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Considerazioni sulla sorveglianza sanitaria e sui rischi "non normati"

Questo argomento ha avuto 2 risposte ed è stato letto 5824 volte.

lanfraz

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  • Considerazioni sulla sorveglianza sanitaria e sui rischi "non normati"
  • (14/04/2013 11:05)

Buongiorno a tutti,

da diverso tempo, ormai, vago per incontri, blog e forum, cercando una risposta che mi convinca su un tema ampiamente dibattuto: quando possiamo attivare la sorveglianza sanitaria e come ci si deve comportare di fronte ai cosiddetti “rischi non normati”..?

Premesso che attenersi strettamente alle leggi risulta a volte più difficile che interpretarle, mi è capitato di leggere questa considerazione da parte di colleghi i cui interventi mi hanno spesso illuminato (e cito Bernardo e Ravalli, senza che gli altri se ne debbano avere a male): “se il legislatore avesse voluto intendere questo, lo avrebbe scritto espressamente”. Nulla di più corretto, ma anche nulla di più sdrucciolevole, a mio parere.

La definizione di “sorveglianza sanitaria” ci viene fornita dal DLgs 81/08 all’art. 2, con riferimento alla “tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai rischi professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. L’art. 15 ci dice poi che tra le misure generali di tutela rientra “la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza”, mentre all’art. 25 compare, tra gli obblighi del medico competente, la programmazione e l’effettuazione della sorveglianza sanitaria di cui sopra “attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici”. Fino a qui il nostro decreto si tiene sul vago e, anche agli artt. 28 e 29, quando finalmente si parla del Documento di Valutazione dei Rischi, non sembra esattamente che l’attivazione della sorveglianza sanitaria debba esservi legata a doppio filo: “individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare..” “la valutazione deve essere rielaborata (..) quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità” (last but not least).
Insomma, perché il legislatore non ha aggiunto una bella lettera g) che recitasse: “La sorveglianza sanitaria può essere attivata esclusivamente sulla base dei risultati della suddetta valutazione del rischio”..?

Ma ecco che ci viene in aiuto l’art. 41, spiegando nel dettaglio (o quasi) quando, come e perché effettuare la sorveglianza sanitaria.
I commi 1 e 3, però, mi fanno subito pensare alle famose intenzioni del legislatore. Se avesse voluto vietare espressamente le visite mediche per il lavoro in quota o per le posture incongrue (per citare due rischi abbastanza lontani tra loro), credo che avrebbe aggiunto anche qui un “esclusivamente” al comma 1 oppure, rendendosi conto della dimenticanza, avrebbe potuto rimediare con un “le visite mediche non possono essere effettuate .. in tutti casi non previsti dalla normativa vigente”: “negli altri casi vietati dalla normativa vigente”, a mio parere, non significa che non posso fare un ECG o valutare la glicemia di uno che lavora a 20-30 metri di altezza, ma che mi devo astenere da test genetici o sulla sieropositività, come giustamente riportano diversi interventi reperibili sul web.
Tra l’altro, lo stesso apparato sanzionatorio cita l’art. 41, ma, paradossalmente, solo in relazione alla violazione dell’obbligo di allegare gli esiti degli accertamenti in cartella, come a dire un po’ brutalmente: “Occhio, che, se dici che fai una cosa e poi non è verificabile, ti sanzioniamo” (il che mi sembra andare nella direzione opposta rispetto al “divieto di fare”). La presunta violazione dell’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori è un po’ una forzatura visto che, ovviamente, la figura del medico competente non è contemplata.

Sostanzialmente gli unici accertamenti per i quali ci vengono fornite indicazioni specifiche, da cui si desume il divieto di includere altre categorie di lavoratori (tant’è vero che nella CU 30.10.2007 un “espressamente” è scappato), riguardano l’assunzione di sostanze stupefacenti e alcol: per inciso, qualche giorno fa, un’ASL interpellata da una mia azienda per effettuare le alcolimetrie, dato che io ero impossibilitato, ha risposto che avrebbero dovuto rivolgersi a me..

Le istruzioni operative delle procedure standardizzate, inoltre, riportano: “laddove la legislazione fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di valutazione (ad es. rischi fisici, chimici, biologici, ecc.) si adotteranno le modalità indicate (..) In assenza di indicazioni legislative specifiche (..) si utilizzeranno criteri basati sull’esperienza (..) profili di rischio (..)”. Ecco, questa è la differenza tra rischi “normati” e “non normati” che, a mio parere, voleva intendere il legislatore: per i primi esistono indicazioni relative alla valutazione e, in buona parte dei casi, alla misurazione; per gli altri è necessario basarsi su criteri differenti.

Nell’elenco delle malattie professionali, se non erro, compaiono ancora le patologie da “microtraumi e posture incongrue a carico del ginocchio per attività eseguite con continuità durante il turno lavorativo” (distinte da quelle conseguenti a MMC ripetuta): come posso segnalare una malattia professionale derivante da un rischio per cui non è prevista la sorveglianza sanitaria (in quanto non obbligatoria)..? E perché mai, ad esempio, l’Allegato 3B dovrebbe riportare la dicitura “altri rischi evidenziati dalla VdR”, se per questi la sorveglianza sanitaria fosse vietata..?Forse non è vietata, ma a discrezione del medico competente..
Tra l’altro, a questo proposito, mi sono chiesto perché gli stessi colleghi che sostengono che non si possa attivare la sorveglianza sanitaria, se non per un rischio normato ed espressamente indicato sul DVR, facciano poi segnalazione di malattia professionale per lavoratori che per 20-30 anni hanno lavorato in aziende di cui essi (e forse nessuno) non hanno mai visto il suddetto documento.. cioè, sì, lo capisco: lo fanno, correttamente, sulla base dell’esperienza e dei criteri di cui sopra, presumendo che quel rischio di sovraccarico ci fosse, pur in assenza di valutazione del rischio (per cui potrebbero “ragionevolmente” astenersi dall’avviare l’iter). Insomma, siamo costretti a far valere tutto e il contrario di tutto.

Non pensiate che io sia un dispensatore di visite ed esami. Credo che le Linee Guida per l’Edilizia della Lombardia, ad esempio, siano eccessive e che alcuni accertamenti siano da riservare a casi selezionati, così come ho molte perplessità sull’attuale normativa in materia di droghe e alcol: rivendico però la possibilità di decidere, sempre all’interno dei confini della normativa, seppur nebulosa, quale strada intraprendere (compresa quella, assolutamente corretta formalmente, di attenersi in modo “letterale” al DLgs 81/08) senza spade di Damocle sulla testa. Certo, se poi la questione si riduce a definire il fatto che un lavoratore svolge la sua attività con determinate modalità con il termine “sovraccarico biomeccanico delle strutture osteoarticolari”, invece di “posture disergonomiche”, oppure ad aggiungere una voce ad un DVR e a metterci una “X” di fianco, credo che si sfiori il bizantinismo.

Per concludere, una perla del decreto e la conseguente domanda. Nella sezione relativa agli agenti fisici, all’.art. 185, si legge: “La sorveglianza sanitaria .. è effettuata dal medico competente .. sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione”. A parte la procedura un po’ in stile servizi segreti delineata da quest’ultima frase, ma la nostra collaborazione al DVR quale dovrebbe essere, scrivere al datore di lavoro che deve fare la fonometria, valutare le vibrazioni, ecc..?E se decide di programmarle tra 6 mesi, ma secondo me il rumore è “fastidioso”, cosa faccio: sono a posto avendo scritto due righe, mi dimetto e che se la veda lui oppure prendo il coraggio a due mani e faccio qualche visita comprensiva di audiometria clandestina :)..?
The money drop :)..

Spero di non avervi annoiato e correggete qualsiasi mio errore, se ne avete voglia!!

giancarlo

giancarlo
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  • Re: Considerazioni sulla sorveglianza sanitaria e sui rischi "non normati"
  • (14/04/2013 19:46)

Per quanto rigurda l'art.5 della 300 la violazione è del Datore di L.
Per aggiungere dubbi .
Ho sempre interpretato il comma 2 dell'art.41 come subordinato al comma 1 lettera a), cioè, per esempio visito un lavoratore al rientro dopo assenza superiore a 60 giorni solo se periodicamente veniva già sottoposto a sorveglianza sanitaria oppure su richiesta del lavoratore .
Ho però un dubbio :perché la visita su richiesta del lavoratore il legislatore la prevede sia al comma 2c , vincolata al comma 1a, ma anche al comma 1 b)?
Interpreto:
caso 2c) vincolato a 1a):visito il lavoratore su sua richiesta se lo stesso veniva periodicamente sottoposto a SS dal medico competente.
caso 1b) decido se la richiesta del lavoratore è correlata ai rischi e in caso positivo lo sottopongo a visita qualora ci sia una correlazione al rischio.
per es. se esposto a livelli di rischio non sufficienti per obbligare a visita ( per es. decibel, Hz, ore VDT ,MMC) ma che mi riferisce disturbi tipici dell'organo bersaglio ( per es. udito,lombalgie,deficit visus ...) lo visito potrebbe essere un campanello di allarme tanto importante da farmi addirittura rivalutare il documento dei rischi

lanfraz

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Medico Competente
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  • Re: Considerazioni sulla sorveglianza sanitaria e sui rischi "non normati"
  • (14/04/2013 20:09)

giancarlo il 14/04/2013 07:46 ha scritto:
Per quanto rigurda l'art.5 della 300 la violazione è del Datore di L.
Per aggiungere dubbi .
Ho sempre interpretato il comma 2 dell'art.41 come subordinato al comma 1 lettera a), cioè, per esempio visito un lavoratore al rientro dopo assenza superiore a 60 giorni solo se periodicamente veniva già sottoposto a sorveglianza sanitaria oppure su richiesta del lavoratore .
Ho però un dubbio :perché la visita su richiesta del lavoratore il legislatore la prevede sia al comma 2c , vincolata al comma 1a, ma anche al comma 1 b)?
Interpreto:
caso 2c) vincolato a 1a):visito il lavoratore su sua richiesta se lo stesso veniva periodicamente sottoposto a SS dal medico competente.
caso 1b) decido se la richiesta del lavoratore è correlata ai rischi e in caso positivo lo sottopongo a visita qualora ci sia una correlazione al rischio.
per es. se esposto a livelli di rischio non sufficienti per obbligare a visita ( per es. decibel, Hz, ore VDT ,MMC) ma che mi riferisce disturbi tipici dell'organo bersaglio ( per es. udito,lombalgie,deficit visus ...) lo visito potrebbe essere un campanello di allarme tanto importante da farmi addirittura rivalutare il documento dei rischi

Ogni dubbio è benvenuto :)

Aggiungo, proprio relativamente agli agenti fisici, che l'art. 191 afferma che ai lavoratori esposti a "elevata fluttuazione dei livelli di esposizione personale" (tradotto: nei quali la fonometria ci dice poco..e, a mio parere, i casi non sono pochi) il Datore di Lavoro può attribuire un'esposizione addirittura al di sopra dei valori superiori di azione, garantendo il controllo sanitario.
Sembra proprio una sorta di criterio cautelativo stabilito per legge :)

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