Chiedo lumi in materia: in una Azienda di autotrasporti, un autista, a seguito di incidente stradale sul lavoro, ha riportato fratture vertebrali con conseguente paraplegia e disturbi sfinteriali: l'INAIL ha riconosciuto una invalidità del 100%. Il lavoratore, dopo la necessaria e travagliata convalescenza, è stato adibito a mansioni di ufficio (telefono, documenti cartacei, lavoro al VDT, ecc.). Mi chiedo se un invalido al 100% possa essere giudicato idoneo al lavoro, ed eventualmente in base a quali norme di legge. Grazie anticipatamente a quanti possano e vogliano contribuire a diradare le nebbie in cui sono. Picpus
"La cosa più incomprensibile dell'universo è il fatto che l'universo sia comprensibile" A. Einstein
Purtroppo vedo che, nonostante la primavera avanzata, la nebbia è ancora fitta...
Cominciamo dalla Costituzione, come norma di riferimento.
Poi proviamo a leggere anche la legge 68/99, se il lavoratore è assunto come disabile, con le relative procedure di attuazione.
L'invalidità al 100%, in ambito di i.c. o INAIL, non significa affatto che una persona non può lavorare: è pacifico che può farlo (secondo consolidata prassi e giurisprudenza, prima delle leggi 482/68 e 68/99) anche una persona con indennità di accompagnamento.
E poi: se un centralinista (+VDT, ecc.) è anche sottoposto alla sorveglianza sanitaria, il medico competente valuterà se il suo stato di salute costituisce una controindicazione alla mansione specifica.
Altrimenti, se la sorveglianza sanitaria non è prevista e la persona è assunta come disabile, il problema è in capo solo alla commissione ex art.4, L.104/92, per le valutazioni di cui al D.P.C.M. 13 gennaio 2000.
Diversamente, può lavorare, e basta; e, se vi fossero problemi di idoneità, il datore di lavoro può utilmente esperire le procedure di cui all'art.5, c.3, L.300/70 (il c.d. statuto dei lavoratori).
Sperando di essere stato utile..
Paolo Del Guerra
Salve, avrei anch'io un caso simile da sottoporre sempre su questo argomento.
Supponiamo il caso di un ragazzo che da piccolo si ammala di leucemia fulminante subisce un trapianto di midollo e cure di chemioterapia per diverso tempo. Pertanto gli viene riconosciuta un'invalidità del 100% ed la pensione di accompagnamento. Per fortuna passano degli anni e da successive visite viene ritenuto guarito, compie la maggiore età e inizia a cercare lavoro come categorie protettte ma per poter però essere assunto deve sottoporsi ad una visita medica per l'idoneità al lavoro.
Mi chiedo: in questa occasione il medico del lavoro, constatando che ineffetti tutti i sintomi della malattia che lo rendevano invalido al 100% sono spariti ed essendo passasti 15 anni dalla conclusione delle terapie di cura, può richidere che venga riunita la commissione per la revisione del suo stato di invalidità?
Pertanto, potrebbe vedere ridotta la percentuale di invalidità al di sotto della soglia minima per rientrare nelle categorie protette? O eventualmente perderebbe soltanto la pensione di accompagnamento? Ringrazio tutti quelli che vorranno fornirmi delle risposte e magari dei riferimenti normativi o qualunque altra indicazione su come è il caso di procedere. Bianca
beh innanzitutto da minorenne aveva l'indennità di frequenza e quindi bisogna constatare se al compimento dei 18 anni è stato giudicato invalido e con quale percentuale. Credo, da quanto esposto nel tuo post, che oggigiorno non sia più invalido e quindi non abbia neanche l'iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio. Diversamente se è stato riconosciuto invalido devi valutare se la menomazione sia compatibile o meo con la mansione specifica o con altre presenti nella realtà produttiva.
Saluti
Per Bianca: di solito l'invalidità più accompagnamento data nell'infanzia viene rivista d'ufficio al compimento del 18° anno d'età. Controlla il suo certificato d'invalidità più recente. Per il resto concordo con quanto già scritto da Luke 70.
Quasi tutti i desideri del povero sono puniti con la prigione (Celine)
Attenzione per il soggetto invalido al 100% + accompaganamento : se davvero il soggetto non è più invalido al 100% (ovvero non ha più una riduzione totale della capacità lavorativa) egli può chiedere di essere di nuovo sottoposto a visita ma non lo farà perchè si esporrebbe al rischio di perdere l' indennità di accompagnamento . il medico competente comunque non è tenuto a preoccuparsi di tuttto questo ma solo di valutare le reali , attuali e concrete controindicazioni alla mansione specifica . In altre parole se è stato commesso un errore giudicando permanentemente invalido al 100% un soggetto 15 anni fa questo è sì un fatto disdicevole ma non comporta alcun obbligo per il libero professionista (diversa la situazione per un medico pubblico ufficiale) --- altra attenzione : se questo paziente per caso vi esibisse una patente di guida è OBBLIGATORIO segnalare eventuali condizioni di rischio alla Motorizzazione (per tutti i medici, in primis il curante)
Dr. A. Gennai Specialista in medicina del lavoro, specialista in medicina legale-- drgennai1@libero.it
Innanzi tutto ringrazio tutti quelli che mi hanno risposto così dettagliatamente, ed approfitto per rivolgere ancora qualche domanda.
Il soggetto in questione è stato riconosciuto da una commissione di prima istanza, quando ancora era minorenne, come 'INVALIDO con TOTALE e PERMANENTE inabilità lavorativa 100% e con impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore' in base alla quale ha percepito regolare pensione di accompagnamento.
A seguito di questo riconoscimento non è stato mai più richiamato per controlli o revisioni del suo stato di invalidità, neanche al compimento del 18° anno di età. Mi chiedo:
Avrebbe dovuto essere richiamato o l'essere stato riconosciuto invalido PERMANENTE, anche se minorenne, implica che non vi sono ulteriori revisioni?
A questo punto può richiedere un certificato di abilità lavorativa o rischia che sottoponendosi a questa visita venga richiesta una revisione del suo stato di invalidità rischiando di perdere tutto al punto che, per assurdo, venga riconosciuto NON INVALIDO? Può rivolgersi privatamente ad uno specialista per il rilascio di questa certificazione? Grazie ancora per la disponibilità
Il significato e le modalità di valutazione dell'invalidità civile sono diverse a seconda dell'età della persona: nelle persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni viene valutata la riduzione percentuale della capacità lavorativa con benefici crescenti al crescere della invalidità (si passa dal diritto all'erogazione gratuita di protesi ed ausili - 33%- all'esenzione ticket -66%- all'assegno di invalidità -74%- alla pensione di inabilità -100%. Va precisato che detta pensione NON può essere percepita da persone al di sopra di un certo reddito nè dai minori di anni 18. Infatti, nei minori di 18 anni NON può essere valutata la capacità di lavoro ma viene presa in considerazione la "difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età" - e la valutazione non è in percentuale, ma del tipo "tutto o nulla", si o no - se viene riconosciuta detta difficoltà si ha diritto a percepire un'indennità detta "di frequenza" perchè è legata alla frequentazione della scuola o di centri di riabilitazione; analoga valutazione (di tipo tutto o nulla) viene fatta allorchè si valuta la possibilità di erogare l'indennità di accompagnamento per "l'incapacità a deambulare autonomamente o a compiere gli atti quotidiani della vita"; l'erogazione di detta indennità è indipendente dal reddito e soprattutto dall'età, nel senso che può essere percepita sia dai soggetti over 65 anni che dai ragazzi sotto i 18.
Ricapitolando: sotto i 18 anni NON si può ricevere una valutazione di inabilità al lavoro, ma si può percepire solo l'indennità di frequenza e/o l'indennità di accompagnamento se ne ricorrono gli estremi medico-legali.
Volevo aggiungere qualche considerazione.
Penso che la dizione "invalido 100%" possa ingenerare molte confusioni (o sicuramente le aveva ingenerate in me, tanto che ho voluto approfondire!!!) ...... Nella valutazione medico-legale del danno alla persona (cioè la invalidità) in sede penale, civile, assicurativa privata, assicurativa sociale (INPS; INAIL), socio-assistenziale (invalidità civile) il problema si fonda proprio sui diversi concetti che sono alla base del riferimento valutativo e che, a seconda dei casi, possono prendere in considerazione la capacità lavorativa generica o la semispecifica o la specifica o, più modernamente, la menomazione "biologica".
Fino al recente passato, le tabelle di valutazione del danno in ambito INAIL avevano come base la valutazione della c.d. "capacità lavorativa generica", un concetto risalente al secolo scorso, espressione di una ridotta capacità del soggetto a produrre beni, in un'ottica quindi di una attività lavorativa di tipo manuale-generica, quale era, del resto, l'attività storicamente svolta dai lavoratori - contadini e operai - per i quali vigeva l'obbligo dell' assicurazione INAIL. L'estensione dell'assicurazione obbligatoria anche ai colletti bianchi, cronologicamente successiva, ha reso meno adattabile a tutti gli ambiti professionali assicurati il modello valutativo incentrato sulla capacità lavorativa generica, stante la grande differenza di impegno intellettuale e manuale che contraddistingue le diverse occupazioni (che possono andare da quelle del giudice a quelle del contadino). Attualmente (anche in virtù di sentenze della Corte Costituzionale e di Cassazione) la scala valutativa fondata sulla misurazione della riduzione della capacità lavorativa generica è stata sostituita con una che tenga anche conto del c.d. "danno biologico", cioè del deterioramento dell'integrità psico-fisica preesistente del soggetto e degli esiti psico-fisici sulla vita di relazione del soggetto intesi come maggiore difficoltà o perdita delle potenzialità relazionali nell'ambito familiare e sociale.
Il danno biologico così inteso, con conseguente diritto risarcitorio nell'ambito di esso, è un danno che può essere valutato in maniera omogenea per l'operaio e il dirigente, il giovane e l'adulto, la donna e l'uomo: un organo, una funzione o un arto hanno lo stesso valore per ognuno di essi.
Se da un infortunio o una malattia professionale derivano postumi, storicamente l'INAIL valutava il grado di inabilità permanente (che era valutazione basata sulla riduzione della capacità lavorativa generica); con le tabelle annesse al DM del luglio 2000, attualmente l'INAIL valuta il grado di menomazione dell'integrità psicofisica: se tale grado di menomazione è inferiore al 6%, il lavoratore non ha diritto ad alcun indennizzo; tra il 6 e il 15% ha diritto ad un indennizzo in capitale del solo danno biologico; tra il 16 e il 100% ha diritto ad una rendita di cui una quota risarcitoria del danno biologico ed una quota aggiuntiva risarcitoria per le conseguenze patrimoniali della menomazione.
Le percentuali dell'INAIL quindi, misurano e risarciscono solo una menomazione psicofisica e le sue conseguenze patrimoniali: un individuo con un grado di menomazione pari al 100% non è un inabile ad ogni lavoro (quasi sicuramente sarà però un inabile ad una attività lavorativa manuale) , ma solo un disabile o, per abusare di una terminologia politicamente corretta, di un "diversamente abile".
Penso quindi che, terminato il lavoro del Medico Legale (che valuta l'entità del danno riportato), inizia quello del Medico del Lavoro che valuta l'idoneità alla mansione specifica e cioè il fitting tra la "diversa abilità" lavorativa e la mansione da svolgere
non sono convinto dell'ultimo concetto espresso da PREVEMP.
secondo me in caso di problemi di idoneità il datore di lavoro o il lavoratore dovranno rivolgersi, in base all'art. 10 della L. 68/99, alla commissione di cui all'art. 4 della L. 104/92 , e non genericamente ad un ente pubblico in base all'art. 5 della L. 300/70.
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