A proposito di - Esiste ancora la "Medicina del Lavoro"-?
io non voglio fare polemica, per carità e tantomeno criticare dei colleghi oltretutto medici del lavoro come me, ma faccio due osservazioni:
1) perché fasciarci la testa prima del dovuto e parlare di, nonchè accettare, una “crisi della medicina del Lavoro” quando piuttosto si tratta di valorizzare e potenziare il ruolo che la Medicina del Lavoro sempre ha avuto e sempre avrà nell’ambito della sicurezza dei lavoratori?
2) ho capito bene che si ripropone la SIMLII come “momento unificante ed aggregante” per combattere questa crisi? Chiedo scusa, ma dove stava la SIMLII tre anni fa quando passò la leggina sugli igienisti? E ancora, cos’ha fatto in tutti questi mesi in cui si è discusso di “esemplificazione “ delle norme sulla sicurezza o, in tempi più recenti, è intervenuta semplicemente al convegno dell’altro giorno sempre sull’esemplificazione, alla camera? Ha fatto qualche proposta organica? Oppure è stata a guardare ed aspettare? E allora perché da parte di più colleghi viene proposto di creare un’associazione che veramente tuteli la centralità ed il ruolo dei Medici del Lavoro, se c’è la SIMLII? Forse per creare un’inutile doppione?
Chiedo scusa ma io credo che da parte di qualcuno, specie della SIMLII, occorrerebbe scendere dal piedistallo e cominciare ad occuparsi terra-terra dei nostri problemi, altrimenti restiamo in un bellissimo ambito teorico che è perfino un po’ da “sfigati” (con nessun riferimento all’estensore dell’articolo, per carità).
Guido Marchionni
Quando ho affermato che la medicina del lavoro è ad un bivio e deve decidere il proprio futuro intendevo affermare che una intera concezione della tutela della salute nei luoghi di lavoro deve valutare dove gli attuali indirizzi (normativi, culturali e scientifici) la condurranno e gli effetti di questo percorso. Senza questa riflessione, a mio modo di vedere, le singole iniziative rischiano, al di là degli intendimenti, di condurre su vie minoritarie e perdenti di risposta ad esigenze giuste.
La concezione che vedeva al centro delle iniziative di tutela preventiva l 'uomo, il lavoratore (tutta la spinta culturale che ha poi portato ai decreti di derivazione europea) con il medico del lavoro figura centrale, in collaborazione multidisciplinare con le altre, nella risposta “tecnico-scientifica” si è esaurita o comunque trova concezioni preventive e tecniche diverse, con altri presupposti.
E ' stata tolta al medico del lavoro quella visione “unitaria” che la disciplina contiene : prevenzione e protezione, epidemiologia, sorveglianza sanitaria, lasciando solo quest 'ultima come prerogativa specifica.
L 'esempio più lampante è l 'applicazione della normativa sul rischio chimico. Il medico del lavoro è praticamente emarginato dal processo di valutazione del rischio e dalle misure di prevenzione e protezione e questo accade sia in quasi tutte le realtà produttive sia dove si elaborano “algoritmi”. Sembra che non sia più l 'uomo-lavoratore al centro dell 'interesse preventivo ma il rischio (la macchina, il fattore ecc.) e quindi la risposta tecnica che la prevenzione propone vede protagonisti (spesso non in collaborazione multidisciplinare) i chimici, gli ingegneri ecc., come qualche decennio fa.
Questo passaggio avrà un corrispettivo normativo e istituzionale con un forte recupero (o di esclusiva gestione) di ruolo del Ministero del Lavoro a discapito del Ministero della Salute, individuato dalla L.833/78 (proprio per il ruolo centrale del 'uomo-lavoratore nel processo di prevenzione) come attore istituzionale principale e un ruolo dei medici del lavoro dei Servizi da reinventare e comunque non più centrale.
Allora i problemi dei medici competenti specialisti in medicina del lavoro vanno visti in questo quadro. E ' utile che ogni settore della medicina del lavoro (medici dei servizi, medici universitari, medici inail e dei patronati, medici competenti ecc.) si organizzi per proprio conto senza una visione “unitaria” della disciplina? Che forza possono avere? Che prospettive, che metodo di lavoro possono far affermare? Ed i medici competenti specialisti in medicina del lavoro debbono ulteriormente frammentarsi in piccoli coordinamenti o associazioni?
Sicuramente le varie sigle delle associazioni di mdl in questi decenni non sono state viste come una “casa comune” da tutti i medici del lavoro e le spinte centrifughe hanno prevalso sul tentativo di ricostruire una visione che comprendesse tutte le peculiari visioni della medicina del lavoro.
Proprio per questo motivo una ulteriore frammentazione dei medici del lavoro non mi trova oggi daccordo. Il tentativo deve essere quello di aggregare, trovare basi comuni per contrastare tendenze e normative che mettono a rischio la tutela della salute nei luoghi di lavoro e nello specifico permetta ai medici competenti specialisti in medicina del lavoro di riunificarsi con una prospettiva di lavoro di qualità in un ottica dello sviluppo di una discliplina.
Nessuno deve sentirsi escluso da questo percorso: nè i colleghi attualmente iscritti alle varie associazioni (che devono essere coinvolte in questo processo), né i colleghi iscritti alla Simlii, né quelli non iscritti ad alcuna associazione o Società. Ripeto che, a mio giudizio, si deve apprezzare lo sforzo della Simlii che in questi ultimi tempi ha trovato il coraggio di andare controcorrente e di tentare di riunificare larghi strati di specialisti, pur con risultati contrastanti dovuti spesso ad una carenza di "comunicazione".
L 'obiettivo secondo me non è quello di mettere insieme pochi colleghi bravi e motivati ma di tentare di percorrere una strada, sicuramente più faticosa, ma più utile a tutti coloro che hanno a cuore le sorti della prevenzione nei luoghi di lavoro.
Per esempio, per parlare di noi, questo sito ha ad oggi 4100 iscritti, di cui, togliendo doppioni e non specialisti, circa 2600-2800 medici del lavoro.
Siamo tutti daccordo che dobbiamo trovare una base di discussione e di progettazione che li coinvolga quasi tutti?
Il ruolo dei colleghi più “attivi” nel nostro forum è senz 'altro necessario per percorrere un così difficile percorso. Discutiamone senza preconcetti.
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Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono. (Voltaire)
billi
Capisco e condivido le preoccupazioni del collega Alfonso Cristaudo, ma capisco ancor di piu ', perche ' sono le mie, le preoccupazioni che affliggono una intera categoria quella dei medici del lavoro, attaccati da tutte le parti. La SIMLII ha sempre rappresentato purtroppo una categoria elitaria che si e ' interessata poco o nulla nel tempo della base: prova ne ' e ' che in passato molti dei colleghi che non si sono riconosciuti in questi atteggiamenti sono confluiti in altre associazioni. Dopo una iniziale apertura agli enormi problemi dei medici del lavoro si e ' tornato a discutere del sesso degli angeli, lasciando ampio spazio a coloro che sanno bene affrontare (leggi igienisti) e risolvere i problemi pratici. In conclusione: anch 'io sarei per una associazione forte, rappresentativa e GIA ' ESISTENTE. Ma sino a quando sara ' gestita cosi ' come viene gestita (a buon intenditore poche parole!) la simlii rappresenta solo se stessa. Una provocazione caro Alfonso: il sito conta migliaia di iscritti, e ' una forza. Ti dice niente questo?
Cari saluti
Caro Cristaudo, nessun preconcetto, anzi, quello che scrivi è perfettamente condivisibile, né alcuno potrebbe pensare che l’unità della nostra categoria non sia cosa buona e saggia. Ma i presupposti del tuo discorso sono sbagliati. Nuove proposte associative non spuntano nell’orto un bel mattino e per caso, ma escono fuori, prepotenti e necessarie quando chi doveva agire non lo ha fatto o lo ha fatto poco e male. Un Collega intelligente e meritorio come te, quanto meno per aver creato questo utilissimo sito, non può non essersi accorto che la Medicina del Lavoro sta perdendo clamorosamente colpi. E una ragione ci sarà. Il problema è individuarla ed è questo a cui tutti noi dobbiamo tendere.
Riconosciamo anzitutto con onestà che la nostra branca, prima con la 277 e poi con la 626, è stata baciata dalla fortuna. Ma i baci bisogna saperseli meritare e bisogna essere capaci di non disperdere nel tempo il loro potere taumaturgico.
Questo le nostre Associazioni non sono state capaci di farlo, vuoi perché non erano in grado di gestire una simile fortuna, vuoi per pigrizia, scarsa lungimiranza o quant’altro.
A mio modo di vedere le nostre Associazioni non sono state capaci di crescere con la Med Lav, i quadri dirigenti non sono stati aggiornati ai bisogni delle varie figure e alla rappresentatività effettiva.
Oggi c’è bisogno di UNA Associazione che si occupi di ricerca e al tempo stesso delle assurde spedizioni di cartelle all’ISPESL, che si occupi di cattedre e di tariffe e Centri…. Ma in realtà non c’è, e in un modo o nell’altro bisognerà cercare di crearla…certo il più unitariamente possibile.
La domanda seguente nasce spontanea: chi è disposto a fare un passo avanti e chi uno indietro nell’interesse comune?
Perché è di questo che adesso si tratta, le piccole parrocchiette, con l’aria che soffia, verranno comunque spazzate via o quanto meno danneggiate.
Abbiamo bisogno di fare quadrato, oserei dire lobby.
Chi batte un colpo dai vertici della SIMLI, dell’ANMA, dall’università ?
O parliamo sempre e solo tra noi, con gli stimati e partecipi colleghi Ramiste, Marchionni, Gandalf ai quali mando un saluto..?!
P.S. Lasciami fare un paragone calcistico, tanto per sdrammatizzare ; siamo come la Juventus, campioni stanchi, pochi stimoli, squadra da rifondare.
Ritengo interessante e davvero stimolante il dibattito che si sta sviluppando sui temi inerenti al futuro prossimo venturo della nostra disciplina, soprattutto a partire dall’articolo di Alfonso Cristaudo con le successive risposte dallo stesso suscitate.
Ben venga, a mio parere, un dibattito franco e aperto su tutti gli aspetti della nostra professione e sulle sue prospettive, facendo però attenzione – nei limiti del possibile – a non smarrire il filo conduttore che deve guidarci in questa discussione nelle finalità di un aspetto pratico, concreto, per eventuali iniziative da prendere (in qualunque direzione, beninteso), altrimenti tutto ciò rimane un mero esercizio retorico che purtroppo non ci porterà da nessuna parte.
Non sto a ripetere le argomentazioni già svolte ampiamente e con grande efficacia dal collega Cristaudo e dagli altri che mi hanno preceduto. Credo che siamo tutti d’accordo sul mantenimento di una visione il più possibile unitaria della disciplina (sia pure svolta a molteplici livelli in Enti diversi, pubblici e privati) e sul momento delicato in cui ci ritroviamo, forse di vera e propria svolta, in termini di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Adesso, secondo me, si tratta di intraprendere un nuovo percorso di maggiore partecipazione e impegno da parte di tutti i colleghi, a tutti i livelli, per rivendicare con forza le nostre idee e le nostre argomentazioni.
Certo, qui non si tratta di fare la guerra a nessuno né di contrapporsi sterilmente a chicchessia; si tratta invece di semplicemente difendere - e perché no, estendere - il raggio di azione nell’ambito delle discipline affini della sanità pubblica; di suggerire agli Enti di competenza (anche a livello legislativo) l’emanazione di procedure chiare e non equivoche, utili e non mere formalità burocratiche; di farci presente a livello politico e sindacale con la ricchezza delle nostre proposte a livello delle varie attività nei settori in cui siamo presenti; di stimolare la comunità scientifica in generale affinché iniziative e ricerche nel nostro campo abbiano maggiore rilevanza e considerazione in ambito nazionale e internazionale …… e potrei forse continuare, chissà quante cose dimentico.
Ma, se queste sono le cose che vogliamo fare (forse sarebbe meglio dire che “dobbiamo” fare), quale può essere lo strumento migliore da utilizzare ?
Oggi come oggi esistono numerose associazioni scientifiche o culturali che hanno fra i loro scopi la tutela e lo sviluppo delle attività di medicina del lavoro. La più importante, storicamente e come numero di iscritti, è sicuramente la Simili, a tutti nota e penso anche quella a cui tutti noi aderiamo (anche adesso). Può la Simili essere uno strumento adatto per quanto ci proponiamo di realizzare ? Su questo ho i miei dubbi.
Fermo restando l’appello alla massima unità di tutte le forze in campo, da qualunque settore esse provengano (purché medici del lavoro competenti), non possiamo pretendere da questa società più di quanto essa può onestamente dare. Già da tempo varie categorie di colleghi hanno pensato di staccarsi per essere più presenti e incisivi nei rispettivi ambiti, con risultati diversi e più o meno apprezzabili (penso all’ANMA o alla SNOP); persino i docenti universitari, a suo tempo, hanno deciso di fondare altra associazione (la Ramazzini) per curare più attentamente i propri interessi e discutere più liberamente di argomenti squisitamente accademici (piani di studio, tabella XVIII, scuole di spec.ne etc.). La Simili è sempre rimasta punto di riferimento e pietra angolare di noi tutti, purtroppo però la sua stessa struttura - troppo pesantemente legata all’Università – la rende poco flessibile e reattiva nei confronti di quanto accade ai livelli istituzionali del nostro paese. Certo, sarebbe auspicabile trovare un riscontro all’interno di essa, ma con quale prospettiva ? La Simili nasce come società fondamentalmente scientifica e, come tale, generalmente lontana dai temi più quotidiani e meno interessanti dal punto di vista della ricerca accademica. Chi ha tentato di smuovere le acque dentro la società ha spesso trovato scarsa attenzione all’impegno politico e sociale, talora vero e proprio disinteresse (sempre in perfetta buona fede, naturalmente, non è mia intenzione polemizzare in questa sede).
A mio parere, quindi, emerge con forza dallo stato dei fatti la opportunità e la necessità di creare una vasta aggregazione di medici del lavoro competenti per la tutela dei nostri interessi. Definiamola come meglio si crede: associazione, società, sindacato, lobby o quant’altro (l’importante è essere d’accordo su ciò che vogliamo) con l’ambizione di creare un obiettivo il più ampiamente condiviso (non si può pensare di essere sempre i soliti 4 o 5 colleghi più interessati e più solleciti a collegarsi a Internet per discutere tra noi). Se questo sarà possibile dipende dal riscontro di queste parole, di quelle già dette da me e dagli altri colleghi che si sono espressi. Io rimango a disposizione di tutti per quello che rimane da fare, anche eventualmente sentendoci direttamente via e-mail. Un cordiale saluto a tutti
Ernesto Ramistella
Ma come, mi sono distratto qualche giorno e mi ritrovo ad avere una specializzazione estinta? A parte le battute, voglio sperare che la medicina del lavoro continui ad esistere ed anzi credo che tutte le componenti illuminate della società civile e del mondo del lavoro dovrebbero condividere questa mia (nostra) speranza. L’esperienza quotidiana sugli effetti a volte devastanti degli algoritmi, della “ingegnerizzazione” selvaggia della disciplina, dell’avvento dei “colleghi” igienisti è sotto gli occhi di noi tutti, ma ahimè, molti sono ciechi. E la cecità più grave è proprio quella di coloro che dovrebbero rappresentare e difendere la categoria, ma che, chiusi nelle loro torri d’avorio, non si sono accorti di quanto stava (e sta) succedendo. Certamente, come da più parti affermato, dobbiamo fare quadrato, creare qualcosa di forte, di unitario, di compatto, qualcosa di unico, chiamatela pure lobby, chiamatela come vi pare….. qualcosa che viaggi se necessario anche autonomamente. Certo a volte mi chiedo perchè andare in motorino quando potrei viaggiare in Mercedes? E si perché noi la Mercedes (leggi SIMLII) ce l’avremmo pure, ma purtroppo gli hanno messo su il motore di una Fiat cinquecento, e quindi stenta, stenta tanto, ed alla fine si ferma, e rimane li in attesa del meccanico…..(perdonatemi la licenza automobilistica, ridivento subito serio). Altro che “forza unificante”, mi sembra che la SIMLII, con tutto il rispetto dovuto a tutti coloro che ne sono a capo, ultimamente si sia occupata seriamente solo della creazione della figura mitologica del “supermedico competente”, che di questo passo per sbarcare il lunario dovrà tornare a fare le guardie mediche…. e si, perché che me ne faccio dell’accreditamento d’eccellenza se mi “semplificano” la materia e la metà delle ditte mi dirà: “Ci spiace dottore, ma non abbiamo più bisogno di lei, sa con la nuova legge…”. Credo che il momento sia cruciale per la nostra disciplina, e per uscirne ci vorrebbe la partecipazione di tutti, la buona volontà di tutti, i buoni uffici di chi può politicamente ……l’attivismo e le riflessioni di pochi (purtroppo sempre i soliti, che saluto) potrebbero non essere sufficienti. Ma insomma se è vero (e lo è) che questo sito contiene più di 2500 mc perché a parlare siamo così pochi? Possibile che persone laureate, di più di trent’anni, abbiano paura di prendere posizione (in modo poi del tutto anonimo)? Ma di che avete paura, che il vostro vecchio professore vi sgridi oppure vi sta bene così? Possibile che le nostre associazioni già esistenti non siano in grado di parlare (e parlarsi) di cose serie? Mi sembra una situazione tipicamente italiana, alla “armiamoci e partite”. Cari colleghi, senza unità non c’è forza, senza forza non si ha voce, senza voce non si conta niente! E noi, attualmente, non contiamo niente, non ci si fila nessuno, perché chi conta nella nostra professione continua a stare chiuso nella sua torre d’avorio. Il silenzio delle associazioni già esistenti è assordante, ed è proprio questo che mette in pericolo la medicina del lavoro.
Comunque, io non mi arrendo e come me credo molti altri, invito TUTTI a far sentire la propria voce, a dare un segnale, anche di malessere, anche di disaccordo, un qualunque segno di vita e soprattutto SPERO SINCERAMENTE DI ESSERE SMENTITO DAI FATTI, di dover porgere le mie pubbliche scuse per aver dubitato dell’impegno di chi è più in lato di me e di poter presto festeggiare una associazione forte, grande, unitaria e con una voce grande così.
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
La Presidenza della SIMLII ha inviato, dietro nostra richiesta, una nota informativa sulle problematiche oggetto di discussione nel forum. Il contributo è riportato fra le News.
Naturalmente sono richiesti e ben accetti i contributi di tutte le altre Associazioni e Società che in qualche modo afferiscano alla Medicina del Lavoro.
La redazione di MedicoCompetente.it
Cari colleghi, sono un giovane specialista in medicina del lavoro e vorrei esporre i miei pensieri riguardo alla triste e ahimè irreparabile situazione della medicina del lavoro.
Quando vinsi il concorso di specializzazione, dopo aver sostenuto un durissimo esame di ammissione, con 50 partecipanti per 5 posti, ero convinto che tutti i sacrifici mi avrebbero ripagato da un punto di vista professionale futuro.
Durante l 'ultimo anno di specializzazione, vennero "sanati" gli igienisti ecc., ma non mi persi d 'animo e feci l 'esame per diventare medico autorizzato per approndire le conoscenze scientifiche.
Sono passati 2 anni e mi ritrovo, se voglio fare il medico del lavoro, a fare pazzesche escursioni in camper per alcune agenzie con un risibile profitto economico..............e parliamo ancora del futuro della medicina del lavoro?.........
Con enorme tristezza........un collega al momento.....scollegato.
Non volevo intervenire per un po’ di tempo e limitarmi soltanto a leggere le osservazioni altrui, ma mi sento tirato in ballo: caro collega PPG, sicuramente sei molto più giovane di me e pertanto mi ispiri simpatia, ma – e forse dirò una cosa scontata – gli inizi sono difficili per tutti e non si può pretendere tutto e subito, altrimenti, se vuoi, prova ad entrare in una ASL o prova a fare un’altra specializzazione, che so cardiologia e dimmi se la situazione è migliore!
Quando iniziai a fare il medico del lavoro eravamo ancora in epoca di DPR 303/56 ed i primi clienti me li guadagnai sfruttando il fatto che avendo lavorato, da studente, come pubblicista delle Pagine Gialle, sapevo cercare telefonicamente le aziende che ritenevo “bisognose” di un medico competente, nelle categorie relative; ad esempio passai ore al telefono bersagliando i “verniciatori” e mandandogli anche lettere esplicative che illustravano l’importanza dei controlli medici preventivi e periodici. Ricordo interi pomeriggi passati al telefono cercando di contattare le aziende dell’elettronica di Pomezia, area laziale che ritenevo più sensibile a queste problematiche di sicurezza.
Già in epoca di D.L. 626 il discorso dell’importanza della sorveglianza sanitaria era passato.
Personalmente ritengo che adesso gli spazi siano enormemente più ampi di allora e che la Medicina del Lavoro avrà non solo un futuro, ma un bel futuro se smettessimo un po’ di piangerci addosso e ci dessimo un po’ più da fare professionalmente e sindacalmente.
Guido Marchionni
Ringrazio le parole di incoraggiamento di nonno guido e so che sono state espresse per incoraggiare un collega al momento in crisi d 'identità.
Non vorrei dare l 'impressione di piangermi addosso ma credo che rispetto a pochi anni fa la nostra situazione lavorativa sia un poco peggiorata e la domanda che mi pongo è questa:
credete sia possibile con un articolo di legge ripianare diverse categorie e porle tutte allo stesso livello?
non è bizzarro che negli ultimi anni questo sia successo solo per la medicina del lavoro?
A presto.
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