Somministrare ai lavoratori dei questionari di verifica del livello di formazione/informazione che vengono poi utilizzati all'interno delle valutazioni del rischio come fattori attenuativi secondo una formula che da qualche tempo compare nei DVR: R= PxD/Ki, dove Ki rappresenta un fattore riduttivo del rischio attribuito alla formazione/informazione presenti , mi sembra una attività delicata e rilevate, che richiederebbe degli standards condivisi.
Tali questionari sono somministrati senza criteri compilativi precisi ed hanno strutture variabili ed "originali" in relazione a chi ha deciso di formularli e somministrarli.
Fin qui tutto bene, ma il problema mi si è posto quando ho chiesto di vederne il contenuto prima di accettare l'applicazione del coefficiente Ki.
Senza entrare nel merito dei contenuti di questo o quel particolare questionario, della sua comprensibilità ed adeguatezza al rischio valutato (talora nemmeno compreso tra i quesiti) e della completezza dei quesiti posti, mi domando se non vi siano in letteratura degli standards sia di quesiti da porre, sia di criteri di analisi delle risposte fornite.
Alcuni questionari sono su dieci quesiti atri su più.
Manca insomma una omogeneità e mi domando come possano poi essere omogenei i criteri di applicazione del fattore correttivo Ki.
Per fare un esempio: mi sembra diverso porre quesiti a risposta unica o a risposta multipla e in entrambi i casi ancora diverso ammettere o meno la possibilità per il lavoratore di dichiarare di non saper dare la risposta rispetto a costringerlo a rispondere si o no. (no e non lo so, non significano la stessa cosa da un punto di vista della valutazione della suscettibilità all'esposizione ad un rischio ).
Vi sottopongo due quesiti letti rispetto ai quali vi chiedo di esprimervi sulla “chiarezza”
Unica risposta:
1. Quale delle seguenti definizioni illustra meglio la differenza tra pericolo e rischio
Il pericolo dipende dal modo di utilizzo di una cosa rischiosa. Per esempio se si corre troppo con la macchina si corre un pericolo
I pericoli sono attività svolte nell’ambito lavorativo che possono portare a infortunio a danni per le macchine e i luoghi, i rischi sono invece tipici delle macchine e delle sostanze
Il pericolo è una caratteristica intrinseca di qualcosa di causare danni, il rischio dipende invece dalle specifiche condizioni di uso e va determinato caso per caso.
6. Quale tra le seguenti non sono misure di prevenzione:
La formazione dei lavoratori, l’addestramento all’uso delle macchine, l’uso di attrezzature a norma
Le gomme per il bagnato, le cinture di sicurezza e i fari antinebbia
L’etichettatura delle sostanze, il corretto stoccaggio dei prodotti infiammabili e la separazione tra i reparti e i magazzini di prodotti infiammabili
Poichè tale fattore Ki è abitualmente presente nelle documentazioni di valutazione del rischio cui noi partecipiamo come mc collaboranti con il DDL, forse sarebbe opportuno prendere in considerazione tale coefficiente e contribuire a determinarne le caratteristiche e il percorso di ottenimento.
O no?
TCam
Medici indolenti & Aziende Netgroup
https://www.facebook.com/retemedicicompetenti/
tcam il 30/04/2011 01:01 ha scritto:
Somministrare ai lavoratori dei questionari di verifica del livello di formazione/informazione che vengono poi utilizzati all'interno delle valutazioni del rischio come fattori attenuativi secondo una formula che da qualche tempo compare nei DVR: R= PxD/Ki, dove Ki rappresenta un fattore riduttivo del rischio attribuito alla formazione/informazione presenti , mi sembra una attività delicata e rilevate, che richiederebbe degli standards condivisi.
TCam
Caro Tiziano, il metodo PxD è quello che fa si che se io ho due dipendenti, un muratore su una impalcatura ed una ricamatrice seduta, entrambi hanno lo stesso livello di rischio.
Infatti (matrice 3x3):
1) Muratore su impalcatura.
Probabilità di cadere=1 (se tutti i muratori cadessero, sarebbe un'ecatombe!)
Magnitudo del danno in caso di caduta=3
R=PxD=3
2)Ricamatrice.
Probabilità di pungersi un dito con l'ago=3
Magnitudo del danno=1
R=PxD=3
Il "Fattore formazione" ("FF" per il MAPO, Ki nel caso del PXD) è quel trucchetto in base al quale i direttori generali e sanitari degli ospedali e delle case di cura private hanno scoperto che si possono far quadrare gli indici MAPO troppo elevati senza bisogno di: adeguare gli ambienti di lavoro, cambiare l'organizzazione del lavoro, acquistare strumentazione tecnica (ausili maggior e minori), ma semplicemente facendo dei bei corsi, che costano molto meno. Infatti nella formula MAPO il fattore di formazione finale riduce il rischio di un fattore 2, per cui se il tuo indice è 8, facendo un bel corso diventa 4 e fa contenti da un alto i direttori sanitari e generali (che non spendono) e l'INAIL (che non paga) e dall'altro fa fessi gli organi di vigilanza che si affidano alla apparenza formale dei numeri anziché alla sostanza.
Quindi, o Datori di lavoro desiderosi di risparmiare, esultate: avete un rischio 3? basterà dare un grande valore a Ki (chi oserà mai dire che la formazione non è importante? ) e avrete pure il placet degli OdV! Nel nostro esempio, facendo un bel corso al nostro muratore risulterà che tra i miei dipendenti l'unica persona a rischio è la ricamatrice.
Spero di essermi spiegato, ma se così non fosse, esplicito meglio quello che volevo dire con il mio post precedente.
Capitolo I
Da un po' di tempo trovo nei DVR che mi vengono propinati già cotti, tra l'altro, anche questo nuovo fenomeno che si chiama Ki, condito di una miriade di chiacchiere affabulatorie.
CapitoloII
Poichè pretendo di collaborare alle valutazioni e non accetto abitualmente ciò che non capisco o non condivido, ho cominciato a chiedere ragione di quello che trovavo scritto e a pretendere di vedere i quesiti e le risposte che avevano prodotto il "coniglio Ki" e mi sono reso conto che la finalità non era solo quella che tu giustamente hai individuato, ma più articolata e complessa.
Manipolando infatti con destrezza i pittoreschi questionari da somministrare agli ignari lavoratori è facilissimo individuare delle carenze formative e somministrare subito (prima che sia troppo tardi !!!) il corso formativo che permetterà di abbattere il rischio valutato.
III
Contenti tutti dunque, lavoratori formati, DDL salvato e tecnico remunerato.
IV
Ho cominciato a contestare i questionari per i loro contenuti quantomeno discutibili, per la tipologia delle risposte ammissibili e per la mancanza di un supporto scientifico che ne validasse l'utilizzo.
V
Guerra di artiglieria pesante, DDL che dicono che non mi va mai bene nulla, che i corsi sono necessari, etc, etc, etc
VI
Ho segnalato il probelema allo SPRESAL.
Attendo pareri e risposte
Tcam
Medici indolenti & Aziende Netgroup
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tcam il 30/04/2011 11:06 ha scritto:
Spero di essermi spiegato, ma se così non fosse, esplicito meglio quello che volevo dire con il mio post precedente.
Capitolo I
Da un po' di tempo trovo nei DVR che mi vengono propinati già cotti, tra l'altro, anche questo nuovo fenomeno che si chiama Ki, condito di una miriade di chiacchiere affabulatorie.
CapitoloII
Poichè pretendo di collaborare alle valutazioni e non accetto abitualmente ciò che non capisco o non condivido, ho cominciato a chiedere ragione di quello che trovavo scritto e a pretendere di vedere i quesiti e le risposte che avevano prodotto il "coniglio Ki" e mi sono reso conto che la finalità non era solo quella che tu giustamente hai individuato, ma più articolata e complessa.
Manipolando infatti con destrezza i pittoreschi questionari da somministrare agli ignari lavoratori è facilissimo individuare delle carenze formative e somministrare subito (prima che sia troppo tardi !!!) il corso formativo che permetterà di abbattere il rischio valutato.
III
Contenti tutti dunque, lavoratori formati, DDL salvato e tecnico remunerato.
IV
Ho cominciato a contestare i questionari per i loro contenuti quantomeno discutibili, per la tipologia delle risposte ammissibili e per la mancanza di un supporto scientifico che ne validasse l'utilizzo.
V
Guerra di artiglieria pesante, DDL che dicono che non mi va mai bene nulla, che i corsi sono necessari, etc, etc, etc
VI
Ho segnalato il probelema allo SPRESAL.
Attendo pareri e risposte
Tcam
Perché, tornando un attimo al MAPO, a cosa pensi serva un FF pari fino a a due in fondo alla formula, se non a fare tanti corsi sulla MM dei carichi e delle persone? Il problema secondo me non sta tanto nei questionari (che tu peraltro fai benissimo a controllare) ma nel principio. Intendiamoci: la formazione è importantissima (io stesso come sai ne faccio parecchia) ma, come peraltro previsto dalla legge (art.15) è una delle ultime, logicamente e cronologicamente, misure di tutela, da attuarsi sul rischio residuo, cioè dopo avere fatto tutto ciò che è tecnicamente fattibile per eliminare o ridurre il rischio. Invece il Ki (come il FF) serve furbescamente a "mitigare" il livello di di rischio, e vendere corsi in sostituzione delle attuazione preliminare di concrete misure di tutela e prevenzione, il che è scientificamente, eticamente e anche legalmente sbagliato. Sta accadendo esattamente quel che accade per i DPI nel caso del rischio chimico o del rumore: anziché eliminare o ridurre il rischio, si forniscono DPI e si fanno corsi. Nel caso del rischio chimico, poi, nei programmi in uso (Cheope, Movarisch) tale grave errore concettuale (tenere conto dei DPI nella determinazione del rischio) è contenuto nello stesso algoritmo il che, al di là dell'errore scientifico, nei casi borderline conduce ad una seria sottostima del rischio stesso.
Morale, secondo me è un gravissimo errore normativo e scientifico considerare la formazione come uno dei determinati del rischio: è una misura di tutela, e quindi non va messo nessun Ki (o FF) nelle formule. Il rischio va valutato per quello che è, senza tener conto ne' della formazione ne' dei DPI, e poi eliminato o ridotto con misure di tutela fino al livello di rischio residuo irriducibile, e su questo attuare le misure finali, tra cui DPI e Formazione.
[cite]bernardo il 01/05/2011 10:23 ha scritto:
.....è un gravissimo errore normativo e scientifico considerare la formazione come uno dei determinati del rischio: è una misura di tutela...Il rischio va valutato per quello che è, senza tener conto ne' della formazione ne' dei DPI, e poi eliminato o ridotto con misure di tutela fino al livello di rischio residuo irriducibile, e su questo attuare le misure finali, tra cui DPI e Formazione.....
A mio avviso la FORMAZIONE incide sul RISCHIO (probabilità di accadimento dell'evento dannoso), mentre è irrilevante sul PERICOLO (potenzialità lesiva intrinseca) su cui potrei intervenire solo con l'eliminazione dello stesso. Ora per fare prevenzione, se elimino il pericolo alla fonte, il rischio diventa zero (es. sostituzione di un cancerogeno, oppure completa automatizzazione della MMC....etc etc...) per cui anche se mi distraggo, se incremento le possibilità di errore all'infinito, nel rispetto di tutte le leggi di Murhpy possibili, non avrò mai danni. Il rischio è un fattore dinamico più complesso, una probabilità, posso ridurlo (intervenendo sulla possibilità che si realizzi, o abbattere la sua magnitudo), ma non posso eliminarlo del tutto finchè persiste la sorgente di pericolo alla fonte. Ma se rendo la possibilità di realizzazione del danno irrilevante, anche il rischio diventa tale, per cui ho un ampio argine di azione. Se un lavoratore è ben formato, l'adeguata percezione del rischio e la corretta gestione delle procedure di lavoro impartite, che dovrebbero essere gli obiettivi della formazione, di fatto comporteranno una riduzione degli errori, quindi del rischio e del danno, che alla fine è quello che mi interessa a fini pratici. Detto ciò la cosa che mi rende perplessa è come si fa a dare un fattore X secco e statico alla formazione, quando i contenuti, i discenti ed i formatori sono diversi. Ci sono formatori con la F maiuscola (con le conoscenze e le capacità comunicative giuste per trasmettere) e formatori f improvvisati che o dicono delle sciocchezze o sono così noiosi che per tutto il tempo uno invece che seguire, preferisce fare i disegnetti sul foglio degli appunti o mandare sms col telefonino. Il mio dubbio è che essendo la formazione un parametro non matematico, ma variabile, come sempre ciò che è umano, mi sembra azzardato dare al Ki o q o vattela a pesca un corrispondente numerico fisso. Quindi condivido le perplessità di Tcam ed al solito sottoscrivo nella sostanza quanto detto da Bernardo: la possibilità di danno va primariamente abbattuta agendo sulla fonte primaria del pericolo. Poi aggiungo che a mio avviso la formazione va fatta comunque prima possibile poichè solo lavoratori formati bene o male, si spera bene, possono fornire il loro prezioso contributo nella predisposizione delle misure di tutela, evitando talora di incorrere in spese che possono rivelarsi non congrue con le risorse disponibili...in genere sempre poche.
.......scusandomi per la lunghezza del post.................
E’ un fatto che anche “il collegato” salute e sicurezza di una attività produttiva debba riconoscere delle valenze commerciali. Ogni espressione umana ha impliciti aspetti di natura economica.
Tuttavia le caratteristiche di ogni scambio commerciale sono sottoposte a regole verificabili e in particolare il prodotto concordato contrattualmente deve corrispondere per caratteristiche intrinseche a quello offerto sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.
Il problema si pone invece quando lo scambio economico non produce un corrispettivo per chi ne sostiene l’onere a favore di chi ne percepisce l’utile: problema etico, certo, ma a mio avviso anche giuridico nel momento in cui si profili la pertinenza dell’Art. 640 del C.P. (truffa) e in particolare del comma 2 dello stesso che così recita. “se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante (1).
Concludendo: vendere i propri prodotti è certamente lecito purché tale scambio commerciale si inserisca correttamente e risponda sia al bisogno dichiarato dal committente, sia al disposto normativo.
La sensazione è che questi presupposti non siano sempre rispettati.
Inoltre, e su questo richiamo l’attenzione dei colleghi, tornando al fattore Ki, questo viene applicato acriticamente, come il PxD, anche ai rischi di natura sanitaria e dunque in una lettura finale del DVR, di fatto, è come se lo avessimo utilizzato e riconosciuto un valido coefficiente di attenuazione del rischio anche noi mc, nella redazione del DVR che è frutto inconfutabilmente anche della nostra collaborazione valutativa offerta al DDL.
Forse non sarebbe male rifletterci sopra......................
Questa è la giustificazione all’inserimento del fattore Ki che il DDL, grazie anche alla nostra consulenza,inserisce come abituale "recitatoria" nel DVR:
“4.4 LA RIDUZIONE DEL RISCHIO CON LA FORMAZIONE ED INFORMAZIONE
Il Fattore Ki
La definizione di rischio si sta rapidamente precisando, grazie ad un dibattito animato in genere dalla cultura scientifica, e promosso da organizzazioni di livello nazionale e internazionale fra le quali L’Associazione Ambiente e Lavoro.
Ricordiamo che le statistiche rilevano che molti casi di incidenti sono avvenuti durante:
- orari di fermo dell’attività generale di impresa: intervalli mensa, sabato, domenica, notte, cambioturno
ad es. i casi di Icmesa (sabato pomeriggio), Farmoplant (domenica mattina), Veneta Mineraria (venerdi sera) ecc.;
- attività di manutenzione o comunque svolte da dipendenti di aziende esterne a un luogo di lavoro,
a causa di interferenze tra i lavoratori delle diverse aziende, in particolare dipendenti del committente e di appaltatori e subappaltatori (ad es. Ravenna, Raffineria di Milazzo, deposito petrolifero di Napoli, ecc.); momenti e situazioni lavorativi durante i quali l’attenzione alla prevenzione, anziché diminuire, avrebbe dovuto essere ancora più alta di quella usuale.
Gli incidenti potevano essere evitati se si fossero attuate le opportune misure di sicurezza e se si fossero meglio in-formati e addestrati i lavoratori, tutti i lavoratori, anche dipendenti delle imprese appaltatrici.
Fra le cause che concorrono a determinare gran parte degli infortuni e malattie del lavoro molte sono sicuramente associabili all’insufficiente sforzo di individuazione, formazione, informazione e sensibilizzazione dei soggetti esposti ai rischi, finalizzata alla corretta attivazione, attuazione e controllo delle misure di prevenzione e protezione.
L’informazione, la formazione, l’addestramento, le istruzioni e, con essi, la partecipazione e la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sono, dunque, fattori decisivi per identificare i pericoli, eliminare o ridurre i rischi, mantenere nel tempo il loro controllo a un livello adeguato.
Possiamo perciò definire un fattore Ki = Informazione + Formazione, costruibile come parametro di misura del risultato delle varie iniziative di informazione, formazione, istruzioni, addestramento, consultazione, partecipazione ecc. degli addetti.
Nella formula semplificativa R = P x D, già proposta, il fattore Ki è comunque, sia pure in modo implicito, tenuto in conto e stimato: tuttavia la presenza non esplicitata spesso non ne facilita l’adeguata presa in considerazione, così da renderne opportuna l’enucleazione e conseguente evidenziazione. Si propone a questo scopo una riformulazione della funzione elementare del rischio in relazione alla quale si deve rilevare che:
- il rischio è direttamente proporzionale alla probabilità (P) e all’entità del danno o “magnitudo”(D):
-riducendo P e/o D si riduce R.;
- il rischio è inversamente proporzionale al fattore Ki: R si riduce aumentando Ki !
Proponiamo, quindi, la formula: R=PxD / Ki
Dove Ki = Information Training = Fattore integrato di informazione, formazione, addestramento, istruzioni, partecipazione, consultazione ecc…”
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tcam il 02/05/2011 12:28 ha scritto:
.......scusandomi per la lunghezza del post.................
Proponiamo, quindi, la formula: R=PxD / Ki
Dove Ki = Information Training = Fattore integrato di informazione, formazione, addestramento, istruzioni, partecipazione, consultazione ecc…”
Il mio voto è nettamente contrario alla proposta.
Anzi, propongo anche di abrogare il PxD, per la semplice ragione che tale formuletta è la volgarizzazione (intesa proprio in senso dispregiativo) della nobile formula R=f(P,D), cioè il rischio è funzione della probabilità e del danno. Ma i furbacchioni, anziché fare il difficile lavoro di stabilire, rischio per rischio, la natura di f (e quindi la relazione effettiva tra probabilità e magnitudo del danno) hanno deciso che f è sempre un segno "per" e buonanotte al secchio.
bernardo il 02/05/2011 09:20 ha scritto:
Il mio voto è nettamente contrario alla proposta.
Anzi, propongo anche di abrogare il PxD, per la semplice ragione che tale formuletta è la volgarizzazione (intesa proprio in senso dispregiativo) della nobile formula R=f(P,D), cioè il rischio è funzione della probabilità e del danno. Ma i furbacchioni, anziché fare il difficile lavoro di stabilire, rischio per rischio, la natura di f (e quindi la relazione effettiva tra probabilità e magnitudo del danno) hanno deciso che f è sempre un segno "per" e buonanotte al secchio.
Ma di quanto affermato:
"La definizione di rischio si sta rapidamente precisando, grazie ad un dibattito animato in genere dalla cultura scientifica, e promosso da organizzazioni di livello nazionale e internazionale fra le quali L’Associazione Ambiente e Lavoro"
Che ne dici?
Ti risulta la partecipazione di Ambiente e Lavoro a questo parto distocico?
Tcam
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esordendo con il condividere integralmente la posizione di "bernardo" sulla semplificazione pseudomatematica che ha dato la stura ai PxD mefitici, ricorderei a tutti l'aforisma di bertrand russel sui rapporti tra nazismo e olocausto:
"Un abominio avallato da 50 milioni di persone non smette per questo di essere abominio".
Del pari, una qualunque Legge approvata dalla maggioranza di un parlamento più o meno democraticamente eletto non per ciò stesso è una legge "buona" o "giusta", men che mai ben fatta o ralmente efficace, come ahinoi stiamo constatando di persona.
Di conseguenza, prima ancora di sapere se Ambiente & Lavoro sia corresponsabile in qualche modo di siffatta maniera acritica di intendere l'efficacia dei processi informativi e formativi, mi sento di dire che una teorizzazione su (false) basi matematiche è -beninteso a mio parere- una strombolata che non diventa automaticamente una cosa ben pensata o esatta nemmeno se la dice un'intera nazione: figuriamoci detta o propugnata da un qualsivoglia gruppo ristretto di persone.
Mi sentirei di aggiungere (andreottianamente) che se questa pretesa formuletta magica è caldeggiata da chi ha interesse a "fare" formazione (non per formare ma per puro business), forse è il caso di guardare il tutto sotto ben altra prospettiva, come già sottolineato da tcam.
Il tempo dei furbetti di quartiere non è finito: anzi, è appena iniziato... Vedo urgente adottare strategie di difesa prima che ci affondino irrimediabilmente
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Salve:)
Sinceramente condovido chi mi ha preceduto in merito alla formuletta PxD. Per quanto riguarda l'inserimento del fattore informazione e formazione nel calcolo per la valutazione del rischio residuo penso che apparentemente sembra utile, ma non condivido . Il rischio deve essere abbattuto alla fonte con misure tecniche, organizzative e procedurali. Sia la formazione che l'informazione dovrebbero essere effettuate dopo la valutazione del rischio al fine di ridurre ulteriormente il rischio residuo. Inoltre da esperienza personale spesso mi imbatto in lavoratori che nonostante i Corsi di informazione e formazione continuano a lavorare in modo poco preventivo e protettivo.
Saluti:)
Gennaro Bilancio
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