Buongiorno a tutti e buon anno. Ho bisogno di un parere. Sono stata contatata oggi dall'RSPP di una azienda che mi ha informato che un dipendente ha scritto al datore di lavoro chiedendo una visita con me, medico competente, per una valutazione e certificazione dello stress derivato da attività mobbizzanti nei suoi confronti. Questa persona è un RLS e già in sede di riunione periodica mi aveva detto che aveva una causa in corso per mobbing con l'azienda. Ora, il mobbing è ancora un campo di difficile interpretazione e io personalmente non ho mai avuto esperienze simili. Volevo capire se la richiesta del lavoratore è lecita (anche se a me non sembra) e quale deve essere il mio ruolo in una situazione del genere.
Grazie a tutti
ex utente da milano
La domanda del lavoratore è lecita e credo che abbia seguito la corretta procedura. Il nostro scopo è valutare non tanto l'esercizio di strategie vessatorie (tra l'altro il mobbing di per sè non mi risulta che abbia rilevanza penale) quanto se, a causa di "disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" il lavoratore abbia avuto conseguenze della sua integrità psico-fisica. I disturbi dell'adattamento cronico e i disturbi post-traumatici da stress secondari a disfunzioni dell'organizzazione sono incluse tra le malattie per le quali vige l'obbligo di denuncia.
Poi è tua discrezionalità valutare se la documentazione in possesso del lavoratore è esaustiva per arrivare a sostenere o escludere un nesso di causa, ammesso che ci siano ripercussioni.
Ci sono alcuni centri regionali per la valutazione del disagio lavorativo a cui puoi inviare il lavoratore per l'opportuno approfondimento.
Oltre tutto adesso abbiamo anche a disposizione la fantasmagorica valutazione dei fattori di rischio stress lavoro-correlato (le crocette in una check-list) che ci aiuterà notevolmente (scusate l'ironia).
A me è capitato un responsabile risorse umane di una nota azienda nazionale che ha seguito lo stesso iter: ha chiesto una visita di idoneità. L'ho inviato nel centro afferente nella mia regione. Il centro ha diagnosticato una sindrome ansioso depressivo secondaria a marginalizzazione, reiterata esclusione del lavoratore, ecc. ecc.
A quel punto ho compilato il primo certificato e stilato la segnalazione/denuncia.
Poi il dirigente ha concordato con l'a.d. un'uscita dall'azienda con lauto compenso.
Poi l'a.d. ha dato un calcio nel culo al medico competente che seguiva l'azienda da 10 anni, con decorrenza immediata e senza compenso.
L'inail non ha riconosciuto la malattia professionale.
Se non vuoi comprometterti puoi suggerirgli di andare in un centro tramite il suo medico curante. Però credo che non sia corretto nè deontologicamente nè legalmente.
Una volta ho letto una sentenza di condanna proprio nei confronti di un medico competente che aveva rifiutato di prendere in considerazione un disagio psicologico al lavoro.....ma non ho più i riferimenti.
E' un grosso problema e credo che sarà uno dei temi futuri.
Grazie per l'esauriente risposta. la cosa che mi è risultata un po' anomale era la richiesta di visita finalizzata, nello specifico, ad una certificazione da parte mia di stress derivato da azioni mobbizzanti. Ottimo il consiglio di inviarlo presso un centro per la valutazione del disagio lavorativo e poi vedere la loro valutazione. Da quel che ho capito lui ha gà una nutrita documentazione che sicuramente mi porterà in visione. Certo non sarà facile decidere cosa fare, è decisamente un tema delicato e purtroppo ancora molto nebuloso.
grazie ancora per i consigli.
Salve
Penso che sia molto difficile dimostrare le vessazioni subite dal lavoratore, ci voglio prove oggettive e queste difficilmente sono agli atti. Per quanto riguarda la diagnosi è utilissimo è il consiglio del collega Cristiano Ravalli di inviarlo presso la struttura pubblica che si occuopa di malattie da "mobbing" o altro "disagio lavorativo".
Gennaro Bilancio
Concordo anch'io con le asserzioni e la strategia suggerite da Ravalli.
L'unica precisazione è che, oltre ai chiari risvolti civilistici, ci sono delle implicazioni penali ed anche alquanto pesanti (fermo restando che da una supposizione ad una sentenza ce ne vuole di strada e di prove, per cui normalmente il mobbizzato predilige la via civile chiudendo transattivamente; pecunia non olet!)
Possono risultare applicabili l’art. 590 del CP che sanziona chi cagiona per colpa una lesione personale ad altri soggetti (lesioni personali colpose) o l’art 594 che punisce l’offesa all’onore o al decoro di una persona presente, anche quando l’ingiuria è commessa attraverso comunicazione telefonica o scritta, l’art. 610, violenza privata, che sanziona chi, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa; l’art. 595, diffamazione, che punisce il comportamento di chi lede la reputazione di un soggetto; e probabilmente anche altri articoli conosciuti meglio dagli avvocati, senza tralasciare eventuali sanzioni (penali, oltre che amministrative), comminate per violazione delle disposizioni di tutela della sicurezza e salute del lavoratore di cui al D.Lgs. 81/08.
La richiesta è certamente pertinente. Per il resto consiglio anche io di rivolgersi a strutture specializzate. Te lo dico perché gestisco, in provincia di Parma, insieme a psicologi e avvocati, uno "sportello mobbing". Ormai abbiamo esaminato oltre cento casi, e la cosa è tutt'altro che semplice.
Giustissima il percorso suggerito dal collega Ravalli, ti consiglio di " rintracciare " il documento consenso sul mobbing e il successivo
"documento procedura" dell'INAIL finalizzato al riconoscimento di malattia professionale per costrittività lavorativa.
So che a Roma ci sono alcuni centri( per quanto ricordo (S.Andrea,Gemelli,RM/D,RM/A? o RM/B?) , ognuno con diversa metodologia e finalità .
No,no,no e poi no!!!
Scusate colleghi se mi intrometto in modo forse platealmente deciso!
Riprendiamoci la nostra professionalità!
Non è concepibile che un Lavoratore, per di più nella sua veste di RLS, e come tale ipoteticamente formato più di altri nelle tematiche della sicurezza, giunga al Medico Competente ormai a giochi fatti (causa in corso) e per di più colla richiesta di una certificazione e non di una parere preventivo e di una valutazione serena sul da farsi.
Non condivido, pur rispettandoli naturalmente, i pareri fin qui formulati; perchè mai il MC dovrebbe, sic e simpliciter, inviare a centri di riferimento un caso che deve e può dirimere da solo?
Suonerebbe,a mio parere, come un'ammissione di "incompetenza".
Al contrario, è l'occasione per fare comprendere a tutti, Lavoratori e Datori di Lavoro, che la Medicina del Lavoro, quella con le maiuscole, non è solo visitificio ma è opera consulenziale costante, basata su conoscenze specifiche del MC che deve anche imporre la sua volontà di perseguire una politica di prevenzione; per quanto di mia esperienza di CTU i casi di mobbing più o meno veritieri sono sempre occorsi o in realtà prive per varie motivazioni del Medico Competente o in quelle in cui il MC è l'espressione di un società di servizi tanto che, come dichiaratomi spesso dagli interessati, "ogni anno si fa una visita con un medico diverso".
Ed allora, cara collega Elidero, ritengo Tu abbia tutte le potenzialità per esprimere al meglio il Tuo ruolo di MC. Comincia, ad esempio, a raccogliere tutti gli elementi sia dall'interessato che dalla Direzione Aziendale; valuta eventuali assenze per malattia, certificazioni del Medico Curante o di specialisti e così via in modo tale da avere un quadro quanto più esaustivo possibile al fine anche di ipotizzare un cambio mansione, ad esempio, che possa far "decantare" situazioni a rischio.
Un caro saluto a tutti Voi. W la Medicina del Lavoro (e...cacciamo i Mercanti dal Tempio!!!).
Caro Scalingi l'INAIL riconosce come malattie professionali da costrittività lavorativa solo:
sindrome da disadattamento lavorativo cronica
sindrome da disadattamento lavorativo acuta
sindrome post-traumatica di stress
come da DSM , pertanto solitamente ( e come richiesto dalprotocollo INAIL ) c'è bisogno di somministrare al lavoratore una serie di test psicoattitudinali e di altro tipo che possono essere somministrati e valutati da psicologi per poi giungere ad una diagnosi che solitamente nei centri specializzati viene condivisa e firmata da più figure
( psicologo o psicologo del lavoro , psichiatra,medico del alvoro e a volte medico legale ).
Nei centri come quello di Milano il lavoratore viene seguito per 2-3 giorni in day hospital.
credo che il MC , in questi casi debba essere in grado di distinguere i casi veri dai millantatori e quindi fare un primo livello di sorveglianza sanitaria per poi inviare i sospetti malati ai centri di secondo livello che oltretutto sono in grado di iniziare un percorso psico e/ o farmacoterapeutico per il recupero e il reinserimento del soggetto malato.
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