Articolo 25 - Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di “promozione della salute”, secondo i principi della responsabilità sociale
aa) la collaborazione di cui alla precedente lettera, ha luogo su specifico ed esplicito incarico del datore di lavoro
Articolo 29 - Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza “e conferimento di incarico esplicito al medico competente”.
o no?
Tcam
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stesso concetto ma con immagini.............su.......
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Articolo 25 - Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora ………………………………
………………ma……………….” se non collabora” quando e perché dovrebbe essere punibile?
Il codice di rito esige che la contestazione dell’accusa rivesta una «forma» chiara e precisa.
Ciò significa che il reato, da quando viene previsto come tale dalla legge penale sino a quando trasmigra nel processo attraverso l’esercizio dell’azione penale, per poi andare a costituire la base per una sentenza dichiarativa della responsabilità penale, necessariamente fondata sul superamento “di ogni ragionevole dubbio”, deve mantenere sempre le note della chiarezza e della precisione.
Ciò implica che la formulazione chiara e precisa delle norme penali costituisce una necessità imposta non soltanto dal principio di legalità, ma, dunque, anche dai principi del giusto processo, da ciò dipendendo il funzionamento stesso di un giudizio di tipo accusatorio, che si regge sul contraddittorio e sul diritto di difendersi provando.
Una norma penale imprecisa, indeterminata e non tassativa si tramuta, infatti, del tutto inevitabilmente, in un’accusa penale imprecisa, indeterminata e non tassativa, come tale d’ostacolo a un accertamento probatorio realmente fondato sul contraddittorio e come tale foriera di sentenze di condanna ingiuste.
Tcam
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Credo che il tema possa meritare almeno un'analisi di fattività e sia immeritevole del totale disinteresse.
Tuttavia....consolandomi della seconda ipotesi, parafrasando Leonardo Sciascia....
"Di me come come individuo, vorrei che si dicesse: ha contraddetto e si è contraddetto, come a dire che sono stato vivo in mezzo a tante anime morte, a tanti che non contraddicevano e non si contraddicevano".
Tcam
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Ovviamente la criticità che ci riguarda risiede nella indeterminatezza del concetto "collaborazione", che quindi ci espone alle possibili interpretazioni fantasiose di qualche UPG, tuttavia il pretendere che il DDl la richieda esplicitamente e formalmente ci metterebbe al riparo (forse) dall'accusa più frequente che è quella di "mancata collaborazione". Perché a quel punto , a seguito di richiesta scritta , basterebbe fornire una risposta (scritta) anche interlocutoria o di semplice richiesta di chiarimenti, per non poter essere accusati in quel senso.
Sarebbe già cosa notevole raggiungere un risultato del genere, visto che pensare di ottenere stravolgimenti o abrogazioni di parti dell'81 appare veramente una pura illusione...
Donatella Corti
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Giusto per fare delle considerazioni da bar dello sport (mettendo le mani avanti nel caso qualcuno trovi che siano solo scemenze, e magari lo sono davvero):
chi è stato sanzionato per violazione di qualche articolo del decreto 81, come il 25 comma 1 (ma si possono citare tanti altri esempi analoghi), ha di solito preferito pagare ed ottemperare pur di chiuderla lì al più presto, piuttosto che avventurarsi nell’iter dell’accertamento in tribunale, dove in genere ben poco si può dare per scontato e comunque le spese e i disagi sono ben superiori ai benefici di una eventuale sentenza a favore, pur essendo, in molti casi, la sanzione comminata proprio per asserite violazioni di disposizioni di legge del tutto vaghe e opinabili, come il caso in oggetto.
Il problema che in genere ci si pone è che, stante la sovrabbondanza di aspetti e dettagli su cui si articola la nostra attività e che possono venire contestati, il timore è che, pur ottenendo il riconoscimento dell’insostenibilità dell’accusa sul punto specifico, visto che si osa fare resistenza ci si vede contestare anche questo, questo e quest’altro!”. Insomma, quando uno si trova già dalla parte scomoda dell’accusato, non ha molta voglia di strepitare, soprattutto dopo che le sue eventuali controdeduzioni sono già state rigettate, e spera solo che la bufera passi al più presto.
Tuttavia, mi chiedo, sarebbe possibile, a posteriori, porsi dalla parte dell’accusa presentando ricorso per ottenere il rimborso della sanzione già pagata adducendo la motivazione della sua infondatezza ed illegittimità? E che risultato sarebbe da aspettarsi?
In sintesi si tratta di chiedere il rimborso di una multa già pagata quando si dimostri un vizio formale per la sua disposizione. E se fosse possibile, e tutti coloro che hanno finora subito questo abuso, presentassero ricorso, forse questo farebbe abbastanza scalpore da attirare l’attenzione sulla boiata 81 e contribuire a modificarla, chissà?
Mi sembra un'osservazione interessante e una strategia possibilmente percorribile....e, molto forse, potrebbe essere un primo antidoto alla forte disgregazione che ci caratterizza, allo "gnun per sè" che è madre di molti dei nostri malanni.
Tcam
Medici indolenti & Aziende Netgroup
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concordo con MILVIO sul ricorso a ingiusta ammenda è un'ipotesi (anche se credo preferibile una opposizione diretta a questa ignominia legata alla indeterminatezza dell'accusa) in ogni caso si dovrebbe cercare una sorta di class action. per esempio perchè non interpellare CONSULCESI? promuovere una azione per coloro che hanno pagato e chiedono il rimborso credo fattibile una azione del genere
Quanto al fatto che non vogliano cambiare per nulla l'81 ha alcuni motivi che non giustificano per nulla tale ignavia parlamentare/governativa ma la spiegano
1) le aziende che si "occupano di DVR e sicurazza" sono tante e basta un diploma e un corso di una settantina di ore per mettersi a fare DVR a 700/800 euro e le PMI ci cascano (col pregiudizio il Medico fa il Medico il tecnico fa la sicurezza) modificare l'81 in questo ambito sarebbe un grave danno per queste pseudo-aziendine
2) fare seriamente la sorveglianza è inoltre impolitico (che le carte siano a posto e non mettiamoci a rompere....)
3) sia la 626 che l'81 derivano da direttive europee in Italia facciamo finta ... in altre parole sia usando l'ignoranza normativa sia la bassa preparazione di titolari di azienda (spesso operai divenuti "padroncini") con non più di 15 dipendenti (come può osservare in tutte le ZIP zone industrali e artigianali in Veneto) si TENDE A RENDERE L'ATTIVITà DI SORVEGLIANZA COME INSIGNIFICANTE E SENZA DIMOSTRAZIONE SCIENTIFICA DI RISULTATO INFOGNANDOCI IN DIATRIBE PARA LEGALI che NON MODIFICANO GLI INFORTUNI Nè LE MALATTIE PROFESSIONALI
SENTIAMO CONSULCESI ? ( non faccio pubblicità)
Chi ha il numero?
Espongo un dubbio: il D.Lgs 81/08 all'art. 58 comma 1 lettera c) punisce "con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 438,40 a 1753,60 euro per la violazione dell'articolo 25 comma 1 lettera a)", dunque il fatto è di natura penale, e il reato una contravvenzione (vuole cioè punire un fatto ritenuto produttivo di un pericolo); l'art. 162 bis del C.P. prevede per il contravventore la possibilità di chiedere di " essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa"; se la domanda è ammessa " il pagamento delle somme indicate estingue il reato."
Ora, se un reato è "estinto", si può ugualmente far ricorso a posteriori adducendo motivazioni di insussitenza delle motivazioni della sua contestazione ?
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