Mi chiedevo se la tipologia contrattuale di un dipendente debba essere tenuta in considerazione nella valutazione del rischio Stress.
Il mio invito ad una discussione di questo tipo deriva dal fatto che in alcune aziende la tipologia di contratti a termine, unita alla spinta al massimo della produttività, vede un dipendente coinvolto in un lavoro dove gli si chiede di dare il massimo "per fronteggiare la crisi".
Si vedono ruoli svolti da un singolo Tempo Determinato, quando in passato erano 2 o 3.
Ora se io sapessi di dover dare il massimo (e anche oltre), per un tempo limitato, senza vedere la luce di un rinnovo ed ancor meno il miraggio di un tempo indeterminato, il tutto corredato da uno stipendio al di sotto dei limiti di sopravvivenza e con una famiglia a carico,UN TANTINO STRESSATO SAREI...
Che ne pensate? Chi ha già affrontato la cosa, come lo ha fatto?
Doriano
Credo che l'argomento sia sicuramente interessante ma altrettanto delicato per le differenti prospettive che lascia intravedere, e quindi da affrontare con le debite cautele.
Innanzitutto il primo interrogativo che mi pongo è: chi e come valuta lo stress in questione?
Credo che si possa sicuramente convenire sul fatto che il medico competente, tra i tanti attori della prevenzione, sia una tra le figure più indicate, quanto meno sulla carta.
Magari con dei precisi punti di riferimento che potrebbero venire dagli Atenei, dalle Società scientifiche di settore, dagli Enti e dalle Istituzioni già presenti sul territorio (che come detto dovrebbero rappresentare punti d'eccellenza in tal senso).
"Felicius curari a medico popularem gentem quam nobiles et principes viros."
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