cari colleghi, gradirei un consiglio per quanto riguarda il caso di un dipendente di una mia azienda. 45 aa, (INV. CIV 55% per asma allergico discopatie multiple Ipotiroidismo) gli è stato applicato un pacemaker per un blocco AV mobitz II. Operaio settore produttivo azienda plastica (indotto automobilistico)attualmente addetto stampaggio plance ora si rifiuta di lavorare con le presse ad ultrasuoni e a lama calda e le saldatrici ad ultrasuoni perchè a suo dire il cardiologo gli ha vietato l'esposizione a tali macchine. L'azienda vuole trovargli una collocazione più idonea alla sua situazione, in quanto lamenta anche diminuzione della forza del braccio sx dopo l'intervento, ma non può lasciarlo per sempre alla rifilatura. Avete esperienze in merito?
la lavorazione in oggetto interferisce col pacemaker, proprio per i motivi che hai citato. Ho avuto un'esperienza identica, ma il pacemaker era vescicale (a comando e non automatico), Ebbene si attivava da solo!
rocco lucchetti
In realtà i timori del lavoratore non sono del tutto infondati. Partiamo dalla considerazione che il catetere del pace maker (il filo elettrico che porta l'impulso fino al muscolo cardiaco) può funzionare come una antenna (ma non con tutti i modelli, in genere i pace maker che hanno un doppio catetere non avvertono le interferenze elettromagnetiche, e pertanto sarebbe bene chiedere al cardiologo). Questo vuol dire che il pace maker subisce interferenze dall'ambiente che circonda la persona che lo porta. Ora, visto che gli ultrasuoni sono generati da apparecchiature che generano dei campi elettromagnetici, il rischio che il PM del lavoratore subisca dei danni non è da escludere. I campi elettromagnetici sono generati da molte apparecchiature, ed in particolare da motori elettrici, forni a microonde (soprattutto nei vecchi modelli o con quelli che hanno lo sportello con chiusura difettosa), stazioni radio o ponti radio (esempio quelli delle compagnie telefoniche per i telefoni cellulari), sistemi di trasmissione radio cb, le antenne dei telefoni cellulari (alcuni studi affermano di no, io consiglierei comunque l'uso dell'auricolare), addirittura alcuni trapani dei dentisti e alcuni strumenti usati dai fisioterapisti (nella radar terapia o in macchine che lavorano con correnti faradiche). Sconsiglierei inoltre anche l’esposizione a forti vibrazioni, che potrebbero interferire con l'attività del pace maker. Credo in definitiva che sia opportuno che tu ti senta il cardiologo per avere informazioni più dettagliate sul tipo di apparecchiatura, e comunque non sarebbe male farti fare una piccola relazione scritta dallo specialista, chiedendogli di indicare i possibili limiti.
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
grazie seguirò il consiglio. Avevo in realtà considerato le apparecchiarure elettromeccaniche generano un campo elettromagnetico, (anche un banale ferro da stiro crea un campo elettromagnetico); ma credo che si giusto un consulto con il cardiologo che glielo ha impiantato.
Le attuali tipologie di pacemaker/defibrillatori sono generalmente dotate di sistemi di protezione contro i campi elettromagnetici. Posto che si dovrebbe tendere alla valutazione dell'idoneità specifica in QUELLE determinate condizioni di lavoro (soprattutto nel caso in cui una prudenziale ricollocazione interna all'azienda fosse difficoltosa, e pertanto un eventuale giudizio di non idoneità condizionasse un possibile licenziamento), potrebbe risultarti utile contattare il Centro ove l'apparecchiatura è stata impiantata, per ottenere le caratteristiche tecniche dello specifico pacemaker utilizzato. Il produttore potrebbe aver certificato i dati relativi alla sensibilità ai campi elettromagnetici (idealmente per intensità e frequenza). A quel punto l'analisi della letteratura relativa alle macchine presenti in officina e - soprattutto - una buona valutazione del rischio specifico con relativi rilievi ambientali, dovrebbe consentirti l'emissione di un giudizio di idoneità puntuale.
Auguri!
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