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Raccomandazione della commissione europea sull'elenco delle malattie professionali - Novembre 2003

Raccomandazione della commissione europea sull'elenco delle malattie professionali

Con la raccomandazione del 19.9.2003 (2003/670/CE su G.U.C.E. del 25.9.2003) la Commissione europea istituisce un primo elenco europeo delle malattie professionali.

Nello stesso testo viene "raccomandato" agli stati membri, entro il 31 Dicembre 2006 di:

  1. Recepire nelle loro "disposizioni legislative, regolamentari o amministrative" l'elenco europeo delle malattie professionali dell'allegato I.
  2. Introdurre nelle loro "disposizioni legislative, regolamentari o amministrative" norme che garantiscano il diritto all'indennizzo per malattia professionale al lavoratore affetto da patologia non contenuta nell'allegato I della presente Raccomandazione (articolo 1 comma 2).
  3. Favorire la prevenzione di tali malattie (articolo 1 commi 3-4).
  4. Promuovere ricerche nel settore, specialmente riguardo alle malattie ad eziologia professionale dubbia e sui disturbi psico-sociali (articolo 1 comma 7) anche a mezzo di un sistema epidemiologico (articolo 1 comma 6) e coinvolgendo tutti i soggetti interessati nella prevenzione delle malattie professionali (articolo 1 comma 5).
  5. Garantire uno scambio bilaterale tra stati membri e Commissione europea di dati statistico-epidemiologici nonchè di criteri diagnostici (articolo 1 comma 8-9) allo scopo di migliorare la sensibilizzazione dei medici a riguardo di tali patologie.

Lo scopo della raccomandazione appare, nella sostanza, duplice:

  1. Istituzionalizzare a livello europeo, nella maniera più omogenea possibile, il diritto all'indennizzo delle patologie professionali.
  2. Promuovere a tutto campo le conoscenze nel campo delle patologie professionali in una ottica di prevenzione.

Per quello che riguarda il primo punto, va ricordato come in Italia il problema del riconoscimento e dell'indennizzo delle malattie professionali sia praticamente interamente assorbito dal DPR 1124/65 e dall'Istituto dell'INAIL: l'Italia, infatti, ha già una sua lista nazionale delle patologie professionali prevista dall'allegato 4 del DPR 1124/65 e di cui il DPR 336/94 rappresenta l'ultimo aggiornamento.

Tale sistema viene definito "sistema tabellare", in quanto le patologie incluse nella tabella del DPR 336/94 vengono definite patologie tabellate mentre quelle non incluse rientrano tra le cosiddette patologie extratabellari. Questa distinzione ha una notevole importanza pratica alla luce della celebre sentenza della Corte Costituzione n. 179 del 18 Febbraio 1988: tale sentenza ha infatti da tempo introdotto nel nostro sistema giuridico-legislativo il principio per cui è ammesso anche il riconoscimento delle patologie extratabellari (cioè non comprese nella tabella del DPR 336/94) a condizione peró che, chi ne richieda il riconoscimento, ne provi il nesso causale con la lavorazione in questione (il cosiddetto sistema della "tabella mista"). In pratica, per le lavorazioni non comprese nella tabella spetta al lavoratore provare che derivino dal lavoro mentre nel caso di malattie "tabellate", spetta all'INAIL provare che non vi sia nesso con la lavorazione essendo in questo caso il nesso giá contemplato in termini generali dal legislatore (1).

Semplificando al massimo il concetto, una patologia non compresa nella tabella non è patologia professionale fino a prova contraria. Il comma 2 dell'articolo 1 della Raccomandazione in esame ("fare in modo che venga introdotto [...] il diritto all'indennizzo per malattia professionale al lavoratore che soffre di una affezione non contenuta nell'elenco dell'allegato 1") non appare pertanto aggiungere nulla di nuovo al già vigente sistema gabellare misto.

Più controverso appare l'art.2 della presente raccomandazione in cui si legge "gli Stati membri stabiliscono i criteri di riconoscimento di ciascuna malattia professionale secondo la vigente legislazione o prassi nazionale". Dunque il comma 8 dell'articolo 1, dove si legge che agli stati membri si raccomanda di "garantire un'ampia diffusione dei documenti di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali incluse nei loro elenchi nazionali tenendo conto, in particolare, delle note di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali pubblicate dalla Commissione" e che appare rimanere più che altro un suggerimento prestigioso ma non vincolante su "quando e come" riconoscere una malattia come professionale - al pari di quello che avrebbe potuto rappresentare una Direttiva europea - per lo stato membro, che rimane esplicitamente libero di stabilire i criteri medico-legali di riconoscimento.

L'impressione, pertanto, è che molto dipenderà dall'INAIL, in quanto le differenze tra la lista europea e italiana appaiono marginali: in pratica, nella raccomandazione europea, vengono solo descritte più analiticamente alcune forme di patologie da sovraccarico biomeccanico (borsiti prerotulea, sottorotulea, oleocranica e della spalla, malattie provocate da superattività delle guaine tendinee, del tessuto peritendineo e delle inserzioni muscolari, lesioni del menisco da prolungato accovacciamento e inginocchiamento, paralisi dei nervi dovuti a compressione, sindrome del tunnel carpale) (2), malattie che comunque l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce non come causate da lavoro bensì "malattie correlate con il lavoro", cioè malattie ad eziologia multifattoriale per le quali l'ambiente di lavoro e le modalità esecutive dello stesso possono contribuire in maniera significativa al loro manifestarsi rappresentando però solo due delle numerose cause (3) che concorrono al danno (a riguardo anche il documento approvato il 22.7.97 dalla XI Commissione permanente del Senato "[...] il tipo di patologie é mutato in relazione all'evoluzione dei rischi al punto che non si parla piú di malattie professionali in senso stretto ma di work related disease - cioè di malattie correlate al lavoro che trovano nell'attività lavorativa un fattore determinante ma la cui eziologia è connessa anche ad altri fattori legati alle condizioni di vita del soggetto assicurato").

Non può non balzare all'occhio il silenzio della raccomandazione europea sulle malattie causate al rachide dalla movimentazione manuale dei carichi e dalle posture incongrue della schiena (vengono menzionate solo quelle degli arti inferiori, con particolare riferimento ai menischi, le discopatie delle colonna dorsolombare provocate da vibrazioni verticali ripetute dall'insieme del corpo, che riguardano soprattutto i conduttori di mezzi semoventi quali trattori e carri armati, e gli strappi provocati da superattività delle apofisi spinose).


Anche per la malattie infettive e parassitarie, riconducibili alla previsione del c.d. "rischio biologico" del D.Lgs. 626/94, lo schema è sempre quello tabellare misto: alcune malattie - tetano, brucellosi, HBV, TBC, amebiasi e parassitosi animali - vengono già preventivamente valutate dalla raccomandazione europea come professionali, lasciando aperta la possibilità di indennizzo, con onere della prova del nesso eziologico a carico del lavoratore, delle "altre malattie infettive provocate dal lavoro del personale che si occupa di prevenzione, cure sanitarie, assistenza a domicilio ed altre attività assimilabili per le quali è stato provato un rischio di infezione". Da notare però come, nella dottrina medico-legale e nella stessa giurisprudenza, le malattie da contagio professionale non vengano considerate malattie bensì infortuni-malattie (vedi Cass. civ. sez. lavoro, 7.3.98, n.2572 (4)), essendo dovute non alla prolungata esposizione a rischio ad agenti nocivi (art.3 DPR 1124/65), bensì ad un evento che agendo ab estrinseco sull'organismo con meccanismo violento e concentrato nel tempo ("contagio"), cioè circoscritto ben al di dentro dei limiti temporali di un turno lavorativo (Cass. civile sez. lavoro n.239/2003).

Piuttosto strana l'inclusione (punto 2.4.) delle malattie parassitarie e tropicali tra le malattie di "sospetta" origine professionale: una volta provato che il contagio di un lavoratore operante all'estero sia avvenuto in "occasione di lavoro", infatti, appare evidente come anche l'infortunio-malattia debba essere considerato sicuramente professionale (5).

Sempre tra le patologie incluse nell'allegato II delle sospette patologie professionali meritano una nota:

  • Affezioni broncopolmonari dovute alle fibre minerali artificiali.
  • Noduli alle corde vocali provocati da sforzi prolungati dalla voce per ragioni professionali.

Fibre minerali artificiali

È ormai riconosciuta la proprietà delle fibre ceramiche refrattarie, a differenza di tutte le altre fibre vetrose, di indurre placche pleuriche negli uomini e, anche in assenza di un preciso collegamento con il mesotelioma pleurico, una loro capacità cancerogena appare sufficientemente provata.

Attualmente, lo IARC dopo avere classificato i principali tipi di MMVF nel Gruppo 213 ("possibile cancerogeno per l'uomo"), fatta eccezione per i filamenti di vetro, ha rivisto tale classificazione.

L'ultima revisione, datata 2002, prevede:

  • "sufficiente evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento delle fibre di vetro per scopi speciali, come le "E-glass" e "475";
  • "sufficiente evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento delle fibre ceramiche refrattarie;
  • È stata proposta la conferma per le fibre ceramiche, le fibre di vetro per scopi speciali tipo "E-glass" e "475" nel Gruppo 213 ("possibile cancerogeno per l'uomo");
  • "limitata evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento delle fibre di lana di vetro;
  • "limitata evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento delle fibre di lana di roccia;
  • "limitata evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento delle fibre di lana di scoria;
  • "inadeguata evidenza di cancerogenicità per l'uomo" per la lana di vetro, il filamento continuo di vetro, le fibre ceramiche refrattarie, la lana di roccia e di scoria;
  • "inadeguata evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento del filamento continuo di vetro;
  • "inadeguata evidenza di cancerogenicità" in animali da esperimento di fibre di recente produzione, meno biopersistenti, come le fibre alcalino-terrose (X-607), le fibre ad alto contenuto di allumina, le fibre di lane a basso contenuto di silice (HT) e le fibre denominate "A, C, F e G";
  • "non classificabili come cancerogeni per l'uomo" la lana di ve-tro, il filamento continuo in vetro, la lana di roccia e di scoria (Gruppo 3).

Per quello che riguarda le affezioni di tipo non neoplastico attualmente viene esclusa ogni attività sclerogena sui polmoni, sia sulla base delle caratteristiche fisiche delle fibre (tali fibre no appaiono in grado di raggiungere gli alveoli polmonari) sia sulla base del diverso destino biologico di tali fibre.


Noduli corde vocali professionali

Questo rappresenta uno dei punti più innovativi della raccomandazione.

Accanto ad alcuni casi diventati famosi a causa dell'interessamento dei mass media, quale il caso della rockstar inglese Elton John, da sempre i Medici del Lavoro si sono imbattuti in categorie decisamente atipiche di lavoratori in cui la voce era costretta a superlavoro: maestre da asilo o di scuola, cantanti, showman meriterebbero sicuramente un approfondimento più metodico.


Note

  1. Cassazione, sez. Lavoro 15/1/94 n. 343: "In tema di assicurazione contro le malattie professionali, il lavoratore addetto ad attività "tabellate" è esonerato, a differenza di quanto accade (dopo la sentenza costituzionale n. 179 del 1988) in ipotesi di attività non tabellate, dall'onere di provare il nesso eziologico tra malattia e lavoro svolto essendo stato questo già valutato preventivamente dal legislatore, salvo che non si dimostri dall'Istituto Assicuratore con certezza che la malattia contratta dal lavoratore non dipende dall'esposizione a quello specifico rischio ma da un diverso fattore patogeno"
    (Analoghe: Cassazione n.1919/1990, n. 1376/1991; n. 1941/1992; n. 2565/1992). [Top]
  2. Del resto la Commissione della Comunitá Europea, con la - ora abolita - raccomandazione n. 326 del 22 Maggio 1990 all'Allegato I (Raccomandazione della Commissione 90/326/CEE in G.U.C.E. L. 160/40, 26 Giugno 1990), si era preoccupata di inserire tra le malattie riconosciute scientificamente di origine professionale, oltre alle malattie osteoarticolari delle mani e dei polsi e alle malattie angioneurotiche provocate dalle vibrazioni meccaniche, anche le malattie provocate da superattivitá delle guaine tendinee, del tessuto peritendineo, delle inserzioni muscolari e tendinee. [Top]
  3. World Health Organization (WHO): Identification and control of work related diseases. Geneva: WHO, 1985: 1-71 (Technical Report Series, 1985, No 714). [Top]
  4. Cass. civ. sez. lavoro, 7.3.98, n.2572: "È causa violenta di infortunio sul lavoro anche l'azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell'organismo umano, ne determinano l'alterazione dell'equilibrio anatomico-fisiologico; purchè la suddetta azione - pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo - sia in rapporto, accertabile anche con il ricorso a presunzioni semplici, con lo svolgimento dell'attività lavorativa". [Top]
  5. Cass. civ. sez. lavoro n.5002 del 29051990, Guerci c. GOGEFAR: "Gli obblighi imposti all'imprenditore dall'art. 2087 Cod. Civ., in tema di tutela delle condizioni di lavoro, si riferiscono non solo alle attrezzature, ai macchinari ed ai servizi che il datore di lavoro fornisce o deve fornire, ma anche all'ambiente di lavoro, in relazione al quale le misure e le cautele da adottarsi dallo imprenditore devono riguardare sia i rischi insiti in quello ambiente sia i rischi derivanti dall'azione di fattori ad esso esterni ed inerenti alla località in cui tale ambiente è posto. Pertanto, nella controversia instaurata dal lavoratore che abbia lavorato in zona malarica all'estero (nella specie, in Camerun) contraendo la relativa malattia (cui attiene specificatamente la sentenza della corte costituzionale n. 227 del 1987, dichiarativa della parziale illegittimità dell'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, oltre che la sentenza della stessa corte n. 369 del 1985, sull'estensione dell'applicabilità della normativa sulla assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ai lavoratori italiani operanti all'estero alle dipendenze di imprese italiane), è onere del datore di lavoro dimostrare che, adibendo il dipendente a mansioni allo aperto in una regione umida costituente l'habitat naturale della anofele, abbia fatto il possibile per evitargli il contagio della malaria, ad iniziare dalla fornitura del chinino necessario ad evitare lo sviluppo della malattia". [Top]
  • Dr. Domenico Taddeo, Direttore UF Prevenzione e Sicurezza nei luoghi di Lavoro - ASL 5 di Pisa

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