Mi telefona ieri un ddl di una officina meccanica. Il caso: circa 3 mesi fa infortunio sul lavoro ad un dipendente, frattura con lesioni tendinee (al momento non so altro) mano dx. Il dipendente fa avere ieri al ddl l'ultimo certificato rilasciato dall'inail. L'inail considera chiuso l'infortunio e lo rimanda al lavoro. Sul certificato c'è scritto pressappoco così (non l'ho ancora visto, me l'ha letto per tel il ddl): vista la attuale difficoltà nell'utilizzare la mano, il soggetto va fatto visitare urgentemente dal medico competente per valutazione dell'idoneità alla mansione lavorativa.
Quesito: 1. Se il lavoratore non è ancora guarito, perchè l'inail chiude l'infortunio e lo rimanda al lavoro?
2. può il ddl richiedere, sulla base di quanto scritto sul certificato dell'inail, una visita per un dipendente al di fuori della periodicità degli accertamenti sanitari? (a me risulta che può chiederla solo il lavoratore!)
3. che faccio? se la visita me la richiede il lavoratore, ok, altrimenti?....dico al ddl di fargli fare una visita come da art.5 l. 300? oppure dico al lavoratore, se non è ancora effettivamente guarito, di fare ricorso contro la chiusura dell'infortunio fatta dall'inail (ma si può??) ?
4. Se davvero il lavoratore non può, al momento, utilizzare la mano, sarò presumibilmente costretto a rilasciare una non idoneità (magari temporanea) alla mansione, ma il ddl ovviamente mi ha già detto: e io dove lo metto? qui siamo una piccola officina meccanica, se lui non può svolgere la mansione di metalmeccanico, cosa gli faccio fare?
Grazie per gli eventuali consigli
Ti racconto una mia esperienza personale. Caso analogo al tuo, con gravi lesioni alla mano come esito di trauma da schiacciamento. Dopo circa 90 giorni di malattia l'INAIL rimanda il lavoratore (che bada bene era ancora in attesa di un ulteriore intervento per cercare di ridurre i danni dell'infortunio, e quindi sia tecnicamente che clinicamente non guarito...) in ditta dicendo "Fatti vedere dal tuo MC, che stabilirà il da farsi....". Ho quindi visitato il lavoratore, su richiesta congiunta sua e del ddl, e ritenendolo ancora non guarito, l'ho rispedito all'INAIL, con un certificato nel quale si chiedeva la riapertura dell'infortunio. Segue grossa litigata con il collega (???) dell'INAIL, riapertura dell'infortunio per altri due mesi (e per fortuna che era guarito...) ed invalidità finale del 53% del poveraccio in questione, che non è stato licenziato solo perchè il ddl si è "inventato" un posto di addetto alle pulizie..... Solo a questo punto ho emesso un certificato di idoneità alla nuova mansione.
Pertanto ti consiglierei di visitare il lavoratore (ovviamente previa rischiesta scritta del medesimo o al limite del lavoratore e ddl insieme) e, se non lo ritieni guarito o non puoi dare una idoneità (e del resto come fai se non sai quali sono i postumi permanenti?), rimandalo all'INAIL con una continuazione di certificato, ti farai degli "amici" ma è il modo più corretto di agire nei confronti del lavoratore (e del ddl); se l'INAIL ti fa storie, richiedi una consulenza dei colleghi della ASL. Se il lavoratore rifiuta di farsi visitare da te perchè ritiene di non essere guarito (lo può fare) segnala la cosa all'INAIL, e riapri l'infortunio.
Sarebbe comunque bello se qualche Collega dell'INAIL, e so che ci leggono in tanti, ci illuminasse sul perchè di tante riammissioni al lavoro un pò frettolose. Spero non sia solo una questione di soldi....
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
Pur condivendo molti passaggi della lettera di gandalf, mi permetto di dissentire sulle ultime righe espresse un pò troppo liberamente nei confronti dei medici INAIL che fanno il loro lavoro in maniera adeguata. Non si può generalizzare certamente, anche se convengo su una opportuna attenzione nel momento in cui si decide di chiudere una certificazione INAIL. L'inabilità temporanea assoluta, condizione che giustifica una certificazione temporanea, è sempre riconoscibile considerando la mansione specifica.. La guarigione quindi, per giustificare la chiusura del certificato, deve essere completa, considerando la condizione clinica , il quoad functionem (convalescenza funzionale) ed il quoad laborem (convalescenza lavorativa). E' chiaro che quest'ultima è la condizione più delicata e che presuppone la conoscenza precisa dei gesti lavorativi normalmente compiuti e quindi non basta che dopo una frattura si siano consolidati i monconi ossei e che il lavoratore abbia ripresa la funzionwe normale di quel segmento osteo articolare, ma è necessario la ripresa funzionale e che le sue condizioni siano tali da poter affrontare l'attività lavorativa da lui sostenuta precedentemente all'infortunio. Ritengo quindi che, prima di una ripresa del lavoro, il medico certificatore stia molto attento a queste tre importanti considerazioni prognostiche. Saluto i colleghi e spero sempre in uno scambio di opinioni su tale spinoso argomento
Anch'io mi sono trovato nella stessa situazione del Collega di Prato ma ho "rispedito" al mittente la patata bollente. Mi spiego meglio: spesso c'è l'abitudine da parte dell'Inail di rimandare in servizio il dipendente dopo un certo lasso di tempo indipendentemente dalla patologia e soprattutto dalla prognosi. Spesso le Aziende sono di dimensioni minime, il dipendente a timore di perdere il lavoro, il ddl chiude un occhio per qualche giorno perchè magari l'infortunio è dovuto ad una sua colpa specifica e ...l'Inail risparmia! Fortunatamente non sempre e ovunque è così, ma ho visto che a volte accade. Che dire? Fate Voi....
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