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Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.

Questo argomento ha avuto 6 risposte ed è stato letto 3195 volte.

Gennaro

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  • Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (29/06/2005 15:31)

Gentilmente vorrei conoscere un vostro parere sulla necessità di utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.

L’utilizzo di APVR rappresenta l’ultimo baluardo di protezione dei lavoratori , dopo aver contenuto gli inquinanti in sospensione nell’aria con il ricorso a metodi ingegneristici in uso ( confinamento, impianti di aspirazione ecc) associati a misure tecniche od organizzative. Dalla letteratura di igiene industriale e da esperienze personali ho percepito che l’utilizzo degli APVR è condizionato da diversi fattori ( Tipo di inquinante, temperatura, umidità, tipo di lavoro, concentrazione dell’agente chimico, soglia olfattiva, dermatiti, occhiali, claustrofobia, irregolarità del viso, barba, basette ecc). Mi chiedo quale sia quella variabile che possa fare ritenere di non utilizzare questo tipo di protezione, ma che assicuri comunque l’assenza di danno a lavoratori.
Secondo me sarebbe opportuno riferirsi a quanto affermato dal Comitato Consultivo sulla determinazione del rischio moderato ( di cui si conosce uno stralcio grazie alla redazione.) Secondo il Comitato Consultivo il rischio chimico può essere ritenuto moderato, quando ci troviamo di fronte a un valore di esposizione di 1/10 o ¼ ( in quest’ultimo caso su tre turni di lavoro nella stessa postazione) oppure utilizzando il metodo statistico quando si rientra nella zona verde, essendo in questo caso il rischio basso, comunque per molti agenti chimici con valori al di sotto di quelli che potrebbero dare effetti sub critici si potrebbe anche di evitare l’utilizzo di un APVR che spesso rappresenta un fastidio per i lavoratori.
Naturalmente per alcuni agenti chimici ad effetti cancerogeni, mutageni o sensibilizzanti il discorso su descritto non è da prendere in considerazione

PS: Gentilmente conoscete un elenco già stilato di agenti chimici che hanno la soglia olfattiva superiore ai TLV?
Gennaro Bilancio
Buona Serata

Gennaro Bilancio

davide ghislandi

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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (29/06/2005 17:29)

Io continuo sinceramente a non capire dove si voglia andare a parare associando al concetto, espresso dal D.L.vo 25/02, di rischio chimico “moderato” e “non moderato”, agli esiti di determinazioni analitiche effettuate all’interno dell’ambiente di lavoro o addirittura con modelli simulati computerizzati!

Leggendo e rileggendo il decreto mi pare evidente che emerga il seguente percorso logico (semplifico per brevità, per chi è interessato ad approfondire segnalo un articolo di Galatola – Tazzioli – Vignola – Colombo reperibile in internet (www.sindar.it/Editoriale/Allegati/Argomenti/Valutazione_rischi_chimici.pdf) che riporta uno schema logico eccellente):

1. individuo la “sorgente” del problema (quali/quanti agenti chimici, modalità d’uso, vie di esposizione che comportano una effettiva pericolosità per l’operatore, …)

2. faccio una prima valutazione “qualitativa” del rischio, ovvero classifico l’attività nelle TRE categorie previste dal decreto (non rischio, rischio moderato, rischio non moderato), dove nel rischio moderato intendo inserire tutte quelle attività che comportano una POTENZIALE esposizione qualitativamente (agenti chimici “molto pericolosi” in quantità “modeste”) E/O quantitativamente significativa (agenti chimici “poco pericolosi” in quantità “ingenti”) (sto sempre semplificando ovviamente …)

3. nel caso di “rischio non moderato”, dettaglio e formalizzo una valutazione del rischio. Eventualmente, ad oggi, in assenza di precisazioni circa il metodo di valutazione, posso procedere facendo svolgere la valutazione in forma di perizia ad un professionista abilitato o utilizzando metodi come quello proposto dalla Regione Emilia Romagna, reperibile in internet, molto efficace ma laborioso e non ancora validato

4. PER CONCLUDERE la valutazione del rischio effettuo una stima dei livelli di esposizione, adottando le tecniche di rilevamento più opportune in relazione alla natura ed alle caratteristiche degli agenti chimici potenzialmente presenti in ambiente di lavoro. Il rilevamento, in caso di agenti chimici il cui limite di esposizione è “normato”, hanno lo scopo di verificarne il rispetto. Sulla base anche di questi dati, il datore di lavoro deve decidere se coinvolgere o meno il Medico Competente in un Piano di Sorveglianza specifico.

Non ritengo esaustivo procedere ad una valutazione unicamente utilizzando i dati provenienti da rilievi in ambiente di lavoro in quanto:

1. la chimica non è una scienza esatta
2. per ragioni puramente economiche, il datore di lavoro non sempre è in grado di effettuare una campagna di indagine effettivamente completa e statisticamente valida
3. per ragioni in genere di ignoranza, i datori di lavoro (o gli stessi operatori, “adesso vogliono controllare se lavoro bene o no, quindi …” “adesso ti faccio vedere in che schifo di posto lavoriamo, allora …”) tendono a contribuire a falsare i dati ottenuti con una campagna di monitoraggio in ambiente di lavoro

Per quel che riguarda i DPI per le vie respiratorie, la normativa vigente non è chiara nell’indicare quando debba essere imposto l’obbligo d’uso dei DPI da agenti chimici.
L’unico riferimento certo, era contenuto nel D.L.vo 277/91 relativamente all’esposizione a piombo e amianto: stando alle prescrizioni contenute in detto decreto, l’obbligo d’uso dei DPI da agenti chimici sarebbe da imporre quando la concentrazione in ambiente di lavoro degli inquinanti oltrepassa il 50% del TLV.
Anche se il D.L.vo 25/02 ha abrogato tale riferimento normativo, questa prescrizione può essere mantenuta come termine di paragone. Tale atteggiamento viene anche giustificato dalla posizione presa dal “COORDINAMENTO TECNICO PER LA PREVENZIONE degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano” nelle Linee Guida applicative del Titolo IV del D.L.vo 626/94 – documento n° 12 (versione del 1998).

In tale documento si legge infatti:



In ogni caso, se l’agente chimico è “molto pericoloso” (definito un TLV-C; cancerogeno; mutageno) o se è un sensibilizzante, CONSIGLIO in ogni caso l’adozione dei DPI opportuni, anche a livelli bassi di esposizione.

nofertiri9

nofertiri9
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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (30/06/2005 02:03)

eh no, per la miseria! Non potete mettervici anche voi con la valutazione del rischio chimico, che qualunque impressione possa dare quello sturcio immondo del decreto 25 è una cosa serissima! Come se non bastassero i DdL che hanno amenamente deciso che il LORO rischio è senza meno moderato, come se non bastassero tutta una serie di sanitari che mi fa fatica a definire competenti, che nemmeno sanno cosa si usa nei cicli produttivi, come se non bastassero i ragionieri e i rappresentanti di detersivi che un bel mattino si son svegliati "preventori", ma voi davvero ci fate a pensare che il rischio chimico sia solo inalazione, o ci siete per davvero?
E magari io sarò anche esausta di quel che vedo ogni giorno, ma vi vorrei far presente, a tutti voi come categoria, che il rischio chimico comprende anche il rischio di infortunio chimico (per esempio, contatto diffuso con un acido o una base forte, che provocano ustioni brutte assai), il rischio di esplosione chimica, il rischio di intosicazione per via cutanea (come ad esempio tutti gli idrocarburi aromatici e gli alogenati, e questo dovreste proprio saperlo) e poichè soprattutto per quest'ultima via di esposizione si sa ancora pochissimo e soprattutto si sta ancora cercando come misurarlo, davvero stanotte mi risulta di troppo sostenere che un rischio chimico diventa moderato con l'uso di questo o quello dei DPI in circolazione!
Certo, il rischio residuo può essere prevenuto a livello individuale con i DPI: ma per l'appunto il residuo.
Ed infine, una volta e per tutte, vorrei chiarire l'assurdità di "rischio moderato". Ok prendiamo il livello più cautelativo di quelli scritti, ossia il 10% del TLV. E prendiamo un esempio a caso di qualcosa di non cancerogeno nè sensibilizzante ( su questo siamo tutti d'accordo, spero). L'ammoniaca in soluzione acquosa, credo possa andar bene. A seconda della concentrazione, è classificabile come R 36/37 o come R 20/22. Il TLV previsto in igtalia con il decreto del 2004 è di 17 mg/mc. Ora, avete mai provato a stare non dico 8 ore al giorno ma anche solo 2 ore al giorno con una concentrazione di 1,7 mg/mc di ammoniaca in aria?
No?
Ok, e allora ne riparliamo dopo che lo avete fatto, come l'ho fatto io. In fabbrica, nel reparto, dove 6 operai su 6 presentavano un quadro citoistologico all'espettorato da bronchite cronica, con più cellule basali che pavimentose, che però alla fine nella statistica di fine anno facevano media con gli altri 61 degli altri reparti e quindi tutto apposto. Come l'ho fatto io, che -oltre a sentirmi puzza di piscio di gatto per 3 giorni nel naso- ho avuto mal di gola per una settimana: e c'erano "solo" da 0,9 a 1,4 mg/mc. Una sostanza nociva così come una irritante ha ragionevolemente una dose-soglia, mica succede solo con alcuni cancerogeni. E l'adattabilità della biologia umana inevitabilmente finisce con il cozzare con le individualità.
Il rischio chimico non si riduce con i DPI a valle, ma con gli interventi tecnici e tecnologici A MONTE dell'esposizione.
Per concludere: i vapori di ammoniaca possono anche essere esplosivi, anche a concentrazione assai bassa, se miscelati con l'aria a determinate condizioni di temperatura e/o pressione. E non mi dite che se uno indossa qualsiasi cosa l'ammoniaca non esplode, perchè non è così.

Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.

Gennaro

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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (30/06/2005 08:03)

Ringrazio Ghislandi e Noferti per la lezione, ma non avete risolto il quesito ( forse non mi sono spiegato bene, non intendevo discutere del rischio moderato.
Tra l’altro avete ripetuto quello che già avevo scritto nella domanda.
Vi prego di rileggere e se avete una soluzione proponetela, siate concreti nelle risposte, se avete delle critiche da esporre fatelo pure ma che siano costruttive. ( Noferti hai letto il terzo rigo? Penso di no! Altrimenti non avresti scritto “ il rischio chimico non si riduce con i DPI a Valle……..” le tue risposte hanno finalità di risoluzione dei problemi, o è un motivo per far capire quanto sei brava?
All’uopo utilizzo un aneddoto di Maria Teresa di Calcutta “.Bisognerebbe parlare di meno !!!
Un punto in cui si fanno delle prediche non è un punto di incontro.
Che cosa fare allora? Prendere la scopa e spazzare la casa di qualcuno. E con questo ho detto abbastanza…….

Gennaro Bilancio

Saluti a tutti

Gennaro Bilancio

davide ghislandi

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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (30/06/2005 09:02)

Sinceramente non ho capito la risposta di Nofertiri, e nemmeno perchè gennaro si inalbera visto che ha posto un problema in maniera scorretta dal punto di vista logico. Pensavo di partecipare a un forum "scientifico", non a un comitato di beghine...

La mia risposta a Gennaro (quando imporre i DPI per le vie respiratorie) pensavo fosse già contenuta in coda al mio primo messaggio. Se non è così, Gennaro potrebbe riformulare la domanda?

Per quel che riguarda il decreto 25 e il rischio chimico "infortunistico", completamente d'accordo con Nofertiri (questo, nello sfogo, l'ho capito...) ma non mi sembra pertinente con la discussione. Si parlava di aerodipersi...

Mi dispiace aver dato l'impressione, se l'ho data, di voler "fare lezione". Forse mi sono lasciato trascinare dall'"ultimo baluardo" ...

Gennaro

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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (30/06/2005 11:36)

Ammetto di aver sbagliato nei confronti di Davide Ghislandi in quanto non avevo letto la coda della sua risposta.
La mia superficialità è nata dal dover leggere per l’ennesima volta cose risapute, facendomi saltare la lettura delle ultime righe.
Saluti Gennaro

Gennaro Bilancio

nofertiri9

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  • Re: Utilizzo di APVR in condizioni di esposizione ad agenti chimici bassa.
  • (30/06/2005 22:08)

Mi chiede gennaro : “le tue risposte hanno finalità di risoluzione dei problemi, o è un motivo per far capire quanto sei brava?”
Mi sembra evidente che se fossi brava sarei riuscita a far percepire un senso compiuto in quello che ho detto, e poiché non ci sono riuscita con umiltà ci riprovo. E per evitare di dare la sensazione di aver saltato qualche rigo, faccio un po’ di “quote”.
Allora:
Il mio parere sull’opportunità dell’utilizzo degli APVR in caso di esposizione bassa ad agenti chimici è che dipende da quanto è bassa e nelle varie modulazioni della parola “bassa” è il Medico Competente, secondo me, che è l’unico a poter stabilire se uno o più lavoratori ne hanno necessità.
Così come ci vuole l’uomo giusto al posto giusto, l’occasione giusta al momento giusto e via dicendo, ci vuole l’APVR giusto per l’agente specifico alle specifiche concentrazioni. E non tutti gli APVR rispondono tecnicamente allo stesso modo anche nei confronti di composti chimici omologhi tra loro; diciamo che in linea di massima i più efficaci sono quelli predisposti per concentrazioni medio-alte, ma risultano disagevoli e sovrastimati per le esposizioni minori. Per contro, quelli più “comodi” -visti dalla prospettiva del DdL che li paga o del lavoratore che li utilizza- possono comportare dei fattori di inefficacia relativa che devono essere valutati appunto in funzione del tipo di agente, della sua concentrazione e dei fattori relativi al lavoratore, eventualmente barba compresa perché lo spessore dei peli può rendere non sufficientemente aderente il dispositivo al volto quindi diminuire ulteriormente il fattore di efficienza della protezione. Inoltre, magari non è del tutto vero che la chimica non sia una scienza esatta, ma è verissimo che quando si ha un numero spesso non si sa che margine di errore in concreto esso presenta, e quindi la scelta dell’APVR in funzione del proprio range ottimale di applicazione resta difficile.


Ecco, ero soprattutto a questo che intendevo riferirmi con la sproloquio di ieri, cerco di spiegarmi meglio: ritengo che 1/10 del TLV non si possa considerare un rischio moderato, nel senso che è un rischio basso ma non è – a mio avviso ma può darsi che io esageri e dunque che io sbagli – irrilevante tanto da non richiedere la sorveglianza sanitaria, tra l’altro, e questo per praticamente qualsiasi agente, anche la polvere più inerte possibile. Dunque, se c’è un rischio, ritorno in collegamento circolare a quanto risposto al primo quesito: solo il medico che conosce il lavoratore, le sue condizioni precipue, le sue abitudini di vita, la sua adattabilità etc. etc. può decidere SE deve adottarsi un APVR ed anche QUALE sia il migliore, in quello specifico contesto e per quello specifico lavoratore.
Sono cosciente che una simile compiuta sorveglianza sanitaria sarebbe e spesso è assai difficile da far comprendere agli altri lavoratori (…che partono dal principio che lì ci lavorano tutti, quindi se la mascherina serve ad antonio devono averla anche gigi e giovanni), ma la domanda era “che ne pensate dell’uso degli APVR per esposizioni basse” e io rispondo (è la terza volta che lo scrivo, spero sia ormai chiaro) che è una assunzione di responsabilità da parte del medico, prendendo per buoni i numeri delle concentrazioni o le stime e tenuto conto delle caratteristiche tossicologiche della sostanza.
Tornando al mio precedente intervento, se con la prevenzione tecnica il rischio non è stato reso irrilevante, il rischio c’è e in quanto tale costituisce appunto un rischio per il lavoratore, che resta affidato alla tutela personale mirata. Ricordo ancora una volta che l’ACGIH dei propri TLV-TWA dice che sono le concentrazioni alle quali la maggioranza dei lavoratori può essere esposta per 8 ore al giorno per tutta la vita senza che si manifestino reazioni avverse per la salute. Nulla si è mai detto per le minoranze. Che poi è esattamente il criterio segnalato da ghislandi e già ribadito dal coordinamento tecnico stato-regioni, e che è stato fatto proprio anche da figure della giurisprudenza in convegni e discussioni ripubblicizzate con l’equazione “DPI = rischio non moderato”

Nofer
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