A parte "l'on line" della denuncia, che di per sè è un ulteriore complicazione di un'opera già complessa, a parte la crociata sul tema "emersione delle MP" che pare più minatoria che finalizzata alla tutela dei lavoratori, a parte l'abitudine dei Patronati di fare vere e proprie cernite se non questue tra i neopensionati e neodisoccupati alla ricerca di qualcosa da segnalare, a parte il tentativo di "alcuni" lavoratori di arrotondare le proprie miserie economiche con possibili rendite, a parte i nefasti effetti della riforma pensionistica che espone lavoratroi usurati a rischi esponenziali rispetto a quelli intrinseci alle mansioni svolte, a parte l'idiosincrasia per la segnalazione e soprattutto per il referto che caratterizza l'ambiguo ruolo del mc............
Insomma, a parte tutto................
1) che senso ha che le denunce siano diventate quasi "obbligo esclusivo del mc" alla fine di una catena diagnostica in cui tutto è chiaro a monte del mc, ma nessuno degli esperti e specializzati colleghi si periti di fare almeno il primo certificato?
2) che senso ha fare denunce che vengono respinte poi in modo percentualmente significativo e recepite dai datori di lavoro come "sgarbo all'azienda"?
3) che senso ha che sia proprio il soggetto afflitto dai massimi conflitti di interesse ad essere depositario di questa incombenza?
La questione è particolarmente spinosa e credo meriterebbe una attenzione articolata, ben oltre le mie elementari ed ingenue considerazioni.
Mi sembra un argomento ancora attuale e meritevole di attenzione.
Proviamo ad approfondire e ad aumentare gli orizzonti reciproci?
Ve ne sarei davvero grato............
Tcam
Medici indolenti & Aziende Netgroup
https://www.facebook.com/retemedicicompetenti/
tcam il 07/04/2016 01:32 ha scritto:
A parte "l'on line" della denuncia, che di per sè è un ulteriore complicazione di un'opera già complessa, a parte la crociata sul tema "emersione delle MP" che pare più minatoria che finalizzata alla tutela dei lavoratori, a parte l'abitudine dei Patronati di fare vere e proprie cernite se non questue tra i neopensionati e neodisoccupati alla ricerca di qualcosa da segnalare, a parte il tentativo di "alcuni" lavoratori di arrotondare le proprie miserie economiche con possibili rendite, a parte i nefasti effetti della riforma pensionistica che espone lavoratroi usurati a rischi esponenziali rispetto a quelli intrinseci alle mansioni svolte, a parte l'idiosincrasia per la segnalazione e soprattutto per il referto che caratterizza l'ambiguo ruolo del mc............
Insomma, a parte tutto................
1) che senso ha che le denunce siano diventate quasi "obbligo esclusivo del mc" alla fine di una catena diagnostica in cui tutto è chiaro a monte del mc, ma nessuno degli esperti e specializzati colleghi si periti di fare almeno il primo certificato?
2) che senso ha fare denunce che vengono respinte poi in modo percentualmente significativo e recepite dai datori di lavoro come "sgarbo all'azienda"?
3) che senso ha che sia proprio il soggetto afflitto dai massimi conflitti di interesse ad essere depositario di questa incombenza?
La questione è particolarmente spinosa e credo meriterebbe una attenzione articolata, ben oltre le mie elementari ed ingenue considerazioni.
Mi sembra un argomento ancora attuale e meritevole di attenzione.
Proviamo ad approfondire e ad aumentare gli orizzonti reciproci?
Ve ne sarei davvero grato............
Tcam
La storia mi sembra chiara. Visto che non riuscivano a denunciare e a punire economicamente i MC per mancata denuncia INAIL, dal momento che la diagnosi la faceva prima un altro specialista e il MC poteva dire che se la stavano prendendo con lui quando altro specialista precedentemente non aveva adempiuto, ora hanno trovato un modo per infierire ancora contro la categoria MC.
Il problema di fondo è che ti potrebbero sanzionare solo per la mancata denuncia ... che poi l'INAIL non riconoscerà il nesso causale e non darà una lira al lavoratore poco importa. Intanto hanno fatto cassa.
Il trucco è semplice: complico le procedure così qualcuno prima o poi sbaglierà e dovrà pagare. La sostanza dell'assistenza sanitaria non importa a nessuno.
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
DPR 1124/65 art. 139: “È obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca l'esistenza, la denuncia delle malattie professionali”; dunque il medico deve “riconoscerne l’esistenza”, il che introduce almeno due variabili:
1. la SOGGETTIVITA’ del medico: ogni medico raccoglie l’anamnesi e conduce l’esame obiettivo seguendo la sua propria sensibilità, le sue proprie cognizioni, le sue proprie inclinazioni, per cui un sanitario ad esempio può cogliere segni che altri possono trascurare o ritenere meno significativi, e/o attribuire valore differente agli stessi sintomi;
2. come qualsiasi medico clinico ha direttamente sperimentato, esiste un’oggettiva, non prevedibile né eliminabile VARIABILITA’ dell’esame obiettivo, che può mutare nel tempo, anche nella stessa giornata, manifestando, amplificando o dissimulando elementi sintomatici nel volgere di un intervallo temporalmente anche molto ristretto;
pertanto la Legge stessa riconosce ed ammette una discrezionalità del medico nella denuncia di sospetta malattia professionale, che non è un’attività “automatica” o attivabile su dati standardizzati o con criteri fissi, oggettivi, prevedibili, universali ed immutabili; a mio parere tutto questo andrebbe tenuto presente quando si intende parlare di “mancata denuncia”.
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tcam il 07/04/2016 01:32 ha scritto:
A parte "l'on line" della denuncia, che di per sè è un ulteriore complicazione di un'opera già complessa, a parte la crociata sul tema "emersione delle MP" che pare più minatoria che finalizzata alla tutela dei lavoratori, a parte l'abitudine dei Patronati di fare vere e proprie cernite se non questue tra i neopensionati e neodisoccupati alla ricerca di qualcosa da segnalare, a parte il tentativo di "alcuni" lavoratori di arrotondare le proprie miserie economiche con possibili rendite, a parte i nefasti effetti della riforma pensionistica che espone lavoratroi usurati a rischi esponenziali rispetto a quelli intrinseci alle mansioni svolte, a parte l'idiosincrasia per la segnalazione e soprattutto per il referto che caratterizza l'ambiguo ruolo del mc............
Insomma, a parte tutto................
1) che senso ha che le denunce siano diventate quasi "obbligo esclusivo del mc" alla fine di una catena diagnostica in cui tutto è chiaro a monte del mc, ma nessuno degli esperti e specializzati colleghi si periti di fare almeno il primo certificato?
2) che senso ha fare denunce che vengono respinte poi in modo percentualmente significativo e recepite dai datori di lavoro come "sgarbo all'azienda"?
3) che senso ha che sia proprio il soggetto afflitto dai massimi conflitti di interesse ad essere depositario di questa incombenza?
La questione è particolarmente spinosa e credo meriterebbe una attenzione articolata, ben oltre le mie elementari ed ingenue considerazioni.
Mi sembra un argomento ancora attuale e meritevole di attenzione.
Proviamo ad approfondire e ad aumentare gli orizzonti reciproci?
Ve ne sarei davvero grato............
Tcam
Perchè dici che la denuncia è quasi obbligo esclusivo del MC? Il fatto che ora la denuncia sia obbligatoriamente online credo valga per tutti i Medici, esattamente come prima.
Mi risulta che l'INAIL stia sensibilizzando molto i MMG sul tema con corsi al riguardo... Bene, così non avranno più scuse per non farla
Mi permetto di rappresentare che l'art. 139 del DPR 1124/65 già citato non introduce alcune discrezionalità del sanitario nel denunciare o meno, poiché elenca delle malattie la cui denuncia è SEMPRE obbligatoria quando si sappia che tipo di patologia sia e se sia o meno presente il previsto fattore di rischio (per es. ipoacusia percettiva bilaterale e rumore otolesivo).
Un otorino che diagnostica una ipoacusia ad un falegname come fa a dire che è o non è professionale e quindi se sia o meno obbligatoria la denuncia all'INAIL? La legge gli dice "se è ipoacusico ed è esposto a rumore otolesivo (chi ci dice che per esempio 83 dBA non sono affatto otolesivi per quel falegname), devi fare denuncia. Sarà l'INAIL a valutare se questo nesso causale c'è o non c'è". Dunque, la discrezionalità del nesso causale è solo a carico dell'INAIL (lasciando stare la questione che l'INAIL valuta e decide se risarcire il danno o meno senza un ente terzo. Se la canta e se la suona da solo ... mah!!!).
Se questa audiometria arriva al MC e quest'ultimo non fa denuncia di sospetta malattia professionale, di chi è la colpa della mancata denuncia? Secondo me dell'otorino che l'ha visto per primo, poi magari arriva anche il MC. L'unica esimente per l'otorino potrebbe essere che si è limitato solo a fare l'audiometria ma non ha affrontato in anamnesi il problema di come mai sia diventato ipoacusico, mentre il MC si dà per scontato che sappia che c'è il rischio rumore come probabile fattore causale.
Ovviamente da non confondere l'obbligo suddetto con l'obbligo di referto/rapporto ex art. 361, 362 e 365 c.p. secondo cui " ... chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che POSSONO presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio ...". Qui sì che, se il medico non sospetta la possibile esistenza del delitto procedibile d'ufficio, è scagionato.
Ma rispetto all'elenco delle patologie a denuncia obbligatoria ex DPR 1124/65 non ci vedo alcuna possibile discrezionalità. L'unica scusante che ci vedo è che "non si sapesse" della presenza del fattore di rischio che la tabella mette in relazione con la tale patologia.
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
faggiano.danilo il 07/04/2016 01:54 ha scritto:
Mi permetto di rappresentare che l'art. 139 del DPR 1124/65 già citato non introduce alcune discrezionalità del sanitario nel denunciare o meno, poiché elenca delle malattie la cui denuncia è SEMPRE obbligatoria quando si sappia che tipo di patologia sia e se sia o meno presente il previsto fattore di rischio (per es. ipoacusia percettiva bilaterale e rumore otolesivo).
Un otorino che diagnostica una ipoacusia ad un falegname come fa a dire che è o non è professionale e quindi se sia o meno obbligatoria la denuncia all'INAIL? La legge gli dice "se è ipoacusico ed è esposto a rumore otolesivo (chi ci dice che per esempio 83 dBA non sono affatto otolesivi per quel falegname), devi fare denuncia. Sarà l'INAIL a valutare se questo nesso causale c'è o non c'è". Dunque, la discrezionalità del nesso causale è solo a carico dell'INAIL (lasciando stare la questione che l'INAIL valuta e decide se risarcire il danno o meno senza un ente terzo. Se la canta e se la suona da solo ... mah!!!).
Se questa audiometria arriva al MC e quest'ultimo non fa denuncia di sospetta malattia professionale, di chi è la colpa della mancata denuncia? Secondo me dell'otorino che l'ha visto per primo, poi magari arriva anche il MC. L'unica esimente per l'otorino potrebbe essere che si è limitato solo a fare l'audiometria ma non ha affrontato in anamnesi il problema di come mai sia diventato ipoacusico, mentre il MC si dà per scontato che sappia che c'è il rischio rumore come probabile fattore causale.
Ovviamente da non confondere l'obbligo suddetto con l'obbligo di referto/rapporto ex art. 361, 362 e 365 c.p. secondo cui " ... chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che POSSONO presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio ...". Qui sì che, se il medico non sospetta la possibile esistenza del delitto procedibile d'ufficio, è scagionato.
Ma rispetto all'elenco delle patologie a denuncia obbligatoria ex DPR 1124/65 non ci vedo alcuna possibile discrezionalità. L'unica scusante che ci vedo è che "non si sapesse" della presenza del fattore di rischio che la tabella mette in relazione con la tale patologia.
Espongo il seguente caso al riguardo.
Invio a Collega Medico del Lavoro Responsabile di un Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavoro-correlato una lavoratrice con i seguenti quesiti diagnostici: disturbo dell'adattamento? sindrome ansioso-depressiva reattiva a problematiche lavorative?
Dopo tutto l'iter diagnostico della durata di circa 1 mese (comprensivo di vari test e valutazioni psicologiche e psichiatriche) me la rimanda con la seguente diagnosi: disturbo dell'adattamento cronico.
Il disturbo dell'adattamento cronico è in lista II (codice identificativo II.7.01 - F43.2). L'agente etiologico (disfunzioni dell'organizzazione del lavoro) voglio immaginare che in Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavoro-correlato sia stato appurato... A questo punto mi domando: perché non ha effettuato la segnalazione di MP? E soprattutto: se non l'ha fatta lui ora mi devo porre il problema e devo farla io?
Sonnambulo il 07/04/2016 03:27 ha scritto:
Espongo il seguente caso al riguardo.
Invio a Collega Medico del Lavoro Responsabile di un Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavoro-correlato una lavoratrice con i seguenti quesiti diagnostici: disturbo dell'adattamento? sindrome ansioso-depressiva reattiva a problematiche lavorative?
Dopo tutto l'iter diagnostico della durata di circa 1 mese (comprensivo di vari test e valutazioni psicologiche e psichiatriche) me la rimanda con la seguente diagnosi: disturbo dell'adattamento cronico.
Il disturbo dell'adattamento cronico è in lista II (codice identificativo II.7.01 - F43.2). L'agente etiologico (disfunzioni dell'organizzazione del lavoro) voglio immaginare che in Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavoro-correlato sia stato appurato... A questo punto mi domando: perché non ha effettuato la segnalazione di MP? E soprattutto: se non l'ha fatta lui ora mi devo porre il problema e devo farla io?
Dipende cosa vuoi ottenere con la tua azione.
Se vuoi essere aderente alla norma fai la denuncia, tanto l'INAIL non la riconoscerà.
Se vuoi che il datore di lavoro sia sanzionato fai la denuncia, tanto l'INAIL si preoccuperà prima di tutto di cercare qualcosa in cui il DDL ha sbagliato pur di fare due soldi.
Se vuoi che la lavoratrice possa sperare in un risarcimento del danno fai fare la denuncia ad un patronato, che di solito ha potere contrattuale maggiore.
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
La “discrezionalità” (ma probabilmente ho usato un termine improprio o almeno equivocabile) cui accennavo, non è affatto da intendersi nel senso che vi sia una “discrezionalità del sanitario nel denunciare o meno”, come invece intende Faggiano Danilo, ma bensì, come risulta da quanto ho scritto, è riferita alla difficoltà di pervenire o meno a “riconoscere l’esistenza” di una MP, e ciò in ordine alla presunzione di sostenere una “mancata denuncia”.
Che poi una volta pervenuti a “riconoscere l’esistenza” di una MP si debba procedere alla denuncia è del tutto pacifico, ma è altra cosa da quanto intendevo evidenziare.
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https://www.facebook.com/retemedicicompetenti/
Mediconosherpa il 07/04/2016 05:20 ha scritto:
La “discrezionalità” (ma probabilmente ho usato un termine improprio o almeno equivocabile) cui accennavo, non è affatto da intendersi nel senso che vi sia una “discrezionalità del sanitario nel denunciare o meno”, come invece intende Faggiano Danilo, ma bensì, come risulta da quanto ho scritto, è riferita alla difficoltà di pervenire o meno a “riconoscere l’esistenza” di una MP, e ciò in ordine alla presunzione di sostenere una “mancata denuncia”.
Quindi, in generale, per l’infortunio è applicabile un criterio di qualificazione che utilizza dati di fatto, osservabili. In linea di principio non è sempre possibile dare un criterio oggettivo per qualificare “professionale” una malattia. Il nesso causale (che deve essere individuato per far dipendere la malattia da una “causa” dovuta all’attività di lavoro) non è in generale accertabile con certezza: per il possibile concorso di più cause (anche extra-lavorative), per il peso (difficile da quantificare) delle correlazioni. Entra in gioco la probabilità e la tecnica (dagli esiti deboli) della verifica delle ipotesi statistiche.
.................Questo problema di identificazione è ricorrente nella letteratura medica; è riconosciuto nelle tecniche assicurative; continua a avere effetti nella dottrina e nelle dispute giudiziarie. Ha caratterizzato l’itinerario normativo, imponendo il ricorso necessario (assolutamente giustificabile come soluzione pragmatica) a convenzioni”.
https://www.inail.it/cs/internet/docs/volume4.pdf
Tcam
Che poi una volta pervenuti a “riconoscere l’esistenza” di una MP si debba procedere alla denuncia è del tutto pacifico, ma è altra cosa da quanto intendevo evidenziare.
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Mediconosherpa il 07/04/2016 05:20 ha scritto:
La “discrezionalità” (ma probabilmente ho usato un termine improprio o almeno equivocabile) cui accennavo, non è affatto da intendersi nel senso che vi sia una “discrezionalità del sanitario nel denunciare o meno”, come invece intende Faggiano Danilo, ma bensì, come risulta da quanto ho scritto, è riferita alla difficoltà di pervenire o meno a “riconoscere l’esistenza” di una MP, e ciò in ordine alla presunzione di sostenere una “mancata denuncia”.
Che poi una volta pervenuti a “riconoscere l’esistenza” di una MP si debba procedere alla denuncia è del tutto pacifico, ma è altra cosa da quanto intendevo evidenziare.
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Sì sì, l'avevo capito. Per discrezionalità io mi riferivo alla possibilità del medico di dire "visto che secondo me è una malattia professionale allora faccio la denuncia, altrimenti no". Io l'avevo inteso così.
Saluti
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
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