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La Medicina del Lavoro e le patologie cronico-degenerative - Dicembre 2003

Gli operai invecchiano prima di manager e dirigenti. Secondo una ricerca inglese, i disturbi e le malattie croniche legate all'età colpiscono chi fa un lavoro manuale anche 20 anni prima rispetto ai loro boss. Secondo i ricercatori dell'University College di Londra, circa un terzo degli operai tra i 5O e i 59 anni soffre di distrubi cronici, che tra i dirigenti, invece, si manifestano nella stessa proporzione solo dopo i 75 anni. Una ricerca, si legge sulla Bbc on line, che conferma il legame a lungo termine tra reddito e salute.

L'indagine, l'English Longitudinal Study on Ageing, è stata condotta su un gruppo di più di 12 mila persone, monitorandone lo stato di salute per più di 20 anni. Dall'analisi dei dati raccolti è emerso che i "colletti blu" sono più a rischio di essere colpiti da problemi cardiaci e psichiatrici rispetto ai loro dirigenti. Non solo. Chi proviene da famiglie a basso reddito spesso fuma e si alimenta in maniera poco salutare, fattori che accelerano la comparsa dei disturbi. "Premesso che oggi siamo tutti più in salute rispetto a 100 anni fa" - spiegano i ricercatori londinesi - "è possibile colmare questo squilibrio migliorando, per prima cosa, le condizioni e l'ambiente di lavoro".

(Londra, 5 dic. Pin/Adnkronos Salute)

Prendiamo spunto da questa notizia per ribadire l'importanza che la medicina del lavoro si occupi di più delle patologie "correlate" al lavoro.

La filosofia pluridecennale della Medicina del Lavoro si è basata quasi esclusivamente sull'interesse specifico alle patologie ad unica o elevata frazione eziologica professionale come le pneumoconiosi, l'ipoacusia da rumore, le intossicazioni da metalli e solventi. Solo da pochi anni ci si sta accorgendo dell'importanza del ruolo dei rischi professionali nella genesi e sviluppo delle patologie cosiddette cronico-degenerativa. Molte di queste presentano un'eziologia multifattoriale e spesso la componenente professionale è presente, anche se può non essere preminente.

Fra queste patologie si ricordano in particolare quelle cardio-vascolari ed i tumori che, insieme, rappresentano i due terzi delle cause attuali di morte. Molto importanti per la presenza di fattori professionali anche le patologie allergiche, quelle psichiatriche e quella da sovraccarico funzionale.

Fra i fattori di rischio più importanti si ricordano lo stress professionale, l'esposizione, anche a basse dosi, ad agenti pericolosi, a cancerogeni e allergizzanti in particolare e gli aspetti ergonomici.

Il maggior impegno su queste tematiche dovrebbe essere rivolto sia agli aspetti valutativi e preventivi sia a quelli diagnostici e assicurativi.

Tenuto conto dell'importanza delle esposizioni professionali anche ai cosiddetti "rischi generici aggravati" sarebbe necessario che il processo di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro riguardasse anche questi aspetti (in linea con quanto prevede la normativa) e che fossero avanzate proposte preventive specifiche.

Anche dal punto di vista diagnostico-eziologico dovrebbe esserci un ruolo per il Medico Competente a livello di sorveglianza sanitaria periodica e per il resto della catena diagnostica (medico di medicina generale, specialisti, ospedali).

Infine le sentenze sulla "equivalenza delle cause" dovrebbe giustificare un riconoscimento assicurativo anche per le patologie multifattoriali dove fosse accertata la presenza di fattori professionali, anche se non esclusivi. Ciò in particolar modo in alcune frequenti patologie come l'infarto del miocardio o il carcinoma del polmone dove il ruolo dell'esposizione a fattori di rischio professionali può esser presente (pensiamo all'amianto) ma viene di norma o sottaciuto o sottovalutato o non preso in considerazione in quanto cofattore insieme ad altri cofattori noti (es. fumo di sigaretta).

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