Immagino già che alcuni di voi mi considereranno soggetto "disturbato mentale", ma vi rassicuro sul fatto che il quesito che pongo è, almeno per ora, di tipo squisitamente filosofico ed è il seguente:
l'idoneità di lavoratori in settori ad alto rischio come l'edilizia è compatibile con la partica del Ramadan?
Sapendo che un lavoratore è religioso e praticante la religione mussulmana, ho l'obbligo di avvertire il datore di lavoro che il suo dipendente per tutto il periodo di osservanza segue una pratica nutrizionale che può confliggere con alcune mansioni?
Non voglio entrare nel merito della questione e dei suoi aspetti politici e delle possibili ripercussioni di una valutazione e di un giudizio di idoneità che tenga seriamente in considerazione come dice l'81 "tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.......... nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi", tuttavia il problema a mio avviso deve essere posto specie se teniamo conto di quali siano le caratteristiche e la durata del Ramadan.
"Il mese di Ramadan è il nono del calendario islamico, reso doppiamente sacro dall’Islàm per il fatto che è: il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvezza" (Sura II, v. 185).
Il digiuno, durante il sacro mese di Ramadan, è atto basilare di culto, obbligatorio per tutti i musulmani tranne che per alcune categorie di persone.
"Il digiuno dura dalle prime luci dell'alba fino al tramonto; in genere va fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell'aurora, detto suhur, per poter affrontare la giornata. Consiste non soltanto nell'astensione da ogni cibo e bevanda, ma anche da qualsiasi contatto sessuale e da ogni altro cattivo pensiero o azione, durante l'intera giornata fino al tramonto. Non bisogna litigare, né mentire né calunniare".
La rottura involontaria del digiuno non comporta nessuna sanzione, purché si riprenda subito dopo aver preso coscienza di tale rottura. In caso di interruzione consapevole, bisogna rimediare con l’offerta di un pasto a un certo numero di musulmani bisognosi, oppure dare l’equivalente in denaro; diversamente bisogna digiunare per sessanta giorni.
Che ne dite?
Tcam
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E' un problema serio, ricordo che ho visto in TV nel mese di Agosto un intervista di un datore di lavoro che era preoccupato per la salute dei propri lavoratori, che pur svolgendo un lavoro faticoso e disidradante (raccoglivano ortaggi), rifiutavano di alimentarsi adeguatamente. La stessa situazione può presentarsi anche in altri ambiti lavorativi. Personalmente e per fortuna non ho simili lavoratori, ma mi ha fatto piacere leggere questo thread, spero nella partecipazione di altri colleghi che hano già affrontato e magari trovata la soluzione.
Saluti
Gennaro Bilancio
E' giusto porsi questi problemi se si ha sensibilità anche verso la sicurezza dei più deboli ma soluzioni specifiche probabilmente non ce ne sono se non in una cultura multietnica e di tolleranza reciproca.
Probabilmente non è il giudizio di idoneità lo strumento giusto per affrontare questi aspetti.
La redazione di MedicoCompetente.it
Il dover esprimere un giudizio di idoneità e il dover rispondere ad una serie, oggi nemmeno più codificata ma quasi infinita di quesiti, non è il mezzo ma rappresenta il contesto, l'occasione per affrontare il problema. Non voglio dire che una questione di tale portata economica. politica, religiosa si possa dirimere all'interno di una valutazione estemporanea dell'idoneità, nè tantomeno che sia compito del mc trovare risposta al problema. Credo tuttavia che se non ce lo poniamo noi questo tipo di quesito, chi altro lo farà mai? Forse il CT? Forse l'RSPP o meglio il DDL?
Penso che conoscere e considerare il rischio sia doveroso e mediare con il DDL per una sua attenuazione sia possibile, almeno in alcune occasioni.
Altrimenti che significato avrebbe voluto dare il legislatore nell'art.28 facendo un richiamo alla attenzione da porsi per alcune condizioni particolari? Età e provenienza da altri paesi sono condizioni che assumono rilievo via via crescente con il cambiamento che stiamo osservando nel nuovo mondo del lavoro che si sta configurando e che ci deve trovare culturalmente preparati.
Concordo dunque che non possa essere il giudizio di idoneità lo strumento giusto per risolvere questi problemi ma ho difficoltà a pensare che non sia l'occasione propizia.
Tcam
La Redazione il 15/11/2009 01:24 ha scritto:
E' giusto porsi questi problemi se si ha sensibilità anche verso la sicurezza dei più deboli ma soluzioni specifiche probabilmente non ce ne sono se non in una cultura multietnica e di tolleranza reciproca.
Probabilmente non è il giudizio di idoneità lo strumento giusto per affrontare questi aspetti.
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