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Note sulla Relazione Tecnica sulla proposta di aggiornamento dell'elenco delle MP - Ottobre 2004

L'articolo del mese di Settembre del collega Ramistella sul decreto 27.4.2004 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art.139 del T.U. n.1124/1965" se in merito alle osservazione relativamente alle "nuove" attività del Medico Competente appare condivisibile, dall'altro invece relativamente ad "alcune osservazioni e commenti" di tipo medico legale, dimostrano, un approccio non sufficientemente "conoscitivo" di come si sia sviluppata la tematica e portano a conclusioni che non possiamo condividere anche se l'estensore stesso della nota definisce la sua "interpretazione estrema, quasi provocatoria".

Probabilmente il tutto è anche dovuto al fatto che non è stata letta con la dovuta attenzione la relazione della Commissione - non certo colpa dell'autore data la difficoltà di reperire per i non addetti ai lavori tale documento - allorché ha proposto al Ministero il nuovo elenco; e forse c'è stata anche una sottovalutazione dell'art.10 - infatti è stata riportata solo la parte citata nel decreto commentato - e delle direttive europee la n.326 del 1990 e la n.670 del 2003 anch'esse segnalate.

L'articolo 10 citato al comma 4 afferma

[...] l'elenco delle malattie di cui all'art.139 del T.U. conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali [...]

La Commissione, nominata con decreto il 23 Marzo 2001 come da articolo 1 ("È costituita per un quadriennio, presso l'INAIL la commissione scientifica per [...]") aveva dei paletti ben precisi e dentro questi paletti doveva muoversi.

"È per questo che la Commissione ha fatto quel tipo di elenco, ma la stessa Commissione non si è limitata a "ratificare" qualcosa che c'era già ma è andata ben oltre con prese di posizioni importanti del tutto condivisibili.

Nella relazione tecnica della commissione infatti si legge:

[...] l'art. 10 comma 4, del decreto legislativo n. 38/2000, presupponendo come di certa origine lavorativa le malattie di cui all'art. 139 T.U., fino a questo momento elencate nel DM 18/04/1973, ha disposto che, nell'elaborazione e nella revisione periodica di tale elenco, siano prese in considerazione e ricomprese anche le malattie di probabile e possibile origine lavorativa.

La Commissione, procedendo per la prima volta a tale elaborazione e revisione, ha ritenuto che, in base alle attuali conoscenze, l'assoluta certezza di origine non può più essere attribuita ad alcuna malattia professionale per il cambiamento delle esposizioni lavorative e per le interazioni tra causa morbigena e suscettibilità individuale, tanto che ormai si preferisce parlare di matrice causale (combinazione di multifattorialità e diversa sensibilità individuale). La Commissione ha pertanto ritenuto opportuno ricorrere al concetto di "elevata probabilità" oltre che a quella di "limitata probabilità" e di "possibilità". I tre concetti, e conseguenti definizioni, sono derivati, in riferimento alla multifattorialità e alle evidenza epidemiologica della malattia esaminata, in base ai cinque criteri di causalità che si riportano:

  • la consistenza (associazione dimostrata in più studi);
  • la forza (la probabilità aumenta con l'aumento del rischio relativo e se c'è un gradiente dose-effetto);
  • la specificità (ad una specifica esposizione corrisponde una specifica malattia);
  • la temporalità (la causa deve precedere la malattia);
  • la coerenza (o plausibilità biologica, da valutare con vari modelli anche animali).

Orbene la Commissione ha quindi, su tali presupposti, ritenuto di fare i tre gruppi ormai noti.

Proprio per queste considerazioni le "osservazioni" finali, ma non solo quelle, dell'articolo sono da una parte scontate e dall'altra non suffragate da elemento alcuno.

Nel citato articolo si afferma:

[...] in verità il decreto in esame, - e sarebbe logico supporlo - dovrebbe costituire l'anticipazione della revisione delle MP " e più avanti [...] ricorrendo ad uno sforzo interpretativo e ragionando con criterio analogico, non si può non evidenziare che il presente decreto [...] stante anche il pronunciamento della Corte Costituzionale [...] indirettamente sortisce l'effetto di modificare la preesistente tabella di cui al decreto 336/94 [...]

Per la prima considerazione si riporta nuovamente l'articolo 10 nella parte omessa e già riportata in precedenza che afferma/non ipotizza):

[...] l'elenco delle malattie di cui all'art.139 del T.U. conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali [...]

Quindi non c'è nulla da supporre in quanto è previsto ma, come detto, la Commissione ha ritenuto - indirettamente lo si deduce questo sì - che non dovessero essere inserite in tabella "automaticamente" neanche quelle di "elevata probabilità" per i motivi in precedenza riportati e quindi pensare una identificazione tra le malattie segnalate nella prima lista da denunciare ex. art. 139 e quelle che dovranno essere previste ai sensi del secondo comma dell'art.3 del T.U. n.1124/1965 è decisamente una forzatura esclusa dalla Commissione.

Se così fosse, ci si domanda quale sarebbe il lavoro della Commissione a questo punto.

Per il secondo punto, cui in parte si è già risposto, ci limitiamo ad osservare che, dapprima non comprendiamo che cosa c'entri la sentenza della Corte Costituzionale - 178/1988 c.d. sistema misto - su un appaiamento tra malattie ex. art. 139 e malattie tabellate e secondo che tale appaiamento è altresì una forzatura non ipotizzabile per i motivi diversi di cui all'art.139 del T.U. e quelli di cui all'art.53 (e art.3) dello stesso decreto. E ci auguriamo che i medici non facciano detta confusione.

L'estensore dell'articolo poi commenta in maniera benevola la "lunghezza" dell'allegato (ben 28 pag. della G.U.!) sorvolando però su riferimenti "normativi" che non potevano essere ignorati, peraltro segnalati nel decreto stesso.

Il D.M. 1973 era stato emanato a seguito dell'art.139 del T.U. 1124/1965 (ci sono voluti 8 anni!) e successivamente l'Italia non aveva mai modificato questo elenco pur avendo proceduto all'aggiornamento della tabella della malattia professionali dapprima con il D.P.R. 482/1975 e successivamente con D.P.R. 336/12994 alla luce della raccomandazione europea n.326/1990.

È stata quindi colta l'occasione della raccomandazione europea sulle malattie professionali n.670 del 2003 per aggiornare l'elenco di cui all'art. 139 che è il presupposto fondamentale per il successivo aggiornamento della tabella delle malattie profesionali.

Forse sarà la volta buona che l'Italia non verrà redarguita per una tardiva applicazione di una direttiva in quanto siamo certi che la "nuova tabella" uscirà entro la data prevista per il recepimento, che dovrà avvenire come fissato dall'art.4: "[...] entro e non oltre il 31.12.2006 [...]"

Potrebbero essere formulate altre considerazioni, ma non riteniamo di doverle effettuare in questo momento ritenendo già sufficiente quanto esplicato.

Il messaggio importante che si è ritenuto doveroso dare è che NON bisogna assolutamente confondere la denuncia di cui all'art. 139 con quella di cui all'art. 53, una confusione di questo tipo certamente porterebbe a quell'ingolfamento segnato dal collega; con soddisfazione, lavorando all'INAIL, si prende atto che i medici non sono caduti, al momento, in questo grossolano errore.

Infine in merito poi al riconoscimento delle stesse ai fini INAIL, (per esempio il problema collegato al concetto di malattia-infortunio) la lettura della Direttiva ci è d'aiuto ed è molto chiara in quanto all'articolo 1 segnala che

[...] fatte salve disposizioni nazionali legislative o regolamentari più favorevole [...] si raccomoda [...]

e all'art.2

[...] gli stati membri stabiliscono i criteri di riconoscimento [...] secondo la vigente legislazione e prassi nazionale [...]

E di tale indirizzo la commissione, che sta elaborando le nuove tabelle, non potrà non tenerne conto.

  • Dr. Adriano Ossicini, Medico del Lavoro - Sovrintendenza Medica Generale Inail

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