelle terapeutiche).(p.s. _in tema di tutela sanitaria individuale il rapporto probabilistico rischio occupazionale/rischio sociale credo sia ininfluente).
2/3 Ecco qui concordo perfettamente sul fatto che monitorare gli operatori con tamponi seriati (non ho mai sostenuto giornalmente, cfr i miei post precedenti) potrebbe dare importanti informazioni sulla aderenza alle misure di prevenzione applicate (con le conseguenti ripercussioni sulla salute individuale, come tutti sappiamo dagli insegnamenti di Ramazzini). Il tipo di esempio che ho fatto, come prima, hai ragione che non è formalmente calzante nella tipologia, ma credo che lo scopo e il tipo di informazioni che può darci siano perfettamente sovrapponibili a quelli che hai descritto per il monitoraggio con tamponi, cioè “il m.b., come pure l'esecuzione di tamponi seriati, può essere utilizzato anche per monitorare l’aderenza alle misure di prevenzione” (la differenza più grande è che l’esecuzione di tamponi seriati non è in realtà monitoraggio biologico, essendo il risultato un indice di effetto e non di esposizione).
4. giusto, ma alle conoscenze attuali io un positivo asintomatico lo metterei a riposo (e consiglierei terapia precoce).
Io non so cosa sia giusto e non ho certezze, ma mi amareggiano le testimonianze di molti dei nostri “eroi” che lamentano una scarsa tutela in tema di sorveglianza attiva e di misure di protezione nei loro confronti e che pur, non accusandoci direttamente, ci vedano come meri burocrati che applicano direttive provenienti da Regioni/governo/enti non sanitari.
Forse come sistema prevenzionistico avevamo l’occasione di far comprendere l’importanza della nostra professione, ma soprattutto forse potevamo contribuire a far si che qualcuno di loro non sarebbe morto e questo, ma è un problema mio, non mi da pace.
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