Entro - e chiedo scusa a Nofer - in un mondo che non mi appartiene ma, per forza di cose, ho dovuto in parte esplorare: i rudimenti del “piccolo Laboratorio di analisi”.
Secondo il D.M. 20 novembre 2000 Protocollo per la esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B “Negli operatori sanitari...è opportuno l’esecuzione di un test, anche solo QAULITATIVO, per la valutazione della risposta anticorpale”. Dalla mia esperienza, non lo fate! Eseguite un test anche quantitativo (e fatevi dire i limiti di sensibilità) – anche se non vi serve a niente il titolo ma vi interessa solo la presenza o l’assenza di HBsAb (che una volta formatosi resta presente per tutta la vita, anche se a volte “si nasconde”). Dico questo per una sola ragione: il test qualitativo (almeno quello sul quale sono nati i mie sospetti) ha un limite di sensibilità di (attenzione, attenzione!!): 20 mUI/ml!!!! Ci rediamo subito conto come tutti quelli che HANNO un HBsAb inferiore a 20 ma comunque lo hanno formato (e sono, dunque, immuni: lo sarebbero anche con 0,qualcosa) risulterebbero non immuni. Le decisioni che prederemo saranno, quindi, errate. Cattivo esame=cattiva diagnosi=cattivo anzi pessimo giudizio!! Un invito a tutti i laboratori: mettete nei referti (come, a volte si fa con i tossicologici) i limiti di sensibilità della tecnica analitica utilizzata.
Un saluto
Per non avere risultati di HBsAb contrastanti tra un laboratorio ed un altro (nel caso, per esempio di titolo basso) occorre sempre chiedere al Laboratorio il kit usato, la curva di calibrazione e il gradi di sensibilità. In realtà si dovrebbe richiedere una sensibilità prossima allo zero. Comunque, sicuramente non si può accettare che un Laboratorio usi test con sensibilità di 5 mUI/ml ma nemmeno di 2,5.
ma che scuse, Pennacchio!!! Anzi, che dio ti benedica per quello che scrivi!
Comunque, se ci riuscite ad avere le indicazioni che giustamente richiede Pennacchio, fatemi un fischio... In linea di massima, i laboratoristi si limitano a scegliere il prodotto che costa meno, mica si stanno a intricare di quale sia la sensibilità o la linearità e se poi vi spingete a chiedere che sia indicato nel certificato pure il Materiale di Riferimento usato, ovvero sieri e sangue di controllo...
Tanto, un'analisi "storta" viene ripetuta, quindi altre analisi, altre impegnative, altri soldini...
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Pennacchio il 09/02/2008 09:55 ha scritto:
Entro - e chiedo scusa a Nofer - in un mondo che non mi appartiene ma, per forza di cose, ho dovuto in parte esplorare: i rudimenti del “piccolo Laboratorio di analisi”.
Secondo il D.M. 20 novembre 2000 Protocollo per la esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B “Negli operatori sanitari...è opportuno l’esecuzione di un test, anche solo QAULITATIVO, per la valutazione della risposta anticorpale”. Dalla mia esperienza, non lo fate! Eseguite un test anche quantitativo (e fatevi dire i limiti di sensibilità) – anche se non vi serve a niente il titolo ma vi interessa solo la presenza o l’assenza di HBsAb (che una volta formatosi resta presente per tutta la vita, anche se a volte “si nasconde”). Dico questo per una sola ragione: il test qualitativo (almeno quello sul quale sono nati i mie sospetti) ha un limite di sensibilità di (attenzione, attenzione!!): 20 mUI/ml!!!! Ci rediamo subito conto come tutti quelli che HANNO un HBsAb inferiore a 20 ma comunque lo hanno formato (e sono, dunque, immuni: lo sarebbero anche con 0,qualcosa) risulterebbero non immuni. Le decisioni che prederemo saranno, quindi, errate. Cattivo esame=cattiva diagnosi=cattivo anzi pessimo giudizio!! Un invito a tutti i laboratori: mettete nei referti (come, a volte si fa con i tossicologici) i limiti di sensibilità della tecnica analitica utilizzata.
Un saluto
Non è solo un problema di sensibilità. Valori inferiori a 10 mUI/ml non sono affatto protettivi e pertanto c'è la necessità o di fare una dose di richiamo o di ripetere la vaccinazione.
BENFO il 10/02/2008 07:31 ha scritto:
Non è solo un problema di sensibilità. Valori inferiori a 10 mUI/ml non sono affatto protettivi e pertanto c'è la necessità o di fare una dose di richiamo o di ripetere la vaccinazione.
In realtà, nella Circolare n. 19 del 30 novembre 2000 - Protocollo per l’esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B (D.M. 20 novembre 2000) – si dice: “Negli operatori sanitari che abbiano contatti con pazienti o con materiale ematico ed altri fluidi biologici, e che siano esposti continuamente al rischio di lesioni con aghi o strumenti taglienti, è opportuna l’esecuzione di un test, anche solamente qualitativo (quindi non sarebbe importante il titolo), per la valutazione della risposta anticorpale a distanza di uno-due mesi dall’ultima dose del ciclo vaccinale di base.
Qualunque sia il tempo trascorso dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, in caso di positività del test per la ricerca degli anticorpi anti-HBs, non sono necessarie dosi di richiamo della vaccinazione contro l’epatite virale B né ulteriori controlli dello stato immunitario”.
In documenti della Regione Veneto è indicato: “Per quanto riguarda la vaccinazione, i dati sull’efficacia protettiva del vaccino nei soggetti “responders” depongono per una sua lunga persistenza; la risposta anamnestica a una dose booster, o al contatto con il virus, si verifica in tempi brevi, per effetto della memoria immunitaria, anche nei soggetti nei quali gli anticorpi anti-HBs non erano più evidenziabili”.
nofertiri9 il 10/02/2008 11:29 ha scritto:
ma che scuse, Pennacchio!!! Anzi, che dio ti benedica per quello che scrivi!
Comunque, se ci riuscite ad avere le indicazioni che giustamente richiede Pennacchio, fatemi un fischio... In linea di massima, i laboratoristi si limitano a scegliere il prodotto che costa meno, mica si stanno a intricare di quale sia la sensibilità o la linearità :( e se poi vi spingete a chiedere che sia indicato nel certificato pure il Materiale di Riferimento usato, ovvero sieri e sangue di controllo...
Tanto, un'analisi "storta" viene ripetuta, quindi altre analisi, altre impegnative, altri soldini...
Cara Nofer, ti volevo rivolgere a tal proposito un quesito. I valori di riferimento indicati accanto ad un accertamento tengono conto della sensibilità del kit o del macchinario utilizzato? Ti pongo tale domanda poichè, per quanto ne so io, ogni laboratorio dovrebbe eseguire per ogni macchinario la standardizzazione dei valori di riferimento. E' così o mi sbaglio?
lobuonofp il 11/02/2008 09:16 ha scritto:
I valori di riferimento indicati accanto ad un accertamento tengono conto della sensibilità del kit o del macchinario utilizzato? Ti pongo tale domanda poichè, per quanto ne so io, ogni laboratorio dovrebbe eseguire per ogni macchinario la standardizzazione dei valori di riferimento. E' così o mi sbaglio?
Grazie per la domanda, che mi permette di chiarire alcuni concetti.
Il risultato di un procedimento analitico è, nei fatti, un "numero"; questo numero deve godere di 2 proprietà: l'accuratezza e la precisione, che sembrano la stessa cosa ma in laboratorio non è. Accuratezza, per definizione, è la capacità che ha il nostro procedimento analitico rispetto all'analita che stiamo cercando; in parole comprensibili per chiunque, sarebbe la specificità del materiale e della tecnica utilizzati. Porto un esempio nel tema: prendete le strips per le urine, quelle con i quadratini che si colorano per capirci; bene, il quadratino che caratterizza il glucosio in realtà è sensibile , sia pure in misura inferiore, alla presenza di fruttosio, dunque quella è un analisi "poco accurata", in gergo di lab si dice che ha un'accuratezza di circa il 70-75%. Questo significa che se si colora, al 70/75% è verosimile che siamo in presenza di glucosio. E però voi mi insegnate che non ha molto senso dichiarare la presenza di glucosio se il signore il giorno prima si è fatto fuori mezzo chilo di mandaranci... Nel caso di dubbio, che dovrebbe prendere se il signore ha una glicemi
Nofer
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... mi si è mangiato tutto il mio splendido intervento, lunghissimo...
magari, anche il server pensava che stavo esagerando e che era una vera e propria lezione di medicina di laboratorio...
insomma, mi stufo di riscrivere tutto, anche perchè "tengo il che fare", ma concludevo che si possono stimare in maniera seria i fattori di errore di tipo tecnologico (la variabilità di risposta strumentale, la variabilità di preparazione analitica ad esempio) ma non quelli dovuti ad errori insiti nel campionamento (come si fa il prelievo) e nella preparazione del campione (per esempio, suare certe soluzioni tecniche per analisi su sieri lipemici o emolizzati).
Quando scrivo un libro, ve lo allego!
Nofer
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lobuonofp il 11/02/2008 09:16 ha scritto:
per quanto ne so io, ogni laboratorio dovrebbe eseguire per ogni macchinario la standardizzazione dei valori di riferimento. E' così o mi sbaglio?
che in effetti la risposta era nella parte saltata...
Allora, sì, esistono dei Valori di Riferimento internazionalmente riconosciuti, ma poi nella pratica una volta cambia il Kit, un'altra cambiano le proporzioni di substrati, oppure cambia il fotometro, e insomma è vero che occorrerebbe fare le prove di riferimento: appunto usando i sieri di controllo certificati, che a questo servono tra l'altro. Però il tutto è finito che se un valore "esce basso" lo si alza un pochetto, e se "esce troppo alto" lo si abbassa un pochetto...
Quello che differenzia un normale laboratorio da un buon laboratorio non è SE fanno le analisi o meno (quelli che non le fanno proprio sono da espellere a vita dall'umanità) ma se hanno cura della validità del dato che esprimono.
Sempre quando ero folle, da molto più giovane, avevo predisposto un bellissimo moduletto dove ci scrivevo anche la metodica adottata.
Adesso, lo scrivo solo per le tossicologiche, così magari non tanto il lavoratore quanto l'eventuale OdV che apre le cartelle sa che non eseguo ad esempio le piombemie o gli acidi metilippurici con i "kit". quali, poi, lo sa harry potter...
Nofer
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