Il D.Lgs. 626/94 ha conferito al medico competente una funzione centrale nella gestione del rischio aziendale, affidandogli però allo stesso tempo numerosi obblighi che richiedono l'impegno di svariate competenze multidisciplinari. Il fine ultimo della prevenzione è ovviamente la tutela della salute del lavoratore e per questo fine il medico rappresenta l'anello cruciale nella catena della prevenzione.
I dispositivi personali di protezione rappresentano un elemento che può essere utilizzato per contenere gli effetti del rischio "residuo", laddove tutti gli altri interventi di bonifica ambientali siano risultati non sufficienti ad eliminarlo o a ridurlo in maniera efficace.
Ma proprio per il fatto che rappresenta l'ultima ratio nella difesa contro i rischi ambientali e poichè ha come funzione solo di impedire il contatto fra la noxa ambientale e il lavoratore, è un tipo di intervento che è più vicino alla sfera della gestione dell'individuo che dell'ambiente e quindi la sua scelta e il suo utilizzo non possono prescindere dalla partecipazione del medico competente.
Le due principali normative di riferimento per i dispositivi di protezione individuale sono il D.Lgs. 475/92, che fornisce indicazioni al produttore, e il D.Lgs. 626/94, che stabilisce quelli che sono gli obblighi del datore di lavoro.
Il D.Lgs. 626/94 con il suo titolo IV "Uso dei DPI" affronta l'intero argomento e nello specifico con l'art.40 offre la definizione di DPI " Qualsiasi dispositivo o articolo destinato a essere indossato o tenuto da una persona affinchè sia protetta nei confronti di uno o più rischi che potrebbero metterne in pericolo la salute e la sicurezza".
La prima direttiva europea a regolamentare le modalità di progettazione e di costruzione dei dispositivi è stata recepita dal nostro Stato con il D.Lgs. 475/92. Il decreto attribuisce esclusivamente al costruttore la responsabilità di garantire che il prodotto possieda "requisiti essenziali di salute e di sicurezza" fissati dall'allegato II° del decreto stesso, e che permettono di certificare il DPI e di applicare allo stesso la marcatura CE.
La stessa normativa divide i DPI in tre categorie a seconda della tipologia di rischio al quale il dispositivo è destinato:
L'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 475/92 fornisce inoltre la definizione di norma armonizzata con cui si deve intendere una disposizione di carattere tecnico adottata da organismi di normazione europei su incarico della Commissione CEE (ad es. norme UNI).
Il decreto 17 gennaio 1997, che fornisce l'elenco delle norme armonizzate europee in materia di DPI, a questo riguardo nell'art.2 stabilisce che gli Stati Membri sono tenuti a presumere conformi ai requisiti essenziali di sicurezza i DPI realizzati in base alle norme armonizzate.
Questo sembrerebbe lasciare pochi dubbi di applicazione della normativa, spesso però le norme armonizzate per DPI non sono complete per quello che riguarda l'ergonomia, l'ecologia e la salute (assenza di sostanze tossiche, irritanti e inquinanti).
Il medico competente per quello che riguarda la gestione dei dispositivi personali di protezione non ha nessun obbligo normato, ma sicuramente, anche perchè la normativa e le norme armonizzate non coprono ogni aspetto, può essere spesso chiamato in causa su questioni che riguardano l'adeguatezza o il confort del dispositivo, elementi fondamentali per la compliance da parte del lavoratore. Inoltre in fase di formulazione del giudizio di idoneità il medico competente può dover valutare quanto pesa il DPI nella diminuzione del rischio e per far questo deve conoscere direttamente le caratteristiche tecniche del presidio in argomento. In alcune situazioni è lo stesso dispositivo di protezione individuale a rappresentare un rischio per il lavoratore, ad esempio per i presidi contenenti lattice nei confronti di soggetti allergici, ed eventualmente motivare una prescrizione.
Un argomento molto delicato, ma purtroppo di frequente gestione, è quello della richiesta di esonero o dell'eventuale sostituzione del DPI in uso con un altro più confacente ai disturbi presentati dal lavoratore. Il medico deve porre molta attenzione ad esonerare un lavoratore dall'indossare un DPI, laddove il presidio è stato ritenuto necessario in base alla valutazione di rischio, perchè se la situazione è così grave da richiederlo, è necessario casomai esprimere un giudizio con prescrizione ed escludere l'attività che richiede l'uso del DPI, se possibile temporaneamente.
Diversamente il medico competente può trovarsi ad autorizzare la violazione di norme di sicurezza con le possibili conseguenze penali a suo carico nell'eventualità di un infortunio del lavoratore.
Altro momento importante nella prevenzione attraverso l'uso dei DPI, durante il quale il medico può esercitare un ruolo rilevante, è quello della formazione: talvolta uno scorretto uso del dispositivo può aggravare il rischio, come ad esempio quando ci si toglie una mascherina sporcandola al suo interno e la si indossa nuovamente oppure quando i dispositivi usa e getta vengono riutilizzati in più occasioni con sicura minor efficacia protettiva e relativi problemi di scarsa igiene oppure quando non viene effettuata regolare manutenzione dove prevista.
Quindi proprio perchè non si tratta semplicemente di applicare solo una barriera meccanica a più alta efficienza e perchè la compliance ne condiziona l'uso in maniera decisiva, il medico competente è la figura, che, anche se non obbligata dalla legge, è tenuta a rivestire un ruolo di prioritaria importanza nella valutazione di aspetti cruciali per la scelta e l'uso del DPI.
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