In una azienda che lavora erbe viene utilizzata e lavorata la corteccia di un tipo di albero il cui legno è considerato di tipo duro quindi cancerogeno, mi è stata posta la domanda se anche la corteccia è da considerarsi cancerogena, domanda a cui non ho saputo rispondere....qualcuno conosce qualche fonte da consultare o comunque saprebbe dare una risposta? Grazie!!!!!!!!
Mah, per quello che so io la cancerogenicità è rappresentata dalle POLVERI DI LEGNO disperse nell 'aria, tant 'è vero che nelle circostanze di lavoro ove essa si sviluppa ne va verificata la concentrazione (valori che sono consentiti fino a 5 mg/mc, anche se concentrazioni inferiori a dette cifre non garantiscono dall 'assenza di rischio tumore per le vie nasali e i seni paranasli).
La corteccia viene sottoposta ad una lavorazione per cui si forma della polvere, tale polvere è da considerarsi polvere di legno? Mi consigli di sottoporla ad una analisi?
Sì, se si sviluppa polvere di legno nella lavorazione va fatto il campionamento ambientale, ridotta il più possibile l 'emissione di dette polveri, ed attuato quanto disposto dal D.L. 66/2000 (e quindi anche aggiornamento della sorveglianza sanitaria, informazione/formazione etc.). In sostanza come se avessi a che fare - ed è così - con un prodotto cancerogeno! Io, per prudenza, attenendomi alle linee guida delle Regioni e delle Provincie autonome sulle polveri di legno, che potrai trovare anche su Internet, compilo un questionario anamnestico sui disturbi a carico del naso e, in collaborazione con uno specialista ORL, faccio praticare agli esposti una rinoscopia, che successivamente sarà periodica. Ho mollato senza rimpianti un falegname con 12 dipendenti che non volle aderire a tale protocollo!
D’accordo su tutto, o quasi. Non so con quale entusiasmo i lavoratori possano accettare l’esecuzione di una rinoscopia. Con tutto il rispetto per linee guida delle Regioni e delle Provincie autonome sulle polveri di legno, non sarebbe più semplice far fare un rx dei seni paranasali (ad. Es. ogni tre anni), una visita ORL magari annuale ed una rinoscopia in casi selezionati? Aspetto opinioni in merito. Grazie.
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
Gandalf,
ti dico la mia esperienza su circa 40 falegnami fin qui controllati, e devo dire che la rinoscopia non ha comportato alcun problema di accettazione da parte dei lavoratori, specie dopo che li avevo informato del rischio per la salute legato alle polveri. Tra l 'altro, forse sono fortunato, ma lo specialista che mi accompagna dispone di un rinoscopio di primordine, opera in condizioni di assoluta igiene e utilizza (ovviamente)anestetici locali ed addirittura registra su videocassetta l 'esito dell 'esame informando in tempo reale l 'operaio dell 'esito dell 'esame. Gli operai mi sembrano in alcuni casi addirittura entusiasti e si sentono realmente controllati. Per quel che mi ha detto lo specialista e per quel che so io, con la RX non si possono diagnosticare in tempo tumori delle vie nasali e l 'unico approccio diagnostico, in questo caso, mi sembra la rinoscopia. E ' aperto magari il dibattito sulla periodicità di detto esame e se i polipi nasali debbano essere considerati una condizione associata più frequntemente a carcinoma; di certo c 'è che non sono lesioni precancerose. Ciao.
esiste una tabelle dei tipi di legno considerati cancerogeni.
La definizione "duro" non è per se sufficiente in quanto ci sono polveri di legni duri che non sono cancerogeni e viceversa.
Per quel che ho letto, sempre sulle linee guida regionali, tutte le polveri di legno possono essere cancerogene ed anche le polveri di legno MORBIDO sono molto sospette. In ogni caso la valutazione della concentrazione ambientale va fatta.
Sembra che la corteccia di legno non sia cancerogena. Comunque dai un 'occhiata all ' Elenco dei rifiuti istituito conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi.
L 'indirizzo è: http://www.fi.camcom.it/informazioni/Files/1290/ALLEGATO_A.doc
Saluti
Gennaro Bilancio
Sono un igienista industriale ed ho assistito diversi sugherifici. Ho visto solo oggi il quesito sul forum, quindi spero che il tema sia ancora "caldo"...
Questa è la mia posizione professionale in merito.
La sughera (quercus suber) è un albero sempreverde appartenente alla famiglia delle fagaceae. Ai sensi del D.L.vo 66/00, la lavorazione del legno di tale pianta rientrerebbe fra le attività con potenziale esposizione a polveri di legno “hard”.
In effetti, la lavorazione del sughero non può essere considerata “lavorazione del legno”, in quanto il processo di formazione della corteccia del sughero, anche dal punto di vista chimico (fattore particolarmente importante nella classificazione dei legni come hard e soft), comporta profonde trasformazioni della struttura del legno stesso.
Nelle piante Dicotiledoni, ed in particolare nella quercia da sughero, il processo di crescita del fusto genera verso l'interno vasi legnosi che, insieme alle fibre, formeranno il legno o xilema; e verso l'esterno, vasi cribrosi che, insieme alle fibre, formeranno il libro o floema. Esternamente ad esso, il parenchima corticale con il fellogeno produce verso l'esterno un rivestimento suberificato e verso l'interno il felloderma.
Il sughero risulta così un tessuto vegetale composto da microcellule che hanno generalmente una forma poliedrica e gli spazi intercellulari riempiti da un miscuglio gassoso simile all'aria. Le stesse membrane delle cellule suberificate, hanno una composizione chimica diversa da quelle del legno.
La struttura alveolare del tessuto suberoso e la natura delle membrane cellulari sono responsabili delle caratteristiche speciali e delle sue diverse applicazioni.
Di conseguenza, in assenza di indicazioni specifiche né da parte della normativa vigente, né da parte degli studi epidemiologici e tossicologici, l’esposizione alle polveri di sughero non deve essere considerata come assimilabile all’esposizione alle polveri di legno duro normata dal D.L.vo 66/00.
Non risultano di conseguenza applicabili le disposizioni specifiche prescritte dal decreto citato (redazione del registro degli esposti, comunicazioni agli Enti di controllo, monitoraggi periodici obbligatori dell’aria ambiente, ecc.)
Considerazioni simili possono essere estese anche alle cortecce di piante da "legno duro": in sintesi non si applica il decreto 66 in quanto non si tratta di "legno" ma di "legno suberificato".
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