Nella mia abituale attività di orchiclasta professionale esperto, noto una certa criticità nelle valutazioni del rischio che derivano dal pedissequo utilizzo della formulina in cui la soggettività con cui viene attribuito un valore alla variabile P ed alla costante D configura spesso ipotesi di rischio incongrue o mal attribuibili al soggetto che ne diviene bersaglio.
In realtà in queste semplificazioni valutative che vengono applicate leggiadramente anche all'oggetto salute (oltrechè alla sicurezza)non si tiene conto di un fattore individuale quale la vulnerabilità individuale finendo per infarinare con la stessa quantità di farina ogni tipo di pesce.
Ad esempio manca una grossolana differenza di genere, d'età, di capacità fisica, di stato attuale di salute ed alla fine l'onere valutativo viene scaricato in sede di giudizio al mc che può trovarsi non raramente nella condizione di emettere giudizi di idoneità parziale a fronte di rischi apparentemente banali, proprio in ragione del fattore vulnerabilità individuale.
Chi ha idee o suggerimenti, li esprima.
Tcam
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tcam il 18/01/2011 09:15 ha scritto:
Nella mia abituale attività di orchiclasta professionale esperto, noto una certa criticità nelle valutazioni del rischio che derivano dal pedissequo utilizzo della formulina in cui la soggettività con cui viene attribuito un valore alla variabile P ed alla costante D configura spesso ipotesi di rischio incongrue o mal attribuibili al soggetto che ne diviene bersaglio.
In realtà in queste semplificazioni valutative che vengono applicate leggiadramente anche all'oggetto salute (oltrechè alla sicurezza)non si tiene conto di un fattore individuale quale la vulnerabilità individuale finendo per infarinare con la stessa quantità di farina ogni tipo di pesce.
Ad esempio manca una grossolana differenza di genere, d'età, di capacità fisica, di stato attuale di salute ed alla fine l'onere valutativo viene scaricato in sede di giudizio al mc che può trovarsi non raramente nella condizione di emettere giudizi di idoneità parziale a fronte di rischi apparentemente banali, proprio in ragione del fattore vulnerabilità individuale.
Chi ha idee o suggerimenti, li esprima.
Tcam
Bravo! il metodo Pipperdì io non lo uso mai, ne sconsiglio vivamente l'uso e l'ho bandito con ignominia nelle VDR che gestisco direttamente o a cui partecipo come medico competente.
I motivi sono tanti, ma il principale è questo: il concetto che il rischio è funzione della magnitudo del danno e della probabilità di accadimento è ok. Il problema è che i filosofi del Pipperdì hanno trasformato il concetto (assai complesso) di "funzione" e la sua corretta formula matematica - R=F(P,D) - in una....moltiplicazione (!). Con questa ardita operazione, anziché ricercare i termini di F, rischio per rischio (attività indubbiamente complessa) il tutto si risolve tutta in una tabellina, 3x3 o 4x4.
Il risultato è il seguente (lo illustro sempre nei corsi che tengo):
Tema: il muratore e la sartina
Tabellina 3x3
a) Muratore su impalcatura
Probabilità di cadere: 1 (se tutti i muratori cadessero dalle impalcature sarebbe una ecatombe!)
magnitudo del danno in caso di caduta: 3
R=1x3= 3
b) Sartina durante la cucitura
Probabilità di pungersi con l'ago: 3
Magnitudo del danno: 1
R=3x1 = 3
Il livello del rischio è lo stesso, e quindi le priorità di intervento sono uguali.
Ciao.
Se analizziamo i singoli titoli della 81 credo che si possa concludere
che , forse tranne che per il rischio VDT,sia inutile il sistema PxD e mi spiego.
Rischi fisici: bisogna misurarli
MMC :metodo NIOSH o simili
movimenti ripetitivi : metodo OCRA o simili
Chimico e cancerogeno :bisogna allegare le schede di sicurezza , monitoraggio ambientale e biologico.
Si potrebbe usare per la sicurezza . Ma non sarebbe più utile analizzare lo storico degli incidenti , degli infortuni e delle malattie professionali in quella ditta e di quel comparto?
bernardo il 18/01/2011 10:09 ha scritto:
Bravo! il metodo Pipperdì io non lo uso mai, ne sconsiglio vivamente l'uso e l'ho bandito con ignominia nelle VDR che gestisco direttamente o a cui partecipo come medico competente.
I motivi sono tanti, ma il principale è questo: il concetto che il rischio è funzione della magnitudo del danno e della probabilità di accadimento è ok. Il problema è che i filosofi del Pipperdì hanno trasformato il concetto (assai complesso) di "funzione" e la sua corretta formula matematica - R=F(P,D) - in una....moltiplicazione (!). Con questa ardita operazione, anziché ricercare i termini di F, rischio per rischio (attività indubbiamente complessa) il tutto si risolve tutta in una tabellina, 3x3 o 4x4.
Il risultato è il seguente (lo illustro sempre nei corsi che tengo):
Tema: il muratore e la sartina
Tabellina 3x3
a) Muratore su impalcatura
Probabilità di cadere: 1 (se tutti i muratori cadessero dalle impalcature sarebbe una ecatombe!)
magnitudo del danno in caso di caduta: 3
R=1x3= 3
b) Sartina durante la cucitura
Probabilità di pungersi con l'ago: 3
Magnitudo del danno: 1
R=3x1 = 3
Il livello del rischio è lo stesso, e quindi le priorità di intervento sono uguali.
Ciao.
Uno dei problemi è che nella maggior parte dei DVR (quelli che mi sono capitati sotto mano) è l'arbitraria (nel senso di a casaccio, non a caso) determinazione di P, che essendo la probabilità, dovrebbe essere espressa come % o che è lo stesso come un numero che va da 0 a 1 o come una frazione centesimale, dove 0 sta per assenza di rischio e 1 sta per un rischio del 100% derivato dal frazione fra il numero dei casi e il numero degli esposti a rischio. Tale dato può essere desunto solo dalla letteratura e per alcuni rischi spesso non è facile trovare l'informazione. Nel caso specifico P dovrebbe derivare dal rapporto fra il numero dei muratori che cadono dall'alto, in un arco di tempo (ad esempio un anno, in un determinato luogo ad esempio l'Italia ed il totale dei muratori che operano in quel periodo in quel determinato luogo. Questo è il rischio di caduta dall'alto per un muratore. Quanti valutatori reperiscono tale dato? Poi sulla questione della scala di valutazione del rischio bisogna far altri raggionamenti
G. Murgia
gianfranco-murgia il 19/01/2011 11:48 ha scritto:
c'è qualche errore ortografico: si intendeva è abitraria la valutazione di P, nel senso di non corretta; inoltre la P ovviamente è una probabilità ed è la componente del rischio anche se a nio parere è il rischio nel senso che la magnitudo D con il rischio non c'entra niente da solo informazioni sulla gravità dell'evento rischio che rimane sempre e solo una probabilità nel senso di gauss.
Uno dei problemi è che nella maggior parte dei DVR (quelli che mi sono capitati sotto mano) è l'arbitraria (nel senso di a casaccio, non a caso) determinazione di P, che essendo la probabilità, dovrebbe essere espressa come % o che è lo stesso come un numero che va da 0 a 1 o come una frazione centesimale, dove 0 sta per assenza di rischio e 1 sta per un rischio del 100% derivato dal frazione fra il numero dei casi e il numero degli esposti a rischio. Tale dato può essere desunto solo dalla letteratura e per alcuni rischi spesso non è facile trovare l'informazione. Nel caso specifico P dovrebbe derivare dal rapporto fra il numero dei muratori che cadono dall'alto, in un arco di tempo (ad esempio un anno, in un determinato luogo ad esempio l'Italia ed il totale dei muratori che operano in quel periodo in quel determinato luogo. Questo è il rischio di caduta dall'alto per un muratore. Quanti valutatori reperiscono tale dato? Poi sulla questione della scala di valutazione del rischio bisogna far altri raggionamenti
G. Murgia
Se vogliamo, anche algoritmi molto (più) sofisticati, da quelli per la valutazione della MMC, a quelli, numerosi, per la valutazione del rischio chimico, etc., se utilizzati da mani non esperte rappresentano a volte strumenti grossolani e fuorvianti .
Se sono invece inseriti in un processo che, per quanto attiene la VDR per la salute, vede il Medico del lavoro come attore principale, possono essere utili per fornire elementi di riferimento da base.
D'accordo con tutte le cose affermate dai colleghi. Ricordo che la formula pipperdi nasce da un'applicazione di una definizione di rischio -“Combinazione della probabilità di un evento dannoso e della entità delle sue conseguenze” (UNI 11230)-
Ci sono molte varianti che introducono anche sofisticati correttivi alla semplice formuletta e che la rendono utilizzabile in alcune occasioni. Il metodo, se usato da un medico del lavoro che tiene conto di tutte le variabili anche biologiche, può dare in alcuni casi i suoi frutti se utilizzato cum grano salis. In mano a incompetenti o a tecnici che la usano per la VdR senza coinvolgere il mc può essere fonte di errori madornali (vedi esempio di Graziano).
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Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono. (Voltaire)
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