I soggetti interessati dalla problematica risultano essere:
- I Direttori di Unità Operativa/Sezione, delegati dalla Direzione Aziendale.
- La Direzione Sanitaria (DS)/Direzione Medica di Presidio Ospedaliero (DMPO).
- I Direttori delle U.O. Professionali.
- L'U.O. Personale.
- Il Medico Competente/il Servizio di Prevenzione e Protezione, l'Esperto Qualificato per la valutazione del rischio.
L'ente preposto alla vigilanza è la Direzione Provinciale del Lavoro.
Valutazione dei rischi (art. 11 D.Lgs. 151/2001)
La tutela della maternità comprende il periodo di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio (art. 6 D.Lgs. 151/2001) della lavoratrice e il periodo embrionale, fetale e i primi
anni di vita (fino al 3° anno) del bambino.
La valutazione dei rischi per la lavoratrice, tenendo conto anche degli aspetti relativi al bambino, deve essere effettuata nell'ambito della complessiva valutazione dei rischi, quindi a priori.
Questa valutazione utilizza criteri specifici, in quanto ha l'obiettivo precipuo di tutelare la lavoratrice in particolari situazioni fisiologiche (gravidanza, allattamento) o di
responsabilità genitoriale e il prodotto del concepimento, prima del parto e nei primi anni di vita.
Ai fini di tale valutazione, è necessario tenere conto degli effetti specifici che la tipologia e l'entità dei rischi esistenti nell'abito lavorativo hanno sulle situazioni e sugli
eventi tutelati, considerando la particolare organizzazione di lavoro e l'esistenza o meno di idonee misure preventive.
Di seguito si distingueranno il periodo di gravidanza da quello di allattamento, mentre il puerperio, cioè il periodo di tempo compreso tra il parto e la ripresa dell'attività ciclica
ovarica (durata convensionale di 8 settimane e fino a 12 settimane del bambino) non viene preso in considerazione in quanto è coperto in Italia dal periodo di congedo obbligatorio per
maternità.
Tutela della maternità nel periodo di gravidanza e fino al 7° mese di età del figlio
Procedure per il personale Medico e Non Medico:
- La lavoratrice deve segnalare per iscritto al Direttore della propria U.O./Sezione il suo stato di gravidanza, allegando certificato medico con la data presunta del parto. In caso di gravidanza
a rischio, per usufruire del congedo di maternità immediato, consegna il certificato del ginecologo direttamente alla Direzione Provinciale del Lavoro.
- Il Direttore della U.O./Sezione, se l'attività della lavoratrice risulta a rischio per la gravidanza, deve valutare la possibilità di riorganizzare il lavoro della lavoratrice in
modo da renderlo compatibile con lo stato di gravidanza; può avvalersi della consulenza di Medico Competente, del SPP, dell'Esperto Qualificato, della U.O. Professionale (personale non
medico) o della DMPO (personale medico). Deve fare un ordine scritto in cui definisce le attività e i compiti che la lavoratrice deve o non deve fare. L'ordine scritto deve
essere messo a conoscenza degli altri lavoratori, del Medico Competente, della U.O. Professionale (personale non medico) o della DMPO (personale medico) e alla U.O. Personale se
trattasi di attività che prevedano indennità giornaliere specifiche.
- Il Direttore della U.O./Sezione, se la riorganizzazione dell'attività non è praticabile, può spostare la lavoratrice ad altra mansione all'interno del proprio reparto;
può avvalersi della consulenza del Medico Competente, del SPP, dell'Esperto Qualificato, della U.O. Professionale (personale non medico) o della DMPO (personale medico) e
deve comunicare lo spostamento al Medico Competente, alla U.O. Professionale (personale non medico) o della DMPO (personale medico) all'U.O. Personale e alla Direzione Provinciale
del Lavoro;
- Il Direttore della U.O./Sezione, se non vi è possibilità di collocare la lavoratrice all'interno del proprio reparto, lo comunica alla DMPO (personale medico) o alla U.O.
Professionale (personale non medico) richiedendo di valutare la possibilità di una soluzione alternativa in altro reparto all'interno dell'Azienda; tutti gli interessati possono
avvalersi della consulenza del Medico Competente, del SPP e dell'Esperto Qualificato. La DMPO (personale medico) o la U.O. Professionale (personale non medico) debbono comunicare
lo spostamento al Medico Competente, all'U.O. Personale e alla Direzione Provinciale del Lavoro;
- La DMPO (personale medico) o il Direttore dell'U.O. Professionale (personale non medico), nell'eventualità che neppure questa soluzione fosse praticabile, debbono
comunicare per iscritto alla Direzione Provinciale del Lavoro che non sono praticabili soluzioni che permettano la permanenza al lavoro della lavoratrice in gravidanza, mandandone copia per
conoscenza al Medico Competente e all'U.O. Personale. La lavoratrice sarà quindi inviata alla Direzione Provinciale del Lavoro per ratificare il congedo di maternità anticipato per
esposizione a rischio.
- La lavoratrice è tenuta a presentare al Direttore di U.O./Sezione di appartenenza, entro trenta giorni dalla data del parto, il certificato di nascita o la certificazione sostitutiva,
contenente cognome nome della madre, cognome e nome del bambino e data di nascita del bambino. Il Direttore di U.O./Sezione ne invierà comunicazione per conoscenza alla U.O. Personale.
Art. 20 D.Lgs. 151/2001: Flessibilità del congedo di maternità
Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternita', le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto (D.P.P.) e
nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il Medico Competente ai fini della prevenzione e tutela
della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Procedure:
La lavoratrice che desideri usufruire della norma prevista nell'Art. sopracitato dovrà, entro il termine del 7° mese:
- Presentare un certificato del proprio ginecologo che attesti la fisiologicità della gravidanza in quel periodo (7° mese).
- Presentare richiesta scritta con apposito modulo al Medico Competente che dovrà attestare che l'opzione di posticipare di un mese il congedo di maternità continuando
l'attività lavorativa non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
- La copia di tale attestazione sarà inviata dalla lavoratrice all'U.O. Personale.
- L'U.O. Personale ne informerà per iscritto il Direttore di U.O., la DMPO (personale medico) e il Direttore di U.O. Professionale (personale non medico).
Certificazioni e Modulistica:
- Certificato medico dello specialista ginecologo.
- l Modulo di richiesta di Congedo di Maternità posticipato è disponibile c/o il Medico Competente.
Rischi per la gravidanza
Per quanto riguarda il problema all'interno delle Aziende Sanitarie (AS), si può ritenere che vadano considerati incompatibili con lo stato di gravidanza i seguenti rischi:
- a) Movimentazione Manuale Carichi (MMC) - sollevamento, trasporto e spinta - di grado medio-elevato ed in particolare la movimentazione manuale di pazienti non autosufficienti (durante la
gestazione e per 7 mesi dopo il parto).
- b) Lavori che comportano uno stazionamento in piedi per più di metà dell'orario di lavoro, che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante o ergonomicamente incongrua
per lo stato di gravidanza; ad es. assistenza ai malati in tutti i reparti di degenza, attività di sala operatoria, posizione obbligata a sedere per tutto il turno di lavoro (durante la
gestazione e per 7 mesi dopo il parto).
- c) Lavori di assistenza e di cura degli infermi nei reparti per malattie nervose e mentali: ad es. reparti di psichiatria, neuropsichiatria infantile e SERT (durante la gestazione e per 7 mesi
dopo il parto).
- d) Rischio Biologico: lavori con rischio medio o elevato di esposizione ad agenti biologici potenzialmente infettivi (gruppi di rischio da 2 a 4 di cui art. 75 D.Lgs. 626/94), nella misura in
cui sia noto che tali agenti, o le terapie che essi rendono necessarie, mettono in pericolo la salute delle gestanti e/o del nascituro. (durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto) (esempi
indicativi sono: reparti di malattie infettive, pneumologia, laboratori di microbiologia, centri prelievi e centri trasfusionali, pronto soccorso, pediatria, anatomia patologica, reparti dialisi,
sale operatorie e degenze chirurgiche).
- e) Rischio Chimico: lavori con esposizione agli agenti chimici. Per l'estrema molteplicità e variabilità degli agenti chimici presenti nel comparto sanitario è necessario
di volta in volta valutare la pericolosità per la gravidanza dell'esposizione ai singoli prodotti.
Sono in particolare da considerare (a meno che non si tratti di rischio definito moderato): lavori con esposizione a sostanze e preparati classificati tossici (T), molto tossici (T+), corrosivi
(C), esplosivi (E), nocivi (Xn) o estremamente infiammabili (F+).
Sono da considerare comunque attività a rischio non moderato le attività con esposizione a sostanze e preparati classificati e comportanti uno o più rischi descritti dalle
seguenti frasi:
- Pericolo di effetti irreversibili molto gravi (R39).
- Possibilità di effetti irreversibili (R40).
- Può provocare sensibilizzazione mediante inalazione (R42).
- Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle (R43).
- Può provocare il cancro (R45).
- Può provocare alterazioni genetiche ereditarie (R46).
- Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata (R48).
- Può provocare il cancro per inalazione (R49).
- Può danneggiare i bambini non ancora nati (R61).
- Lavori con manipolazione di chemioterapici antiblastici, antivirali e antimitotici.
- Lavori con esposizione a gas anestetici.
Esempi di lavorazioni che possono essere interessate dal rischio chimico sono: laboratori, oncologie, anatomia patologica, endoscopie, sale operatorie.
- f) Rischi Fisici.
- Lavori che comportano l'esposizione diretta o riflessa alle radiazioni ionizzanti (durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto) e; ad es, radioterapie, medicine nucleari,
attività interventistiche con apparecchiature a raggi X.
- Lavori che comportano l'esposizione diretta alle radiazioni non ionizzanti; ad es. fisioterapie con apparecchiature laser, marconiterapia, radarterapia, RMN (fino al termine del congedo di
maternità).
- Lavori che comportino colpi o vibrazioni meccaniche (fino al termine del congedo di maternità).
- Lavori che comportino esposizione a rumore (valori di Lepd superiori a 80 dBA); ad es. nelle centrali termiche (fino al termine del congedo di maternità).
- Lavori che comportino esposizione ad elevate temperature e sbalzi termici: ad es. nelle cucine; lavori in atmosfera a pressione superiore a quella naturale; es. camera iperbarica (fino al
termine del congedo di maternità).
- g) È vietato il lavoro notturno e la reperibilità (dalle ore 24 alle 6), dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino,
mentre è facoltativo per la lavoratrice madre fino all'età di tre anni del bambino, ex art. 53 Dlgs. 151/2001.
- h) Lavori legati a stress: ad es. situazioni lavorative che espongono a fatica mentale e fisica elevate o ad elevato stress emotivo (durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto): es. il
lavoro solitario, reparti di rianimazione, pronto soccorso, SERT, oncologie.
- i) Condotta e altre mansioni a bordo di mezzi di trasporto (auto, pulmini, furgoni, elicotteri): ad esempio: servizio trasporto malati, servizio trasporto documenti e materiali (fino al termine
del congedo di maternità).
Procedure per la gestione della lavoratrice dopo il rientro dalla gravidanza
A. Rientro dalla Gravidanza
L' art. 6 del D.Lgs. 151/2001 prevede "[...] la tutela della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, che hanno informato il datore di
lavoro del proprio stato [...]"
Nell'assegnazione del lavoro al rientro dalla gravidanza deve essere escluso il lavoro notturno e le reperibilità notturne fino al compimento di un anno del bambino (art. 53 D.Lgs.
151/2001).
Fino all'età di tre anni del bambino, il lavoro notturno può essere svolto solo con il consenso della lavoratrice (art. 53 D.Lgs. 151/2001).
L'orario di lavoro potrà essere ridotto nella misura prevista dall'art. 39 del D.Lgs. 151/2001 (2 ore al giorno per orari uguali o superiori a 6 ore, 1 ora al giorno per orario inferiore a 6
ore), per la durata di un anno.
Rischi lavorativi per l'allattamento
Per quanto riguarda il problema all'interno di un'Azienda Sanitaria, si può ritenere che vadano considerati incompatibili con l'allattamento i seguenti rischi:
- Lavori di assistenza e cura degli infermi nei reparti per malattie nervose e mentali: ad es. reparti psichiatria, neuropsichiatria infantile.
- Rischio Chimico: devono essere valutate caso per caso le esposizioni, considerando il possibile passaggio della sostanza nel latte e/o i possibili effetti dannosi sulla madre che, durante il
periodo di allattamento è in condizioni di maggiore suscettibilità nei confronti delle sostanze pericolose.
- Rischio Biologico. Lavori con esposizione diretta a materiali biologici potenzialmente contaminati da agenti infettivi, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi
rendono necessarie possano costringere la lavoratrice ad interrompere l'allattamento: es. reparti di malattie infettive, pneumologia, laboratori di microbiologia, pronto soccorso, reparti dialisi,
sale operatorie.
- Rischi Fisici: lavori che comportano l'esposizione a radionuclidi (art. 8, Comma 3 D.Lgs. 151/2001); ad es., radioterapie, medicine nucleari, sale operatorie, sale emodinamica etc.
- Lavori che comportano esposizione ad elevate temperature e sbalzi termici: ad es. nelle cucine.
- Lavori legati a stress: ad es. situazioni lavorative che espongono a fatica mentale e fisica elevate o a elevato stress emotivo: ad es. il lavoro solitario, ambulatori e degenze psichiatriche,
reparti di p.soccorso, aree critiche.
Iter per l'applicazione della procedura di tutela della lavoratrice madre nel periodo fino al 7° mese post-partum e durante l'allattamento
La lavoratrice al rientro dopo il congedo di maternità
- Entro 60 gg. dalla data del parto contatta la U.O. Personale per stabilire la data di rientro in servizio.
- Segnala per iscritto al Direttore della propria U.O./Sezione, la data prevista per il rientro al lavoro dopo la gravidanza.
- Nel caso che la lavoratrice allatti naturalmente il figlio, presenta certificato del ginecologo/pediatra che lo attesti.
Il Direttore della U.O./Sezione, se l'attività della lavoratrice risulta a rischio, deve valutare la possibilità di riorganizzare il lavoro della lavoratrice in modo da renderlo
compatibile con il suo stato e/o l'allattamento. Può avvalersi della consulenza di Medico Competente, del SPP, dell'Esperto Qualificato, della U.O. Professionale (personale non
medico) o della DMPO (personale medico) e deve fare un ordine scritto in cui definisce le attività e i compiti che la lavoratrice deve o non deve fare. L'ordine scritto deve
essere messo a conoscenza degli altri lavoratori e del Medico Competente.
Il Direttore della U.O./Sezione, se la riorganizzazione dell'attività non è praticabile, può spostare la lavoratrice ad altra mansione all'interno della U.O. Può
avvalersi della consulenza di Medico Competente, del SPP, dell'Esperto Qualificato, della U.O. Professionale (personale non medico) o della DMPO (personale medico); deve
comunicare lo spostamento al Medico Competente e all'U.O. Personale.
Il Direttore della U.O./Sezione, se non vi è possibilità di collocare la lavoratrice all'interno del proprio reparto, interpella la DMPO (personale medico) o la U.O.
Professionale (personale non medico) per valutare la possibilità di una soluzione alternativa all'interno dell'Azienda. Tutti gli interessati possono avvalersi della consulenza del
Medico Competente, del SPP e dell'Esperto Qualificato. Il Direttore dell'U.O./Sezione di appartenenza della lavoratrice deve comunicare lo spostamento al medico competente e all'U.O. Personale.
La DMPO (personale medico) o il Direttore dell'U.O. Professionale (personale non medico), nell'eventualità che neppure questa soluzione fosse praticabile, comunicano per
iscritto alla Direzione Provinciale del Lavoro che non sono praticabili soluzioni che permettano la permanenza al lavoro della lavoratrice in allattamento fino al settimo mese, mandandone copia per
conoscenza al Medico Competente e alla U.O. Personale.
Al rientro
a. Rientro dopo 3-4 mesi dal parto
- Se la lavoratrice viene inserita nel lavoro precedente al congedo di maternità non vi è necessità di ulteriori visite da parte del Medico Competente, a meno che la
lavoratrice non la richieda espressamente per iscritto, visita occasionale, per problemi di salute sopravvenuti o se sia in scadenza la precedente visita periodica.
- Se la lavoratrice viene inserita con mansione diversa rispetto a quella svolta precedentemente al congedo di maternità, deve essere inviata alla visita preventiva, se il lavoro è
soggetto a sorveglianza sanitaria.
- In caso di patologia insorta durante il periodo di gravidanza, il Servizio di Medicina Preventiva del Lavoro è a disposizione della lavoratrice che lo richiedesse per una valutazione
clinica e l'aggiornamento della cartella sanitaria prima dell'eventuale rientro al lavoro.
b. Rientro dopo 7 mesi dal parto o in tempi successivi
- Vale quanto previsto al punto a.
- Qualora la lavoratrice manifesti l'intenzione di allattare il bambino anche dopo il rientro, dopo 7 mesi dal parto, sarà facoltà dell'amministrazione, se possibile, inserirla in
un lavoro senza rischi per l'allattamento.
Il Medico Competente, nel caso in cui la mansione in cui viene inserita la lavoratrice fosse a rischio per l'allattamento e fossero passati i 7 mesi dal parto, nel giudizio di idoneità
dovrà comunque segnalare l'esistenza dei rischi per l'allattamento, specificandoli singolarmente.
Promemoria per la lavoratrice madre
- Segnala per iscritto al direttore della propria U.O./Sezione il suo stato di gravidanza fisiologica, allegando certificato medico con la data presunta del parto.
- In caso di gravidanza a rischio, per usufruire del Congedo di maternità anticipato, consegna il certificato del ginecologo attestante il suo stato direttamente alla Direzione Provinciale
del Lavoro.
- Nel caso la lavoratrice volesse usufruire della flessibilità del congedo di maternità ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. 151/2001, presenta, entro il 7° mese di gravidanza,
certificato medico del proprio ginecologo che ne attesti le condizioni in quel periodo.
- Entro 30 gg. dal parto presenta il certificato di nascita del figlio o certificazione sostitutiva con contenente i seguenti dati: cognome nome della madre, cognome e nome del bambino e data di
nascita del bambino (art. 21, comma 2 D.Lgs. 151/2001).
- Entro 60 gg. dalla data del parto contatta la U.O. Personale per stabilire la data di rientro in servizio.
- Almeno 15 gg. prima del rientro dal congedo di maternità contatta il proprio Direttore di U.O./Sezione per stabilire la data del colloquio inteso a fissare definitivamente la data di
rientro e la destinazione lavorativa.
- Nel caso la lavoratrice allatti naturalmente il figlio, presenta certificato medico del ginecologo o pediatra che lo attesti.
Si ricorda che:
- La lavoratrice madre non può essere adibita al lavoro notturno o a reperibilità notturne fino al compimento di un anno del bambino (art. 53 D.Lgs. 151/2001).
- Fino all'età di tre anni del bambino, il lavoro notturno può essere svolto solo con il consenso della lavoratrice (art. 53 D.Lgs. 151/2001).
- L'orario di lavoro potrà essere ridotto nella misura prevista dall'art. 39 del Dlgs. 151/2001 (2 ore al giorno per orari uguali o superiori a 6 ore, 1 ora al giorno per orario inferiore
a 6 ore), per la durata di un anno.
Normativa di riferimento
- L. 30/12/1971 n. 1204: Tutela lavoratrici madri.
- DPR 25/11/1976 n. 1026: Regolamento esecuzione della L. 1204.
- D.Lgs. 25/11/1996 n. 645: Tutela Lav. Madri (Recepimento norme CEE).
- L. 5/02/1999 n. 25: (Art. 17) Divieto del lavoro notturno delle gestanti.
- L. 8/03/2000 n. 53: Flessibiltà dell'astensione obbligatoria.
- Decreto Intermin. 21 luglio 2000, n.278: Reg. attuazione dell'art. 4 della Legge 53/2000.
- D.Lgs. 26/03/2001, n. 151: Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53.