A me sembra che l’intervento del Dr. Ossicini della Sovraintendenza Medica Generale dell 'Inail pur puntiglioso nelle critiche al collega Ramiste, non aggiunga molto a quanto dettagliatamente espresso da quest’ultimo nel suo precedente articolo sulle M.P.
Prendo atto – grazie a quanto scritto dal Dr. Ossicini - del certosino lavoro della Commissione preposta alla revisione di dette malattie, ma, dal nostro punto di vista, perlomeno Ramiste sollevava delle perplessità che rimangono tali anche dopo l’intervento del collega dell’Inail, e meno male che “lavorando all’Inail” non ha notato confusione tra i medici del lavoro sulla differenza tra art. 53 e art. 139 del T.U. (problema del resto secondario.)
In sostanza a me sembra che adesso, dopo il nuovo elenco delle M.P. denunciabili, così come afferma il collega Ramiste, bisognerà stare molto attenti anche a non omettere di segnalare con denuncia ad es. “spondilodiscopatie del tratto lombare” riscontrate su soggetti addetti a movimentazione manuale dei carichi, oppure “meniscopatie” riscontrate su un edile che magari si fa pure qualche partita di calcio, o le lamentazioni configurabili in “mobbing” di una ragazza discriminata nella sua professionalità…Stesso dicasi per un Dupuytren riscontrato su un lavoratore polacco (vedi la maggiore insorgenza di dette patologie nelle popolazioni dell’est Europa), in quanto detta affezione rientra tra le “malattie denunciabili” di “possibile origine lavorativa” di cui alla lista III.
Per carità, non voglio mica minimizzare dette condizioni morbose, e peraltro ho quotidiani conflitti con i datori di lavoro su queste tematiche e sulla necessità di rispettare le norme di sicurezza in questo settore, ma rimane il fatto che le perplessità di Ramiste circa la quotidianità di alcune patologie anche sulla popolazione non soggetta a rischio sono condivisibili dalla stragrande maggioranza dei colleghi che operano sul campo e non mi pare che su questo il Dr. Ossicini aggiunga qualcosa.
E condivido anche gli interrogativi sul ruolo che svolgeranno le ASL nei prossimi anni, magari con controlli serrati delle cartelle sanitarie finalizzate alla ricerca di qualcuno di questi quadri patologici…
Ci si augura, in sostanza, che dagli enti preposti, anche l’Inail, venga qualche contributo più chiarificatore.
Guido Marchionni
Caro Nonnoguido,
Mi sembra inevitabile che il collega dott. Ossicini difenda a spada tratta l 'operato della commissione di cui ha fatto parte.
Peraltro è da rilevare come le commissioni, sia delle nostre amate società che quelle nominate dai ministeri sono, incidentalmente, composte SEMPRE o quasi dagli stessi nominativi.
Questi colleghi, senza voler nulla togliere al loro operato, con qualche limitata eccezione, raramente si endono conto che, quanto da loro stabilito, a volte non è applicabile nella "vita reale", nella pratica quotidiana.
Ti richiamo, a questo riguardo, all 'articolo pubblicato recentemente su ISL, dal collega Del Nevo.
Credo che abbia pienamente centrato le problematiche in cui noi tutti (o quasi) ci scontreremo quotidianamente , nella nostra pratica.
Ma "ubi major..." Per cui. Alè, nobili "medici competenti del lavoro". Armiamoci e... Partiamo.
Buona settimana e buon lavoro a tutti.
Peppe
".. la posta in giuoco è suprema e richiede che ognuno si assuma le proprie responsabilità attraverso il vaglio della propria coscienza". B.M. 2 aprile 1925
Devo dire che sono stato positivamente colpito dalla “replica” al mio articolo sul decreto 27.4.2004 (“Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ….” ) da parte del collega Adriano Ossicini, che peraltro ringrazio per l’attenzione e per le molte utili precisazioni sull’argomento. Premetto – affinché sia ben chiaro - che intervengo brevemente in questo forum non per alimentare sterili polemiche o perché sono rimasto “infastidito” dal tono della replica .…... il mio unico intento è esclusivamente quello alimentare un dibattito civile e pacato su questioni concrete che ci riguardano tutti, da una parte o dall’altra; non credo possano esserci steccati o barricate tra i colleghi che si occupano di questioni inerenti alla nostra specialità, cioè la Medicina del Lavoro.
Riconosco la mia difficoltà alla conoscenza dei lavori della commissione che si è occupata della stesura del testo, io mi sono limitato a far riferimento e commentare quanto pubblicato sulla G.U. In effetti è condivisibile l’affermazione che oggi molte malattie “professionali” siano di difficile diagnosi e difficile attribuzione ad agenti occupazionali e ambienti di lavoro, tanto che per molte patologie oggi si parla - forse più propriamente - di “malattie correlate al lavoro” (work related diseases). Le più recenti scoperte sul polimorfismo genetico e le diverse capacità di metabolizzare sostanze chimiche presenti nell’ambiente di lavoro possono spiegare la variabilità individuale e la differente suscettibilità ad ammalare da parte di lavoratori esposti allo stesso modo allo stesso agente per lo stesso tempo. Tuttavia forse in alcuni casi è possibile trovare una “certezza” di origine per alcune patologie che si riscontrano nella popolazione generale, dovuta alla storia lavorativa e alla concreta valutazione dell’esposizione del lavoratore malato (spesso, purtroppo, di difficile individuazione), sempre in accordo con i criteri medico-legali richiamati dal collega Ossicini sui quali concordo pienamente.
Sul fatto che il decreto possa costituire la anticipazione della lista delle malattie professionali (decreto 336/94) credo siamo concordi tutti; non mi sembra di aver espresso l’opinione che le malattie indicate come di “elevata probabilità” siano da includere automaticamente nella eventuale Tabella di futura emanazione, ma se così è stato vi prego di scusarmi per il malinteso.
Per quanto riguarda l’appaiamento tra le malattie indicate nel nuovo decreto, soggette a denuncia obbligatoria, e malattie tabellate mi sia consentito di chiarire quanto segue.
Ho sempre pensato che l’art. 53 del T.U. 1124/65 riguardasse la denuncia di infortunio o malattia professionale – obbligo del datore di lavoro – mentre invece l’art. 139 la segnalazione della malattia professionale – obbligo del medico – all’organo di vigilanza territorialmente competente. In effetti, pur utilizzando lo stesso termine (“malattie professionali”) il testo distingue all’art. 3 le “malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 4 ……” mentre all’art. 139 fa espresso riferimento alle “malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del …….” (decreto preso in esame nella nostra discussione). Da ciò conseguirebbe che esistono due tipi di malattie professionali: quelle tabellate e quindi da denunciare all’Ente assicuratore per il tramite del datore di lavoro (art. 53) e altre, invece, senza diritto di cittadinanza - per così dire – ma da segnalare obbligatoriamente al servizio ASL territorialmente competente, ma a questo punto quasi non se ne comprende il perché: … a scopo statistico ? …. per consentire ispezioni sul luogo di lavoro ? … per individuare livelli precocissimi di danno alla salute di natura occupazionale ?
Al di là di questioni puramente formali e di interpretazioni eccessivamente “leguleie” a questo punto vorrei fare un esempio concreto. Supponiamo che un medico, nel corso della sua quotidiana attività professionale (non penso solo ai MeLC - medici del lavoro competenti - ma anche ai medici di base, agli specialisti di altri settore etc.) si imbatta un in una delle patologie elencate nel DM preso in esame. In base alla vigente normativa, questo professionista ha l’obbligo (sottolineo, l’obbligo) di denunciare questa patologia all’organo di vigilanza territorialmente competente. Fin qui tutto fila ….. ma il professionista non deve informare anche il soggetto della sua patologia ? E’ ovvio presumere di sì, ovviamente, così come è ovvio supporre che a questo rilasci una ulteriore certificazione, identica (o comunque analoga) a quella inviata al servizio ASL.
E a questo punto il soggetto cosa farà di questa certificazione ? La riporrà a casa in un cassetto oppure la esibirà al proprio datore di lavoro, affinché venga inviata – assieme alla denuncia, famoso “modello C” – all’Ente assicuratore ?
A questo punto sorge il quesito del comportamento della locale sede INAIL: la pratica sarà sbrigativamente archiviata poiché “trattasi di malattia non tabellata” (cosa che francamente mi riesce difficile credere) oppure dovrà esperire una sia pur minima pratica istruttoria, amministrativa e sanitaria, per verificarne la eventuale congruità di quanto segnalato, anche alla luce del cosiddetto sistema “misto” scaturito dalla sentenza della Corte costituzionale ?
Mi auguro di aver chiarito la mia posizione e di aver contribuito al dibattito sul tema, anzi credo sarebbe interessante sentire altre voci (docenti universitari, colleghi dei servizi territoriali o ospedalieri di Medicina del Lavoro etc.) dire la loro su questo interessante e attuale argomento.
Cordiali saluti a tutti
Ernesto Ramistella
Una doverosa notazione al mio precedente quanto polemico intervento. Ricevo oggi, dal dott. Ossicini, la precisazione che non ha mai fatto parte della commissione di cui all 'articolo 10. Mi scuso, ovviamente, coi colleghi per l 'inesattezza.
Secondo il mio modestissimo parere il nuovo elenco circa le malattie professionali anche se un po confusionario o eccessivo in taluni punti, pone un maggior divario tra i professionisti "veri" della salute occupazionale e gli avventurieri.
Dobbiamo infondere sempre più la cultura della prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro isolando gli opportunisti di turno...la medicina del lavoro è "una cosa seria".
Un saluti a tutti.
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