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Aspetti clinico-diagnostici in Medicina del Lavoro e Centri specialistici di secondo livello - Luglio 2004

In questi ultimi anni nel mondo della Medicina del Lavoro si è progressivamente deteriorato il significato, il ruolo, la considerazione sugli aspetti più tipicamente clinico-diagnostici della disciplina.

Questo atteggiamento "negativo" poteva avere un significato ed una giustificazione fino a qualche anno fa in relazione al forte squilibrio delle risorse impiegate nella parte diagnostica rispetto a quella preventiva. La giusta critica a quello squilibrio ha contribuito al rinnovamento culturale e normativo in relazione alla tutela della salute dei luoghi di lavoro prefigurando e permettendo la nascita dei Servizi Pubblici per la Salute e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro dove anche i medici del lavoro, insieme ad altre figure professionali, impiegano le loro conoscenze prioritariamente verso la prevenzione primaria. Ma oggi che significato ha la clinica in Medicina del Lavoro?

Serve ancora ai lavoratori?

Insieme alla nascita ed allo sviluppo (ancorchè insufficiente) di una forte rete pubblica di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro sarebbe stato importante il mantenimento di una cultura di approccio clinico-diagnostico e di una rete specialistica di Medicina del Lavoro di secondo livello.

In realtà in questi ultimi 10-15 anni il ruolo dei Medici Competenti è stato sempre più ristretto agli aspetti formali e anche burocratici (e questo è visibile anche dalla riduzione del numero di denunce di MP) e si sono fortemente ridotti (per non dire in alcuni casi cancellati) gli spazi di agibilità degli Ambulatori Ospedalieri e/o Universitari di Medicina del Lavoro, comunque di secondo livello.


A meno di ritenere del tutto debellato il fenomeno delle malattie professionali, gli aspetti clinico-diagnostici sono da considerarsi ancora importantissimi, sia per i riflessi sulla prevenzione primaria e secondaria che per le necessarie ricadute medico-legali per il giusto risarcimento ai lavoratori colpiti da MP.

Le nuove forme di MP e di patologie correlate al lavoro necessitano ancora più di prima di un'approccio che riesca a cogliere ed a correlare gli aspetti del rischio professionale con quelli clinici: in sintesi un approccio di Medicina del Lavoro.

È miseramente fallito il tentativo mistificatorio di ritenere che gli aspetti clinico-diagnostici delle varie forme di malattie professionali potessero essere affrontati dagli specialisti d'organo (dermatologo, pneumologo, ortopedico, oculista, psichiatra ecc.). Nessuno può negare l'importanza della collaborazione con questi specialisti ma nessuno può affermare che questi posseggano la cultura e le conoscenze relative ai cicli produttivi ed ai relativi rischi professionali e la capacità di mettere in relazione i rischi specifici (e aspecifici) con le patologie.

Specie se si considerano le difficoltà specifiche per affrontare le "nuove" forme di patologia professionale, Ambulatori Specialistici (meglio se plurispecialistici) Pubblici di Medicina del Lavoro di secondo livello, inseriti in una rete che comprenda i Dipartimenti per la Prevenzione delle ASL, i medici di Medicina Generale ed i Medici Competenti, risultano indispensabili e devono essere individuati e rafforzati in base all'Area Vasta di riferimento, alle specifiche competenze ed alle necessità dei vari territori.

Questi centri potrebbero diventare punti di riferimento per la collaborazione sulla ricerca sulle MP perse, per la ricerca in senso più letterale sulle nuove MP e (come in alcuni rari casi sono già) punto di riferimento per i Medici Competenti ed i medici curanti per il miglioramento della loro qualità del lavoro, in particolare per l'accertamento delle patologie professionali.

  • Prof. Alfonso Cristaudo, Medico del Lavoro - Direttore U.O. Medicina Preventiva del Lavoro - Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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