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idoneita infermiere professionale

Questo argomento ha avuto 4 risposte ed è stato letto 13705 volte.

paolo30

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  • idoneita infermiere professionale
  • (16/01/2010 12:17)

buon giorno presso la asl di competenza ho effetuato i prelievi degli esami ematici utili al medico competente per la visita che dovro ancora sostenere tra gli esami c era quello dell hiv io non ho dato il consenso per il prelievo mi e stato detto che sono esami richiesti di routine e necessari per l espettamento del servizio per il reparto di pediatria vorrei sapere se e veramente cosi posso nn passare l idoneita senza quel risultato? e un esame obbligatorio? speriamo che qulcuno mi risponda tra un po ho la visita e quindi le sorti finali grazie

paolo30

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  • Re: idoneita infermiere professionale
  • (16/01/2010 12:39)

volevo aggiungere e la visita preassuntiva assunzione dopo idoneita datore di lavoro asl tramite agenzia interinale periodo 4mesi io risulto gia idoneo per la mia precedente occupazione in altra srruttura ma mi e stato detto che nn e valida perche son passati 5mesi e le analisi vanno ripetute

sportgooffy

sportgooffy
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  • Re: idoneita infermiere professionale
  • (18/01/2010 07:27)

no, è vietato l'accertamento per idoneità lavorativa di una eventuale sieropositività per il virus HIV.

ariale9699

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  • Re: idoneita infermiere professionale
  • (18/02/2010 11:45)

Copio e incollo:
La Legge 135 del 05.06.1990 tratta questo aspetto in due articoli:
al comma 5 dell’art. 5 ove dice che "L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, (...), per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro."
all’art. 6 ove dice che: "1) E’ vietato ai datori di lavoro, pubblici o privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l’instaurarsi di un rapporto di lavoro l’esistenza di uno stato di sieropositività. 2) Si applica alle disposizioni contenute nel comma 1 il sistema sanzionatorio previsto dall’art. 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300."
Nel 1993 su questi articoli si è espressa la Corte Costituzionale, dichiarandone l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non viene prevista la possibilità di accertamenti sanitari dell’assenza di sieropositività all’infezione da HIV come condizione per l’espletamento di attività che possano comportare rischi per la salute dei terzi.
In pratica, secondo questa sentenza della Corte Costituzionale, qualora alcune attività lavorative o mansioni dovessero comportare rischi di trasmissione dell’infezione verso terzi (in particolare questa ipotesi nasceva da un caso relativo ad attività in ambito sanitario) dovrebbe essere prevista la possibilità del datore di lavoro di richiedere all’interessato l’esecuzione del test, ciò perché l’interesse per la salute collettiva e la sua tutela supera i diritti del singolo.
Questa sentenza di fatto demandava al Legislatore il compito di individuare le eventuali mansioni che possono esporre terzi a contrarre l’infezione da HIV e rispetto alle quali prevedere l’esecuzione del test.
Nel Marzo ‘94 la Commissione Nazionale AIDS del Ministero della Sanità, ha approvato un documento sulla vicenda che conclude: "sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili sulle modalità di trasmissione dell’HIV non è giustificato, anzi sembra irragionevole, prevedere l’obbligatorietà di screening per l’HIV per tutti gli operatori".
Ad oggi su questi punti il Parlamento non si è ancora espresso ma, in assenza di una normativa definitiva, occorre ricordare che la Costituzione dice che "nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" (art. 32, comma 2); quindi in Italia attualmente in nessun ambito può essere prevista l’esecuzione obbligatoria del test per HIV per accedere o mantenere un posto di lavoro (esiste un’unica eccezione espressamente prevista da un atto legislativo - L. n. 359/90 - che riguarda le Forze dell’Ordine che comunque non pone vincoli per l’assunzione o il mantenimento del posto di lavoro quanto rispetto allo svolgimento di mansioni che possano esporre a rischio terzi).
In ogni caso, comunque, nessuno può essere licenziato o non assunto solamente in quanto sieropositivo.
Un caso particolare è rappresentato da quelle attività lavorative che richiedano una idoneità specifica; tale idoneità viene periodicamente accertata e certificata al datore di lavoro da parte di un medico (n.b. la comunicazione del medico al datore di lavoro non riguarda la diagnosi o i motivi della sua decisione che restano coperti dal segreto professionale, ma solo se la persona è idonea o meno per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa). Nel caso che l’immunodepressione o particolari condizioni fisiche correlate alla sieropositività (ovviamente non la sieropositività in quanto tale) vengano considerate dal medico competente fattori di non idoneità per alcune attività, il lavoratore deve essere destinato ad altre mansioni in condizione di pari inquadramento salariale o, se ciò non è possibile, deve essergli proposta la collocazione in mansioni ad inquadramento inferiore. Solo se tutto ciò non è possibile o se il dipendente rifiuta il cambio di attività può essere avviata la procedura di licenziamento. Anche nel caso dell’idoneità specifica comunque valgono le considerazioni già fatte rispetto al divieto di eseguire il test per HIV–Ab.

ariale9699

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Bolzano
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  • Re: idoneita infermiere professionale
  • (18/02/2010 11:46)

Copio e incollo:
La Legge 135 del 05.06.1990 tratta questo aspetto in due articoli:
al comma 5 dell’art. 5 ove dice che "L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, (...), per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro."
all’art. 6 ove dice che: "1) E’ vietato ai datori di lavoro, pubblici o privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l’instaurarsi di un rapporto di lavoro l’esistenza di uno stato di sieropositività. 2) Si applica alle disposizioni contenute nel comma 1 il sistema sanzionatorio previsto dall’art. 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300."
Nel 1993 su questi articoli si è espressa la Corte Costituzionale, dichiarandone l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non viene prevista la possibilità di accertamenti sanitari dell’assenza di sieropositività all’infezione da HIV come condizione per l’espletamento di attività che possano comportare rischi per la salute dei terzi.
In pratica, secondo questa sentenza della Corte Costituzionale, qualora alcune attività lavorative o mansioni dovessero comportare rischi di trasmissione dell’infezione verso terzi (in particolare questa ipotesi nasceva da un caso relativo ad attività in ambito sanitario) dovrebbe essere prevista la possibilità del datore di lavoro di richiedere all’interessato l’esecuzione del test, ciò perché l’interesse per la salute collettiva e la sua tutela supera i diritti del singolo.
Questa sentenza di fatto demandava al Legislatore il compito di individuare le eventuali mansioni che possono esporre terzi a contrarre l’infezione da HIV e rispetto alle quali prevedere l’esecuzione del test.
Nel Marzo ‘94 la Commissione Nazionale AIDS del Ministero della Sanità, ha approvato un documento sulla vicenda che conclude: "sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili sulle modalità di trasmissione dell’HIV non è giustificato, anzi sembra irragionevole, prevedere l’obbligatorietà di screening per l’HIV per tutti gli operatori".
Ad oggi su questi punti il Parlamento non si è ancora espresso ma, in assenza di una normativa definitiva, occorre ricordare che la Costituzione dice che "nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" (art. 32, comma 2); quindi in Italia attualmente in nessun ambito può essere prevista l’esecuzione obbligatoria del test per HIV per accedere o mantenere un posto di lavoro (esiste un’unica eccezione espressamente prevista da un atto legislativo - L. n. 359/90 - che riguarda le Forze dell’Ordine che comunque non pone vincoli per l’assunzione o il mantenimento del posto di lavoro quanto rispetto allo svolgimento di mansioni che possano esporre a rischio terzi).
In ogni caso, comunque, nessuno può essere licenziato o non assunto solamente in quanto sieropositivo.
Un caso particolare è rappresentato da quelle attività lavorative che richiedano una idoneità specifica; tale idoneità viene periodicamente accertata e certificata al datore di lavoro da parte di un medico (n.b. la comunicazione del medico al datore di lavoro non riguarda la diagnosi o i motivi della sua decisione che restano coperti dal segreto professionale, ma solo se la persona è idonea o meno per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa). Nel caso che l’immunodepressione o particolari condizioni fisiche correlate alla sieropositività (ovviamente non la sieropositività in quanto tale) vengano considerate dal medico competente fattori di non idoneità per alcune attività, il lavoratore deve essere destinato ad altre mansioni in condizione di pari inquadramento salariale o, se ciò non è possibile, deve essergli proposta la collocazione in mansioni ad inquadramento inferiore. Solo se tutto ciò non è possibile o se il dipendente rifiuta il cambio di attività può essere avviata la procedura di licenziamento. Anche nel caso dell’idoneità specifica comunque valgono le considerazioni già fatte rispetto al divieto di eseguire il test per HIV–Ab.

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