Cari colleghi, l’81 ci richiede di valutare lo stato di alcol dipendenza, una circolare della Regione Veneto del 5 luglio 2010 recita, in soldoni, che, non essendo stato ancora adottato l’accordo stato-regioni per la determinazione delle condizioni e delle modalità di accertamento delle condizioni di alcol dipendenza, è però possibile verificare in acuto la sola assunzione o meno di sostanze alcoliche e superalcoliche (ovviamente per le attività lavorative di cui alla L.125/2001).
A questo punto la circolare recita testualmente: “La norma di riferimento prevede l’effettuazione di test alcolimetrici che consentono l’accertamento immediato di un’intossicazione alcolica acuta, che possono essere effettuati indifferentemente dal medico competente o dalla struttura di vigilanza. A fronte del riscontro di una positività dei test alcolimetrici, si applicano le sanzioni amministrative previste dalla normativa. A seguito di una positività ai test alcolimetrici inoltre, allo stato attuale della normativa, non risulta possibile da parte del medico competente l’avvio di una specifica procedura accertativa circa l’idoneità alle mansioni; è tuttavia facoltà dell’impresa richiedere l’idoneità fisica del lavoratore secondo quanto prevede l’art. 5 della L.300/70”.
Pertanto io posso fare questo test alcolimetrico... ma in che modo? Faccio la “prova del palloncino”? E se poi ne trovo uno positivo cosa faccio? Avviso il datore di lavoro e lo faccio allontanare dall’attività a rischio e si fa si che gli vengano applicate le famose sanzioni amministrative sopracitate? E se poi mi viene contestato da parte del lavoratore e dell’avvocatuncolo di turno: 1) l’apparecchio utilizzato: mi risulta che l’unico che abbia valore medico legale in Italia sia quell’apparecchio che hanno in dotazione anche le forze dell’ordine dal modico costo di 6000-9000 euro: risulta anche a voi?; 2) il fatto che non gli abbia determinato l’alcolemia su sangue (ma allora mi viene da pensare provocatoriamente che a tutela del lavoratore e della sua possibilità di ricorrere dovrei fare le tre provette, aliquota A B C, come le droghe!!!); 3) magari anche il fatto che non gli chiedo se vuole farsi assistere dal suo avvocato durante la soffiata (c’è un giudice di pace che recentemente ha accolto il ricorso di un automobilista per questa motivazione) 4) chissà quale diaboleria ancora? A me va bene fare prevenzione, informazione, formazione, divulgazione, educazione, trasmettere il concetto di buona salute e magari pure la buona novella, però se poi mi trovo il lavoratore che se ne frega e che continua a bere cosa devo fare oltre che avvisare immediatamente il datore di lavoro (il quale chiederà a me cosa deve fare)? Potrei mandarlo alla commissione art.5 L.300, ma questi colleghi si sbilanciano (e solo a volte a volte) in caso di veri etilisti, non per chi si è bevuto i 2 bicchieri di rosso a pranzo.
Scusate le domande un po’ alla rinfusa ma su quest’argomento (e la normativa che lo “non” regola) ho un po’ di confusione.
Senza entrare nel merito ti conviene leggere l'intervento di Deidda allo SNOP e l'articolo monotematico su Medicina del LAvoro del Gruppo LARA
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