secondo la totalità dei dvr disponibili on-line , il rischio biologico nelle scuole é limitato alle scuole materne , mentre nelle altre scuole ( primarie e secondarie, università) il rischio sussiste solo per gli insegnanti di sostegno che entrano più a diretto contatto con gli alunni.
Tuttavia i recenti decessi per meningiti riaprono la questione sul rischio biologico a scuola ed anche nelle università ( due decessi a Milano).
La filosofia corrente suggerisce che si tratti di un rischio non prevenibile , una fatalità.
Tuttavia , se si và indietro nel tempo, la storia della medicina del lavoro insegna che molte delle malattie professionali all'inizio erano considerate fatti rari , fatalità , o addirittura non professionali .Il discorso è aperto e
spero che si avranno chiarimenti degli esperti in materia.
Se poi affrontiamo il discorso delle insegnanti gestanti , i soggetti a rischio sono due , ovviamente. Secondo il mio modesto parere di medico competente la legislazione in materia di tutela della donna in gravidanza è piuttosto arretrata . Ormai molte donne ricorrono ai test genetici anche se hanno meno di 35 anni , ed i ginecologi prescrivono esami infettivologici sempre più sofisticati. Anche in questo caso spero che esperti in materia contribuiscono a fornire elementi anche legislativi più aggiornati.
Nel frattempo il medico competente operante nel settore si trova ancora una volta in una difficile situazione .
Ti confesso che non ho capito bene il senso del tuo intervento. Premesso che non siamo davanti ad una emergenza epidemiologica (contatti tra il personale trattati con profilassi antibiotica in un ospedale sono all'ordine del giorno) non mi è chiaro dove vuoi andare a parare (o se preferisci quale dubbio ti attanaglia).
Il rischio biologico, ai sensi del D.Lgs. 81/08, non è un rischio proprio di nessuna scuola, salvo che nelle scuole ove esistono laboratori in cui si fa uso deliberato di agenti biologici di gruppo superiore al gruppo 1.
Il "rischio biologico" nelle scuole materne è una invenzione di qualcuno (anche qualche operatore ASL o DTL) a cui piace "interpretare" a suo piacimento la legge ipotizzando rischi specifici laddove non ci sono; oppure di qualche "collega" interessato a fare sorveglianza sanitaria a tutti: se esiste il rischio, infatti, la sorveglianza sanitaria è obbligatoria ai sensi dell'art. 279 comma 1. In una scuola materna o in un asilo nido, il rischio di contrarre malattie infettive non è diverso da quello che si corre in qualsiasi luogo in cui tra i presenti vi siano soggetti ammalati o portatori.
La valutazione del rischio biologico nelle scuole materne/asili è legato alla presenza di possibili epidemie di malattie tipiche dell'infanzia e che possono essere trasmesse ad un adulto. il rischio, in disaccordo con chi mi ha preceduto, è ben diverso da "qualunque luogo in cui tra i presenti vi siano soggetti ammalati o portatori". Al di là delle considerazioni su eventuali vaccinazioni, è molto più probabile essere contagiati dalla rosolia (ad esempio) in un asilo nido che non lavorando in banca. Quindi, trattandosi di rischio specifico di quell'ambiente di lavoro, deve essere tenuto in considerazione dal Medico Competente. Per la meningite, invece il discorso è ben diverso, non essendo una malattia infettiva tipica di qull'ambiente di lavoro. In passato, la meningite (da leptospira), per carenza di adeguati dispositivi di protezione, era la malattia dei giovani porcai.
bernardo il 18/12/2016 05:07 ha scritto:
Il rischio biologico, ai sensi del D.Lgs. 81/08, non è un rischio proprio di nessuna scuola, salvo che nelle scuole ove esistono laboratori in cui si fa uso deliberato di agenti biologici di gruppo superiore al gruppo 1.
Il "rischio biologico" nelle scuole materne è una invenzione di qualcuno (anche qualche operatore ASL o DTL) a cui piace "interpretare" a suo piacimento la legge ipotizzando rischi specifici laddove non ci sono; oppure di qualche "collega" interessato a fare sorveglianza sanitaria a tutti: se esiste il rischio, infatti, la sorveglianza sanitaria è obbligatoria ai sensi dell'art. 279 comma 1. In una scuola materna o in un asilo nido, il rischio di contrarre malattie infettive non è diverso da quello che si corre in qualsiasi luogo in cui tra i presenti vi siano soggetti ammalati o portatori.
C’è un costante richiamo da parte di vari organismi (anche OMS e Ministero della Salute) circa la necessità di vaccinare adulti per MPR. Dopo le campagne deleterie degli anni scorsi sulla falsa associazione Vaccinazione anti morbillo/Autismo, c’è una ripresa della circolazione dei tali virus in bambini in età scolare e adulti. Personalmente contino a vedere almeno il 15-20% di sanitari non protetti per rosolia e che vaccino da adulti. Anche la popolazione generale si sta avviando su tale situazione. Una qualche riflessione, visto i periodi di incubazione e infettività per tali malattie, andrebbe rivolta anche alla scuola: non è vero che non c’è rischio biologico, in particolare per donne in età riproduttiva. La valutazione del rischio (ad es. con criteri epidemiologici) e almeno una visita preventiva con valutazione dello stato vaccinale dovrebbero essere effettuate e non certo per motivi commerciali.
mtrinchi il 14/12/2016 08:03 ha scritto:
secondo la totalità dei dvr disponibili on-line , il rischio biologico nelle scuole é limitato alle scuole materne , mentre nelle altre scuole ( primarie e secondarie, università) il rischio sussiste solo per gli insegnanti di sostegno che entrano più a diretto contatto con gli alunni.
Tuttavia i recenti decessi per meningiti riaprono la questione sul rischio biologico a scuola ed anche nelle università ( due decessi a Milano).
La filosofia corrente suggerisce che si tratti di un rischio non prevenibile , una fatalità.
Tuttavia , se si và indietro nel tempo, la storia della medicina del lavoro insegna che molte delle malattie professionali all'inizio erano considerate fatti rari , fatalità , o addirittura non professionali .Il discorso è aperto e
spero che si avranno chiarimenti degli esperti in materia.
Se poi affrontiamo il discorso delle insegnanti gestanti , i soggetti a rischio sono due , ovviamente. Secondo il mio modesto parere di medico competente la legislazione in materia di tutela della donna in gravidanza è piuttosto arretrata . Ormai molte donne ricorrono ai test genetici anche se hanno meno di 35 anni , ed i ginecologi prescrivono esami infettivologici sempre più sofisticati. Anche in questo caso spero che esperti in materia contribuiscono a fornire elementi anche legislativi più aggiornati.
Nel frattempo il medico competente operante nel settore si trova ancora una volta in una difficile situazione .
Tendo ad essere d'accordo con Bernardo ma ritengo che sia un'offesa affermare che la legislazione in materia di tutela della donna in gravidanza sia arretrata quando credo che ancora oggi che ha 15 anni (almeno la 151) sia la più avanzata d 'Europa.Bisognerebbe conoscerla bene e tutta.
Io invece sono perfettamente allineata con "Bernardo": quando parliamo di malattie infettive, che siano prevalentiquelle c.d. infantili o meno e sottolineo il cosiddette, stiamo parlando di igiene pubblica, e l'igiene del lavoro è sempre e soltanto una branca dell'igiene pubblica in senso molto più lato.
Con questo, non intendo affatto nè sminuire nè ignorare il rischio, ma dico che esso va riportato nel suo ambito pertinenziale e come tale correttamente inquadrato nella Valutazione dei Rischi e quindi nel Documento di cui all'art. 29.
A me pare ovvio che il rischio di diffusione di epidemie sia da considerarsi, e non come rischio professionale in senso stretto bensì piuttosto per quello che è, cioè un rischio "igienico". Come tale, va inquadrato non in ambito di Titolo X bensì in quello del Titolo II sulla salubrità degli ambienti di lavoro.
Per quello che riguarda poi la tutela della maternità, vi ricordo che il d.lgs 39/2016 non ha "modificato e integrato" solo la parte del coso 81 relativa al rischio chimico cancerogeno e mutageno ma giustappunto anche quella riguardante gli elenchi generali di rischi attenzionati nel d.lgs. 151/01.
Se anche recentemente mi sono spesa di nuovo, e non poco, sull'assoluta necessità che il DdL sia affiancato SEMPRE da un MC quando passa a valutare i rischi sanitari cui sono o possono essere esposti i lavoratori nelle proprie attività, è stato anche per questo: non si può pretendere da un pur ottimo RSPP di essere in grado di valutare autonomamente livello e modalità di prevenzione del rischio alla sorgente nei confronti di "gruppi omogenei esposti a rischi particolari" cui - beninteso a mio avviso - appartengono per certo le lavoratrici in età fertile, o in stato di gravidanza o in allattamento.
Ma esattamente come vi appartengono gli ultra 50enni ed oltre, i portatori di problematiche dismetaboliche, gli obesi, gli scoliotici, nonchè tutti i vari "invalidi abili al lavoro" che spesso ritroviamo in numerosissime realtà.
Prevenzione è anche persona giusta al posto giusto nel momento giusto.
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Vi riporto quanto previsto dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale attualmente in vigore. Nella sezione “Le vaccinazioni per soggetti a rischio per esposizione professionale” si legge” Operatori scolastici: personale che lavora a contatto con neonati, bambini o adolescenti può beneficiare di determinate vaccinazioni. In particolare, chi è a contatto con bambini nelle prime fasi di vita è a rischio sia di contrarre patologie infettive tipiche dell’infanzia, sia di essere esso stesso veicolo di infezione. Pertanto sono consigliate tutte le vaccinazioni a copertura delle patologie tipiche dell’età infantile”. A parte che le affermazioni sono veritiere (cioè il rischio di ammalarsi o trasmettere infezioni a scuola e quindi sussiste almeno l'obbligo di procedere alla valutazione di tale rischio) anche in considerazione dell'obbligo di tener conto nella valutazione del rischio dalle informazioni diffuse dalle autorità sanitarie sancite dall'art. 271 dell'81 mi sembra che tanto l'RSPP che il MC dovrebbero preoccuparsi di tale rischio.
il RSPP è designato dal DdL per organizzare e sovraintendere il SPP, cfr. art. 32.
La Valutazione dei Rischi, ex art. 17 di coso 81, è OBBLIGO, addirittura indelegabile, del DdL. E se è vero, come è vero, che il DdL come cittadino italiano è tenuto in pura teoria a conoscere la Legge, è il medico che -per competenza professionale specifica e specificamente normata- può validamente supportarne la figura in posizione di garanzia.
Quindi, permettermi di farti notare che nei corsi abilitanti a ricoprire il ruolo di RSPP si parla di rischi occupazionali mentre le malattie infettive tipiche dell'infanzia a maggior ragione non lo possono essere.
Rientriamo quindi nell'ambito della igiene pubblica, tanto è vero che di parla del poter essere a propria volta veicolo di infezione.
E' come confondere l'igiene degli alimenti con l'igiene professionale: il compiuto rispetto dell'una esclude in sè un rischio nella seconda, persino per la macellazione e, a maggior ragione, per l operazioni ad essa successive...
Vi ribadisco: io non dico che non si debbano valutare questi aspetti, anzi, l'opposto. Io dico che devono essere valutati a monte del Titolo X sul rischio occupazionale biologico, sia in merito alla generale "salubrità" degli ambienti di lavoro, sia in merito alle procedure di attuazione delle mansioni nel rispetto delle norme di igiene appunto pubblica (o ambientale, vedete voi come vi piace dipiù chiamarle), sia in merito all'organizzazione del lavoro inerente dalle attrezzature, tensili e macchinari sino agli eventuali DPI. Tutti argomenti che nel d.lgs. 81/08 sono trattati a monte degli specifici rischi professionali dei quali si specificano tanto le condizioni di sussistenza che le modalità valutative, tra articolato e allegati.
Nofer
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