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Mobbing Strategico/Istituzionale: Affondata la Marina Militare Italiana

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Nunzio_c

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La Spezia
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7
  • Mobbing Strategico/Istituzionale: Affondata la Marina Militare Italiana
  • (12/06/2005 20:58)

Dalla Rivista “VISTO” n.22 in edicola il 28 Maggio 2005- pag. 66.-

Di Mirella Dosi



OLTRE QUATTROCENTOMILA EURO: E’ LA CIFRA DA RECORD CHE UNA DONNA HA STRAPPATO IN TRIBUNALE ALLA NOSTRA DIFESA, DOVE LAVORAVA. MOTIVO? MOBBING.



SEI ANNI D’INFERNO
La Spezia. Mirella D’Amico, 45 anni, posa davanti al giardino della sua casa, a picco sul mare. Dopo sei anni di battaglia legale, ha fatto condannare la Marina Militare italiana per mobbing nei suoi confronti.





E’ UNA SENTENZA DAVVERO STORICA


La Spezia. Orgogliosa, ma ancora turbata, Mirella D’Amico mostra una delle sentenze della sua lunga vicenda legale. Il Tribunale del lavoro ha ora disposto il risarcimento di 376.000 euro (più 42.000 di spese legali) per i soprusi subiti mentre lavorava con il ruolo di segretaria economa del Circolo Sottufficiali della Marina Militare della città ligure.



Ho colpito e affondato la Marina Militare
Aveva denunciato un giro di assegni non contabilizzati. “ Mi tartassavano in ogni modo”, racconta Mirella D’Amico





Una donna spezzina ha sfidato la Marina Militare italiana. E l’ha battuta.

Una sfida giudiziaria in cui il giudice del lavoro Pasqualina Fortunato le ha dato ragione, condannando l’amministrazione della Difesa a risarcirle 376.000 euro più 42.000 di spese legali per le vessazioni e le prevaricazioni subite.

E’ una sentenza storica, una delle prime a riconoscere in Italia un risarcimento importante a una vittima del cosiddetto mobbing ( i maltrattamenti di qualunque genere sul posto di lavoro).

La protagonista della vicenda è Mirella D’Amico, quarantacinque anni, segretaria economa di settimo livello del Circolo Sottufficiali della Marina Militare di La Spezia dal 1983 al 1999. I responsabili del mobbing, secondo la sentenza di primo grado, sarebbero i suoi diretti superiori: alcuni sottufficiali del Circolo, il Comandante in Capo e il Capo di Stato Maggiore di Maridipart La Spezia, il Presidente della Commissione medica ospedaliera e il Direttore dell’Ospedale della Marina Militare.

Secondo la ricostruzione del tribunale tutto sarebbe iniziato quando la signora Mirella ha denunciato un giro di assegni non contabilizzati, impropriamente intascati senza passare per l’economato. E, per la sua onestà, ha poi dovuto subire una serie di umiliazioni e abusi che l’hanno quasi portata a perdere il lavoro. Ha vissuto sulla sua pelle il famigerato mobbing, fenomeno allora pressoché sconosciuto.

Ma veniamo alla sentenza.

Secondo il giudice che ha condannato la Marina, la storiaccia comincia nel 1999, quando l’economa si rifiuta di apporre la propria firma su documenti che almeno a suo parere erano falsi. “ Secondo quello che ho potuto appurare, gli assegni versati dai soci del Circolo per feste o cerimonie private, che avrebbero dovuto essere contabilizzati dal mio ufficio, venivano invece indebitamente intascati da un gruppo di militari che gestivano quelle stesse feste e che, successivamente, mi presentavano per incassi e un conto spese diversi da quelli effettivi. Ma denunciare questo fatto mi è costato caro”

Se qualcuno si fosse accorto di quelle irregolarità sui libri contabili, la prima a “saltare” sarebbe stata lei. La signora D’Amico nega dunque la propria firma e inizia cos’ a subire le prime prepotenze da parte dei suoi superiori: “ Cominciarono”, racconta in lacrime, “ a decurtarmi la busta paga, a negarmi l’indennità di cassa e i buoni di benzina, a nascondermi la posta: tutte piccole cose in confronto a quelle che avrei subito in seguito”.

Quando i carabinieri cominciarono a indagare sul giro di assegni, i militari avviano una vera e propria opera di “cancellazione” di Mirella: dopo le ferie estive la donna trova chiusa la porta del proprio ufficio. “ avevano cambiato la serratura, mi avevano rimpiazzata con un’impiegata di livello inferiore. Sulla porta c’era un cartello con su scritto “Area Riservata”, e il mio nome non compariva nell’elenco delle persone autorizzate a entrare. Dalla soglia del suo ufficio, il sottufficiale che si occupava del personale ridacchiava e si sfregava le mani, mentre io cercavo di aprire la porta. Già in passato mi aveva ripetuto frasi minatorie come: “La corda per l’impiccato è pronta”. Sono rimasta per ore davanti alla porta chiusa, finché non mi sono rivolta ai carabinieri dell’arsenale. Il risultato? Il fatto è stato archiviato come “dissidio tra colleghi” e la Marina mi ha sanzionato per aver disturbato l’attività lavorativa.

Mirella subisce un forte stress in seguito a questa situazione (perfino la sua collega di stanza, che la considerava come una sorella, le volta le spalle) e viene più volte visitata. La diagnosi è concorde: “ disturbo post-traumatico da stress”, motivato da situazioni conflittuali sul posto di lavoro. “ Per questo ho iniziato a chiedere una serie permessi per malattia. Per tutta risposta, i militari della marina di La Spezia hanno cercato di farmi passare per pazza. Hanno nominato una nuova commissione medica che mi ha diagnosticato “un’infermità mentale socialmente rilevante non derivante dal lavoro”. E in più sono stata segnalata alla Motorizzazione per la revisione della patente”.

La signora D’Amico si ritrova sola. Isolata da tutto e tutti. “E’ stato l’inizio di un incubo. Ore e ore in cucina a guardare nel vuoto. Litigi con il marito Nunzio, sottufficiale della Marina in pensione, e critiche in famiglia. Ero sola a lottare contro un muro di gomma”.

Per sua fortuna Mirella ha trovato la forza di andare avanti.Ha avviato la sua lunga battaglia legale. E per sei anni è stata costretta a subire molestie di ogni tipo. Fino al 13 maggio di quest’anno, giorno in cui il Tribunale del lavoro le ha dato ragione. “Però non finisce qui: fonderò una associazione di aiuto alle vittime del mobbing. Spero che in molti scrivano al mio indirizzo di posta elettronica (mirella.damico@poste.it) per segnalare altri casi gravi”.

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