Il ruolo del medico competente è quello di effettuare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori soggetti ad un rischio professionale tabellato operando con un meccanismo di tipo prevenzione secondaria. Alla luce del fatto che l 'obbligo di sorveglianza sanitaria scatta solo laddove esistono determinati rischi stabiliti per legge (e si tratta di rischi che possono essere responsabili di malattia professionale), ha il medico competente titolo per esprimersi con prescrizioni nel caso in cui queste siano mirate alla tutela del lavoratore nei confronti di aumentato rischio di infortunio? Lo spirito delle tre leggi fondamentali della nostra disciplina (DPR 303/56, D.L.277/91, DL 626/94) sembra orientato alla prevenzione delle malattie professionali, ed in ogni caso anche il senso della sorveglianza sanitaria e dei protocolli che emergono dalla letteratura scientifica sull 'argomento hanno lo scopo di individuare lesioni precoci dovute ai rischi professionali specifici. Come comportarsi allora in casi come quello di un muratore affetto da epilessia, grande male, che debba lavorare su impalcature a diversi metri d 'altezza. Le misure di sicurezza per la prevenzione degli infortuni dovrebbero garantire dalla eventualità di infortuni a prescindere dalle condizioni dell 'individuo, non contando quindi sulle abilità individuali, ma garantendo protezione anche a chi fosse "quasi incapace di intendere e di volere". Questa è la teoria. Ogni medico competente, che abbia a che fare con il quotidiano della prevenzione sui luoghi di lavoro, sa bene che non è possibile scaricare le responsabilità trincerandosi dietro la poca chiarezza di determinate leggi. In questo modo faremmo un cattivo lavoro. Ma del resto bisogna operare anche nell 'ambito della legittimità delle nostre competenze.
Mi interesserebbe sapere le opinioni dei colleghi e soprattutto se qualcuno ha argomentazioni in grado di chiarire la questione.
E ' una bella questione da risolvere!
Personalmente non vedo altre possibilià se non una idoneità condizionata/limitata, per tutelare la sicurezza (e quindi la salute) del soggetto. Ma mi rendo conto sia delle conseguenze sui diretti interessati (DDL e lavoratore), sia, conseguentemente . . . che il problema non è risolto. Ma non so se esiste soluzione adeguata.
1. La cultura della MdL italiana in tema di ASP è pesantemente condizionata dalla impostazione tabellare del 303/56.
2. La nuova legislazione (dal 277 al 626 con le successive modificazioni ed integrazione) non deve peraltro essere interpretata come aggiunta di nuove voci (mmc, agenti biologici, VDT…) alle tabelle. Essa indica invece una impostazione concettualmente nuova del problema (novità che peraltro interessa anche gli aspetti tecnici della prevenzione).
3. Viene posta in primo piano la valutazione dei rischi che deve essere effettuata sulla scorta di obblighi generali di tutela che il DDL deve rispettare e non sulla base di adempimenti particolari imposti da specifici articoli di legge (peraltro destinati ad essere resi rapidamente obsoleti dal progresso tecnologico).
4. Relativamente alla tutela della salute viene prescritto che il DDL assegna i compiti al lavoratore tenendo conto della tutela della sua salute e della sicurezza (non solo della sua,). E’ pertanto prescritto di valutare lo stato di salute del lavoratore laddove il documento di VdR individui dei rischi per la salute del lavoratore e dei rischi per la sicurezza del lavoratore, dei compagni di lavoro, dell’ Azienda in generale, rischi che possono derivare dallo stato di salute del lavoratore stesso. [Va peraltro rilevato che la prescrizione sopra richiamata si riferisce, a mio avviso, anche alla capacità professionale del lavoratore che deve essere adeguata agli obiettivi di tutelare la sua salute e la sicurezza e non solo agli aspetti connessi alla sorveglianza sanitaria].
5. Poichè quanto sopra richiamato costituisce un obbligo di legge pare evidente che esso debba essere tenuto in conto quando si applica della norma che dispone che la sorveglianza sanitaria viene eseguita dal MC nei casi previsti dalla legge (la puntuale elencazione di articoli e commi che permettono al MC di mettere le mani addosso al lavoratore fatta dal dr Di Lecce mi pare da questo punto di vista una battaglia di retroguardia. La tutela del lavoratore contro gli abusi deve attestarsi in territori concettuali più avanzati).
6. Va pertanto abbandonata l’impostazione che definisce il protocollo di sorveglianza sanitaria partendo dalle tabelle a favore di quella che parte dalla valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza (Indubbiamente tale impostazione complica la vita a chi si occupa di vigilanza, ma non è detto che solo i MC debbano avere la vita complicata). In altre parole su un lavoratore lavora in quota pare ragionevole e prudente ritenere che vi sia rischio di caduta e che sia rilevante escludere che il lavoratore stesso non sia epilettico, affetto da sindrome di Menière, o etilista incallito, anche se la “tabelle” non considerano il problema.
Oltre alla sorveglianza sanitaria è importante, ed applicabile a tutte le mansioni e lavorazioni, la formazione/informazione, che deve essere adeguata al rischio.
Per esempio sul tema dei lavori in quota, lavori non sottoposti a sorveglianza sanitaria obbligatoria, è stata emanata la direttiva 2001/45/CE del 27/6/2001 (su GUCE del 19/7/2001, reperibile al sito http://europa.eu.int/eur-lex/it/oj/index-list.html) che riporta esplicitamente che, accanto a dispositivi di protezione, il lavoratore abbia ricevuto una formazione adeguata (punto 4.3.6) e dispone che le operazioni siano fatte sotto la supervisione di una persona competente che deve curare il rispetto delal direttiva.
E ' ovvio che anche le condizioni di salute fanno parte della fromazione/informazione.
Completamente in accordo con Boccalon. La sorveglianza sanitaria (questo aspetto non veniva affrontato nel mio scritto) non deve servire a selezionare i superuomini. E ' comunque prioritario l 'intervento sui fattori di rischio e sulla formazione professionale specifica degli addetti.
Tutti gli strumenti di prevenzione che le recenti normative hanno messo a disposizione del medico competente sono preziosissimi e l 'operato del medico non può prescindere da questi, come gli ultimi interventi dei colleghi hanno giustamente precisato. Il punto è che la sorveglianza sanitaria è un passaggio obbligato.
Lo spirito della 626 è quello di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel senso più ampio, ma sostanzialmente non offre grossi cambiamenti per quello che riguarda gli ambiti di competenza della sorveglianza sanitaria che rimanda in maniera esplicita alle normative già in vigore. Come chiarisce anche la circolare del Ministero del lavoro n.102/95 , interpretativa del D.Lgs.n.626/94, che dispone all 'art.5 che " l 'area di intervento del medico competente è quindi quella definita nell 'art.16, comma 1, ove si precisa che la sorveglianza sanitaria, effettuata dal medico competente ai sensi del successivo comma 2, è richiesta solo nei casi previsti dalla normativa vigente, cioè quando la legislazione precedente (o anche quella di futura emanazione) faccia espressa previsione dell 'intervento del medico competente, come ad esempio nel caso della tabella allegata all 'art.33 del D.P.R.n.303/56, del D.Lgs.n.277/91, ovvero dei titoli V,VI,VII,VIII del decreto legislativo 626/94 di che trattasi".
Per quello che è la mia esperienza la maggior parte dei colleghi suggerisce al DDL di ricorrere all 'art.5 della legge 300 per essere maggiormente tutelato, ma io ritengo che il medico competente debba avere titolo a gestire direttamente questo tipo di situazioni. Purtroppo al medico competente non è dato interpretare la legge, lo può fare un magistrato e le opinioni degli stessi non sono sempre perfettamente concordanti nelle diverse zone di lavoro dei colleghi.
Guariniello, per esempio, in un articolo della rivista ISL n.6/98 ( a commento della sentenza della Cassazione sugli accertamenti sanitari da parte del datore di Lavoro per gravidanza, sieropositività e tossicodipendenza) ribadisce che l 'art.5 dello Statuto dei lavoratori inibisce al datore di lavoro l 'esecuzione di controlli sull 'idoneità fisica del lavoratore a mezzo di privati; il DDL, sempre secondo lo stesso magistrato, può utilizzare un medico di propria scelta laddove esiste apposita norma derogatoria che lo obblighi ad effettuare determinati accertamenti sanitari sui lavoratori esposti a specifici rischi professionali.
E ' pur vero che è possibile leggere l 'obbligo tabellare solo per l 'attivazione della sorveglianza sanitaria, ma poi estendere, in senso più ampio, il giudizio di idoneità a tutela della salute e dell 'integrità fisica del lavoratore andando al di là delle situazioni strettamente connesse con i rischi individuati dalle normative.
La mia opinione è che una prescrizione in una situazione simile a quella citata e dalla quale può seguire un licenziamento ( cosa assai probabile specie nelle piccole aziende) potrebbe essere impugnata dal lavoratore vedendosi riconosciuta l 'illegittimità del provvedimento in sede giudiziaria. Allo stesso tempo temo che, se il medico esprimesse un giudizio di idoneità incondizionata e dovesse accadere un infortunio al lavoratore interessato per problemi non connessi al rischio, ma facilmente evidenziabili dalla visita, non sarebbe così difficile incontrare magistrati che riterrebbero il medico competente non privo di responsabilità sulla questione.
Per concludere condivido il punto di vista di chi si esprime con un giudizio di prescrizione anche per situazioni come quelle in argomento e nella pratica mi comporto di conseguenza, ma ritengo che sia un aspetto abbisognevole di ulteriore chiarezza legislativa, almeno per quello che è di pertinenza della sorveglianza sanitaria e soprattutto dell 'espressione del giudizio di idoneità.
Sarebbe auspicabile un intervento legislativo che vada nel senso di quanto affermato dal collega Mantello al punto 6 .
MedicoCompetente.it - Copyright 2001-2024 Tutti i diritti riservati - Partita IVA IT01138680507
Privacy | Contatti