La sentenza n. 33751 del 17.9.2001 - sez. I Pen. - Pres. B. Rossi - Relatore A. Franco - ha stabilito che il m.c. non ha l 'obbligo (anzi gli vieta) di comunicare per iscritto la non idoneità o idoneità parziale in caso di visita su richiesta del lavoratore.
Tale decisione si basa sulla considerazione che se il lavoratore richiede una visita da parte del m.c. non può dopo trovarsi "danneggiato" dal giudizio di idoneità (sintetizzo per ovvi motivi: trovate la motivazione su http://www.greenlab.it/res/news/show.php?id=1332 ).
Mi sembra francamente a dir poco sconcertante, anche per la domanda che sale spontanea: ma a cosa serve al lavoratore richiedere la visita se poi non viene rilasciata un 'idoneità. I giudici Supremi dovrebbero spiegarcelo.......
Condivido anch 'io le perplessità riportate su questa sentenza, anche perchè se in termini di 'mera lettura ' delle norme può sembrare corretta vorrei porre all 'attenzione dei colleghi e della Redazione alcune domande :
- se il lavoratore che chiede la visita non è esposto a rischi lavorativi 'tabellati ' e quindi non soggetto a sorveglianza sanitaria periodica ai sensi dell 'Art.16, è discriminato e disconosciuto il proprio diritto di avere una valutazione dal medico competente a tutela della propria salute ?
- nella sentenza si diffrenzia in termini di accertamenti sanitari integrativi correlati al rischio lavorativo tra le visite Art.16 e le visite Art.17 , c 'è tra di noi qualcuno che non effettua o acquisisce tutti gli accertamenti clinico strumentali onde emettere un corretto giudizio di idoneità sia dal punto di vista etico che deontologico, ma soprattutto professionale ?
In fin dei conti credo che la distinzione sia puramente formale e di lettura stretta delle norme, cosa che giustamente è compito dei giudici che non possono fare altro che prenedere atto di come sono scritte le stesse .All 'atto pratico penso che nessun medico competente effettui le due visite secondo modalità professionali differenti .
Comunque l 'argomento è interessante per tutti noi e penso sarebbe gradito a tutti un parere della redazione .
R.Bassi
Condivido anch 'io le perplessità riportate su questa sentenza, anche perchè se in termini di 'mera lettura ' delle norme può sembrare corretta vorrei porre all 'attenzione dei colleghi e della Redazione alcune domande :
- se il lavoratore che chiede la visita non è esposto a rischi lavorativi 'tabellati ' e quindi non soggetto a sorveglianza sanitaria periodica ai sensi dell 'Art.16, è discriminato e disconosciuto il proprio diritto di avere una valutazione dal medico competente a tutela della propria salute ?
- nella sentenza si diffrenzia in termini di accertamenti sanitari integrativi correlati al rischio lavorativo tra le visite Art.16 e le visite Art.17 , c 'è tra di noi qualcuno che non effettua o acquisisce tutti gli accertamenti clinico strumentali onde emettere un corretto giudizio di idoneità sia dal punto di vista etico che deontologico, ma soprattutto professionale ?
In fin dei conti credo che la distinzione sia puramente formale e di lettura stretta delle norme, cosa che giustamente è compito dei giudici che non possono fare altro che prenedere atto di come sono scritte le stesse .All 'atto pratico penso che nessun medico competente effettui le due visite secondo modalità professionali differenti .
Comunque l 'argomento è interessante per tutti noi e penso sarebbe gradito a tutti un parere della redazione .
R.Bassi
E ' sempre estremamente difficile giudicare una sentenza di questo tipo anche perchè se è vero che fa giurisprudenza è anche vero che si tratta di una interpretazione (a dire il vero letteralmente ineccepibile)e non può essere escluso che in altri frangenti la stessa Corte di Cassazione (con gli stessi o altri Giudici) possa interpretare le stesse norme in maniera diversa. Perchè se la ratio della sentenza è da ricercare nella volontà di difendere il lavoratore che, al di fuori delle procedure previste per le visite preventive e periodiche (art. 16 c.2, art. 17 c.1 punto b D.Lgs 626/94), ha chiesto al m.c. una visita (art. 17 c.1 punto i D.Lgs 626/94) può anche succedere (come spesso succede) che il lavoratore lo faccia per verificare la possibilità di ottenere una tutela (prescrizione) che, inviata ad d.d.l., gli consenta p.es. di essere spostato in attività della mansione più adeguate alle sue condizioni di salute. L 'impossibilità per il m.c. di comunicare la condizione di idoneità con prescrizione lederebbe in questo caso il diritto del lavoratore a vedersi riconosciuta una tutela preventiva (spostamento ad attività non in contrasto con il suo stato di salute o altro).
Esempi di insorgenza più o meno improvvisa di condizioni individuali che possano controindicare in parte l 'intera gamma delle attività di una mansione fanno parte dell 'esperienza professionale di tutti noi. Sarebbe criminale dover aspettare la scadenza burocratica della periodicità della visita medica (che potrebbe anche essere prevista molti mesi dopo) per comunicare al d.d.l. la prescrizione e permettere così l 'adozione delle misure preventive o protettive necessarie. Siamo sicuri che il m.c. che si comportasse così incorrerebbe sicuramente nel rischio di omissione penalmente rilevante in caso di danni o ulteriori danni alla salute del lavoratore non tutelato (che ha fatto presente al m.c. la sua condizione). Crediamo che il m.c. debba continuare ad assumersi le sue responsabilità considerando che l 'obiettivo della sua attività è la tutela della salute dei lavoratori. Anche quando le norme o l 'interpretazione di queste non sia chiara.
La redazione di MedicoCompetente.it
La sentenza della Cassazione a mio avviso introduce due questioni di fondamentale importanza per il MC.
1- La prima riguarda la definizione di lavoratore soggetto/oggetto della sorveglianza sanitaria. Se non capisco male, con la distinzione che viene fatta fra l’art. 16 e l’art.17, viene dato per inteso che i lavoratori di cui all’art.17.1.i (per capirci, quelli che “marcano visita”) sono i “lavoratori” di cui all’art. 2.1.a, cioè tutti i lavoratori, non solo quelli già in sorveglianza sanitaria. In effetti ci si dimentica che la medesima questione era già affrontata nel D.Lgs 277/91: se si legge l’art.8.1 coordinato con l’art. 1.2 di quel Decreto si comprende che già da allora la tutela sanitaria era allargata a qualsiasi lavoratore, ovviamente purché la richiesta di visita fosse “correlata ai rischi professionali”. In effetti, come sostiene ricbas, il contrario non è sostenibile. Poniamo il caso concreto: fuori dalla porta dello studio ho due lavoratori in attesa: entrambi con allergia da contatto al lattice dei guanti (non “tabellata”). Rossi è in sorveglianza sanitaria perché esposto a rischio biologico, Bianchi no perché fa altre cose. Visito Rossi e mando via Bianchi? Che senso ha…
Capisco che la cosa potrebbe avere conseguenze “devastanti”, nel senso che il MC potrebbe così ritrovarsi un notevole carico di lavoro non programmato, con ovvie conseguenze anche per i contratti professionali, ecc. Tutto sta, secondo me, nel ricondurre il MC al suo ruolo: non di medico di base trasferito nel luogo di lavoro ma di specialista e conoscitore dei rischi lavorativi. Infatti la visita deve essere fatta solo se i disturbi sono “correlati ai rischi professionali”, negli altri casi il lavoratore deve essere invitato a rivolgersi al suo medico.
2- La seconda importante questione è quella di cui si discute nel forum, cioè l’idoneità alla mansione. Dalla lettura della sentenza mi pare di capire che le visite ex art. 17.1.i non si devono concludere con il giudizio di idoneità proprio in conseguenza del fatto che a quelle visite sono ammessi tutti i lavoratori (v.sopra), mentre l’idoneità alla mansione è prevista solo per le visite ex art. 16, riservate ai lavoratori “tabellati”.
Siccome concordo pienamente con il parere della Redazione sull’obbligo, se non altro etico, di esprimersi sulla mansione, dico qui senza vergogna quello che faccio io. Faccio firmare al lavoratore il consenso a trasmettere il parere conclusivo della visita al datore di lavoro. Tale parere è espresso non nei termini “idoneo/non idoneo” ma di “controindicazioni all’esposizione a…” o simili circonlocuzioni di comodo. Capisco che è un esercizio di funambolismo, ma tant’è: se si vogliono salvare capra e cavoli…
MedicoCompetente.it - Copyright 2001-2024 Tutti i diritti riservati - Partita IVA IT01138680507
Privacy | Contatti