Vorrei proporre alcune considerazioni sul tema dei soggetti così detti “fragili”, argomento dalle mille sfaccettature e carico di incertezze e di insidie.
Come sempre più spesso succede i nostri legislatori dettano norme talmente generiche che per loro stessa natura non potranno che generare innumerevoli e diverse interpretazioni personali. Il risultato non potrà che essere una grande disomogeneità nelle valutazioni espresse da noi Medici Competenti ed un esponenziale aumento dei contenziosi giudiziari.
Andando nello specifico, i punti che vorrei porre all’attenzione sono:
• Il Medico Competente è chiamato a vigilare sulla presenza di rischi legati alle attività lavorative ed a segnalare al Datore di Lavoro la presenza di tali rischi in modo che questi vengano eliminati o sensibilmente ridotti. Dal punto di vista clinico è tenuto a visitare i singoli dipendenti, a prescrivere loro tutti gli accertamenti necessari per ottenere un quadro clinico completo e questo al fine di valutare la presenza o meno di idoneità ad una certa mansione lavorativa specifica.
• Sottolineo con forza questo punto: quello che noi dobbiamo e siamo in grado di fare è esprime un giudizio sulla idoneità lavorativa specifica della singola persona. Non siamo invece in grado di esprimere un giudizio sulla “fragilità” perché i nostri legislatori non ci hanno fornito alcun parametro per valutarla ne’ ci hanno detto cosa fare in presenza di soggetti “fragili”.
• Tutti noi abbiamo letto gli elenchi (spesso discordanti tra loro) delle patologie in presenza delle quali la persona viene definita fragile.
Riassumendo: epatopatie, nefropatie, broncopatie, pneumopatie, diabete, ipertensione, obesità, neuropatie, cardiopatie, malattie tumorali, stati di immunodeficienza, terapie immunosoppressive.
Null’altro ci è stato detto ma molto di più avrebbero dovuto dirci.
E’ ovvio che un diabete in sola terapia dietetica è molto diverso da un diabete in terapia orale che a sua volta è molto diverso da un diabete in terapia insulinica. E’ ovvio che una lieve ipertensione è molto diversa da una grave ipertensione. E’ ovvio che una lieve insufficienza mitralica è molto diversa da una grave miocardiopatia dilatativa. E’ ovvio che una lieve insufficienza renale o epatica sono molto diverse dalle forma gravi e così via. Ma per i nostri legislatori dare delle linee giuda precise non era importante e in questa maniera ognuno di noi interpreterà la norma come meglio crede e siccome nessuno di noi ha voglia di andare sotto processo per colpa di chi non ha saputo specificare meglio i limiti di una norma, anche il diabetico in sola terapia dietetica sarà comunque una persona “fragile” così come il lieve iperteso o il portatore di un soffio cardiaco innocente o chiunque altro presenti un seppur minimo richiamo ad una delle patologie più sopra elencate. Tutti noi ci rendiamo conto che se sono questi i parametri su cui basarci per definire “fragile” una persona il gruppo dei “fragili” sarà molto più numeroso del gruppo dei “sani” con enormi e gravi ripercussioni sulla funzionalità delle aziende.
• Per concludere, un ultimo dubbio. Una volta che il Medico Competente ha individuato le persone “fragili” che cosa ne fa?
Li rimanda al Curante perché li metta in malattia? (sarebbe un falso e poi fino a quando tenerli in malattia: per una settimana, per due settimane, per un mese o sino alla fine dell’epidemia o sino alla disponibilità di un vaccino?).
Comunica i nominativi al Datore di Lavoro (la Privacy lo permette?) e questi a sua volta cosa deve fare?
Alcuni hanno ventilato l’ipotesi di dar loro una Inidoneità Temporanea ma anche questo sarebbe un falso ed inoltre ricordo che l’inidoneità è legata ad una mansione specifica e di conseguenza non può giustificare di per se stessa l’assenza dal lavoro. Ed anche qui, temporaneamente non idonei sino a quando?
Mi scuso per essermi dilungato ed auguro a tutti buon lavoro.
Ma se il lavoratore fragile non chiede la visita ?
Il decreto del 26.04.2020 quando aggiorna l'art.26 cita " sino al 30 aprile"(??? o intendeva 30 maggio????)
Terapia salvavita solo se si è in possesso dell'art.3 comma 1 o è sufficiente essere in terapia salvavita attestata da qualsiasi " ufficio legale" ?(solo uffici ASL di medicina legale o qualsiasi medico che ricopra un ruolo di pubblico ufficiale e quindi anche il medico di assistenza primaria e il medico competente ?)
Riporto un documento della FIMMG
Da FIMMG
Roma, 30 aprile 2020
Cari Colleghi,
in seguito alla necessità di più chiara formulazione dell’articolo 26, comma 2, del Decreto-legge cd
“Cura Italia”, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale di ieri una nuova formulazione dell’articolo
che chiarisce il ruolo del Medico di Assistenza Primaria nel rilascio della certificazione contemplata
da tale disposizione, fermo restando:
- il requisito di una pregressa certificazione medica attestante la condizione di handicap (ai sensi,
rispettivamente, del primo o del terzo comma dell’articolo 3 della Legge n. 104/1992);
- la verifica a posteriori da parte dei competenti Enti che ricevono il certificato;
- l’assenza di responsabilità in capo al medico di famiglia in caso di illeciti di terzi.
Il nuovo testo dell’articolo 26, comma 2, del Decreto-legge n. 18/2020 è il seguente:
“Fino al 30 aprile 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del
riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai
competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da
immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie
salvavita, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di
assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all'articolo 87, comma 1, primo
periodo, del presente decreto ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico
di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di
disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti
sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato. Nessuna responsabilità,
neppure contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il
riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi”.
Nella nuova formulazione l’articolo 26, comma 2, introduce per la prima volta la possibilità che
anche il medico di assistenza primaria prescriva il periodo di assenza dal servizio del cittadino nelle
specifiche condizioni di rischio descritte dalla legge per prevenire l’esposizione al contagio
mediante l’utilizzo di procedure ordinariamente previste per la certificazione di malattia.
I cittadini a rischio che possono usufruire di tale prescrizione sono esclusivamente:
1. i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con
connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Sono pertanto soggetti che hanno già ottenuto il riconoscimento dello stato di handicap grave
previsto dalla legge n. 104/1992.
2. i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali,
attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie
oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell'articolo 3, comma 1,
della medesima legge n. 104 del 1992. Si tratta dei soggetti che hanno ottenuto il
riconoscimento dello stato di handicap previsto dalla Legge n. 104/1992 senza connotazione di
gravità ma nel cui verbale, oppure in altra certificazione medico legale in loro possesso, è
riportata la condizione di immunodepressione o di patologia oncologica o relativa terapia
salvavita che determina una condizione di rischio.
Il Medico di Assistenza Primaria che ha in carico un paziente rientrante nelle casistiche elencate e
che dispone di documentazione attestante la condizione di rischio (riassumendo: Legge n. 104/1992
con riconoscimento di handicap grave oppure Legge n.104/1990 senza connotazione di gravità ma
con condizione di immunodepressione o di patologia oncologica o di relativa terapia salvavita
riportata nel verbale o in certificazione medico legale) può emettere certificazione INPS purché
inserisca nella stessa gli estremi della pregressa documentazione medico-legale che permettano a chi
riceve il certificato di verificare il possesso dei prerequisiti necessari.
In particolare suggeriamo al Medico di Assistenza Primaria di inserire nel certificato in questione la
seguente dicitura:
Certificazione soggetta a verifica da parte dell’Ente competente e rilasciata dal Medico di
assistenza primaria sulla base del …………. prot. n. …………. rilasciato in data ………….
(indicare la documentazione che attesta il riconoscimento della disabilità con connotazione di
gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o la certificazione dei
competenti organi medico-legali ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del
1992, che attesta una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie
oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita).
Si evidenzia che nessuna responsabilità, neppure contabile, è imputabile al medico di assistenza
primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di
terzi. Si suggerisce inoltre di trattenere copia della documentazione relativa alla legge 104 e della
certificazione medico legale nei casi previsti.
Si raccomanda, infine, di ricordare al lavoratore che, trattandosi di certificazione equiparata al
ricovero ospedaliero, costituisce reato l’allontanamento dal domicilio per tutto l’arco temporale ricompreso nella certificazione.
Posso suggerire di consultare sul sito di SIML o di ANMA (il flusso decisionale mi sembra ben fatto)?
MedicoCompetente.it - Copyright 2001-2024 Tutti i diritti riservati - Partita IVA IT01138680507
Privacy | Contatti