billi
Vi risulta che in qualche norma vi sia scritto che il protocollo sanitario debba essere controfirmato per accettazione dal datore di lavoro che puo ' intervenire criticamente nel merito di periodicita ', accertamenti sanitari collaterali e, forse, nella modalita ' di esecuzione? Non ho preso un colpo di calore: sto semplicemente riassumendo quanto contenuto in una richiesta di documentazione a cura dello "SPRESAL" di zona, in cui tra l 'altro si legge: A seguito di sopralluogo effettuato in data / / verb.N...... si invita la ditta in questione ad integrare la documentazione gia ' in possesso con quanto di seguito indicato: PROTOCOLLO SANITARIO APPLICATO DAL MEDICO COMPETENTE E CONTROFIRMATO DAL DATORE DI LAVORO PER ACCETTAZIONE. A seguito richiesta di chiarimenti l 'Operatore UPG ( doverosamente medico e non del lavoro) rispondeva che il datore di lavoro ha la facolta ' di rifiutare un protocollo non aderente all 'azienda: certo ci si chiede cosa se ne fa di un medico del lavoro un datore di lavoro cosi ' bene addentrato nelle problematiche?
Grazie per i chiarimenti.
Caro collega,
non solo il datore di lavoro non deve in alcun modo "approvare" il protocollo sanitario, nè vidimarlo od omologarlo in alcun modo, ma il "collega" UPG, a mio avviso, ha richiesto una documentazione palesemente sbagliata.
Ciò, evidentemete, era legato al tasso alcolemico del summenzionato... eppure, che mi risulti, in sicilia il caffè corretto non è di consumo usuale.. Forse del Cerasuolo di Vittoria??
Scherzi a parte.. L 'unica firma che, a mio avviso, potrebbe essere apposta sul tuo programma di sorveglianza sanitaria è quella per ricevuta.. Giusto per dimostrare che tale programma è stato consegnato.
Aspetto eventuali correzioni dai (numerosi) colleghi S.Pre.S.A.L. che frequentano questo sito.
A te auguro buon lavoro e cordialità.
".. la posta in giuoco è suprema e richiede che ognuno si assuma le proprie responsabilità attraverso il vaglio della propria coscienza". B.M. 2 aprile 1925
billi
Grato al collega per la precedente risposta che ha rafforzato le mie certezze sull 'argomento: e ' doveroso precisare la pervicacia del servizio spresal in merito. Nonostante le evidenti storture nella richiesta di protocollo "vistato" dal datore di lavoro, si insiste nel dire che esso puo ' anzi deve entrare nel merito di tutto il protocollo, ivi comprese richieste di accertamenti sanitari, periodicita ' ecc. se rispondenti ai rischi tabellati esistenti in azienda. Certo e ' che se trovo un datore di lavoro di questa specie il rapporto di collaborazione dura lo spazio della conversazione. Ribadisco: ma cosa ne sa il datore di lavoro dei meccanismi che stanno alla base dell 'elaborazione di un protocollo sanitario e dei rischi tabellati, tenuto conto della grande difficolta ' che anche i medici del lavoro in questo momento stanno vivendo in assenza di indicazioni certe (leggasi decreto legge sui rischi chimici). Nel merito del protocollo sanitario, correggetemi se sbaglio, puo ' entrare per legge solo il servizio di medicina del lavoro competente per territorio e nessun datore di lavoro o tecnico esterno che elabora documenti di vario tipo! Certo e ' che l 'amarezza avanza: attacchi da tutte le parti. Anche i servizi che in linea di massima presentano medici del lavoro stanno contribuendo a demolire cio ' che rimaneva.
Carissimo Billi... mi dispiace tanto!!! Nella mia tendenza sovversiva, mi vien da pensare che quello che ti è capitato sarà solo il primo noto di casi tendenzialmente in crescita; d 'altra parte, se è il DdL a valutare moderato un rischio ad alta incidenza sanitaria come quello chimico, ne discende di conseguenza che si intende dargli facoltà persino di decidere al posto del medico che accertamenti praticare o meno sui lavoratori. Giusto per amor di polemica: ma l 'UPG lo sa che ai lavoratori si fa anche formazione ed informazione sul perchè e il "per come"degli ASP??? Magari, non è che vorrebbe che se ne facesse una speciale a parte per i datori di lavoro???
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
scusate se non mi scandalizzo quanto voi : la richiesta dell UPG potrebbe infatti essere più correttamente espressa come "protocollo sanitario del quale il datore di lavoro ha preso visione e formalmente ricevuto comunicazione" nel senso che il D.L. deve essere responsabilizzato rispetto alle voci di rischio per le quali è istituita la sorveglianza sanitaria; le intenzioni dell UPG, a mio parere, potevano essere anche apprezzabili nel senso di non caricare il mc di responsabilità improprie quali la identificazione delle suddetti "voci" di rischio; peraltro penso che sia da incoraggiare da parte nostra una corretta distinzione di ruoli: il DL individua i rischi e il mc fra questi seleziona quelli che comportano obbligo di sorveglianza, in tal senso riferisce e resta responsabile solo di tale "selezione"
Dr. A. Gennai Specialista in medicina del lavoro, specialista in medicina legale-- drgennai1@libero.it
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