Società di odontoiatria, con sedi in tutta Italia, mi propone l’attribuzione dell’incarico di Medico Competente con richiesta di effettuare indagine sull’HIV ai lavoratori.
Ad una prima comunicazione sul divieto di effettuare indagini su HIV ai lavoratori, come stabilito dalla Legge 130 del 1990, dall’art. 5 dello statuto dei lavoratori e dal Decreto 81, e, in ultimo, come confermato indirettamente dalla sentenza della Corte Costituzione del 2013, ricevo dall’azienda questa comunicazione:
“Buongiorno,
il controllo HIV non è finalizzato all’idoneità al lavoro del personale, lo stesso viene effettuato con tutta la modulistica e le autorizzazioni previste per verificare che il dipendente non contragga il virus nel periodo di lavoro presso l’azienda.
In tutte le altre cliniche in Italia non ci hanno sollevato il problema e, nel contempo, mi scuso per non aver inserito l’importo del sopralluogo.
In attesa di vostre comunicazioni, porgiamo cordiali saluti.”
La mia risposta
“Buon giorno,
come medico competente posso effettuare solo accertamenti finalizzati alla formulazione dell'idoneità specifica alla mansione. Gli accertamenti, avendo carattere obbligatorio, o sono consentiti dalla normativa o sono vietati. In particolare quello su HIV o anche, per esempio, quello al fine di accertare lo stato di gravidanza, sono espressamente vietati dalla legge e quindi non si possono effettuare. Effettuare accertamenti vietati dalla normativa espone il Datore di Lavoro e il Medico Competente ai gravi rischi (anche penali) e prima o poi queste violazioni potrebbero essere accertate dagli organismi competenti. Pertanto il fatto che vengano già effettuati (e siamo stupiti di questo) nelle vostre cliniche, non ne legittima l'esecuzione ed espone alle conseguenze delle violazioni citate. I nostri servizi e quello di Medico Competente vengono erogati solo nel pieno rispetto della normativa, pertanto confermiamo di non accettare l'incarico di Medico Competente in permanenza della richiesta di effettuare indagini sull'HIV ai lavoratori e diversi da quelli stabiliti nella collaborazione alla VdR.
Firmato
Dr. G. Murgia”
Cosa ne pensate
Il tema degli accertamenti in questione è un altro di quelli complessi, tra leggi, sentenze della Cassazione, linee guida e circolare interministeriale, che non li ritiene illegittimi in fase preassuntiva, ma li ammette eccezionalmente, in visita preventiva o periodica, sulla base della VdR, in ragione del rischio per terzi (in caso di contenzioso, però, bisogna poi dimostrarne l'effettiva necessità).
In questo caso, se il controllo "non è finalizzato all'idoneità", non deve essere inserito nel programma di sorveglianza sanitaria, ma nulla vieta al lavoratore di sottoporsi al test volontariamente e dietro consenso informato, "approfittando" del prelievo (anzi, a volte sono loro stessi, ovviamente se adibiti a mansioni che posso comportare tale rischio, a chiederlo), così come avviene a volte per altri esami di laboratorio non previsti dal protocollo.
Certo, bisognerebbe chiarire chi vuole "verificare che il dipendente non contragga il virus nel periodo di lavoro presso l'azienda" (e qui si potrebbe aprire una discussione sull'utilità di alcuni test sierologici in visita periodica, al di là dell'HIV, in assenza di notizia di infortunio a rischio biologico..)
E.C. Ovviamente intendevo "..circolare interministeriale, che LI ritiene illegittimi in fase preassuntiva"..
Esiste anche il caso del titolo X-bis (art.296-sexies), in particolare per gli accertamenti post-esposizione.
Sempre nel rispetto della possibilità di rifiuto del lavoratore, almeno nel monitoraggio post-esposizione pare difficile poter escludere - sempre nell' interesse del lavoratore - la esecuzione del test per HIV.
Errata corrige: art.duecentoottantasei-sexies.
PREVEMP il 13/06/2016 01:13 ha scritto:
Esiste anche il caso del titolo X-bis (art.296-sexies), in particolare per gli accertamenti post-esposizione.
Sempre nel rispetto della possibilità di rifiuto del lavoratore, almeno nel monitoraggio post-esposizione pare difficile poter escludere - sempre nell' interesse del lavoratore - la esecuzione del test per HIV.
Nel caso specifico si voleva porre la questione della liceità dell’imposizione (se è subordinato al consenso del lavoratore, non si è nell’ambito del Decreto 81 che non prevede alcun consenso all’esecuzione di qualsiasi accertamento) dell’indagine ai fini dell’idoneità alla mansione specifica e in ipotesi di un assenza di rischi per terzi condizione che ha causato la cassazione della Corte Costituzionale (sentenza n. 218 del 2 giugno 1994) degli articoli della legge n. 135/1990, nella parte in cui esclude accertamenti sanitari per verificare l’assenza di siero-positività all’infezione da HIV per l’espletamento di attività comportanti rischio per la salute di terzi. Utile leggere la circolare del Ministero della Salute e del Lavoro 12 aprile 2013 avente per oggetto: Tutela della Salute nei luoghi di lavoro: Sorveglianza sanitaria - Accertamenti pre-assuntivi e periodici sieropositività HIV - Condizioni esclusione divieto effettuazione; ma gli accertamenti in ambito lavorativo devono risultare in un giudizio di idoneità finalizzato alla tutela della salute di chi? Fatemi passare la domanda retorica. E poi, e non per importanza secondaria, le attività connesse all’esercizio degli ambulatori odontoiatrici, medici e/o assistenti alla poltrona, espongono i lavoratori al rischio, in termini di aumento della probabilità di effetto connesso all’attività lavorativa, di contrarre l’Aids?
Premetto che le assistenti alla poltrona che seguo fanno tutte il test HIV, insieme ai marker epatitici (HBV e HCV), senza problemi e aderendo con assoluta collaborazione.
La normativa la conosciamo e la circolare del 2013 già citata è in parte condivisibile. Partiamo dal presupposto che sapere se uno è HIV+ è come sapere se è HBV+ o HCV+. Di fatto al MC non cambia nulla e si dà per scontato che il DDL non sappia il risultato del test. Quindi è anacronistico vietare il test HIV e non anche quello HBV o HCV, ma questa è una mia considerazione personale.
Nella legge 135/90 si aveva la paura che il lavoratore venisse discriminato se faceva il test HIV, ma oggi immagino che tutti i MC abbiano la maturità intellettuale per valutare una eventuale positività e non farla utilizzare per la "discriminazione" (che mi sa più di pettegolezzo che di valutazione scientifica).
La circolare del Ministero 12/04/2013 rimarca questa cosa di evitare che il test possa discriminare il lavoratore HIV+. Per la serie passa il tempo ma il legislatore resta al pettegolezzo. Ma in questa circolare si dice anche una cosa, a mio modo di vedere, molto da sponsorizzare. Cioè che, qualora il MC nella valutazione dei rischi ritenga che ci sia un alto rischio di contrarre l'HIV, si deve procedere con i test sierologici anche per HIV.
Anche se a questo proposito bisogna considerare che il dentista non è che seleziona i pazienti per malattia infettiva che loro potenzialmente hanno. Non è che oggi si visitano i sospetti HIV+, domani quelli con potenziale HBV e il giovedì quelli con forse HCV!
Quindi, fare una circolare ad hoc per l'HIV vuol dire che stai rincorrendo la grettezza mentale di chi poi dovrà gestire l'informazione, altrimenti devi fare una circolare anche per le epatiti (in caso di infortunio a rischio biologico si screenano HIV; HBV e HCV infatti).
In sintesi la mia opinione personale è che, se sul posto di lavoro c'è il rischio di beccarsi una qualche malattia infettiva come HIV, HBV o HCV, i test sierologici sono giustificati. Ma sono giustificati certamente NON per dare o meno la idoneità alla mansione specifica (questo può riguardare pochissimi lavoratori, penso a quelli costretti ad una certa promiscuità degli ambienti come i militari in missione fuori area), quanto per quello che il MC deve comunque fare che è la prevenzione secondaria (la diagnosi precoce). Il MC deve verificare, oltre alla idoneità, che il lavoratore non si stia ammalando per colpa del lavoro e nel caso del rischio biologico come fai a dirlo se non gli fai le analisi specifiche?
Infine (che come al solito sono andato lungo), se io faccio il test HIV (e ovviamente non faccio solo quello, ma ci aggiungo anche le epatiti) a tempo zero e lo ripeto periodicamente, mi accorgero di una eventuale sieroconversione. Questo serve al lavoratore per andare a curarsi precocemente, ma serve anche all'INAIL per accertare che magari la malattia il lavoratore ce l'aveva già prima di iniziare a lavorare e che, se magari si scopre che è HIV/HBV/HCV+ dopo anni di lavoro, la colpa non è del DDL. Per la valutazione del nesso causale è fondamentale credo.
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
Scusa, gianfranco-murgia, ma forse mi sfugge qualcosa..
Prima riporti il testo della tua risposta alla società in questione, nella quale scrivi che il test HIV è espressamente vietato dalla legge, poi sostieni che sia utile - ed effettivamente lo è - leggere una circolare interministeriale che, invece, ammette la possibilità di effettuarlo nell'ambito della sorveglianza sanitaria, previa approfondita valutazione del rischio specifico, ecc. (peraltro, in tal caso, consiglio caldamente di far firmare il consenso informato, anche se il DLgs 81/08 formalmente non ne prevede..)
Ora, al di là di questo, il tema è l'utilità dei test sierologici e personalmente sono d'accordo solo il parte con faggiano.danilo.
La condizione di sieronegatività per HIV e HCV attualmente non è uguale a quella per HBV a fini preventivi, perché per quest'ultimo esiste un vaccino; per la verità non lo è nemmeno la sieropositività, ad esempio dove ci sia un alto rischio TBC (ma non è il caso delle assistenti alla poltrona).
In linea generale ed escludendo questi particolari contesti, test HIV e HCV trovano giustificazione soprattutto in caso di infortunio a rischio biologico, ovviamente in presenza di procedure post-esposizione ben codificate, per cui, se faccio il test immediatamente dopo l'infortunio, ho lo stesso tempo zero di una preventiva.
Da ultimo, ammettendo di riscontrare una sieroconversione in sede di visita periodica, come potrà essere dimostrata la correlazione con l'attività lavorativa (e quindi che il lavoratore "si stia ammalando per colpa del lavoro") in assenza di segnalazione di infortunio..?Potrebbe essere stato contagiato dal dentista, per rimanere in tema..
Le indagini epidemiologiche sulle infezioni occupazionali da HIV, del resto, prendono in considerazione i lavoratori "esposti", nel senso di "infortunati".
lanfraz il 14/06/2016 07:14 ha scritto:
Scusa, gianfranco-murgia, ma forse mi sfugge qualcosa..
Prima riporti il testo della tua risposta alla società in questione, nella quale scrivi che il test HIV è espressamente vietato dalla legge, poi sostieni che sia utile - ed effettivamente lo è - leggere una circolare interministeriale che, invece, ammette la possibilità di effettuarlo nell'ambito della sorveglianza sanitaria, previa approfondita valutazione del rischio specifico, ecc. (peraltro, in tal caso, consiglio caldamente di far firmare il consenso informato, anche se il DLgs 81/08 formalmente non ne prevede..)
Ora, al di là di questo, il tema è l'utilità dei test sierologici e personalmente sono d'accordo solo il parte con faggiano.danilo.
La condizione di sieronegatività per HIV e HCV attualmente non è uguale a quella per HBV a fini preventivi, perché per quest'ultimo esiste un vaccino; per la verità non lo è nemmeno la sieropositività, ad esempio dove ci sia un alto rischio TBC (ma non è il caso delle assistenti alla poltrona).
In linea generale ed escludendo questi particolari contesti, test HIV e HCV trovano giustificazione soprattutto in caso di infortunio a rischio biologico, ovviamente in presenza di procedure post-esposizione ben codificate, per cui, se faccio il test immediatamente dopo l'infortunio, ho lo stesso tempo zero di una preventiva.
Da ultimo, ammettendo di riscontrare una sieroconversione in sede di visita periodica, come potrà essere dimostrata la correlazione con l'attività lavorativa (e quindi che il lavoratore "si stia ammalando per colpa del lavoro") in assenza di segnalazione di infortunio..?Potrebbe essere stato contagiato dal dentista, per rimanere in tema..
Le indagini epidemiologiche sulle infezioni occupazionali da HIV, del resto, prendono in considerazione i lavoratori "esposti", nel senso di "infortunati".
Ok per la questione trasmissione in caso di infortunio a rischio biologico, ma non dobbiamo dimenticare la possibilità di trasmissione parenterale inapparente. Sarà pure una cosa difficile a realizzarsi nel caso degli odontoiatri, ma non impossibile. Credo che, in caso di eventuale sieropositività di un lavoratore che prima non ha fatto il test HIV e che scopre di essere positivo per motivi vari successivi, il MC uscirebbe prima dal problema dimostrando di aver fatto il test piuttosto che andare a giustificarsi sul perchè non l'ha fatto.
Io sono dell'opinione che è meglio un esame in più che uno in meno e stare sicuri che si è fatto tutto ciò che si poteva fare per prevenire danni alla salute. Come dicevano in uno spot "prevenire è meglio che curare" :-)
Nel caso esposto da Murgia la diatriba mi sembra superabile per vari motivi:
- i lavoratori fanno di solito il test di buon grado (proprio perchè operano in ambito sanitario e sanno i rischi che si corrono);
- i costi delle analisi sembra che il datore di lavoro li voglia sopportare senza polemiche (tanto che ha chiesto esplicitamente di farle);
- il risultato degli esami è tutelato dal segreto professionale (quindi l'unico a dover gestire l'informazione sarà il MC e certamente non ne farà una discriminazione).
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
Sul caso in questione concordo con te.
Mi è sembrata una richiesta di preventivo nel quale includere il test, a spese del datore di lavoro, dietro consenso informato dei lavoratori (la modulistica e le autorizzazioni citate). D'altronde il ddl non può imporre alcunché, nemmeno una visita o una spirometria.
Ma magari non è così, perché gianfranco-murgia avrà sicuramente approfondito la motivazione della richiesta prima di rispondere.
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