Le dermatiti da contatto sono fra le prime cause in Italia di malattia professionale ed i lavoratori entrano in contatto diretto attraverso la cute con numerosi prodotti che possono svolgere sia un azione irritante che sensibilizzante. Una buona parte di questi possono anche penetrare attraverso la cute e dare effetti sistemici: l'ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists, 2008) attribuisce la notazione "skin" a 196 sostanze che possono determinare effetti sistemici per esposizioni attraverso la via cutanea. Da notare che dal punto di vista scientifico numerosi studiosi hanno proposto un allargamento della definizione "skin" anche ad altre sostanze (1, 2) indicando la necessità di una miglior definizione e gradutazione di tale notazione (2). Ahlers del NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) americano suggerisce una notazione skin allargata che consideri non solo il rischio di assorbimento sistemico ma anche la capacità irritante e sensibilizzante della sostanza (1). Di fatto il contatto della cute con sostanze tossiche può determinare effetti locali di tipo irritativo e allergico ed effetti sistemici conseguenti all'assorbimento cutaneo del tossico. Per questo motivo risulta importante agire su più fronti al fine di ridurre il contatto della cute con gli xenobiotici. In tale ambito risulta decisivo il ruolo del medico competente che può intervenire sia nell'ambiente di lavoro che sul lavoratore per un azione di prevenzione.
1. Prevenzione primaria
1.1. L'informazione
Il caposaldo della prevenzione resta sempre l'informazione e la formazione sui rischi presenti sul posto di lavoro: la cute è sempre stata vista come una barriera "impermeabile" ed i
lavoratori attribuiscono una bassa pericolosità alla contaminazione della propria cute con prodotti manipolati sul lavoro. Questa errata percezione va combattuta informando i lavoratori sui
rischi a cui possono andare incontro se vengono in contatto con prodotti pericolosi per la cute. La percezione del "rischio" cutaneo è molto basso e va innalzato nell'attività che
svolge il medico competente. Quando viene valutato l'ambiente di lavoro è necessario osservare se vi sono situazioni a "rischio" per l'insorgenza di patologie cutanee o per l'assorbimento di
tossici. Per tale valutazione Maina et al. (3) hanno pubblicato una check list per la valutazione del rischio cutaneo da applicare nelle industrie con la finalità di identificare e
correggere le situazioni occupazionali correlate al rischio cutaneo.
1.2. La sostituzione dei prodotti
L'uso di prodotti con minore capacità irritante, a bassa capacità allergenica e privi di azione tossica per via cutanea è il
primo passo della prevenzione. Questi interventihanno segnato in positivo la storia della medicina del lavoro:
l'identificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche, l'uso di prodotti per la pulizia più vicini al pH fisiologico della cute e con più bassa azione irritante e i
numerosiinterventi per ridurre l'esposizione a prodotti ad alevata carica sensibilizzante. Un esempio fondamentale è quello della "Nickel Directive" (Council Directive 94/27/EC) che limita
il rilascio di nichel dagli oggetti che entrano in contatto con la cute per limitare la sensibilizzazione al nichel solfato, il primo aptene in assoluto come estensione della sensibilizzazione:
negli stati dove questa è stata introdotta subito dopo la sua emanazione la sensibilizzazione a nichel è in netto decremento (4, 5) mentre in Italia, dove la normativa è stata
applicata solo tardivamente la percentuale di sensibilizzazione a nichel è fra le più alte d'Europa (6). In ambito più strettamente professionale l'introduzione di sostanze
chelanti nei cementi ha permesso di ridurre il loro contenuto di cromo e la sensibilizzazione a questo aptene responsabile dell'eczema dei muratori: la direttiva europea 2003/53/EC ha infatti
prescritto di addittivare ferro solfato al cemento per ridurre la presenza di cromo esavalente a trivalente (che ha minor capacità di penetrazione attraverso la cute). La sensibilizzazione
ai cromati è calata progressivamente negli Stati in cui questa direttiva è stata applicata precocemente (ad esempio in. Danimarca dal 1981) (7, 8). Altro esempio è la
limitazione dei coloranti per capelli contenenti p-fenilendiamina e la loro sostituzione con prodotti a minor capacità allergizzante che ha determinate un progressivo calo della
sensibilizzazione a tale aptene sia nelle parrucchiere che negli utilizzatori di tinture per capelli in Nord Europa (9).
1.3. L'uso di detergenti e di prodotti per l'idratazione e la cura della cute
L'uso ripetuto di detergenti e di paste lavamani comporta la disidratazione della cute con alterazione del film idrolipidico cutaneo, per questo è fondamantale scegliere i prodotti per il
lavaggio delle mani in modo da evitare quelli con maggiore aggressività e bandire le paste lavamani.
Una detergenza delicata è fondamentale nella prevenzione. Una cute danneggiata aumenta il rischio sia di dermatiti da contatto che di assorbimento dei tossici. In queste condizioni la sua
funzione barriera viene ridotta e l'effetto delle sostanze con cui la cute entra in contatto si amplifica. I detergenti stessi possono essere in grado di aumentare la penetrazione delle sostanze
tossiche o allergizzanti (10-12).
È necessario diffondere l'utilizzo di creme idratantiche prevengano la disidratazione della cute facendo in modo che queste vengano fornite sul posto di lavoro e associate all'uso dei
detergenti. I sistemi a dispenser misto dove il detergente viene associato all'idratante sono un presidio di prevenzione che può diventare estremamente efficace.
Le creme barriera vanno inserite nell'ambito di presidiche aumentano la protezione della cute anche se non possono essere considerate veri e propri mezzi di protezione perché in determinate
condizioni possono anche aumentare l'assorbimento di sostanze tossiche. Il loro ruolo, tuttavia,è quello di limitare l'imbrattamento della cute e quindi evitare il lavaggio aggressivo della
cute.
2. Prevenzione secondaria
2.1. I mezzi di protezione
Il guanto giusto ed i tempi di utilizzo
Il medico competente ha un ruolo importante nel collaborare ad identificare il guanto giusto per il tipo di attività svolta. Nelle schede tecniche dei prodotti utilizzati vengono indicati
anche i tipi di guanti per manipolare il prodotto; è possibile ricorrere, inoltre, a dati riportati in vari siti per cercare il mezzo di protezione adeguato: il NIOSH riporta informazioni
dettagliate o l'Università di Oxford (http: //msds.chem.ox.ac.uk/glovesbychemical.html).
In letteratura sono riportate alcune indicazioni di massima sulla scelta dei guanti suggeriti dall'HSE (Health and Safety Executive). È necessario però tener conto dello spessore del
guanto e del tempo di utilizzo. Infatti la barriera protettiva fronita dal guanto ha un tempo limitato e questo va indicato al fine di avere un mezzo di protezione che sia effettivamente utile. In
letteratura vi sono casi noti di intossicazione per uso inadeguato di guanti con tossici ad elevata capacità di penetrazione a livello cutaneo (13).
Il servizio di prevenzione e protezione in collaborazione con il medico competente deve tener conto di questiaspetti in modo da dare le corrette indicazioni al lavoratore: ricordiamo che la
percezione del rischio cutaneo è sempre basso e che il lavoratore ritiene sempre il guanto un mezzo efficace anche se effettivamente non lo è. Un altro aspetto che deve essere
considerato è il rischio di aumentato assorbimento e tossicità locale delle sostanze chimiche nel caso di contaminazione interna dei guanti. La condizione di occlusione che determina
il guanto amplifica sia l'assorbimento della sostanza che la possibilità di effetto cutaneo: per tale motivo è fondamentale la formazione-informazione dei lavoratori per evitare
questo problema. I problemi diretti causati dal guanto : Il contatto cutaneo prolungato con il guanto può causare una serie di patologie cutanee legate al materiale stesso di composizione
del guanto tanto da diventare una delle cause principali di dermatite da contatto o allergia professionale: il caso del lattice e l'ampia letteratura sulla sensibilizzazione ad addittivi
della gomma (14-17). È necessario usare mezzi di protezione a basso rischio di sensibilizzazione: un esmpio importante è quello dell'epidemia di sintomi allergici respiratori e
cutanei dopo l'uso diffuso di guanti in lattice con lubrificante pulverulento.
La patologia allergica da lattice è diminuita con l'eliminazione del lubrificante pulverulento ma è ancora un importante problema da risolvere (17). L'eliminazione di
addittivi per la vulcanizzazione della gomma dotati di capacità sensibilizzante e la sostituzione dei guanti in lattice è un altro caposaldo degli interventi di prevenzione
(18).
2.2. Identificazione dei soggetti a maggior rischio Il ruolo del medico competente è importante in quanto visita soggetti prima e periodicamente durante l'esposizione a
rischio e ciò gli permette di identificare i soggetti che possono essere a maggior rischuio cutaneo: a) lavoratori con barriera cutanea alterata in base alla visita medica (cute disidratata,
fissurazioni); b) soggetti con patologie cutanee che possono far ipotizzare un rischio aumentato (eczema atopico, pregresse dermatiti da contatto, psoriasi). Tali soggetti devono essere istruiti
sulla necessità di una prevenzione cutanea più attenta da attuarsi applicando scrupolosamente le norme di prevenzione suggerite (18, 19). Numerosi lavori scientifici hanno dimostrato
che la cute danneggiata espone i lavoratori a maggior rischio sia di contrarre una dermatite da contatto che di assorbire una sostanza tossica (20-23) e questo rende necessario un intervento
specifico del medico competente per attivare più attente misure di prevenzioni non apena identificati questi soggetti. Per questi lavoratori sono utili anche controlli ravvicinati in quanto
entro i primi 3 anni di lavoro si manifestano la maggioranza delle patologie cutanee da contatto allergico.
2.3. Identificazione di segni preclinici di malattia
Prima dell'insorgenza della dermatite da contatto vi sono segni preclinici come segni iniziali di disidratazione cutanea: eritema, desquamazione, fissurazioni ricorrenti con disturbi che
interessano gli spazi interdigitali delle dita delle mani e il dorso con progressiva estensione delle lesioni. Questi segni devono indurre il medico competente ad intervenire sul fronte della
limitazione dell'esposizione e dell'adozione di misure ulteriori di protezione della cute al fine di evitare la successiva manifestazione di una dermatite da contatto. Da notare che
molto frequentemente un lavoratore va incontro a lesioni molto limitate a livello degli spazi interdigitali mesi prima delle manifestazioni acute intense.
3. Prevenzione terziaria
La diagnosi e la terapia della patologia dermatologica deve essere fatta dallo specialista dermatologo. Al medico del lavoro spetta l'importante
compito di inserire nuovamente al lavoro il soggetto che ha avuto problemi dermatologici.
Il primo aspetto da considerare è quello della necessità di far riprendere il lavoro solo a completa guarigione clinica. La ripresa precoce di un'attività a rischio rende
molto facile la recidiva delle patologie cutanee.
Il secondo aspetto è la necessità di ridurre le condizioni di rischio cutaneo alla ripresa del lavoro cambiando la mansione o intervenendo migliorando i mezzi di protezione ed
eliminando il contatto con gli apteni a cui il lavoratore risulta sensibilizzato.
Conclusioni
Il medico competente riveste un importante ruolo in tutte le fasi di prevenzione della patologie associate al contatto o assorbimento delle sostanze tossiche
attraverso la cute. Una sua azione sul posto di lavoro per la riduzione del rischio, per migliorare l'informazione sul richio cutaneo,
per orientare la scelta dei prodotti da utilizzare e per indicare le giuste misure di prevenzione è fondamentale.
Inoltre la sorveglianza sanitaria preventiva e periodica riveste un ruolo cruciale per prevenire l'insorgenza delle dermatiti da contatto, per identificare i soggetti a rischio e quelli che
presentano segni lievi di dermatite e per evitare l'assorbimento di sostanze tossiche attraverso la via cutanea.
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Tratto da Atti del 72° Congresso Nazionale SIMLII 2009
F. Larese Filon
1, F. Rui1, G. Maina 2
1 UCO Medicina del Lavoro, Università di Trieste
2 Dipartimento di Traumatologia e Medicina del Lavoro, Università di Torino
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