Un lavoratore di 47 ammala di cancro (K a cellularità di origine prostatica di medio grado di differenziazione, primitivamente extraghiandolare) a sede addominale (paravescicale).
Ha la mansione di riparatore meccanico di grandi mezzi (autobus).
Dopo l'intervento di exeresi chirurgica della massa è posto in terapia e dal follow up emergono ripetizioni "sotto controllo" a livello dell'anca.
Ottiene una invalidità civile assoluta (100%) con revisione a 18 mesi.
Il DDL invia al mc il lavoratore per una revisione di idoneità e non può offrire mansioni alternative.
Che fare?
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tcam il 23/10/2008 01:58 ha scritto:
Un lavoratore di 47 ammala di cancro (K a cellularità di origine prostatica di medio grado di differenziazione, primitivamente extraghiandolare) a sede addominale (paravescicale).
Ha la mansione di riparatore meccanico di grandi mezzi (autobus).
Dopo l'intervento di exeresi chirurgica della massa è posto in terapia e dal follow up emergono ripetizioni "sotto controllo" a livello dell'anca.
Ottiene una invalidità civile assoluta (100%) con revisione a 18 mesi.
Il DDL invia al mc il lavoratore per una revisione di idoneità e non può offrire mansioni alternative.
Che fare?
(di 47 anni) corrige
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tcam il 23/10/2008 01:58 ha scritto:
Un lavoratore di 47 ammala di cancro (K a cellularità di origine prostatica di medio grado di differenziazione, primitivamente extraghiandolare) a sede addominale (paravescicale).
Ha la mansione di riparatore meccanico di grandi mezzi (autobus).
Dopo l'intervento di exeresi chirurgica della massa è posto in terapia e dal follow up emergono ripetizioni "sotto controllo" a livello dell'anca.
Ottiene una invalidità civile assoluta (100%) con revisione a 18 mesi.
Il DDL invia al mc il lavoratore per una revisione di idoneità e non può offrire mansioni alternative.
Che fare?
A parte che il ddl non può inviare il lavoratore al mc per una revisione di idoneità (eventualmente lo può inviare alla commissione medico legale della asl)...ma non è proprio possibile farlo idoneo con qualche limitazione? non conosco ovviamente la mansione nello specifico, ma sarebbe proprio non idoneo completamente? Io un caso simile ce l'ho avuto (vedi il 3d "help su caso clinico"), non so se ti può essere di qualche spunto....
ciao
raspanti il 23/10/2008 08:08 ha scritto:
A parte che il ddl non può inviare il lavoratore al mc per una revisione di idoneità (eventualmente lo può inviare alla commissione medico legale della asl)...ma non è proprio possibile farlo idoneo con qualche limitazione? non conosco ovviamente la mansione nello specifico, ma sarebbe proprio non idoneo completamente? Io un caso simile ce l'ho avuto (vedi il 3d "help su caso clinico"), non so se ti può essere di qualche spunto....
ciao
Errata recorrige: leggasi art41, comma 1, lett b in quanto il lavoratore chiede al ddl una attenuazione del carico lavorativo e in questo contesto il ddl convoca il mc.
Il caso vorrebbe richiamare l'attenzione sulla differenza tra invalidità civile e inabilità al lavoro, non necessariamente chiara a noi tutti.
PS la richiesta di una collegiale ha tempi di soddisfazione lunghi e anche mere questioni di natura economica possono richiedere il reinserimento di un lavoratore in condizioni di tutela, laddove le sue condizioni di salute attuale non siano più quelle per cui era stato espresso il precedente giudizio di idoneità.
Tcam
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Credo che si debba valutare sulla base della situazione sanitaria quali sollecitazioni lavorative possono essere sopportate senza danno dal lavoratore, poi darne conto nella certificazione di idoneità.
Ricollocarlo non è a rigore affare nostro, ma del Ddl che deve trovare una mansione confacente alle limitazioni espresse.
Chiaramente il Ddl tende sempre a levarsi di torno chi non è produttivo o lo è solo in parte residuale, e gira la patata bollente al MC, ma non è nostra incombenza professionale.
Sul piano pratico, conoscendo l'azienda, si può vedere se c'è qualche mansione alternativa opportuna e sommessamente consigliarla, ma ripeto non è nostro compito.
Meglio se definisci l'idoneità dopo aver trattato, come un arabo al mercato , con Ddl e lavoratore per trovare una soluzione.
Anche su questa possibilità il cosottantuno ci mette i bastoni fra le ruote, per le modalità previste per il certificato (firma e tutto il resto)
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
ramses il 23/10/2008 04:04 ha scritto:
Credo che si debba valutare sulla base della situazione sanitaria quali sollecitazioni lavorative possono essere sopportate senza danno dal lavoratore, poi darne conto nella certificazione di idoneità. ....
Sul piano pratico, conoscendo l'azienda, si può vedere se c'è qualche mansione alternativa opportuna e sommessamente consigliarla, .... Meglio se definisci l'idoneità dopo aver trattato, come un arabo al mercato :):), con Ddl e lavoratore per trovare una soluzione.
Anche su questa possibilità il cosottantuno ci mette i bastoni fra le ruote, per le modalità previste per il certificato (firma e tutto il resto)
Concordo con queste affermazioni, non completamente con il resto, che ho depennato.
"La cosa più incomprensibile dell'universo è il fatto che l'universo sia comprensibile" A. Einstein
Picpus il 23/10/2008 04:29 ha scritto:
Concordo con queste affermazioni, non completamente con il resto, che ho depennato.
Non è compito del MC indicare una mansione alternativa, anche se potrebbe suggerirla.
Poi di Ddl che siano disponibili a tenersi un tizio inguaiato ne conosco anche, ma pochini.
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
ramses il 24/10/2008 01:04 ha scritto:
Non è compito del MC indicare una mansione alternativa, anche se potrebbe suggerirla.
Poi di Ddl che siano disponibili a tenersi un tizio inguaiato ne conosco anche, ma pochini.
Legalmente non fà una grinza (forse); ma moralmente, dopo la salute, mi ritengo in dovere, per quanto possibile, di salvaguardare anche il posto di lavoro. Più volte mi sono sentito rispondere dall'interessato: "se mi mandano via è vero che non morirò di malattia professionale fra non sò quanti anni, ma di certo morirò di fame molto prima!" Anche se talvolta viene espressa per fare colpo, in alcuni casi c'è sicuramente almeno un fondo di verità.
Cordialmente, Picpus.
"La cosa più incomprensibile dell'universo è il fatto che l'universo sia comprensibile" A. Einstein
Picpus il 24/10/2008 10:47 ha scritto:
Legalmente non fà una grinza (forse); ma moralmente, dopo la salute, mi ritengo in dovere, per quanto possibile, di salvaguardare anche il posto di lavoro. Più volte mi sono sentito rispondere dall'interessato: "se mi mandano via è vero che non morirò di malattia professionale fra non sò quanti anni, ma di certo morirò di fame molto prima!" Anche se talvolta viene espressa per fare colpo, in alcuni casi c'è sicuramente almeno un fondo di verità.
Cordialmente, Picpus.
Lo so bene. Infatti qualche volta mi sono pigliato e ancora mi piglio dei bei rischi personali per questo motivo. Chiaramente, quando le motivazioni sanitarie me lo permettono; se uno è (diciamo) "troppo a rischio" credo che i suoi figli preferiscano avere il padre disoccupato che morto o massacrato.
Ma a rigore di norme non lo dovrei fare MAI.
Sai, in realtà il problema è che continuiamo a cercare di "adattare il lavoratore al rischio", con prescrizioni varie, ma non riusciamo a "adattare il lavoro all'uomo" (ve la ricordate questa frase ?), per questo abbiamo questi problemi di coscienza.
In questo secondo me sta anche molto della delusione che serpeggia fri colleghi, ci rendiamo conto che non siamo in grado di fare quello che sarebbe corretto per salvagaurdare anche il tizio che, magari proprio a causa del lavoro, ha problemi. Per tanti motivi, per fortuna solo minimamente per nostra responsabilità.
Pensa solo a come ci regoliamo per i sordi professionali: certe volte imponiamo i fonoprotettori a gente che non sente manco se gli sparano col cannone. Formalmente siamo a posto, concretamente non abbiamo concluso niente, Sopratutto per chi può ancora peggiorare.
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
ramses il 24/10/2008 12:29 ha scritto:
Lo so bene. Infatti qualche volta mi sono pigliato e ancora mi piglio dei bei rischi personali per questo motivo. Chiaramente, quando le motivazioni sanitarie me lo permettono; se uno è (diciamo) "troppo a rischio" credo che i suoi figli preferiscano avere il padre disoccupato che morto o massacrato.
Ma a rigore di norme non lo dovrei fare MAI.
Sai, in realtà il problema è che continuiamo a cercare di "adattare il lavoratore al rischio", con prescrizioni varie, ma non riusciamo a "adattare il lavoro all'uomo" (ve la ricordate questa frase ?), per questo abbiamo questi problemi di coscienza.
In questo secondo me sta anche molto della delusione che serpeggia fri colleghi, ci rendiamo conto che non siamo in grado di fare quello che sarebbe corretto per salvagaurdare anche il tizio che, magari proprio a causa del lavoro, ha problemi. Per tanti motivi, per fortuna solo minimamente per nostra responsabilità.
Pensa solo a come ci regoliamo per i sordi professionali: certe volte imponiamo i fonoprotettori a gente che non sente manco se gli sparano col cannone. Formalmente siamo a posto, concretamente non abbiamo concluso niente, Sopratutto per chi può ancora peggiorare.
1- Dici molte verità: ciò mi conforta.
2- E' chiaro che se il rischio è troppo alto,...
Per me l'ordine è SEMPRE (anche con rischio basso): la vita, la salute, infine il posto di lavoro.
3- Adattare il lavoro all'uomo è il tentativo quotidiano credo di ogni medico del lavoro. Tuttavia, al di là delle difficoltà di convincere il datore di lavoro (e talvolta ahimé anche il lavoratore!), non sempre è possibile adattare la mansione svolta alle esigenze dell'uomo che la svolge. Allora nascono i conflitti, anche di coscienza!
Buone cose!
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