In qualità di medico competente mi trovo spesso a dover visitare i soci lavoratori ( titolari ) della ditta, assieme ai dipendenti come prevede l’art. 2 della 626.
Ma se la ditta è composta solo dai due soci titolari che non vogliono essere sottoposti a visita, verso i quali non è neanche possibile pensare ad eventuali sanzioni da parte del datore di lavoro come avviene per i dipendenti, chiedo se possa essere sufficiente una dichiarazione scritta e firmata dai soci, che negano il loro consenso a sottoporsi ai controlli sanitari previsti nei loro confronti.
Se non ho capito male la "ditta è composta solo dai due soci titolari". In questo caso "non è possibile" per loro negare il consenso all 'effettuazione dei controlli sanitari e neppure è sufficiente una dichiarazione scritta per evitare eventuali sanzioni che l 'organo di vigilanza potrà comminare in caso di evasione dall 'obbligo di controllo sanitario previsto per legge.
ok! Ma non é, comunque, consigliabile chiedere il rilascio di una dichiarazione scritta per tutelare (se questo può essere considerato sufficiente) il medico competente di fronte all 'organo di vigilanza?
Intervengo sull 'argomento, perché si tratta di un quesito che viene spesso proposto sia dalle aziende che dai medici competenti.
Se la preocccupazione del collega è documentare i propri adempimenti formali di fronte all 'organo di vigilanza, è quanto mai opportuna la forma scritta.
Del resto nessuno può obbligare una persona a sottoporsi ad un "trattamento sanitario", a meno che la legge non lo preveda espressamente (art.32 Cost.) - anche quando questo comportamento la esponga a sanzioni penali, come nel caso in esame.
In ossequio all 'art.17, c.1, lett.e), D.Lgs. 626/94, che impone di informare sul "significato degli accertamenti sanitari", il medico competente potrebbe però, per completezza di informazione (e noi lo consigliamo qui nella nostra zona, quando ci viene chiesto un parere), almeno accennare non solo al significato strettamente "sanitario" di quanto si sta facendo, ma - almeno in questo caso -anche al significato in senso più estensivo, ivi comprese le possibili conseguenze penali del rifiuto che si va a documentare. E questo anche quando si possa presumere che il soggetto che si ha di fronte sia pienamente consapevole dei propri doveri e dei propri diritti.
Incidentalmente, lo stesso vale anche per il rifiuto di qualsiasi lavoratore subordinato sottoposto a sorveglianza sanitaria.
Ringrazio per la sua pazienza chiunque sia riuscito ad arrivare in fondo a questo mio sproloquio (mi è uscito più noioso del solito).
Una precisazione per il collega e amico prevemp: E ' ovvio che nessun lavoratore possa essere visitato con un TSO (steso magari con un colpo di karate e auscultato con un piede sullo stomaco :)!
negli anni scorsi però era "quasi normale" che se un lavoratore, sottoposto all 'obbligo di sorveglianza sanitaria, non "avesse voluto" aderire (o anche portare i DPI -scarpe antiinfortunistiche in testa) bastava scrivesse che rifiutava la visita ( o il DPI). Così il datore di lavoro ed il MC erano a posto con la coscienza e (credevano)con le norme!
Il significato della non possibilità di rifiutarsi di sottoporsi a visita (o di portere i DPI) è questo: la responsabilità di far lavorare un dipendente senza giudizio di idoneità (e senza DPI) "comunque" ricade come minimo sul datore di lavoro che quindi "deve pretendere" dal lavoratore il rispetto dell 'obbligo (penale per tutti e tre i soggetti). Come? con tutti gli strumenti che il buon senso,le norme (Codice Civile e il Contratto di Lavoro in testa) mettono a disposizione: informazione, avvertimento, diffida scritta e da ultimo licenziamento. Al di là del necessario coinvolgimento e dell 'informazione: faresti guidare un 'auto da uno che si rifiuta di fare i controlli medici per la patente? faresti lavorare in Cava, in edilizia, in miniera un lavoratore che non ha il giudizio di idoeneità alla mansione specifica?
Questo al di là del caso specifico portato dal collega megazzgv che fa riferimento ad una ditta di soli due soci-lavoratori (comunque uno responsabile dell 'altro ai fini della sicurezza come qualunque datore di lavoro).
Nel caso di ditte composte da due soci, è in primo luogo da chiarire se esiste uno dei due soci con almeno il 51% delle quote o se uno dei due sia legale rappresentante.
La normativa antinfortunistica tutela il lavoro subordinato e non solo quello dipendente, per cui non vi è distinzione tra soci e dipendenti.
Nel caso uno dei (due o più) soci possieda almeno il 51% delle quote societarie egli è esentato dalle visite mentre tutti gloi altri sono obbligatoriamente sottoposti a sorveglianza (sempre che vi sia rischio di malattia professionale).
Analoga considerazione va fatta per il socio "legale rappresentante" che è equiparato dal diritto del lavoro al datore di lavoro: lui sarà esentato dalle visite, gli altri soci no.
Socio maggioritario e legale rappresentante sono, invece, i destinatari delle sanzioni penali.
Fogli di liberatoria da parte dei soci renittenti non hanno, ovviamente, alcun valore legale come in tutto il diritto del lavoro: questo presupporrebbe un "patto" (non faccio le visite e mi impegno a non denunciare nessuno in caso mi ammalassi) sulla propria salute. Questo non è giuridicamente ammissibile (è il concetto di "diritto indisponibile" che riguarda un diritto costituzionalmente protetto quale è la salute).
Se vuoi approfondire l'argomento ti consiglio di leggere l'articolo "Quando è necessario nominare il medico competente: gli obblighi reali in tema di sorveglianza sanitaria" in ISL del Giugno 2001 (IPSOA editore).
Nel caso di ditte composte da due soci, è in primo luogo da chiarire se esiste uno dei due soci con almeno il 51% delle quote o se uno dei due sia legale rappresentante.
La normativa antinfortunistica tutela il lavoro subordinato e non solo quello dipendente, per cui non vi è distinzione tra soci e dipendenti.
Nel caso uno dei (due o più) soci possieda almeno il 51% delle quote societarie egli è esentato dalle visite mentre tutti gloi altri sono obbligatoriamente sottoposti a sorveglianza (sempre che vi sia rischio di malattia professionale).
Analoga considerazione va fatta per il socio "legale rappresentante" che è equiparato dal diritto del lavoro al datore di lavoro: lui sarà esentato dalle visite, gli altri soci no.
Socio maggioritario e legale rappresentante sono, invece, i destinatari delle sanzioni penali.
Fogli di liberatoria da parte dei soci renittenti non hanno, ovviamente, alcun valore legale come in tutto il diritto del lavoro: questo presupporrebbe un "patto" (non faccio le visite e mi impegno a non denunciare nessuno in caso mi ammalassi) sulla propria salute. Questo non è giuridicamente ammissibile (è il concetto di "diritto indisponibile" che riguarda un diritto costituzionalmente protetto quale è la salute).
Se vuoi approfondire l'argomento ti consiglio di leggere l'articolo "Quando è necessario nominare il medico competente: gli obblighi reali in tema di sorveglianza sanitaria" in ISL del Giugno 2001 (IPSOA editore).
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