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La vigilanza rispetto al ruolo del Medico Competente - Dicembre 2010

La vigilanza rispetto al ruolo del Medico Competente

Pubblichiamo come articolo del mese l'intervento della Dr.ssa Anna Maria Loi al Convegno "Il ruolo del medico competente nella valutazione dei rischi", svoltosi a Pisa il 5 novembre 2010.

La tabella n. 1 è scaricabile qui. Le altre tabelle a cui si fa riferimento sono quelle delle slides mostrate durante il Convegno stesso e che sono visibili qui.

In questa relazione sarà delineato il ruolo del medico competente nella VDR come si deduce dai compiti che gli vengono attribuiti in particolare dall'art. 25 del D.Lgs. 81/08 e successive modifiche. Soprattutto si terrà conto delle modalità di svolgimento dei suoi obblighi, in modo che possano soddisfare una possibile verifica dell'organo di vigilanza, sia dal punto di vista formale che dei contenuti. Si illustreranno anche alcune diverse forme di controllo delle attività di sorveglianza sanitaria sulla base delle più comuni modalità di intervento da parte dell'organo di vigilanza rappresentato dai servizi territoriali di prevenzione nei luoghi di lavoro.

Elementi caratterizzanti il ruolo del medico competente

E' nominato (nei casi previsti dall'art. 41 comma 1 lettere a ,b) dal DDL o dal Dirigente (art 18,c1 lett a, sanzionato con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000)che, per la sua designazione, consultano il rappresentante dei lavoratori (art 50,c1 lett a, non sanzionato).

Anche se viene in qualche modo prefigurata la sua collaborazione fin dalle prime fasi della VDR, la norma non obbliga di fatto a che, tra i consulenti del DDL, ci sia sempre il medico competente, indipendentemente dalla necessità della SS. (2; 3) Di fatto nella grande maggioranza dei casi la VDR viene ad essere svolta senza il MC e solo conoscendo aprioristicamente la presenza di rischi (o pericoli?) per la salute e imponendosi quindi la sorveglianza sanitaria, il MC viene nominato e consultato a VDR già predisposta dal SPP. E' obbligo del DDL consegnare anche per la sottoscrizione e firma il DVR al MC il quale in questo momento inizia di fatto ad esercitare la sua consulenza e a collaborare al processo di valutazione dei rischi e dell'esposizione e al processo di gestione della prevenzione e protezione attraverso vari obblighi e compiti.

La sorveglianza sanitaria e quindi la nomina del MC sono obbligatorie solo in presenza di rischi (o pericoli?) per la salute previsti dal decreto anche qualora paradossalmente non esaustivi di "tutti" i rischi per la salute.

Molto si è discusso su questa incongruenza normativa, che sembra relegare il MC ad un ruolo subalterno a quello del SPP. Anche il fatto che la sua nomina possa essere delegata ad un dirigente sembrerebbe collocarlo su un piano tendenzialmente meno rilevante rispetto al processo di VDR, in quanto egli può intervenire in un secondo tempo e solo nei casi previsti dalle norme, non già su " tutti " i rischi. Probabilmente questa apparente "diminuzione" del ruolo ha favorito o tende a favorire un intervento marginale e spesso non sollecitato neanche dal DDL da parte del MC. (4; 5; 6), senza con questo voler giustificare un atteggiamento del MC di assuefazione inerte e la mancanza di personale iniziativa.

Una volta nominato il MC ha l'obbligo di collaborare con il DDL e il SPP per la valutazione dei rischi. Ora se da una parte è abbastanza chiaro che tale collaborazione non può essere condotta in modo autonomo dal MC - in quanto il primo soggetto responsabile è il DDL, al quale spettano l'iniziativa e la direttiva, esercitate attraverso il Responsabile del SPP - dall'altra è altrettanto chiaro che, essendo il MC obbligato a partecipare alla VDR, esso deve proporsi come soggetto attivo e promozionale, anche e soprattutto di fronte alla eventuale inerzia sia del DDL sia del Responsabile SPP. Certamente è una sua responsabilità segnalare ipotesi di rischi ed eventuali misure di prevenzione o protezione che non siano state messe in evidenza dal SPP, in ciò adempiendo al suo specifico obbligo (sanzionato all' art 25 comma 1 lett. a con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 400 a 1.600 euro).

Un maggiore grado di autonomia il MC può esercitarlo attraverso la visione diretta dei luoghi di lavoro, dello svolgimento delle mansioni e della organizzazione del lavoro, come emergono dal sopralluogo almeno annuale. Questo obbligo ( art 25 comma 1 lett. l sanzionato con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 400 a 1.600 euro) è per lo più esercitabile in modo autonomo, alla luce della relazione del SPP. Nella prassi ordinaria tuttavia, in particolare nelle piccole imprese, essendo la presenza sia del MC che del RSPP spesso saltuaria, e apparendo assai difficile che il medico entri nei reparti o nei cantieri senza una figura di dirigente o responsabile, anche per lo svolgimento del sopralluogo si rende necessaria una collaborazione attiva da parte del DDL, del RSPP e/o di altri soggetti dello staff. In questa occasione peraltro il MC può consultare i lavoratori e il loro rappresentante, annotare osservazioni verbalizzare i risultati e le proposte da comunicare al DDL.

Tutte queste modalità di collaborazione dovrebbero essere esercitate secondo un chiaro accordo organizzativo o meglio definite in un modello di gestione della sicurezza che eviti lacune nell'esercizio delle reciproche responsabilità. In mancanza di questo faranno o potranno far testo soltanto eventuali scambi di corrispondenza, verbali reciprocamente controfirmati, testimonianze di soggetti terzi e così via, ciò che rende effettivamente difficile accertare la sostanza dei fatti.

Il ruolo del MC appare dunque composito, infatti si possono distinguere funzioni che possono e/o devono essere svolte in collaborazione con altri soggetti e altre che possono e/o devono essere svolte in forma autonoma, come ad esempio le prestazioni strettamente mediche.

Analizzare la differente autonomia del MC nello svolgimento di tali funzioni è naturalmente necessario per mettere meglio in evidenza le sue eventuali inadempienze o colpe, anche ma non solo ad esempio da parte dell'organo di vigilanza.

Ci aiuta in questa analisi una lettura attenta dell'art. 25, dove vengono di volta in volta adoperati termini diversi per indicare un diverso grado di coinvolgimento del MC. La Tabella 1 può essere esemplificativa di queste differenze.

Alcuni aspetti generali della funzione di vigilanza

La vigilanza sulle attività di sorveglianza sanitaria presenta da sempre una particolare difficoltà per i servizi di prevenzione. Richiede infatti un approccio non solo tecnico e relazionale ma anche epidemiologico. Come è noto la sorveglianza sanitaria è obbligatoria solo in presenza di rischi previsti esplicitamente dalle norme ed è esercitata da un consulente sui generis del DDL, per il quale, data la sua particolare professionalità, sono previsti obblighi e sanzioni. Ma prima di affrontare il problema nei suoi dettagli occorre delineare alcuni aspetti generali della funzione di vigilanza, per capirne gli scopi e i metodi.

Qualche prima difficoltà la si incontra nella definizione stessa di "vigilanza", ad esempio non ne troviamo una nell'art. 2 del D.Lgs. 81/08, dedicato appunto alle definizioni, mentre vi troviamo quella di prevenzione. Sappiamo tuttavia che la funzione di "vigilanza" sulle condizioni di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro è attribuita prima di tutto ai soggetti aziendali deputati e soprattutto al DDL, ai dirigenti e ai preposti e poi ad organismi esterni . Questi si possono distinguere tra :

a) organismi di controllo anche periodico con finalità certificative

b) organismi istituzionali con funzioni ispettive e di controllo (art.13 D.lgs 81/08).

c) organo di vigilanza, come definito dal D.Lgs. 758/94

In questa presentazione affrontiamo naturalmente la vigilanza deputata agli organi istituzionali di controllo e cioè soprattutto alle ASL e ai servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro; anche se da un punto di vista sostanziale i contenuti e gli scopi delle varie forme di vigilanza dovrebbero essere perfettamente coincidenti, in quanto orientati alla prevenzione, ciò in pratica si realizza raramente, sia per la diversa impostazione degli uffici e le loro diverse strategie di intervento, sia per i metodi adottati.

L'Art 13 del D.Lgs.81/08, più che una descrizione di funzioni è una suddivisione molto frammentata di "competenze", e lo scopo principale attribuito a questa funzione è pressoché esclusivamente la verifica dell'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa specifica attività non esaurisce peraltro o non dovrebbe esaurire tutte le funzioni dei servizi, essendo la finalità globale del loro intervento quella di migliorare le condizioni lavorative in termini di prevenzione primaria (eliminazione dei pericoli e riduzione dei rischi al minimo livello possibile), promozione di "buone prassi", indicazioni di "linee guida", informazione istituzionale e altro ancora (7), (Tabelle 2,3,4).

Ma anche attenendoci alla stretta definizione della vigilanza come una attività orientata alla verifica dell'applicazione della normativa vigente, possiamo intravvedere almeno alcuni diversi gradi di controllo, esemplificati nella Tabella 5, ognuno dei quali può richiedere uno specifico intervento professionale e di approfondimento, secondo le circostanze in cui ci si trova ad operare.

In particolare è molto rilevante la circostanza entro la quale è inquadrata l'azione di vigilanza, se cioè si tratti di un intervento estemporaneo per una segnalazione o denuncia, oppure sia svolta nell'ambito di una inchiesta giudiziaria, o ancora nell'ambito di un intervento programmato o piano mirato e così via. Diversi infatti possono essere i comportamenti e gli orientamenti operativi dei diversi soggetti coinvolti.

Modalità di svolgimento delle attività di vigilanza

La vigilanza sulla sorveglianza sanitaria e il MC intesa come una fase di un intervento mirato alla conoscenza delle condizioni di tutela della salute dei lavoratori, si svolge in genere nel quadro di una serie di vari altri interventi, come ad esempio l'informazione e assistenza. L'informazione riguarda la diffusione di linee guida e l'assistenza può riguardare la sperimentazione dell'applicazione di buone pratiche, condotta spesso secondo accordi tra parti sociali e istituzioni. Nel momento del controllo, in genere programmato sulla base di indicazioni nazionali o regionali, si procede con la verifica di ogni adempimento da parte di tutti i soggetti obbligati e quindi anche del MC, assumendo dagli stessi tutte le informazioni necessarie e raccogliendo la documentazione.

Nel caso di inchieste giudiziarie si raccolgono informazioni dai lavoratori e dagli altri soggetti aziendali al fine di accertare eventuali inadempienze o veri e propri reati. La responsabilità del MC va ricercata seguendo il canovaccio dei suoi obblighi, come previsto principalmente dall'art. 25, ma anche da altre norme specifiche per rischio.

Come si accerta dunque una avvenuta collaborazione del MC con il DDL nella valutazione dei rischi? Innanzitutto ad esempio verificando la documentazione aziendale. Un DVR non sottoscritto dal MC e che non contenga le indicazioni sui risultati degli accertamenti sanitari e del monitoraggio biologico è un documento incompleto e non accettabile, di cui sarà data responsabilità al datore di lavoro. Ma anche il MC potrebbe non avere svolto bene il suo ruolo non partecipando alla VDR pur essendo stato coinvolto dal SPP o dal DDL.

Si procede poi accertando che abbia fatto il sopralluogo e annotato e comunicato le sue eventuali osservazioni al DDL e al RSPP, meglio se per iscritto; accertando che abbia comunicato i risultati della SS almeno con una relazione annuale, indicando eventuali misure di miglioramento delle condizioni di lavoro. Questa relazione deve far parte del DVR, se non c'è ma il MC la ha presentata è chiaro che non funziona il sistema di comunicazione e relazione aziendale.

Proseguendo nell'approfondimento si potrà valutare la corrispondenza tra quanto è riportato nella VDR e quanto nel protocollo sanitario proposto dal MC. Eventuali incongruenze sono ancora indice per lo meno di una insufficiente comunicazione tra le figure aziendali e l'accertamento della responsabilità richiede ancora un approfondimento sia documentale che eventualmente testimoniale.

Infine tutto può essere formalmente coerente, ma di fatto non corrispondente alla reale situazione di rischio. Se l'organo di vigilanza ha un simile sospetto deve procedere a far ripetere le valutazioni di rischio e di esposizione e potrebbe anche procedere a modificare il protocollo sanitario con provvedimento motivato e anche ad eseguire direttamente gli accertamenti sui lavoratori.

Altri aspetti della vigilanza nei confronti dell'operato del MC riguardano la qualità delle prestazioni, la tenuta delle cartelle sanitarie e di rischio, la loro completezza in riferimento alla caratterizzazione dell'esposizione, alla verifica di ipersuscettibilità, alla espressione del giudizio di idoneità e alla informazione dei lavoratori. Ciascuno di questi aspetti deve essere affrontato procedendo all'esame dei documenti e valutando l'operato del MC, dapprima in una forma di audit, seguendo se possibile linee guida per i vari aspetti dei rischi esaminati e successivamente contestando, irregolarità o vere e proprie inadempienze formali o sostanziali.

Il problema quindi della vigilanza su questa materia è che bisogna aver chiaro quale risultato ci si aspetta dalle azioni di sorveglianza sanitaria, quale grado di approfondimento si voglia dare all'azione di controllo e quali cambiamenti e miglioramenti si possano indurre con queste azioni. Molto spesso ci si può trovare di fronte ad una scarsa qualità delle documentazioni, la cui accuratezza richiede peraltro molto tempo ed una consolidata abitudine al lavoro multidisciplinare e alla consultazione dei lavoratori da parte dei soggetti aziendali. L'intervento della vigilanza in questo senso potrà mettere in evidenza le carenze del sistema di gestione della sicurezza e riscontrare formali inadempienze a carico dei soggetti responsabili, compreso il MC.

Da parte dei servizi un intervento in questo campo richiede la messa in gioco di varie competenze professionali, secondo il grado di approfondimento necessario dalla fase di riscontro documentale fino a quella del controllo di qualità e risultato della sorveglianza sanitaria. E' quindi necessario coinvolgere tutte le figure professionali, da quella del tecnico della prevenzione a quella del medico del lavoro e dell'igienista industriale. Questo tipo di interventi comporta anch'esso una consolidata abitudine al lavoro multidisciplinare e soprattutto programmato e finalizzato al raggiungimento di un obiettivo concreto di salute.

Peraltro le risorse necessarie sono spesso mancanti nei servizi territoriali e le varie fasi della vigilanza, così come le abbiamo delineate richiedono la collaborazione di strutture esterne, come i centri regionali o di area vasta, con le conseguenti complicazioni organizzative.

In generale la situazione attuale, legata anche alla crisi economica che investe anche i servizi e non solo le imprese, consente raramente di raggiungere questi obiettivi. La situazione più comune è un esercizio della vigilanza svolto prevalentemente sugli aspetti formali e non sostanziali, spesso solo su casi individuali a motivo di ricorsi sui giudizi di idoneità e meno frequentemente su aspetti a carattere collettivo che richiedono una valutazione epidemiologica.

Infine appaiono in questo contesto abbastanza contradditori la figura e il ruolo del RSPP, investito di fatto di una delega sostanziale e riconosciuta nel processo di VDR, ma allo stesso tempo assente al tavolo delle responsabilità .

Elementi caratterizzanti le azioni di vigilanza sulla sorveglianza sanitaria e il medico competente

Aspetti formali: acquisizione degli atti documentali ; durante questa fase si possono mettere in evidenza inadempienze di carattere formale, la data, le firme dei vari soggetti, la forma e il metodo utilizzato nella documentazione, la coerenza dei dati raccolti, la completezza delle informazioni necessarie, la correttezza dei riferimenti normativi etc. Il risultato di questa fase può essere il riscontro di inadempienze appunto solo formali, quali ad esempio un documento non firmato e senza una data certa, la mancata identificazione dei pericoli o altro.

Aspetti documentali

La valutazione della documentazione esaminata richiede approfondimenti e un attento esame degli atti. Questo esame può mettere in evidenza carenze strutturali, come ad esempio la incompleta valutazione dei rischi, la incongruenza delle relazioni sanitarie e del protocollo sanitario con la qualità e i livelli di rischio, la mancanza o incongruenza delle misure di prevenzione e protezione rispetto ai rischi evidenziati e cosi via.

Solo in alcuni casi, in particolare nel caso di mancata o incompleta VDR si può di fatto accertare una ipotesi di reato senza procedere ad ulteriori accertamenti.

Per altre situazioni che non richiedono un adempimento documentale esplicitamente richiamato dalle norme occorre procedere alle valutazioni di merito.

Aspetti di merito

Tutti gli aspetti relazionali, che non possono o non è previsto che siano documentati con un atto formale richiedono un intervento approfondito, a volte anche con ricerca di testimonianze. Un esempio può essere l'accertamento della effettiva partecipazione del MC alla VDR. Si è fatto parte attiva sollecitando il RSPP o il DDL a dargli la possibilità di intervenire nei momenti rilevanti per un esame congiunto dei luoghi e delle mansioni? Il DDL e il RSPP lo hanno effettivamente coinvolto e ascoltato? Come possono essere dimostrati i relativi comportamenti? Attraverso una ulteriore formalizzazione di atti o attraverso un esame dei risultati ottenuti? In generale si tende verso la prima ipotesi, richiedendo ai vari soggetti di lasciare una traccia scritta di ogni loro intervento/coinvolgimento.

Un altro esempio è l'accertamento della avvenuta informazione/formazione dei lavoratori: basta per accertarne la reale consistenza ed efficacia una firma su un verbale di consegna?

Ancora, tutti gli aspetti di valutazione e caratterizzazione dell'esposizione a sostanze pericolose richiederebbero sempre accertamenti di merito di fronte ad esempio alla comparsa di malesseri o disagi o di fronte addirittura alla inconsapevolezza dei lavoratori rispetto al pericolo e al rischio. Ci si può accontentare delle diciture di rischio irrilevante e poi constatare che il protocollo sanitario prevede una specifica sorveglianza sanitaria? In questi casi occorre procedere a ulteriori approfondimenti valutando la qualità e i metodi utilizzati per la valutazione dell'esposizione e talora andando ad esaminare le cartelle sanitarie e di rischio.

Se ci sono incongruenze non spiegate bisogna incontrare i vari soggetti aziendali compresi i RLS per capire meglio la situazione, individuare le eventuali inadempienze, le responsabilità e le indicazioni da impartire con le prescrizioni.

Concludendo

La vigilanza sulle attività di sorveglianza sanitaria (intesa come definita all'articolo 2) e sull'operato del MC richiede una serie di interventi, che spesso non possono fermarsi ai soli aspetti formali ma dovrebbero essere orientati a capire l'effettiva rilevanza, coerenza ed efficacia anche nel lungo periodo del sistema aziendale ai fini della tutela e promozione della salute.

Un intervento adeguato richiede dunque una programmazione e pianificazione per portare a risultati apprezzabili sotto l'aspetto delle conoscenze, anche epidemiologiche, sulla diffusione dei rischi e danni da lavoro e soprattutto sotto l'aspetto del miglioramento, riconoscibile nel tempo, delle condizioni di lavoro.

Se questa azione di vigilanza non è svolta in un quadro di condivisione di metodo tra soggetti aziendali e soggetti pubblici di controllo, rischia comunque di essere aggravata da ulteriori adempimenti formali e vanificata nello scopo ultimo che è appunto costituito dal benessere psicofisico dei lavoratori nell'esercizio delle proprie mansioni.

Anna Maria Loi, Medico del Lavoro, Già Direttore del Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, ASL n. 6 Regione Toscana

Bibliografia/Sitologia

1. D.lgs.81/08, integrato dal D.lgs.106/09.

2. Dubini, Rolando. La collaborazione del MC alla VdR: prima e a prescindere dalla nomina. http://www.puntosicuro.it/italian/index.php?VM=articolo&IA=9939. [Online]

3. Bianchi, S, et al. Valutazione del rischio da parte del medico competente: assolvimento. http://it.search.yahoo.com/search?fr=yhs-avgb-chrome&type=yahoo_avg_hs2-tb-web_chrome_it&p=GdL+MeLC+SIMLII. [Online]

4. Ossicini, A e Miccio, A. VALUTAZIONE-DEL-RISCHIO-E-SORVEGLIANZA-SANITARIA. http://www.medicocompetente.it/mese/108/Valutazione-del-rischio-da-parte-del-medico-competente.htm. [Online]

5. Il ruolo del medico competente nella valutazione del rischio. Ramistella, E, et al. s.l. : G Ital Med Lav Erg 2006; 28:3, 286-290.

6. DAI DPR DEGLI ANNI '50 AL TU 81/08: LINEE FONDAMENTALI. Deidda, Beniamino. s.l. : Ambiente e Lavoro nn. 1-2/2010.

7. La funzione del Medico del Lavoro nei servizi pubblici di prevenzione oggi. Loi, AM et al. s.l. : 70° Congresso Nazionale SIMLII, Roma 2007.

  • Dr.ssa Anna Maria Loi, Medico del Lavoro, GiĆ  Direttore Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro - ASL n. 6 Regione Toscana

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