Qualche tempo addietro un lavoratore che svolge la mansione di autista di mezzi pesanti, al rientro al lavoro dopo parecchi mesi di assenza per malattia, viene giudicato non idoneo dal medico competente. Al soggetto, peraltro, era stata riconosciuta una invalidità civile pari all'80% e la invalidità lavorativa ai sensi della Legge 222.
Paventando il rischio di perdere il posto di lavoro, il nostro autista fa di tutto per convincere il medico competente a cambiare idea e giudicarlo idoneo, cosa impossibile a causa delle gravi patologie cardiache e di altra natura da cui è affetto. In effetti, come temeva, viene licenziato sia per la reale impossibilita' alla riconversione lavorativa (e' una ditta di autotrasporti) che per il raggiungimento del periodo di massimo comporto previsto dal suo contratto di lavoro.
Trascorre appena una settimana e lo stesso lavoratore, riassunto come autotrasportatore presso altra azienda, rimane vittima di un grave infortunio mentre sta caricando il camion e MUORE .... 8 giorni dopo la nuova assunzione. Ogni altro commento, a questo punto, è superfluo.
Data la delicatezza del caso, del quale sono venuto a conoscenza grazie alla cortesia di un collega che lavora in zona, non mi è possibile essere più preciso, anche perché sono in corso le normali indagini da parte delle autorià competenti; al tempo stesso, ritengo si tratti di una situazione estrema, che suscita numerosi interrogativi e impone importanti riflessioni a tutti noi.
Per questo la pongo all'attenzione della comunità dei medici competenti.
E' difficile poter esprimere un parere con i pochi dati a disposizione riguardo le patologie cui era affetto, però non escluderei che il lavoratore, per paura di non essere assunto abbia nascosto al medico le patologie di cui soffriva e che non necessariamente vengono fuori durante la visita medica e/o gli accertmanti previsti...
penso che tutti noi abbiamo un caso del genere "nella valigia", anche se per fortuna solo raramente si arriva a simili esiti
aggiungo che, lavorando occasionalmente per una società di servizi, venni rimproverato (anzi, malamente apostrofato di non "lavorare per la squadra..." mah) per essermi opposto a simili idoneità, e per aver cassato (di contro) alcune speciose prescrizioni, il cui unico ruolo era rendere annuale una periodicità diversamente biennale (pecunia... non a caso, con loro non ho più lavorato)
ecco: non che voglia sempre tirare addosso a queste ultime (sparare nel mucchio è ingiusto nei confronti di chi questo lavoro lo fa, e bene), però mi chiedo: per quel collega che aveva coraggiosamente e correttamente opposto l'inidoneità, quanti avrebbero riconosciuto una superficiale idoneità? E soprattutto: quando è deceduto, era in regime di idoneità alla mansione, od in attesa dell'accertamento?
@giannipalass: un lavoratore, sempre di un'azienda di mezzi pesanti, mi nascose una grave cardiopatia per di più non curata (sua motivazione "sono io a decidere come devo morire..."). Alla fine, lo scoprii grazie ad una pessima spirometria, da cui (scava scava) saltò fuori tutta la sua storia clinica. Purtroppo, di casi di questo genere, in cui per aggrapparsi tenacemente al lavoro si nasconde TUTTO ma proprio TUTTO ne vedo sempre più spesso ...
mi chiedo quale fosse la responsabilità del secondo medico competente (quello della ditta dove la vicenda ha avuto il tragico epilogo). Ipotizzando che non venisse svolto lavoro notturno e che il documento di valitazione rischi non riporti rischio stress lavoro correlato, la sorveglianza sanitaria sarà stata fatta (se è stata fatta) per vibrazioni total body, esclusione di alcol e tossicodip. Ne consegue che gli accertamenti dovevano essere mirati a questi rischi. E' vero che il medico competente visita comunque la persona e un'orecchio sul cuore lo deve mettere comunque, ma spettava al medico competente "fermare" il lavoratore? Probabilmente il medico competente avrebbe dovuto segnalare il caso alla commissione patenti, ma non ne sono sicuro dato che gli stessi medici generi hanno di recente richiesto che venisse cancellato l'obbligo di segnalazione. Per concludere, è evidente che l'idoneità alla guida non la da il medico competente, al quale potrebbe venir riconosciuta una responsabilità analoga al medico di base che evidentemente conosceva le condizioni del suo assistito,ma non lo ha segnalato a chi di dovere.
Difficile esprimere un giudizio ponderato, Ernesto. Innanzitutto per quali rischi veniva visitato dal primo e dal secondo medico? Mi viene in mente la movimentazione manuale dei carichi ipotizzando che non facesse solo l'autista ma anche mansioni di carico e scarico. Se è così, una occhiata non superficiale alle condizioni dell'apparato cardiocircolatorio la dovevano dare entrambi.
Diversamente la sorveglianza sanitaria avrebbe dovuto essere mirata esclusivamente alla verifica della assunzione di sostanze stupefacenti ed eventualmente, con beneficio d'inventario (non voglie riaprire qui vecchie diatribe) sulla condizione di alcoldipendenza e, solo previa valutazione specifica, al rischio di vibrazioni al corpo intero. In tal caso non è automatico che l'anamnesi cardiocircolatoria rivelasse la vera condizione attuale. Circa l'eventuale responsabilità per la morte, tu parli di un infortunio: di che infortunio si tratta? Vi è possibile correlazione tra l'infortunio e le condizioni di salute dell'autista? Anche questo è importante. Infine, circa i giudizi di idoneità, personalmente ho sempre sostenuto la correttezza, quando ne ricorrono le condizioni, di emettere giudizi schietti di inidoneità piuttosto che ipocriti giudizi di idoneità con limitazioni e/o prescrizioni tali da rendere praticamente impossibile adibire il lavoratore alla mansione: lasciamolo fare, eventualmente, alle commissioni di ricorso asl che, in questo campo, almeno per la mia esperienza, sono maestre!.
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