Gentilissimi Tutti,
sono conscio che sull 'argomento non finiremo mai di discutere ed i dubbi interpretativi rimarranno a lungo. Gradirei il parere spassionato di qualche Collega e/o della Redazione sui seguenti quesiti:
1) il rischio è moderato (il documento aziendale lo attesta e magari è anche ben costruito; la sorveglianza sanitaria passata non ha evidenzaito problemi particolari, es. edili -->cemento--->non sensibilizzazioni). Posso istituire comunque la sorveglianza sanitaria per tutte le ragioni già esposte in altri forum? (io credo di sì, e i Datori di Lavoro a cui mi riferisco accettano la cosa senza problemi). In questo caso, essendo comunque il rischio moderato, la visita di cessazione e la spedizione all 'ISPESL delle cartelle andranno fatte?
Scusatemi per le domande che forse sono un tentativo per aggirare il problema, tuttavia, da quello che vedo in giro, questo è proprio l 'indirizzo adottato quasi unanimamente dalle aziende (e dai relativi medici competenti). Al contrario personalmente, fino ad oggi, eseguo comunque entrambi gli adempimenti (vis. cessazione + invio ISPESL) ma comincio a pensare di essere un fesso.
grazie per l 'attenzione
Gentilissimi tutti,
ho visto che in molti avete letto il messaggio ma nessuno ha espresso un parere. Credo quindi di dover porre le domande più chiaramente.
La prima
se il rischio è stato giudicato moderato, posso io istituire comunque la sorveglianza sanitaria? (per esempio per poter confermare che, nel tempo, dal punto di vista sanitario, non ci saranno problemi; a rafforzare quindi la "moderazione" del rischio? l 'RLS ed il Datore di Lavoro sono d 'accordo a firmare un documento in questo senso, ad esempio nella riunione annuale).
ilo secondo
Ammesso che ciò sia lecito, essendo comunque il rischio moderato la visita di cessazione (ma soprattutto l 'invio all 'ISPESL della cartella sanitaria) andrà eseguita?
Grazie per l 'attenzione e, vi prego, rispondete perchè il problema non è solo mio (per incoraggiare le risposte vi dico cosa faccio io: per me il rischio non è moderato praticamente mai ed eseguo in toto la normativa. Però è dispendiosissimo e ci si rimettono soldi/tempo; ciò che pesa come un macigno è il fotocopiaggio e l 'invio della cartella all 'ISPESL. Non potendo gestire le cartelle dal mio studio stò quasi decidendo per un sistema di archiviazione ottica delle stesse, tipo fatturazioni nei grandi studi commercialistici).
Se la valutazione dei rischi ha concluso per "rischio moderato" e non vi è nessun accenno nella relazione alla necessità a fini preventivi, per le particolari caratteristiche del rischio (es. sensibilizzanti) o degli esposti (ipersuscettibili, dati della precedente sorveglianza sanitaria ecc.) alla sua continuazione per tutti o alcuni dipendenti della non è possibile continuare la sorveglianza sanitaria. Ricordiamoci che le visite mediche preventive o periodiche possono solo essere o obbligatorie o proibite. Secondo una serie di prese di posizione di una parte importante della magistratura del lavoro possono essere obbligatorie anche quelle non previste espressamente da norme di legge: ma queste devono essere valutate indispensabili dalla valutazione dei rischi (nella relazione deve figurare perchè). Fra queste ci possono anche essere le visite mediche per esposti a rischi chimici "moderati" (cfr interventi del Giudice Guariniello).
La redazione di MedicoCompetente.it
Vorrei tornare ai quesiti posti da Rocco13 per acquisire nuovi pareri. La grande maggioranza delle imprese edili per le quali svolgo i compiti di Medico Competente ha trascurato la valutazione dei rischi chimici in quanto ritenuta non pertinente con la loro attività. Mi è capitato più volte però di fare diagnosi di DAC da ipersensibilità a metalli (cromo) in lavoratori edili. Come evidenziato dagli Autori dell ' "Articolo del mese" di marzo Mosconi e Prandi, l 'elevato rischio di tale patologia in questa categoria di lavoratori è ben conosciuto. In definitiva credo che una esposizione a sostanze irritanti e/o sensibilizzanti nelle lavorazioni edili è presente, almeno in quelle che prevodono il contatto con cemento. Non credo che sia logico considerare tale rischio come "moderato" e quindi non sottoporre gli esposti a sorveglianza sanitaria. (o comunque non considerare tale rischio nella stesura del protocollo di sorveglianza sanitaria). Se è così, scatta, tra gli altri adempimenti, l 'obbligo della visita medica alla cessazione del rapporto del lavoro e per il Medico competente l 'obbligo di trasmettere la cartella sanitaria e di rischio all 'ISPESL (l 'inosservanza di tale obbligo è sanzionato per il Medico competente all 'art. 92 con l 'arresto fino a due mesi o con l 'ammenda da uno a a sei milioni di vecchie lire). Considerando l 'elevato turn over dei lavoratori in questo settore, l 'impegno non sarebbe cosa di poco conto.
Grazie per lattenzione.
gentilissimo Tonyporro,
Ti ringrazio per essere intervenuto (come vedi "sorveglio" sempre il quesito posto a suo tempo). Io ho novità a livello personale rispetto a quanto precedentemente detto a proposito degli edile. La valutazione del rischio chimico per gli edili l 'ho fatta personalmente utilizzando le varie linee guida che si trovano in giro. Il risultato è sempre lo stesso: il rischio non è moderato, sia per il cemento che per il calcio idorssido. Naturalmente io ho seguito linee guida "attendibili". Se poi ognuno vuole farsi le proprie lo faccia pure. Quindi faccio la visita di cessazione. Tuttavia, lo avrai verificato anche Tu, i lavoratori tendono a non presentarsi (quindi difatto la visita viene a mancare: ovviamente il Datore di Lavoro gli fa firmare la convocazione). Circa l 'invio delle cartelle all 'ISPESL ho attivato uno scanner professionale (43 pagine al minuto in formato 300x300). Funziona a meraviglia. Rimane solo l 'invio all 'ISPESL, ma anche quì se Ti organizzi vedrai che basta poco e si può continuare a lavorare onestamente.
L 'argomento è di quelli con i quali ci confrontiamo tutti quotidianamente, penso che le conclusioni del collega Rocco possano essere condivise (ma per gli edili non esistono anche altri rischi, ad esempio la movimentazione manuale dei carichi ?). Invece quello che mi lascia perplesso è lìinvio delle cartelle cliniche all 'Ispesl ... deve essere inviato l 'originale, ma perché fare le copie ? Solo per nostra memoria, non ci sono obblighi legali in questo senso. Ad esempio io utilizzzo libretti rilegati con allegati di ecg, spiro etc. .... fare le fotocopie è complicatissimo (oltre che incompleto). Che ne pensate ?
Per ciò che riguarda la trasmissione delle cartelle sanitarie e di rischio all 'ISPESL, sul sito dell 'ANMA si può scaricare una circolaredel Direttore dell 'Istituto dr Moccaldi riguardante le modalità di trasmissione.
Le indicazioni mi sembrano abbastanza rigorose.
Desidererei aggiungere qualcosa in merito alla "moderazione" del rischio chimico da sensibilizzanti, per quanto attiene l 'edilizia ma più in genere per tutti i comparti ove si impiegano sostanze/prodotti con tale proprietà. Il rischio di ipersensibilizzazione, a mio avviso, non può MAI essere "moderato" (continuo ad usare le virgolette perchè son sempre dell 'opinione che la traduzione corretta era "irrilevante"): l 'essenza stessa della sensibilizzazione prevede un 'ingravescente ipersensibilità INDIVIDUALE che, come ed in quanto tale, non può essere valutata aprioristicamente nè tanto meno in linea teorica. Una sorveglianza sanitaria estremamente mirata dovrebbe peraltro prevedere ASP ultraspecialistici (e quindi costosi), per di più con periodicità troppo ravvicinata per essere realmente praticabile: se anche ci si volesse limitare al monitoraggio degli eosinofili, occorrerebbe eseguire un prelievo ogni due mesi al massimo, e dubito che persino gli esposti sarebbero d 'accordo.
Ragionevolmente, quindi, la "visita di cessazione" a mio avviso dovrebbe esser fatta solo all 'effettiva cessazione dell 'esposizione; anche se, sempre in merito alla natura della patologia, non è infrequente l 'eventualità di insorgenza di DAC, o anche alveoliti, dopo la fine dell 'esposizione ma in concomitanza con allergeni similari. A Voi medici, ora, il quesito: se un lavoratore già professionalmente esposto, ad es., ad isocianati, che non abbia mai manifestato ipersensibilità verso gli stessi ,cambia lavoro e successivamente manifesta ipersensibilità sopraggiunta al Balsamo del Perù contenuto in gran parte dei bagni schiuma, è o non è tecnopatia??? Grazie per le risposte!
Nofer
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