Buonasera, mi è stato posto un quesito che per confronto vorrei porre alla vostra attenzione: se una azienda decide di interrompere un rapporto di collaborazione con un singolo medico competente, rinnovando poi la nomina con altro professionista, potrebbe far rivisitare alcuni dei dipendenti per i quali l' idoneità non è ancora scaduta, con la motivazione che magari il nuovo medico ha modificato il protocollo sanitario per cui gli stessi potrebbero ricevere un giudizio differente? A me pare proprio di no..un certificato è valido fino alla sua naturale scadenza..ne risponde il medico precedente pur non avendo la nomina . Che ne pensate? Grazie.
Sono d'accordo.
L'argomento evidenzia, piuttosto, una assurdità di cui non riusciamo - o non vogliamo - liberarci: le differenze, spesso marcate, e come tali inaccettabili, dei protocolli proposti dai diversi medici competenti per attività e rischi simili o identici.
Come pretendiamo di essere credibili, come categoria, su queste basi?
Milvio sono d'accordo con te..inoltre c'è da evidenziare che oltre ai protocolli diversi per i medesimi rischi applicati da diversi specialisti anche la "vigilanza" si comporta in maniera diversa in ASL diverse.
Alcuni servizi di vigilanza consigliano alcuni protocolli altri diversi anche con le stesse mansioni!
Della serie ognuno dice la sua!!
Beh, stiamo dicendo la banale realtà.
Secondo voi un DDL non potrebbe scegliere un MC piuttosto che un altro proprio in virtù del diverso protocollo sanitario, sapendo che magari un MC fa fare meno esami integrativi o con una periodicità più ampia e quindi facendo risparmiare il portafogli?
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
Per quanto ne capisce il dl di medicina del lavoro, per lui l'unico parametro sul quale regolarsi è il costo.
Tuttavia, se quantomeno ci metessimo d'accordo sui contenuti, il prezzo potrebbe anche variare dall'uno all'altro mc senza metterne in discussione la serietà.
Il problema è che spesso si taglia su esami che, secondo me, sono fondamentali anche perché previsti da norme specifiche (alcol-droghe o BEI, ad es.); poi, ognuno può ritenere utile o inutile un ECG piuttosto che un emocromo, o farsi carico della somministrazione dei vaccini piuttosto che lasciarli prescritti (e constatare al giro successivo che quasi nessuno se ne è preoccupato). Ma è proprio la situazione attuale, quella che ha portato i vari Ribaudo-Sacconi e C. a trarre le conclusioni che ci hanno tanto offeso.
Purtroppo allo stato attuale delle cose la Medicina del Lavoro, per la maggior parte dei casi, si è grossolanamente e commercialmente involuta in questo senso: il minor costo viene prediletto a maggior ragione in tempi di vacche magre.
Questo come ribadito da più parti e da tempo è solo uno dei vulnus che affligge ab origine la nostra disciplina e che insieme ad altri contribuisce a renderla del tutto e peculiare ed assolutamente non paragonabile alla libera professione di altri Colleghi di branche differenti -contrariamente a quanto affermato da esimi Colleghi in questo stesso forum. Nelle altre branche della Medicina chi si rivolge al libero professionista e lo paga è al centro della prestazione stessa in qualità di "persona malata" che ha quindi tutto l'interesse per la qualità della prestazione, lasciando il costo come ultimo parametro di valutazione della stessa, se non addirittura escludendolo (il costo) dal novero dei parametri che definiscono la prestazione e che portano alla scelta di questo o quel professionista, questa o quella struttura.
Ormai da tempo versiamo nella condizione del visitificio-esamificio, tanti sono i segnali lugubri in tal senso, primo tra tutti la percezione che si ha della "nostra visita" da tutte le parti sociali (datori di lavoro, lavoratori, addirittura ora si permettono di metterlo nero su bianco in un DDL!! Che vergogna!!). E' un risultato facilmente pronosticabile analizzando come si siano evolute le cose dal 94 ad oggi. Per come stanno messe ora le cose -senza generalizzare ma con buona approssimazione- sarebbe quanto meno risibile definire quella attuale Professione (e tanto meno libera): siamo piuttosto dinanzi al triste epilogo di una fine annunciata da tempo.
"Felicius curari a medico popularem gentem quam nobiles et principes viros."
La domanda per la verità pone un caso in cui il costo sembra non essere rilevante: se il DL fa "rivisitare" i lavoratori prima della scadenza, per quanto "cheap" sia il nuovo MC, il DL spende comunque di più. Zandor non riferisce le motivazioni del cambio di MC quindi sulle stesse non è possibile fare alcuna congettura.
Per rispondere al quesito: innanzitutto la visita "a richiesta del datore di lavoro" non è prevista dalla legge, e quindi è vietata ai sensi dell'art. 5 Legge 300/70, a meno che non sia richiesta all'ASL. Le visite mediche ai lavoratori non sono fatte perché lo richiede il datore di lavoro, ma perché lo impone la legge nei casi di cui all'art. 41.
L'unico che può richiedere una nuova visita, prima della scadenza (se non intervengono altre vicende tipo cambio di mansione o assenza per motivi di salute) , oltre al lavoratore (nei due differenti casi di visita a richiesta: art. 41 comma 1 lett. b e comma 2 lett. c) è il MC stesso, visita che diviene obbligatoria per il lavoratore ai sensi dell'art. 20, c.2 lett. i). In pratica: è il MC l'unico che, se "non si fida" del predecessore, o della valutazione dei rischi sulla base della quale sono state effettuate le visite precedenti, in assenza di variazioni oggettive quali quelle sopra elencate, può disporre una "rivisita". E qui divengono attuali e appropriate tutte le osservazioni precedenti su protocolli il più possibile condivisi, fermo restando che alla fine, essendo il MC responsabile (anche penalmente) in caso di inadempienza o negligenza, l'ultima parola spetta comunque al MC incaricato.
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