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HIV e Idoneità nel personale sanitario

Questo argomento ha avuto 3 risposte ed è stato letto 18640 volte.

Susanna

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17
  • HIV e Idoneità nel personale sanitario
  • (22/09/2002 16:36)

Pensavo di accodare questo messaggio al forum HCV ma ritengo che la positività all'HIV stimoli delle ulteriori considerazioni legate soprattutto al problema dell'immunodepressione.
Infermiere professionale di 27 aa neodipendente di casa di cura privata, addetto alla preparazione/somministrazione di antiblastici (!!) oltre che a tutte le altre attività infermieristiche di reparto (spesso Jolly in sala operatoria), è risultato positivo al test per l'HIV. Il test è stato effettuato su richiesta esplicita di molti lavoratori della stessa struttura nonchè del lavoratore in questione che già lo eseguiva regolarmente ogni tre mesi essendo soggetto a rischio.
Sorvolando la difficoltà incontrata nel dover comunicare tale risultato al lavoratore, posso dire che il mio primo passo è stato quello di indirizzare lo stesso in un centro di alta specializzazione della nostra città e di fornirgli immediatamente tutte le informazioni relative ai rischi ed ai sistemi di prevenzione e protezione da adottare.Adesso, in attesa dei risultati dei test specifici di tipizzazione, sono alle prese con altri mille ragionamenti relativi al suo giudizio di idoneità, alla mia volontà di non creare alcuna discriminazione, alla necessità di tutelare la integrità psico-fisica del lavoratore che ha/avrà come problematica prevalente l'immunodepressione.
Mi sono documentata su questo argomento ancora molto controverso ma non sono sicura di avere dipanato tutti i miei dubbi perciò vorrei lanciare una discussione sul tema certa che arriveranno opinioni interessantissime. Grazie a tutti.

Nessuna impresa e' mai stata compiuta da un uomo ragionevole

raflauberto

raflauberto
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Torino
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29
  • Re: HIV e Idoneità nel personale sanitario
  • (23/09/2002 12:35)

Cara collega,

alcune domande, magari "cattive", ma necessarie:
1) in fase di assunzione hai pensato, naturalmente previo consenso, a procurarti un "tempo zero" in ordine alla sierologia HIV del lavoratore?
2) la positività è collegabile con evento infortunistico (taglio, schizzo, spruzzo, puntura) a rischio con paziente malato di AIDS o comunque, positivo all'antigene?
3) Mi paiono assolutamente lodevoli i tuoi mille ragionamenti per evitare discriminazioni, di tutelare l'integrità psico fisica del lavoratore; peraltro, vale il principio, sancito dalla Corte Costituzionale, che, sulle aspettative del singolo, prevelgono gli interessi della collettività.

Pertanto chiarita qual'è la causa che ha determinato la positivizzazione dell'HIV nell'operatore (infermiere professionale) di cui trattasi, vale la pena di chiarire fondamentalmente due cose:
1) quale rischio derivante dal lavoro che svolge questo infermiere sanitario può provocare, come conseguenza diretta o indiretta, un aggravamento delle sue condizioni cliniche? Assai poche, vista anche la difficoltà con cui si tramette l'HIV professionalmente e tenuto conto del fatto che l'AIDS costituisce un problema completamente diverso rispetto ad alcuni anni fa, viste le terapie antiretrovirali che cronicizzazno la malattia.
2) Quale rischio può derivare al paziente dal fatto che l'operatore è sieropositivo per HIV? Pressochè nessuno, sempre che l'operatore non svolga manovre invasive con taglienti o aghi cavi "al buio" (ostetriche, ginecologi, chirurghi generali - a volte);

Per avere informazioni più dettagliate sull'argomento ti consiglio di visionare gli atti del Convegno sul rischio da agenti biologici tenutosi a Torino nel Settembre 2000
Vedi, in questo sito, alla voce libri consigliati

Cordialità

Riccardo FALCETTA

Susanna

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Medico del Lavoro
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17
  • Re: HIV e Idoneità nel personale sanitario
  • (23/09/2002 21:18)

Carissimo raflauberto,
prima di ogni cosa ti ringrazio per aver raccolto il mio "appello". Voglio rispondere subito alle tue domande "cattive" (non mi sembrano poi così cattive) ma necessarie.
1) Il lavoratore è giunto alla mia osservazione non in visita preventiva ma in "prima visita" dato che è stato assunto senza che io fossi interpellata. Detto ciò ritengo che il lavoratore fosse sieronegativo fino a quattro mesi fa (si è offerto di mostrarmi l'ultimo test). Tale convinzione è rafforzata dal fatto che il lavoratore, dopo il primo momento di visibile shock, ha immediatamente accettato il mio intervento per indirizzarlo alla struttura di specialità.
2) La positività non è collegabile ad evento infortunistico (come inizialmente avrei potuto pensare dato che lo stesso aveva lavorato per due anni in un centro dialisi) infatti dopo un lungo colloquio volto ad indagare su tale evenienza ho finalmente saputo che lo stesso effettuava il test autonomamente in quanto omosessuale.

Chiarite le tue lecite curiosità voglio precisare che il giovane infermiere non è affetto da AIDS ma è "solo" siero positivo e peraltro totalmente asintomatico.

Concordo pienamente che nessun rischio per la collettività (pazienti e colleghi) è ipotizzabile se il nostro lavoratore effettua le normali attività di un infermiere professionale (concordo ulteriormente sulle eventuali perplessità per personale medico che pratica specialità chirurgiche o parachirurgiche).

Allo stato attuale ritengo vitali due questioni:
1) effetti dell'esposizione cronica diretta e indiretta ad antiblastici in un soggetto che è "teoricamente" (aspettiamo i risultati degli esami specialistici) immunodrepresso. Conosciamo bene gli effetti della immunodeficienza sull'insorgenza delle neoplasie.

2) effetti dell'esposizione accidentale ad agenti biologici per i quali è impossibile ulteriore protezione mediante vaccino (vedi TBC che è controindicata per gli ovvi motivi e HCV per altrettanti ovvi motivi).

In definitiva, dato per certo che il rischio zero non esiste è doveroso domandarsi: atteso che vengano poste in essere tutte le azioni volte a ridurre il rischio antiblastici (cappe a flussi laminari, mezzi di protezione per cute, mucose e vie respiratorie, procedure standardizzate per la preparazione delle terapie e per la somministrazione, etc etc) e lo stesso venga fatto per il rischio da agenti biologici, è il nostro operatore un soggetto "altamente suscettibile" rispetto alla "coorte" infermieri esposti? E se si, tale suscettibilità indviduale dovrebbe essere motivo di limitazioni rispetto alla mansione?

In verità mentre sul secondo punto ritengo che il rischio sia "accettabile" (considerato che il lavoratore non effettua manovre invasive "al buio" nè attività di assistenza ai tavoli operatori o alle sale parto), non sono altrettanto sicura sulla questione "esposizione ad antiblastici".
Grazie per il suggerimento bibliografico.
Cordialmente
Susanna

Nessuna impresa e' mai stata compiuta da un uomo ragionevole

Picpus

Picpus
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392
  • Re: HIV e Idoneità nel personale sanitario
  • (24/09/2002 17:06)

A mio modesto parere, la limitazione per gli agenti antiblastici andrebbe data, cautelativamente, in attesa degli accertamenti specialistici; senz'altro qualora questi dovessero risultare non favorevoli al soggetto. Per il resto credo rimanga sempre il dubbio se il soggetto, non malato, sia già (o meno) in una situazione di maggiore vulnerabilità. Se la struttura in cui lavora avesse la possibilità, consiglierei comunque un cambio di mansione. In bocca al lupo!

"La cosa più incomprensibile dell'universo è il fatto che l'universo sia comprensibile" A. Einstein

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