Gradirei che i qualificati colleghi valutassero il caso seguente:
Il datore di lavoro, a seguito di comportamenti anomali da parte di un dipendente addetto alla movimentazione manuale dei carichi, invia lo stesso presso il medico competente con la richiesta di valutarne l 'idoneità al lavoro. Il medico competente, a seguito di visita medica diretta, dal suo canto, valuta il soggetto idoneo a svolgere la mansione specifica, ma richiede un approfondimento diagnostico di tipo neurologico e psichiatrico e nelle more di ricevere la documentazione appropriata, avendo un motivato sospetto che il paziente non sia in perfette condizioni psichiche, propone dei giorni di riposo medico onde evitare nei mesi estivi, una slatentizzazione di sintomi. Quindi, ne dà comunicazione al medico curante per quanto di competenza e consiglia al datore di lavoro di far sottoporre il lavoratore al giudizio medico-legale della competente A.U.S.L. per l 'idoneità al lavoro generico, che nel frattempo, dopo 3 mesi deve ancora visitare il soggetto. A questo punto io vi chiedo se responsabilità sono da imputare al medico competente nel caso in cui il soggetto (con storia clinica di sdoppiamento di personalità in cura con psicofarmaci) riprenda servizio con il bene placito del medico curante e nelle more di una decretazione della ASL.
credo che il caso sia assolutamente di pertinenza AUSL (art. 5 L. 300). La non idoneità alla movimentazione manuale di carichi, al limite, può essere data motivandola con la eventuale terapia in corso con psicofarmaci che potrebbe ridurre la performance lavorativa ed aumentare l 'affaticabilità del soggetto. secondo me è da evitare la richiesta di consulenza neuropsichiatrica da parte del medico competente
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