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TUMORE SOLIDO

Questo argomento ha avuto 3 risposte ed è stato letto 2250 volte.

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  • TUMORE SOLIDO
  • (28/07/2011 18:27)

Tecnico sanitario di radiologia medica
Anni 49
Diplomata nel 1986
10 anni di radiologia
15 anni di radioterapia
Operata nel 2007 per cancro al seno (RT 5000cGy)
Tiroidite cronica
Leucopenia
Opacità del cristallino
Ho idoneità parziale all'attività lavorativa
È corretta la scelta di medico autorizzato e medico competente?

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  • Re: TUMORE SOLIDO
  • (29/07/2011 18:34)

In linea di massima può essere corretta. Ma quale limitazione le ha dato?

La redazione di MedicoCompetente.it

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  • Re: TUMORE SOLIDO
  • (01/08/2011 11:43)

Il medico autorizzato ha dato idoneità alla sola radioterapia.
Ora allargo la discussione con una domanda: il tumore solido non andava denunciato, in un caso come questo, come sospetta malattia professionale, a Inail, Spisal, ecc.?

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  • Re: TUMORE SOLIDO
  • (01/08/2011 12:11)

Altra riflessione: non sarebbe stato più corretto un allontanamento dalla possibile fonte di rischio?
Il DPR 1124/65 qualcuno lo ricorda?

Con decreto ministeriale 9 aprile 2008 (G.U. n. 169 del 21 luglio 2008) sono state pubblicate le nuove tabelle delle malattie professionali. Qualcuno le legge?

Ho trovato questo interessante commento di Franco Mollo,Università di Torino.

"Anzitutto, non ritengo ammissibile alcuna delega dell’obbligo di referto o di denuncia, da parte di chi vi è tenuto. Non so quanto, nella pratica, la norma «se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto» (art. 334 cpp) sia seguita alla lettera.
Tuttavia, essa dimostra l’esigenza di evitare palleggi di responsabilità e omissioni di denuncia.
Ma la questione fondamentale è se il personale dei Registri Tumori abbia l’obbligo del referto.
A questo obbligo è tenuto chiunque «abbia nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d’ufficio» (art. 365 cp).
In caso di malattia professionale, si profilano delitti colposi perseguibili d’ufficio, come omicidio (art. 589 cp) o lesioni personale gravi o gravissime (art. 583 cp) quando vi sia stata «violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale» (art. 589 cp).
Sarà l’Autorità giudiziaria a valutare le responsabilità, ma spetta al referente il giudizio sulla possibilità del carattere professionale della malattia.
Non è sufficiente compiere un lavoro in campo sanitario per essere considerato esercente di «una professione sanitaria» per farne scaturire l’obbligo. In caso contrario, per esempio, l’obbligo ricadrebbe sugli impiegati amministrativi di ospedali e ASL.
In linea di massima, l’esercizio di una professione comporta l’iscrizione a un Ordine o Collegio.
Inoltre, un’attività statistico- epidemiologica presso un Registro Tumori, anche se svolta da un medico iscritto all’Ordine, non comporta alcun rapporto diretto con il soggetto ammalato e non sembra configurabile come prestazione di «assistenza od opera».
Diversa può apparire la raccolta di anamnesi professionale mediante intervista.
Non dovrebbe essere difficile, da parte dell’intervistatore o di un medico responsabile, valutare la «possibilità» che la malattia sia professionale e che pertanto sia prospettabile (da parte dell’Autorità giudiziaria) l’ipotesi di reato perseguibile d’ufficio.
Ma il referto non è che una forma particolare di denuncia, e «i pubblici ufficiali (cp 357) e gli incaricati di un pubblico servizio (cp 358) che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d’ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito» (art. 331 cpp).
Sarà l’Autorità giudiziaria a valutare le responsabilità, ma spetta al referente il giudizio sulla possibilità del carattere professionale della malattia.
I nodi sono quindi il rapporto di lavoro che medici, impiegati, intervistatori, consulenti eccetera hanno con il Registro Tumori, e le configurazioni giuridicoamministrative del registro e degli operatori.
Queste possono variare da regione a regione, da registro a registro, da operatore a operatore. Potrebbe forse essere opportuno che i registri interessati chiarissero questi aspetti, se già non fossero chiari nei casi specifici che li riguardano. Penso che le decisioni «pragmatiche» cui si fa riferimento nell’introduzione siano semplici suggerimenti-guida utili al riconoscimento di tumori per i quali la possibilità del carattere professionale e della sua dimostrabilità sia così concreta da poter essere considerata nell’ambito di un positivo grado di probabilità, e a maggior ragione sia più evidente l’obbligo di referto.
Il suggerimento non dovrebbe essere considerato come una scelta che escluda o ponga in sottordine alcun altro tumore sia pure con bassa frazione eziologica.
La eventuale «mancanza di equità», e certamente la mancanza di professionalità, sarebbe se mai da attribuire al medico che, di fronte a qualsiasi malattia (neoplastica o non) trascuri un’adeguata anamnesi lavorativo/ambientale".

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