In seguito a quanto pubblicato in data 17 febbraio 2021 dal Garante della Privacy in tema di trattamento di dati personali e vaccinazione anti-COVID19, la "Commissione Permanente Medici della Sanità" e la "Commissione Permanente sull'Attività Professionale dei Medici Competenti" hanno predisposto un documento ad interim contenente indicazioni per i medici competenti "Vaccinazione anti-COVID19: trattamento dei dati e ruolo del medico competente:
"In data 17 febbraio 2021 il Garante della Privacy si è espresso in tema di trattamento di dati personali e vaccinazione anti-COVID19, esprimendo le seguenti indicazioni: In base al quadro normativo vigente il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o per il tramite del medico compente, i nominativi del personale vaccinato o copia delle certificazioni vaccinali. Il datore di lavoro può acquisire i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente, in occasione delle visite previste dall'art. 41 del D.Lgs. 81/08. Il Garante ha chiarito inoltre che, in attesa di un intervento del legislatore nazionale che eventualmente imponga la vaccinazione anti Covid19 quale condizione per lo svolgimento di determinate mansioni, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario, si applicano le disposizioni vigenti sulle "misure speciali di protezione" previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del D.Lgs. n. 81/08). In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all'efficacia e all'affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell'idoneità alla mansione specifica. Il datore di lavoro dovrà limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del D.Lgs. 81/08).
SETTORE SANITARIO È necessario innanzitutto ricordare che le "misure speciali di protezione", che il datore di lavoro deve attuare, su conforme parere del medico competente, rientrano tra le "misure di prevenzione e controllo" comprensive dell'aggiornamento della valutazione del rischio biologico, della messa a disposizione di vaccini efficaci per i lavoratori suscettibili e dell'attivazione della sorveglianza sanitaria. Il medico competente riguardo a queste misure, inoltre, fornisce ai lavoratori l'informativa su vantaggi ed inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione e, ove fosse necessario, può proporre l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo quanto previsto dall'art. 42. Alla luce del D. Lgs. 81/08 e delle recenti indicazioni del Garante della Privacy, in attesa di un intervento da parte del Legislatore urgentemente necessario, si suggerisce ai medici competenti del settore sanitario di adottare i seguenti comportamenti: - raccomandare agli operatori (in caso di assenza di controindicazioni assolute temporanee o permanenti) di sottoporsi a vaccinazione, informandoli debitamente sui vantaggi connessi, sui possibili effetti collaterali e sulle future possibili problematiche legate alla decisione di non vaccinarsi; - in caso di non adesione da parte del lavoratore, raccogliere un dissenso informato scritto da allegare alla cartella sanitaria e di rischio; - ricordare agli operatori sanitari la possibilità di richiedere una visita ai sensi dell'art. 41 comma 2 lettera c) per rischio biologico specifico al fine di segnalare condizioni patologiche di «ipersuscettibilità» nei confronti di COVID 19. In tal caso, nonché in occasione delle altre tipologie di visita previste dall'art.41, il medico competente potrà esprimere giudizi di idoneità con limitazioni/prescrizioni sulla base delle condizioni patologiche individuali e del livello di rischio specifico di esposizione, tenendo in considerazione anche l'avvenuta vaccinazione e/o la pregressa infezione. Si ricorda, inoltre, che: - il D. Lgs. 81/2008 impone al medico competente di operare per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore e non prevede, salvo per l'assunzione di sostanze stupefacenti e alcol, interventi specifici per la tutela di terzi. Pertanto, stante la normativa vigente, il medico competente del settore sanità non può formulare giudizi di non idoneità ai fini di prevenzione del rischio clinico, ovvero di potenziale trasmissione dell'infezione ai pazienti; - ad oggi, in assenza di dati certi sull'efficacia vaccinale, durata dell'immunità e trasmissibilità dell'infezione a terzi e a causa della comparsa di nuove varianti, si raccomanda di continuare ad adottare tutte le misure di prevenzione per il contenimento della diffusione virale, compreso il tracciamento dei contatti, nei confronti di tutti gli operatori, anche se vaccinati; - a mente della Circolare del Ministero della salute n. 3787 del 31.01.2021, l'ECDC ha raccomandato di sequenziare campioni di individui vaccinati contro SARS-CoV2 che si siano successivamente infettati. AMBITO NON SANITARIO Si menziona a questo proposito, innanzitutto, parte della Comunicazione FNOMCeO n. 39 del 19 febbraio: Occorre sottolineare che se l'applicazione delle nuove disposizioni [si fa riferimento alla classificazione del SARS-CoV2 quale agente biologico di gruppo 3] è diretta alle attività svolte nei laboratori delle strutture sanitarie e alle attività che si svolgono nei processi industriali che comportano l'uso dell'agente biologico o un'esposizione allo stesso, essa si estende, in via di principio, a tutti i datori di lavoro soggetti all'obbligo della valutazione dei rischi, con la conseguente necessità di aggiornare il documento di valutazione rischi. Ciò detto, si rileva pertanto che la valutazione del rischio biologico per il nuovo coronavirus secondo il Titolo X del D.Lgs. 81/08 deve necessariamente essere effettuata in tutte le realtà lavorative in cui la presenza dell'agente biologico è una peculiarità dell'attività lavorativa stessa, quindi ad esempio negli ospedali, nei laboratori di analisi dei tamponi, nei laboratori di ricerca e sviluppo per il vaccino, etc. Per tutte le altre realtà lavorative, il nuovo coronavirus rappresenta un rischio generico proveniente solamente dall'esterno e quindi la valutazione di cui al Titolo X non è applicabile. In questi casi deve quindi essere svolta una valutazione del rischio generico le cui conclusioni comportino la riduzione del rischio di contagio nelle aziende, così come delineato dai Protocolli firmati dal Governo con le Parti Sociali. Il rischio di esposizione al SARS-CoV-2 è da inserire in ogni DVR nella valutazione dei rischi da esposizione ad agenti biologici. Sarà dunque necessario: - allegare le misure anti-contagio e le prescrizioni impartite al personale, in attuazione del Protocollo Governo/Parti sociali del 24 aprile 2020; - dare data certa al DVR e tutti i documenti sulla sicurezza, attraverso la firma dell'intero organigramma di Prevenzione e Protezione. Può essere utile riportare qui anche le espressioni in argomento contenute già nel primo cosiddetto Protocollo condiviso del 24 aprile 2020 e successivamente confermato come Allegato da tutti i successivi DPCM contenenti le misure di contenimento del contagio: L'obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l'efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l'epidemia di COVID-19. Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell'Autorità sanitaria. Successivamente la Circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020, correttamente interveniva per meglio definire gli ambiti di tutela in particolare in merito alla categoria di rischio generico aggravato: Nell'attuale situazione pandemica, l'ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l'utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all'interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari. È possibile, quindi, sostenere anche al di fuori del settore sanitario la validità delle indicazioni su esposte per il settore sanitario, anche ove si fosse in presenza di attività che espongano ad un rischio biologico generico aggravato o ad una vera esposizione deliberata a tale rischio (con conseguente applicazione in questo caso del Titolo X). Nel rimandare ai precedenti documenti societari contenenti le indicazioni sul ruolo del medico competente nella adozione ed implementazione dei Protocolli di sicurezza anti-contagio (PSAC), si ribadisce qui che al di fuori dell'ambito sanitario, anche ove si valuti la presenza di un rischio generico aggravato, l'aggiornamento della valutazione dei rischi è già validamente integrato dalla estensione e dalla documentata condivisione con i lavoratori delle procedure previste dal PSAC stesso, nonché dalla loro efficace adozione.
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