Con la raccomandazione del 19.9.2003 (2003/670/CE su G.U.C.E. del 25.9.2003) la Commissione europea istituisce un primo elenco europeo delle malattie professionali.
Nello stesso testo viene "raccomandato" agli stati membri, entro il 31 Dicembre 2006 di:
Lo scopo della raccomandazione appare, nella sostanza, duplice:
Per quello che riguarda il primo punto, va ricordato come in Italia il problema del riconoscimento e dell'indennizzo delle malattie professionali sia praticamente interamente assorbito dal DPR 1124/65 e dall'Istituto dell'INAIL: l'Italia, infatti, ha già una sua lista nazionale delle patologie professionali prevista dall'allegato 4 del DPR 1124/65 e di cui il DPR 336/94 rappresenta l'ultimo aggiornamento.
Tale sistema viene definito "sistema tabellare", in quanto le patologie incluse nella tabella del DPR 336/94 vengono definite patologie tabellate mentre quelle non incluse rientrano tra le cosiddette patologie extratabellari. Questa distinzione ha una notevole importanza pratica alla luce della celebre sentenza della Corte Costituzione n. 179 del 18 Febbraio 1988: tale sentenza ha infatti da tempo introdotto nel nostro sistema giuridico-legislativo il principio per cui è ammesso anche il riconoscimento delle patologie extratabellari (cioè non comprese nella tabella del DPR 336/94) a condizione peró che, chi ne richieda il riconoscimento, ne provi il nesso causale con la lavorazione in questione (il cosiddetto sistema della "tabella mista"). In pratica, per le lavorazioni non comprese nella tabella spetta al lavoratore provare che derivino dal lavoro mentre nel caso di malattie "tabellate", spetta all'INAIL provare che non vi sia nesso con la lavorazione essendo in questo caso il nesso giá contemplato in termini generali dal legislatore (1).
Semplificando al massimo il concetto, una patologia non compresa nella tabella non è patologia professionale fino a prova contraria. Il comma 2 dell'articolo 1 della Raccomandazione in esame ("fare in modo che venga introdotto [...] il diritto all'indennizzo per malattia professionale al lavoratore che soffre di una affezione non contenuta nell'elenco dell'allegato 1") non appare pertanto aggiungere nulla di nuovo al già vigente sistema gabellare misto.
Più controverso appare l'art.2 della presente raccomandazione in cui si legge "gli Stati membri stabiliscono i criteri di riconoscimento di ciascuna malattia professionale secondo la vigente legislazione o prassi nazionale". Dunque il comma 8 dell'articolo 1, dove si legge che agli stati membri si raccomanda di "garantire un'ampia diffusione dei documenti di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali incluse nei loro elenchi nazionali tenendo conto, in particolare, delle note di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali pubblicate dalla Commissione" e che appare rimanere più che altro un suggerimento prestigioso ma non vincolante su "quando e come" riconoscere una malattia come professionale - al pari di quello che avrebbe potuto rappresentare una Direttiva europea - per lo stato membro, che rimane esplicitamente libero di stabilire i criteri medico-legali di riconoscimento.
L'impressione, pertanto, è che molto dipenderà dall'INAIL, in quanto le differenze tra la lista europea e italiana appaiono marginali: in pratica, nella raccomandazione europea, vengono solo descritte più analiticamente alcune forme di patologie da sovraccarico biomeccanico (borsiti prerotulea, sottorotulea, oleocranica e della spalla, malattie provocate da superattività delle guaine tendinee, del tessuto peritendineo e delle inserzioni muscolari, lesioni del menisco da prolungato accovacciamento e inginocchiamento, paralisi dei nervi dovuti a compressione, sindrome del tunnel carpale) (2), malattie che comunque l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce non come causate da lavoro bensì "malattie correlate con il lavoro", cioè malattie ad eziologia multifattoriale per le quali l'ambiente di lavoro e le modalità esecutive dello stesso possono contribuire in maniera significativa al loro manifestarsi rappresentando però solo due delle numerose cause (3) che concorrono al danno (a riguardo anche il documento approvato il 22.7.97 dalla XI Commissione permanente del Senato "[...] il tipo di patologie é mutato in relazione all'evoluzione dei rischi al punto che non si parla piú di malattie professionali in senso stretto ma di work related disease - cioè di malattie correlate al lavoro che trovano nell'attività lavorativa un fattore determinante ma la cui eziologia è connessa anche ad altri fattori legati alle condizioni di vita del soggetto assicurato").
Non può non balzare all'occhio il silenzio della raccomandazione europea sulle malattie causate al rachide dalla movimentazione manuale dei carichi e dalle posture incongrue della schiena (vengono menzionate solo quelle degli arti inferiori, con particolare riferimento ai menischi, le discopatie delle colonna dorsolombare provocate da vibrazioni verticali ripetute dall'insieme del corpo, che riguardano soprattutto i conduttori di mezzi semoventi quali trattori e carri armati, e gli strappi provocati da superattività delle apofisi spinose).
Anche per la malattie infettive e parassitarie, riconducibili alla previsione del c.d. "rischio biologico" del D.Lgs. 626/94, lo schema è sempre quello tabellare misto: alcune malattie - tetano, brucellosi, HBV, TBC, amebiasi e parassitosi animali - vengono già preventivamente valutate dalla raccomandazione europea come professionali, lasciando aperta la possibilità di indennizzo, con onere della prova del nesso eziologico a carico del lavoratore, delle "altre malattie infettive provocate dal lavoro del personale che si occupa di prevenzione, cure sanitarie, assistenza a domicilio ed altre attività assimilabili per le quali è stato provato un rischio di infezione". Da notare però come, nella dottrina medico-legale e nella stessa giurisprudenza, le malattie da contagio professionale non vengano considerate malattie bensì infortuni-malattie (vedi Cass. civ. sez. lavoro, 7.3.98, n.2572 (4)), essendo dovute non alla prolungata esposizione a rischio ad agenti nocivi (art.3 DPR 1124/65), bensì ad un evento che agendo ab estrinseco sull'organismo con meccanismo violento e concentrato nel tempo ("contagio"), cioè circoscritto ben al di dentro dei limiti temporali di un turno lavorativo (Cass. civile sez. lavoro n.239/2003).
Piuttosto strana l'inclusione (punto 2.4.) delle malattie parassitarie e tropicali tra le malattie di "sospetta" origine professionale: una volta provato che il contagio di un lavoratore operante all'estero sia avvenuto in "occasione di lavoro", infatti, appare evidente come anche l'infortunio-malattia debba essere considerato sicuramente professionale (5).
Sempre tra le patologie incluse nell'allegato II delle sospette patologie professionali meritano una nota:
È ormai riconosciuta la proprietà delle fibre ceramiche refrattarie, a differenza di tutte le altre fibre vetrose, di indurre placche pleuriche negli uomini e, anche in assenza di un preciso collegamento con il mesotelioma pleurico, una loro capacità cancerogena appare sufficientemente provata.
Attualmente, lo IARC dopo avere classificato i principali tipi di MMVF nel Gruppo 213 ("possibile cancerogeno per l'uomo"), fatta eccezione per i filamenti di vetro, ha rivisto tale classificazione.
L'ultima revisione, datata 2002, prevede:
Per quello che riguarda le affezioni di tipo non neoplastico attualmente viene esclusa ogni attività sclerogena sui polmoni, sia sulla base delle caratteristiche fisiche delle fibre (tali fibre no appaiono in grado di raggiungere gli alveoli polmonari) sia sulla base del diverso destino biologico di tali fibre.
Questo rappresenta uno dei punti più innovativi della raccomandazione.
Accanto ad alcuni casi diventati famosi a causa dell'interessamento dei mass media, quale il caso della rockstar inglese Elton John, da sempre i Medici del Lavoro si sono imbattuti in categorie decisamente atipiche di lavoratori in cui la voce era costretta a superlavoro: maestre da asilo o di scuola, cantanti, showman meriterebbero sicuramente un approfondimento più metodico.
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